Il mancato rispetto del termine per l’ablazione determina sempre la perdita di efficacia del sequestro

Il rispetto del termine di un anno e sei mesi, a fare data dalla immissione nel possesso dei beni dell’amministratore giudiziario, entro il quale deve essere emesso il decreto di confisca, resta fermo anche in caso di annullamento del provvedimento di confisca e di regressione del procedimento al primo grado.

Questo il principio di diritto affermato dalla VI sezione Penale con la sentenza n. 49739/17, depositata il 30 ottobre, secondo cui il mancato rispetto del termine previsto per l’ablazione non conosce deroghe, neppure in ipotesi di annullamento con rinvio e regressione del procedimento di prevenzione. La disciplina del termine nelle misure di prevenzione. Il decreto legislativo n. 159/2011 ha introdotto una importante innovazione con la previsione – contenuta nell’art. 24, comma 2 - che il sequestro perda efficacia se non viene disposta la confisca entro un anno e sei mesi dalla data di immissione in possesso dei beni da parte dell’amministratore giudiziario. Il suddetto termine può essere prorogato con decreto motivato dal tribunale per periodi di sei mesi e per non più di due volte, nel caso di indagini complesse o compendi patrimoniali rilevanti. La stessa norma prevede che, nel computo del termine, deve tenersi conto delle cause di sospensione dei termini di custodia cautelare, previste dal codice di procedura penale, in quanto compatibili. Analogo termine è previsto dall’art. 27, comma 6, per il giudizio di appello, che deve concludersi entro un anno e sei mesi dal deposito del ricorso, sempre a pena di perdita di efficacia del sequestro. Nulla prevede, per contro, l’attuale assetto normativo nel caso di annullamento in sede di appello del provvedimento di primo grado con rinvio al tribunale, nel caso di accertata nullità del giudizio di prima istanza. Il nodo gordiano del vuoto legislativo. Il caso sottoposto al vaglio degli Ermellini si inserisce proprio nel vuoto lasciato dalla normativa vigente. La Corte d’Appello di Catania aveva dichiarato la nullità del decreto di citazione a giudizio del proposto avanti al Tribunale di Catania e la conseguente regressione del procedimento davanti al Tribunale medesimo per la rinnovazione di tutti gli atti e, dunque, sostanzialmente per la celebrazione ex novo del giudizio di primo grado. Il proposto aveva presentato al Tribunale istanza per la restituzione dei beni sequestrati, deducendo la perdita di efficacia della misura cautelare conseguente al decorso del termine di cui all’art. 24, comma 2, d.lgs. n. 159/2011, per non essere intervenuto il provvedimento di confisca nonostante fosse decorso il termine di un anno e sei mesi prorogato invero per due volte dalla data di immissione nel possesso dell’amministratore giudiziario. Avverso il decreto che aveva respinto la richiesta di restituzione propone prima opposizione e poi, avverso il nuovo provvedimento di rigetto, ricorso per cassazione. A fondamento del proprio provvedimento di rigetto il Tribunale aveva invocato l’applicazione del disposto dell’art. 303, comma 2, c.p.p., che sarebbe applicabile stante il richiamo dell’art. 24 alle cause di sospensione dei termini di custodia cautelare previste dal codice di procedura penale. Si duole di tale interpretazione il ricorrente, evidenziando come il richiamo operato dall’art. 24 sia rivolto all’art. 304 c.p.p. e non anche all’art. 303 c.p.p. cui, erroneamente pertanto, ha fatto richiamo il Tribunale di Catania. L’iter logico motivazionale della Cassazione. I Giudici della VI sez. Penale, attraverso pregevole ricostruzione storico-sistematica, che evidenti ragioni di brevità non consentono di ripercorrere in questa sede, evidenziano il carattere centrale che, anche in tema di misure cautelari reali – come accade per quelle personali –, riveste il canone del principio di proporzionalità. Detto principio, ampiamente riconosciuto dalle fonti internazionali e soprattutto dal sistema CEDU, nonché dalla pronunce della Corte Costituzionale – osservano gli Ermellini – deve necessariamente trovare applicazione anche nei confronti del diritto di proprietà, che, come noto, ha rilevanza costituzionale e la cui limitazione deve pertanto soggiacere al rispetto dei principi di proporzionalità e adeguatezza. Il rispetto di tale canone impone che non possa essere ritenuto legittimo un sistema che non preveda alcuna perdita di efficacia del sequestro in relazione all’inutile decorso del tempo, nel caso di annullamento del provvedimento di confisca e conseguente regressione del procedimento. Sotto il profilo formale, osserva poi la Cassazione, non appare condivisibile il tentativo da parte del Tribunale di Catania di recuperare un termine considerando richiamato dall’art. 24 non solo l’art. 304 c.p.p. – che detta la disciplina della sospensione dei termini di custodia – ma anche l’art. 303 c.p.p. che prevede il decorso di un nuovo termine. A ben diversa funzione, osservano gli Ermellini, assolve infatti l’art. 303 c.p.p. rispetto all’art. 304 c.p.p., sicché nessuno spazio vi è per ritenere estensibile il richiamo operato dall’art. 24 solo alla seconda di dette norme. La conclusione. Il rispetto del canone di proporzionalità e la necessità di rinvenire un termine di chiusura del sistema, che impedisca che i beni rimangano sottoposti alla misura cautelare del sequestro sine die in caso di successivi annullamenti con rinvio del provvedimento di confisca di primo grado, impone di individuate detto termine – in assenza di una specifica disciplina legislativa – in quello statuito dall’art. 24, comma 2, termine che pertanto rimarrà fermo anche in caso di annullamento con rinvio e conseguente regressione del procedimento all’inizio del giudizio di primo grado. L’ordinanza del Tribunale di Catania viene, dunque, annullata dalla Corte di Cassazione con conseguente trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica di Catania per l’ulteriore corso e per l’esecuzione del dissequestro stante la avvenuta declaratoria di perdita di efficacia della misura cautelare reale, ciò ovviamente, impregiudicato l’esito del giudizio di merito finalizzato alla confisca.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 25 luglio – 30 ottobre 2017, numero 49739 Presidente Carcano – Relatore Silvestri Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Catania, Sezione misure di prevenzione, ha rigettato l’opposizione proposta ai sensi degli artt. 676, comma 1, e 667, comma 4, cod. proc. penumero , dal difensore di S.S.A. , M.T.E.A. e T.A.L. avverso il decreto emesso il 03/06/2016 che ha respinto la richiesta di restituzione del conto corrente numero , acceso presso la Banca Mediolanum, sottoposto a sequestro finalizzato alla confisca di prevenzione. 2. Con l’opposizione era stata chiesta al Tribunale la restituzione dei beni perché, nella specie, a seguito dell’annullamento disposto dalla Corte di appello del precedente decreto di confisca emesso all’esito del primo grado di giudizio, sarebbe decorso il termine, previsto dall’art. 24 d.lgs. 6 settembre 2011, numero 159, entro il quale deve intervenire l’ablazione dei beni il sequestro sarebbe divenuto inefficace. 3. Secondo invece il Tribunale, per effetto della regressione del procedimento a seguito dell’annullamento disposto dalla Corte di appello del precedente decreto di confisca, il termine di cui all’art. 24 cit. comincerebbe nuovamente a decorrere e, quindi, non sarebbe ancora nella specie perento il disposto dell’art. 24 cit., secondo cui, ai fini del computo del termine si tiene conto delle cause di sospensione dei termini di custodia cautelare, previste dal codice di procedura penale, in quanto compatibili , comporterebbe in sede di procedimento di prevenzione anche l’applicazione dell’art. 303, comma 2, cod. proc. penumero . 4. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore articolando un unico motivo di ricorso con cui lamenta il vizio di motivazione e la violazione di norme processuali previste a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità e di decadenza, per avere il Tribunale non dichiarato la perdita di efficacia del sequestro ed aver fatto riferimento ad una norma, l’art. 303 cod. proc. penumero , che nella specie non potrebbe trovare applicazione. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Dal provvedimento impugnato e dal ricorso emerge che al sequestro dei beni disposto il 15/02/2012 e poi prorogato di sei mesi per due volte è seguito un provvedimento di confisca il 07/02/2014, successivamente annullato dalla Corte di appello il 22/03/2016, con trasmissione degli atti al Tribunale per la prosecuzione. L’annullamento del provvedimento di confisca è stato disposto per ragioni relative alla regolare insaturazione del procedimento di primo grado, essendo stata dichiarata la nullità del decreto di citazione da tale dichiarazione di nullità è conseguita la regressione del procedimento davanti al Tribunale per la rinnovazione di tutti gli atti e, sostanzialmente, per la celebrazione di un nuovo giudizio . 3. Si pone allora la questione del se, a seguito dell’annullamento del provvedimento di confisca e della regressione del procedimento conseguente alla dichiarazione di nullità di tutti gli atti compiuti, i beni, già sequestrati, possano continuare ad essere sottoposti a vincolo cautelare reale nel caso in cui l’originario termine previsto dall’art. 24 d. lgs. numero 159 del 2011 sia decorso. 3.1. L’art. 24, comma 2, d. lgs. numero 159 del 2011 dispone che il decreto di confisca può essere emanato entro un anno sei mesi dalla data di immissione in possesso dei beni dell’amministratore giudiziario e tale termine, nel caso di indagini complesse, può essere prorogato, come è avvenuto nel caso di specie, per periodi di sei mesi e per non più di due volte. La stessa disposizione normativa precisa che, ai fini del computo del termine indicato, si tiene conto delle cause di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, previste dal codice di procedura penale, in quanto compatibili. 4. Nella Relazione illustrativa al d. lgs. numero 159 del 2011 si legge sempre in attuazione di un dettagliato punto di delega, il decreto legislativo artt. 24, comma 2 e 27, comma 6 prevede poi una precisa scansione temporale del procedimento, tale da garantire la speditezza dello stesso in uno con le necessarie garanzie del proposto si prevede la perdita di efficacia del sequestro ove non venga disposta la confisca nel termine di un anno e sei mesi dalla immissione in possesso da parte dell’amministratore giudiziario, nonché, in caso di impugnazione della decisione, entro un anno e sei mesi dal deposito del ricorso. È altresì prevista la possibilità di prorogare i termini in parola per periodi di sei mesi e per non più di due volte in caso di indagini complesse . 4.2. Pare sostenibile che la ragione giustificativa della previsione normativa sia costituita, da una parte, nella esigenza di disciplinare la scansione procedimentale in funzione della accelerazione della definizione del procedimento, e, dall’altra, nella necessità di garantire il proposto e le persone interessate e vanificare il rischio della imposizione di un vincolo cautelare a tempo indeterminato su beni. Nulla il legislatore ha tuttavia previsto nel caso in cui il provvedimento di confisca intervenga nei termini previsti dalla legge ma sia successivamente annullato con conseguente regresso del procedimento in primo grado per la rinnovazione, come nel caso di specie, di tutti gli atti. 4.3. Sarebbe in astratto sostenibile che la perdita di efficacia del sequestro discenda solo dalla mancata emissione del provvedimento di confisca nel termine previsto dalla legge, eventualmente prorogato e suscettibile di sospensione ai sensi dell’art. 304 cod. proc. penumero È sostenibile, cioè, che a la legge non richieda che il provvedimento di confisca, emesso tempestivamente, resista al vaglio dei successivi gradi del giudizio b tale principio debba essere affermato in ogni caso. L’effetto che ne deriverebbe dalla impostazione giuridica in parola sarebbe quello per cui, a seguito dell’annullamento per qualsiasi causa del provvedimento di confisca, i beni rimarrebbero in sequestro e non decorrerebbe nessun nuovo termine. Una variante di tale soluzione potrebbe essere quella, recepita nell’ordinanza impugnata, per cui, a seguito dell’annullamento del provvedimento di confisca, decorrerebbe nuovamente il termine, previsto dall’art. 24 del d. lgs numero 159 del 2011, entro il quale dovrebbe intervenire un nuovo provvedimento di confisca. La fonte di legittimazione del decorso di tale nuovo termine sarebbe costituita, secondo il Tribunale di Catania, dall’art. 303 cod. proc. penumero che, a sua volta, sarebbe implicitamente richiamato dall’art. 24 d. lgs. numero 159 del 2011. 5. Il tema attiene alla incidenza del fattore tempo nella disciplina prevista per le misure di prevenzione patrimoniali dal d. lgs numero 159 del 2011 e, in particolare, alla incidenza sul provvedimento di sequestro nel caso in cui l’intero procedimento sia dichiarato nullo, per la nullità del suo atto introduttivo costitutivo del contraddittorio. Al riguardo non pare potersi affermare che, in tema di procedimento di prevenzione, la funzione cautelare del sequestro, strumentale rispetto al successivo provvedimento di merito, sia sganciato dai principi di adeguatezza e proporzionalità, propri della cautela personale ma sottesi anche alle misure cautelari reali previste dal codice di procedura penale. cfr., Sez. 4, numero 18603 del 21/03/2013, P.M. in proc. Camerini, rv. 237327 secondo cui, in motivazione, i principi di adeguatezza , proporzionalità e gradualità , previsti dall’art. 275 cod. proc. penumero come criteri di scelta delle misure cautelari personali, devono essere applicati anche alle cautele reali. Ciò al fine di evitare un’esasperata compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica privata nello stesso senso, fra le altre, Sez. 6, numero 10153 del 18/10/2012, dep. 2013 , Coli, Rv. 254526 Sez. 5, numero 8152 del 21/01/2010, Magnano, Rv. 246103 . Il principio di proporzione, certamente ancorato alla disciplina delle cautele personali nel procedimento penale ed alla tutela dei diritti inviolabili, ha nel individuale per divenire termine necessario di raffronto tra la compressione dei diritti quesiti e la giustificazione della loro limitazione. In ambito sovranazionale, il principio in esame è ormai affermato tanto dalle fonti dell’Unione cfr. par. 3 e 4 dell’art. 5 TUE, art. 49 par. 3 e art. 52 par. 1 della Carta dei diritti fondamentali sul punto, cfr., Sez. 3, numero 42178 del 29/09/2009, Spini, Rv. 245172 , che dal sistema della CEDU. Il rango conferito dall’ordinamento interno alle fonti sovranazionali consente di affermare che, qualunque sia la natura secondo cui sono costruite sostanziale o processuale le tutele dei diritti, si deve tenere conto del cd. test di proporzionalità. Il principio in esame è inoltre capace di fungere da guida per lo sviluppo futuro della materia, in diversi ambiti in particolare, per quanto riguarda la tutela dei diritti fondamentali, oggetto primario delle disposizioni normative processuali penali. Si può sostenere che, anche là dove non entri espressamente in gioco il tema dei diritti fondamentali, il principio di proporzionalità rappresenti un utile termine di paragone per lo sviluppo di soluzioni ermeneutiche e, ancor prima, di nuovi modelli di ragionamento giuridico. In tal senso, secondo la dottrina, il principio di proporzionalità assolve ad una funzione strumentale per un’adeguata tutela dei diritti individuali in ambito processuale penale, ed ad una funzione finalistica, come parametro per verificare la giustizia della soluzione presa nel caso concreto. 6. In tema di misure di prevenzione patrimoniali si è evidenziato come la compressione della garanzia proprietaria, essendo funzionalizzata alla lotta contro il crimine organizzato e alla tutela del mercato e della libera concorrenza, minacciati dall’ingente infiltrazione di capitali illeciti, rientri in quelle privazioni della proprietà privata consentite dall’ordinamento in quanto dirette alla realizzazione di finalità di giustizia sociale. Le misure patrimoniali di prevenzione incidono su di un bene, il patrimonio, che, nella gerarchia dei valori costituzionali, gode di una più elastica tutela rispetto ai diritti inviolabili della persona, ben potendo lo stesso tollerare un qualche affievolimento in termini di garanzie. La difesa della proprietà, si afferma, si giustifica solo ove la stessa possa assolvere la propria funzione sociale, la capacità, cioè, di favorire e incrementare lo sviluppo di altri valori costituzionalmente protetti. Se ciò non avviene, e se anzi si verifica la mortificazione di quella funzione, il diritto di proprietà diventa antisociale e ne viene meno la ragione di tutela. In tal senso, la misura reale della confisca di prevenzione non si pone in contrasto con le suddette garanzie, risultando legittimata, per così dire, dagli stessi artt. 41 e 42 Cost I rimedi patrimoniali preventivi, tendendo a far conseguire ai soggetti privati l’unico possibile corretto significato del diritto di proprietà, invocato con il riferimento alla norma parametro , diventano mezzi di attuazione della funzione sociale di cui all’art. 42 Cost. cfr., Sez. Unumero , numero 18 del 03/07/1996, in motivazione . E tuttavia, le finalità pubbliche sottese ai rimedi ablatori, pur giustificando l’ingerenza nel diritto di proprietà, non possono prestarsi a pratiche senza limiti, ben potendo la disciplina in tema di misure cautelari reali previste dal d. lgs. numero 159 del 2011 operare ed essere interpretata nel rispetto del principio di proporzionalità e di adeguatezza. 7. In tale quadro di riferimento e in mancanza di riferimento legislativi espressi, è allora ragionevole interpretare la scansione temporale fissata dall’art. 24 del d. lgs. numero 159 del 2011 in maniera conforme alle finalità di garanzia sottese alla sua normativizzazione ed alla necessità che anche il sequestro di prevenzione assolva sì alla sua funzione tipica ma nel rispetto dei principi su indicati, con particolare riferimento al fattore tempo. La tesi secondo la quale, anche nel caso come quello in esame in cui l’intero procedimento di prevenzione sia invalido per effetto della nullità del suo atto introduttivo, nondimeno il sequestro dei beni sarebbe insensibile alla circostanza che la confisca, pur intervenuta tempestivamente, sia stata poi annullata radicalmente, non pare condivisibile per almeno un duplice ordine di ragioni. Sul piano oggettivo, la conseguenza di tale impostazione sarebbe quella per cui i beni potrebbero rimanere in sequestro a tempo indeterminato, nel senso che, intervenuta la confisca nel termine previsto dalla legge, nessuna cadenza successiva sul piano temporale sarebbe imposta a seguito dell’annullamento del provvedimento ablatorio con conseguente regressione del procedimento. Annullata la confisca, il giudice non avrebbe nessun termine da osservare. Tale tesi porterebbe sostanzialmente a vanificare l’intenzione del legislatore di procedimentalizzare il fattore tempo anche nel procedimento di prevenzione attraverso la previsione di termini di garanzia per il proposto, per le persone interessate, per i loro diritti tale opzione interpretativa produrrebbe una limitazione del diritto di proprietà in fase cautelare sganciata, sotto il profilo temporale, dai principi di proporzionalita ed adeguatezza, di cui si è detto. Sotto il profilo soggettivo, la soluzione si presta a potenziali strumentalizzazioni elusive della previsione normativa di cui all’art. 24 del d. lgs. numero 159 del 2011, ben potendo in astratto il giudice, resosi conto dell’imminente decorso del tempo, adottare un simulacro di provvedimento di confisca che, ove pure successivamente annullato, consentirebbe di mantenere il vincolo reale cautelare sui beni. 8. Di tale rischio sembra essere stato consapevole il Tribunale di Catania. Secondo l’ordinanza impugnata, a seguito dell’annullamento con rinvio della confisca, decorerebbe un nuovo termine di un anno e sei mesi a sua volta prorogabile ed eventualmente suscettibile di sospensione -, entro cui il Tribunale della prevenzione dovrebbe eventualmente emettere un nuovo provvedimento di confisca il principio troverebbe la sua legittimazione nell’art. 303, comma 2, cod. proc. penumero , applicabile al caso di specie. Si sostiene che il richiamo contenuto nell’art. 24 del d. lgs. numero 159 del 2011 all’art 304 cod. proc. penumero dovrebbe consentire l’applicazione al giudizio di prevenzione anche del principio sotteso all’art. 303 cod. proc. penumero . In tal senso ha concluso anche il Procuratore Generale richiamando una identità di ratio tra la materia della misure cautelari personali e quella della prevenzione patrimoniale e fra quella della cause di sospensione della durata del termine cautelare e quella del decorso di un nuovo termine cautelare in caso di regresso del procedimento. 8.1. Si tratta di una impostazione non condivisibile. Sotto un primo profilo non è chiaro da quando dovrebbe decorrere, in caso di regresso, il nuovo termine per emettere eventualmente un nuovo provvedimento di confisca ai sensi dell’art. 24 del d. lgs numero 159 del 2011 la confisca deve intervenire entro un anno e sei mesi dalla immissione in possesso dei beni da parte dell’amministratore giudiziario. Sotto altro profilo, e pur volendo prescindere dalla assunta identità di ratio fra la materia delle misure cautelari personali e quella della prevenzione, sul piano letterale la norma di cui all’art. 24 d. lgs. numero 159 del 2011 non fa rinvio all’art. 303 cod. proc. penumero e, in particolare, alla possibilità di decorso di un nuovo termine nel caso di regressione del procedimento. Né, ancora, il richiamo alla cause di sospensione e, più in generale, all’art. 304 cod. proc. penumero , consente sul piano sistematico di ritenere richiamabile anche l’art. 303 cit., che, nell’ambito del sistema della cautela personale, assolve ad una funzione diversa. 8.2. La Corte costituzionale ha in più occasioni chiarito che l’attuale sistema dei termini massimi della custodia cautelare, il cui impianto risale ad una riforma del 1984, antecedente all’emanazione del codice di procedura penale del 1988, è, per sommi capi, articolato in a termini di fase, di durata variabile in funzione della gravità della pena prevista per il reato contestato o ritenuto in sentenza e della fase in cui si trova il procedimento, stabiliti dall’art. 303, comma 1, cod. proc. penumero b termini complessivi, anch’essi variabili in funzione della gravità della pena prevista per il reato, disciplinati dall’art. 303, comma 4, cod. proc. penumero c termini finali complessivi, previsti dall’art. 304, comma 6, cod. proc. penumero , in funzione di limite massimo insuperabile c.d. massimo dei massimi , anche ove si verifichino ipotesi di sospensione, proroga o neutralizzazione del decorso dei termini di custodia cautelare. Entrata in vigore la riforma del 1995, la potenziale interferenza tra la natura invalicabile dei termini finali, posti dal comma 6 dell’art. 304 cod. proc. penumero anche con riferimento ai termini di fase, e la decorrenza ex novo dei termini di fase in caso di regressione prevista dall’art. 303, comma 2, cod. proc. penumero è stata per la prima volta presa in esame dalla Corte costituzionale con la sentenza numero 292 del 1998. In tale decisione la Corte affermò che l’unica soluzione ermeneutica enucleabile dal sistema e che si appalesa in linea con i valori della Carta fondamentale è quella secondo cui il superamento di un periodo di custodia pari al doppio del termine stabilito per la fase presa in considerazione, determina la perdita di efficacia della custodia, anche se quei termini sono stati sospesi, prorogati o sono cominciati a decorrere nuovamente a seguito della regressione del processo . Questa interpretazione proseguì la Corte è d’altra parte aderente alla ratio di favore che ha ispirato il legislatore del 1995, ad un effettivo recupero della scelta di introdurre uno sbarramento finale ragguagliato anche alla durata dei termini di fase comunque modulata, e, infine, alla stessa logica dell’art. 13 della Carta fondamentale, la quale impone di individuare, fra più interpretazioni, quella che riduca al minimo il sacrificio della libertà personale . Alla base della decisione della Corte Costituzionale vi è il collegamento della disciplina dei termini di durata della custodia cautelare al principio costituzionale di proporzionalita. Ha aggiunto la Corte costituzionale che la formulazione letterale dell’art. 304, comma 6, cod. proc. penumero dimostra d’altronde, mediante il ricorso all’avverbio comunque , che i limiti massimi insuperabili vanno riferiti anche ai fenomeni che comunque possono interferire con la disciplina dei termini di fase , specie quando, come nel caso in esame, la soluzione ermeneutica si appalesi come l’unica conforme a Costituzione . Il carattere di chiusura del comma 6 dell’art. 304 cod. proc. penumero è dunque comprovato, secondo la Corte, dal richiamo non solo al comma 1 dell’art. 303 cod. proc. penumero , ove viene definita la durata dei termini di fase, ma anche al comma 2, che riguarda appunto il caso della regressione, rendendo evidente che il limite insuperabile del doppio dei termini di fase opera anche in tale ipotesi così, fra le altre, Corte cost., numero 299 del 2005 . 9. In tema di procedimento di prevenzione, in assenza di riferimenti normativi, i principi indicati inducono a ritenere che il meccanismo del regresso e del decorso del nuovo termine di durata della custodia cautelare è inscindibilmente connesso alla previsione di un termine di chiusura del sistema, comunque insuperabile, che nel procedimento di prevenzione, diversamente da quanto previsto in tema di misure cautelari personali, non vi è. La tesi secondo cui nel caso di specie sarebbe applicabile l’art. 303 cod. proc. penumero , o comunque il principio ad esso sotteso, non può essere condivisa perché è fondata su un duplice presupposto assertivo, atteso che, da una parte, la circostanza che l’art. 24 d. lgs. numero 159 del 2011 richiami l’art. 304 cod. proc. penumero è sostanzialmente neutra, assolvendo tale norma una funzione diversa da quella di cui all’art. 303 cod. proc. penumero , che si vorrebbe applicare, e, dall’altra, perché, il decorso di un nuovo termine di durata entro il quale dovrebbe intervenire la confisca in caso di regresso del procedimento dovrebbe essere comunque legato alla previsione di un termine di chiusura del sistema che impedisca, anche in tal caso, possibili abusi con conseguente violazione del principio di proporzione. Secondo la tesi esplicitata nell’ordinanza impugnata, invece, nel caso di specie sarebbe applicabile il principio sotteso all’art. 303 cod. proc. penumero , anche in assenza di un termine finale di chiusura del sistema a seguito del regresso del procedimento, decorrerebbe un nuovo termine di un anno e mezzo per l’emissione di un nuovo provvedimento di confisca dei beni in sequestro. Il corollario che sembrerebbe discendere sarebbe quello per cui i beni dovrebbero restare sottoposti alla cautela reale anche nell’ipotesi di regresso infinito, cioè anche nel caso in cui il Tribunale, in prossimità del decorso del nuovo termine, emettesse, pur di evitare l’inefficacia del sequestro, un nuovo provvedimento di confisca il cui nuovo annullamento a sua volta non produrrebbe nessun effetto, se non quello di far decorrere un nuovo termine per l’ennesimo eventuale provvedimento di confisca di beni. Proprio la difficoltà sul piano ermeneutico di richiamare il principio sotteso all’art. 303 cod. proc. penumero , al fine di supplire all’assenza di riferimenti normativi espliciti in ordine alle conseguenze derivanti dall’annullamento del provvedimento di confisca, sembra alla base della scelta del legislatore di intervenire sul tema con il disegno di legge numero 2134-S, approvato in via definitiva dalla Camera il 27 settembre 2017 Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, numero 159, al codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate il cui articolo 6 inserisce all’art. 27 del d. lgs. numero 159 del 2011 un comma 6 bis secondo cui Nel caso di annullamento del decreto di confisca con rinvio al tribunale, anche ove disposto ai sensi dei commi 2-bis e 3-bis dell’articolo 10, il termine previsto dal comma 2 dell’articolo 24 decorre nuovamente dalla ricezione degli atti presso la cancelleria del tribunale stesso . 10. Alla luce della ricostruzione operata discende che, a seguito dell’annullamento del provvedimento di confisca e della trasmissione degli atti al giudice di primo grado per la rinnovazione dell’intero procedimento, il termine previsto dall’art. 24 del d. lgs. numero 159 del 2011 è decorso e il sequestro è divenuto inefficace con conseguente necessità di restituzione agli aventi diritto del conto corrente numero . Il provvedimento impugnato deve essere annullato senza rinvio con conseguente trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica di Catania per l’ulteriore corso, avendo il legislatore disciplinato gli effetti derivanti del mancato rispetto del termine attraverso la sola previsione della sanzione di inefficacia della misura cautelare, ininfluente sul merito del procedimento. Nessuna preclusione discende dalla intervenuta inefficacia della misura cautelare all’Autorità Giudiziaria in ordine allo sviluppo nel merito del procedimento di prevenzione. P.Q.M. Annulla senza rinvio il decreto impugnato e trasmette gli atti alla Procura della Repubblica di Catania per l’ulteriore corso.