Ladra fermata dalla vittima: deve essere convalidato l’arresto in flagranza

La Suprema Corte si esprime in merito alla legittimità, nel caso di specie, della misura precautelare dell’arresto in flagranza nei confronti di una donna accusata di furto di gioielli presso un’abitazione privata.

Sul punto la Cassazione con sentenza n. 49047/17, depositata il 25 ottobre. Il caso. Il Tribunale non convalidava l’arresto in flagranza di una donna accusata di furto, sorpresa nel cortile di un’abitazione presso la quale aveva rubato dei gioielli d’oro ed un’urna funeraria. Il diniego del Tribunale si fondava sul rilievo che la misura dell’arresto in flagranza era stata adottata sulla base di informazioni pervenute dalla persona offesa e da terzi senza che la Polizia Giudiziaria fosse presente al momento del fatto. Il PM ricorre in Cassazione chiedendo l’annullamento del provvedimento di diniego della convalida dell’arresto. Arresto operato dal privato. Il PM ha dedotto la sussistenza, nella fattispecie, l’arresto obbligatorio in flagranza. Inoltre, come illustrato dal verbale, l’arresto è stato operato legittimamente dal privato, ai sensi dell’art. 383 c.p.p., il quale successivamente aveva consegnato l’accusata alla Polizia Giudiziaria. La Cassazione ha osservato che dagli atti emerge la sussistenza dei requisiti che legittimano l’arresto da parte del privato ed, inoltre, trattandosi di furto in abitazione, di cui all’art. 624- bis, è imposto alla PG l’arresto obbligatorio in flagranza di reato. La Corte ha osservato che l’arresto in flagranza del privato si risolve nell’esercizio di fatto dei poteri anche coattivi e nell’esplicazione delle attività procedimentali proprie dell’organo di polizia giudiziaria normalmente destinato ad esercitare tali poteri volti a operare l’arresto e il successivo accompagnamento coattivo del soggetto presso un ufficio di polizia. Invece non si versa nella fattispecie di cui all’art. 383 c.p.p. quando il privato si limita ad invitare il presunto reo ad attendere l’arrivo della polizia giudiziaria. In conclusione la Corte di Cassazione ha ritenuto che nella fattispecie il GIP abbia errato nel ritenere che l’arresto della Polizia Giudiziaria fosse stato eseguito al di fuori dei casi di flagranza di reato e per questo ha accolto il ricorso ed annullato l’ordinanza senza rinvio.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 17 luglio – 25 ottobre 2017, n. 49047 Presidente Vessichelli – Relatore Scordamaglia Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento in epigrafe il Tribunale di Monza negava la convalida dell’arresto operato nei riguardi di D.R. , sorpresa nel cortile di una casa di abitazione dal proprietario della stessa nel mentre aveva ancora con sé monili in oro ed un’urna funeraria, sottratti poco prima dalla privata dimora all’interno della quale si era introdotta, assieme ad una complice, forzandone una porta finestra. Dall’ordinanza impugnata si apprende che il diniego di convalida dell’arresto era fondato sul rilievo che la misura precautelare era stata adottata dalla Polizia Giudiziaria fuori dalle ipotesi di fragranza o di quasi flagranza di cui all’art. 382 cod. proc. pen., atteso che l’apprensione della persona autrice del reato di cui all’art. 624-bis cod. pen. aveva avuto luogo sulla base delle sole informazioni ricevute dalla persona offesa e da terzi nell’immediatezza dei fatti, e, quindi, in assenza di una autonoma percezione della condotta di reato o delle sue tracce da parte degli operanti. 2. Con il ricorso per cassazione il Pubblico Ministero territorialmente competente, denunziando il vizio di violazione di legge da inosservanza o erronea applicazione degli artt. 380, 383 e 382 cod. proc. pen., chiede l’annullamento del menzionato provvedimento di diniego della convalida. Secondo il deducente, nel caso di specie, l’arresto era stato operato dal privato ai sensi dell’art. 383 cod. proc. pen., in una situazione in cui la facoltà prevista dalla norma in esame era legittimamente esercitabile, versandosi in ipotesi di arresto obbligatorio in flagranza, e avendo il proprietario dell’abitazione violata bloccato la ladra, che aveva con sé parte della refurtiva, consegnandola alla Polizia Giudiziaria una volta che questa era intervenuta. Di tanto era stata fatta menzione nel verbale di arresto e le modalità di apprensione coattiva dell’indagata da parte del privato erano state erano state illustrate nella richiesta di convalida dell’arresto. Considerato in diritto 1. Osserva il Collegio che il ricorso merita accoglimento. Sussiste, infatti, il dedotto vizio di violazione di legge, atteso che la dinamica dell’apprensione della D. , per come descritta nel verbale di arresto operato dalla Polizia Giudiziaria e nella relativa richiesta di convalida da parte del Pubblico Ministero, depone inequivocabilmente per la sussistenza, nella situazione descritta negli atti, dei requisiti che legittimano la facoltà di arresto da parte del privato prevista dall’art. 383 cod. proc. pen 2. Premesso che, nel caso di furto in abitazione di cui all’art. 624-bis cod. pen., che è reato perseguibile di ufficio, l’art. 380, comma 2, lett. e-bis , cod. proc. pen. impone alla Polizia Giudiziaria l’arresto in flagranza di reato, con la conseguenza che sono integrati i requisiti indicati dall’art. 383, comma 1, cod. proc. pen., deve darsi atto che dagli atti del procedimento - esaminabili in sede di sindacato di legittimità ove sia dedotto un error in procedendo - emerge chiaramente come la vittima del furto ebbe ad esplicare sulla persona della D. , bloccandola e trattenendola all’interno del cortile attiguo all’abitazione, una vera e propria forma di coazione, funzionale all’apprensione della stessa e alla consegna all’organo di polizia. Con riguardo a tale profilo vale la pena ricordare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’arresto in flagranza di reato da parte del privato, nei casi consentiti dalla legge ex art. 383 cod. proc. pen., si risolve nell’esercizio di fatto dei poteri anche coattivi e nell’esplicazione delle attività procedimentali propri dell’organo di polizia giudiziaria normalmente destinato ad esercitare tali poteri, richiedendosi, quindi, un comportamento concludente che esprima l’intento di eseguire l’arresto, quale l’apprensione mediante esercizio della coazione previa dichiarazione dell’intento di eseguire l’arresto ovvero l’accompagnamento coattivo del soggetto presso un ufficio di polizia. Quando, invece, il privato si limiti ad invitare il presunto reo ad attendere l’arrivo dell’organo di polizia giudiziaria, nel frattempo avvertito, non si versa nella fattispecie di cui all’art. 383 cit., ma in semplice comportamento di denuncia consentito a ciascun cittadino in qualsiasi situazione di violazione di legge penale Sez. 5, n. 10958 del 17/02/2005, P.M. in proc. Dobrin, Rv. 231223 Sez. 4, n. 4751 del 15/12/1999 - dep. 22/01/2000, PM in proc. Maaroufi, Rv. 215450 . 3. Deve essere, peraltro, evidenziato che il Giudice delle indagini preliminari ha, comunque, errato nell’avere ritenuto che l’arresto fosse stato eseguito dalla Polizia Giudiziaria fuori dai casi di quasi flagranza di cui all’art. 382 cod.proc. pen., atteso che nel verbale di arresto si dà atto che la D. fu trovata in possesso di oggetti in oro e di un’urna funeraria riconosciuti dal proprietario come provento di furto e di cacciaviti, verosimilmente utilizzati per forzare la porta finestra attraverso la quale avvenne l’introduzione nell’abitazione dalla quale i predetti oggetti vennero sportati, e, quindi, ella fu sorpresa con cose o tracce dalle quali appariva che ella aveva commesso il reato immediatamente prima. 4. Ne deriva che non sussistono gli estremi di un arresto non legittimamente eseguito come ritenuto dall’ordinanza impugnata, la quale, pertanto va annullata senza rinvio. P.Q.M. Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata perché l’arresto è stato eseguito legittimamente.