Rimessa alle SSUU la questione relativa all’ampiezza della motivazione delle misure di prevenzione personali in materia di criminalità organizzata

La Cassazione esplora i confini dell’onere motivazionale che deve assolvere del Giudice di prevenzione, in rapporto a peculiari categorie di soggetti, rientranti nella categoria della c.d. pericolosità qualificata.

La I Sezione Penale, con la sentenza n. 48441 depositata il 23 ottobre , esamina un tema di particolare complessità, giungendo a fotografare un contrasto interpretativo meritevole d’essere risolto dal Massimo Consesso. In particolare, esplora i confini dell’onere motivazionale che deve assolvere del Giudice di prevenzione, in rapporto a peculiari categorie di soggetti, rientranti nella categoria della c.d. pericolosità qualificata. Il caso. Il giudizio a quo riguarda un professionista calabrese, al quale il Tribunale di Reggio Calabria, ritenendo sussistenti i requisiti di cui all’art. 4, comma 1, lett. a , d.lgs. n. 159/2011, aveva applicato la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per la durata di anni 3. La competente Corte di Appello, decidendo sul gravame proposto dalla difesa, confermava la correttezza dell’impianto della prima decisione, riducendo la durata della misura preventiva a due anni e valorizzando il fatto che, malgrado il relativo processo si fosse concluso con condanna a pena sospesa, il proposto si fosse reso disponibile per l’intestazione fittizia di beni, in realtà, provenienti dal patrimonio della consorteria criminale l’ulteriore giudizio per associazione a delinquere di stampo mafioso, pendente nei confronti del prevenuto, fondato essenzialmente sugli esiti – ripresi dai giudici della procedura – delle captazioni ambientali, che in entrambi i gradi di merito, s’era concluso con la sua assoluzione sebbene la decisione di seconde cure, successivamente all’impugnazione, sia stata annullata con rinvio . Il filone ermeneutico sviluppato nel merito riposava, per un verso, sul fatto che la pronuncia di proscioglimento non producesse alcun vincolo rispetto alla valutazione da operarsi in sede di prevenzione, avente ad oggetto lo stile di vita”, aspetto non esclusivamente legato alla biografia giudiziaria e, ciò che più rileva, sul principio per il quale i fatti posti alla base dell’inchiesta, apprezzati in rapporto alle ulteriori circostanze evidenziate dall’Autorità proponente, potessero comunque validamente sostenere l’irrogazione di un provvedimento restrittivo, stante anche la presunzione relativa di continuità del vincolo associativo operante in simili ipotesi. Con il ricorso per Cassazione, il prevenuto deduceva erronea applicazione di legge, in quanto la Corte avrebbe trascurato che nel primo giudizio era stata esclusa l’aggravante dell’agevolazione del sodalizio mafioso e nel secondo il ricorrente era stato addirittura assolto dall’accusa d’avervi partecipato carenze motivazionali, poiché, in presenza di tale compendio istruttorio, i Giudici non avrebbero adeguatamente giustificato l’attualità della pericolosità sociale osservata. La Corte – su parere difforme del Procuratore generale, che aveva chiesto il rigetto del ricorso – rimette la trattazione del ricorso, ex art. 618 c.p.p., alle Sezioni Unite Penali. L’Estensore espone in modo chiaro ed organico i diversi passaggi dell’ iter che ha condotto il Collegio a reputare necessario un intervento chiarificatore, finalizzato a ripristinare un’esegesi univoca, passando in rassegna i precedenti giurisprudenziali, anche costituzionali ed europei, che supportano i diversi argomenti. Ed infatti, la Consulta, nel 2013, ha introdotto l’obbligo di rivalutare costantemente ex officio , affinché restino legittime le limitazioni alla libertà personale, l’attualità della pericolosità che le ha fondate, mentre la Corte Europea dei diritti dell’uomo, nel 2017, ha censurato la mancanza di chiarezza e precisione dell’invocata disposizione del previgente Codice Antimafia cfr., rispettivamente, la sentenza Corte Costituzionale n. 291/2013 e Corte EDU, Grande Camera, 23.2.2017, De Tommaso v. Italia . I rapporti tra cognizione e prevenzione. Preliminarmente la Suprema Corte da conto di come ad oggi resti preferibile, per consolidato orientamento di legittimità, la tesi che assegna al Giudice di prevenzione una completa libertà di valutazione delle emergenze probatorie, svincolandolo dalla necessità di conformarsi, anche solo parzialmente, alle decisioni processuali vd., in proposito, ex plurimis , Cass., Sez. VI Pen., n. 33075/2016 . Libertà che deve trovare, però, un idoneo contrappeso, che si sostanzia, in linea generale, in un supplementare dovere di argomentazione. La presunzioni inerente la c.d. pericolosità qualificata. La ricostruzione appena tracciata, tuttavia, rischia di essere posta in crisi quando ci si occupi di prevenuti inquadrati nella categoria tipica in questione, per i quali la disciplina speciale determina un’inversione dell’onere della prova rispetto all’attualità delle esigenze preventive. Tale meccanismo, alla luce della lettera della legge, non ha i connotati di una presunzione legale, ma si caratterizza come una massima d’esperienza su base logica, contrastabile per via di prova, correlata alla natura del legame che è stato oggetto di constatazione tra il soggetto e l’organizzazione di stampo mafioso cfr. tra le altre, sul punto, Cass., Sez. VI Pen., n. 5267/2016, ric. Grande Aracri . Il quesito. Al termine di siffatto percorso, quindi, il Collegio trasmette gli atti alle Sezioni Unite, perché rispondano al seguente interrogativo in tema di misure di prevenzioni personali, se in presenza di elementi ritenuti indizianti circa la pregressa appartenenza del soggetto proposto ad una associazione di stampo mafioso, sia o meno necessaria – in caso di accoglimento della proposta applicativa – una motivazione in positivo sul punto della attualità della pericolosità al momento della decisione di primo grado . Conclusioni. La sentenza in commento traccia in modo chiaro la tormentata evoluzione che ha subito, negli anni, la procedura di prevenzione, oggetto a più riprese di interventi, legislativi e giurisprudenziali, allo scopo di assicurare l’ottimale bilanciamento tra l’esigenza di anticipare, per reati di particolare allarme sociale, la soglia di intervento restrittivo, in un’ottica di difesa sociale e la necessità di garantire, anche a tali soggetti, la tutela delle previste libertà costituzionali. Non è arduo pronosticare – ed auspicare – quindi, nel solco della giurisprudenza di Strasburgo, una pronuncia che statuirà l’obbligo di spiegare, anche rispetto a soggetti appartenenti ad organizzazioni criminali di stampo mafioso, se sia o meno attuale la condizione di pericolosità che ne legittima la restrizione.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, ordinanza 10 – 23 ottobre 2017, numero 48441 Presidente Bonito Relatore Magi Ritenuto in fatto 1. Con decreto emesso in data 28 gennaio 2015 il Tribunale di Reggio Calabria, Sezione per le Misure di Prevenzione, ha applicato a G.C. la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, per la durata di anni tre. Decidendo sulla impugnazione proposta avverso detto decreto, la Corte di Appello di Reggio Calabria, con decisione del 1 aprile 2016 dep. il 12 maggio 2016 confermava la sottoposizione del G. alla sorveglianza speciale, riducendone la durata ad anni due. 1.1 Le due decisioni di merito hanno, in particolare, ritenuto sussistenti i presupposti in fatto per l’iscrizione di G.C. nella categoria soggettiva di cui all’articolo 4 comma 1 lett. a del d.lgs. numero 159 del 6.9.2011 cd. pericolosità qualificata . Come è noto, con tale previsione di legge si individuano, tra i potenziali destinatari della misura di prevenzione personale, i soggetti indiziati di appartenere alle associazioni di cui all’articolo 416bis c.p. . Nel caso di G.C. sono state oggetto di valutazione, in sede di merito, le seguenti emergenze dimostrative, in tema di indizio di appartenenza alla associazione di stampo mafioso denominata ‘ndrangheta a nei primi mesi dell’anno 2010, come emerso in distinto procedimento penale, G.C. , nell’ambito della sua attività di dottore commercialista, si sarebbe reso disponibile ad una intestazione fittizia di beni quote societarie in favore di C.S.G. , fatto penalmente rilevante ai sensi dell’articolo 12 quinquies l.356/1992 e succ.mod. e, secondo l’accusa, finalizzato a recare vantaggio alla cosca omissis b in virtù di esiti di intercettazioni ambientali risalenti all’anno 2008 captazioni del 10 febbraio e 21 maggio 2008 , G.C. è stato, nel 2011, tratto a giudizio con l’accusa di partecipazione alla associazione detta ‘ndrangheta, nell’ambito del distinto processo penale denominato e relativo agli assetti organizzativi di tale organismo mafioso nel territorio della provincia di Reggio Calabria con particolare riferimento alla locale di . 1.2 Giova precisare che la Corte di Appello prende in esame le doglianze difensive in tal sede formulate su tale parte ricostruttiva delle condotte del G. e relative, in sintesi, all’omesso apprezzamento degli esiti non definitivi al momento della decisione qui impugnata dei due giudizi penali correlati. In effetti, nel primo giudizio penale, quello relativo alla intestazione fittizia ritenuta non aggravata , era stata affermata la penale responsabilità del G. con condanna del medesimo alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione, ma con pena sospesa. Nel secondo giudizio, relativo all’accusa di partecipazione alla associazione, G.C. era stato assolto sia in primo che in secondo grado va precisato che, in epoca successiva alla decisione impugnata, questa Corte di legittimità con sent. numero 55359/2016 ha disposto l’annullamento con rinvio della decisione di secondo grado . Pur valutando tali aspetti, la Corte reggina ribadiva la sussistenza dei presupposti di legge per l’inquadramento criminologico del G. nella categoria astratta di cui all’articolo 4 comma 1 lett. a del d.lgs. numero 159/2011. 1.3 Le premesse teoriche poste a sostegno di tale opzione possono così riassumersi la pronunzia di assoluzione in sede penale nel caso in esame per non aver commesso il fatto, non definitiva, in rapporto alla imputazione associativa non crea vincolo alcuno per il giudice chiamato a decidere sulla proposta applicativa della misura di prevenzione, atteso che le misure in questione sono funzionali ad anticipare la commissione di delitti e si fondano su una valutazione complessiva della pericolosità del proposto e su un apprezzamento del suo stile di vita , valutazione che può prendere spunto da fatti emersi in sede penale e reputati inidonei, in tal sede, a sostenere una affermazione di responsabilità la appartenenza , condizione richiesta in sede di misure di prevenzione articolo 4 d.lgs. numero 159/2011 , non può dirsi sinonimo della partecipazione di cui all’articolo 416 bis comma 1 cod.penumero posto che la prima è, in tesi, nozione più ampia e comprensiva di ogni comportamento che, pur non integrando gli estremi della partecipazione, sia funzionale agli interessi dei poteri criminali e costituisca una sorta di terreno favorevole permeato di cultura mafiosa si evoca l’arresto rappresentato da Sez. VI numero 9747 del 2014 la decisione di condanna penale a pena condizionalmente sospesa nel caso in esame per l’intestazione fittizia aggravata non può, di per sé sola, essere posta a base della applicazione di una misura di prevenzione personale, per espresso divieto di legge articolo 166 co.2 cod.penumero , ma i fatti accertati in tale decisione, ove valutati congiuntamente ad altri, possono sostenere l’applicazione di siffatte misure. 1.4 Tali premesse consentivano, pertanto, la valutazione congiunta dei dati conoscitivi emersi nei due giudizi penali prima ricordati. La Corte di Appello riteneva, in particolare, che i colloqui diretti captati tra G.C. il proposto e G. N. soggetto ritenuto appartenente alla locale di , richiamati per ampi stralci e non smentiti in sede penale circa la effettiva riferibilità alla persona del proposto, erano indicativi di quella disponibilità del G.C. a farsi interprete di esigenze dell’organizzazione mafiosa, non a caso manifestatasi in epoca sostanzialmente coeva con la condotta di intestazione fittizia oggetto, quest’ultima, di verifica positiva in sede penale con la conseguenza di confermare la iscrizione del G.C. nella categoria soggettiva tipizzata dal legislatore all’articolo 4 comma 1 d.lgs. numero 159 del 2011. 1.5 Quanto al tema della attualità della pericolosità , da valutarsi al momento della decisione di primo grado immediatamente esecutiva, nel sistema della prevenzione personale la Corte territoriale precisava che tale condizione andava ritenuta sussistente, nonostante il decorso di un tempo apprezzabile dalla venuta in essere dei comportamenti reputati indizianti cinque anni e più e la intervenuta sottoposizione del G. , medio tempore, ad un periodo di carcerazione. Sul punto la decisione non esprime, volutamente, una motivazione in positivo ossia una valorizzazione di elementi di fatto idonei a sostenere la conclusione cui si perviene in termini di asseverazione ma compie riferimento all’orientamento giurisprudenziale che individua, in caso di ritenuta pericolosità qualificata per indizio di appartenenza ad organismo mafioso, una presunzione relativa di continuità del vincolo si fa riferimento, tra le altre, a Sez. 5 numero 32353 del 2014 e dunque di attuale pericolosità. Non essendo stata fornita, dal soggetto interessato, la prova del recesso, si confermava, pertanto, il giudizio di attualità della pericolosità del G. , con riduzione del periodo di sottoposizione alla misura da tre a due anni , come evidenziato in premessa. 2. Avverso detto decreto ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore -G.C. , deducendo erronea applicazione di legge e carenza di motivazione. 2.1 Le doglianze difensive riguardano da un lato l’aspetto ricostruttivo, dall’altro la considerazione di attualità della pericolosità espressa dalla Corte territoriale. Su tali essenziali profili la Corte di secondo grado non avrebbe realmente apprezzato gli esiti sia pure non definitivi dei due giudizi penali correlati, atteso che nel primo è risultata esclusa la circostanza aggravante della finalità di agevolazione mafiosa, mentre nel secondo il G. è stato assolto dall’accusa di partecipazione al sodalizio. Dunque sarebbero del tutto privi di significato gli elementi di conoscenza posti a base della decisione, anche al fine di sostenere la qualificazione in termini di appartenenza al sodalizio mafioso, così come priva di alcun sostegno argomentativo risulta essere la valutazione della attualità della pericolosità. Sul tema, in particolare per ciò che riguarda la necessità di puntuale motivazione in positivo, lì dove sia applicata o confermata la misura, si citano approdi interpretativi di segno diverso, rispetto a quello seguito dalla Corte territoriale. 3. Il Sig. Procuratore Generale, nella requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso. Si osserva, in particolare, che la diversa finalità del giudizio di prevenzione consente l’utilizzo di dati conoscitivi reputati inidonei, in sede penale, a sostenere l’affermazione di penale responsabilità. Quanto al profilo motivazionale in punto di attualità della pericolosità si ritiene sufficiente l’avvenuta iscrizione del soggetto nella particolare categoria normativa appartenenza ad associazione mafiosa e pertanto non necessaria alcuna particolare motivazione da parte del giudice di merito sul tema salva la prova contraria del recesso , citandosi l’arresto rappresentato da Sez. 2 numero 18756 del 31.1.2017, rv 269742. Considerato in diritto 1. Ritiene il Collegio che la trattazione del ricorso vada rimessa, ai sensi dell’articolo 618 cod.proc.penumero , alle Sezioni Unite di questa Corte, per le ragioni che seguono. 2. Il punto essenziale, su cui si registra un contrasto interpretativo tra le Sezioni semplici, è rappresentato dalla perimetrazione dell’obbligo motivazionale in capo ai giudici del merito lì dove sia stato realizzato con esito positivo il preliminare inquadramento del soggetto proposto in una delle particolari categorie soggettive descritte dal legislatore all’articolo 4 del d.lgs. numero 159 del 6.9.2011 Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010 numero 136, da ora in avanti solo Cod.Ant. . Si discute, in particolare nella ipotesi di avvenuto inquadramento del proposto nella ipotesi tipica di cui all’articolo 4 comma 1 lett. a Cod. Ant., circa l’esistenza o meno di una presunzione di pericolosità attuale del soggetto, circa la fonte di tale presunzione ove sussistente e circa le ricadute di tale assetto sull’andamento motivazionale, in un settore dell’ordinamento che come è noto limita il controllo di legittimità, affidato a questa Corte, all’apprezzamento della sola violazione di legge e, pertanto, alla verifica di esistenza o meno, nel provvedimento impugnato, di un tessuto logico capace di esplicitare in modo chiaro i nessi rilevanti tra l’esito del giudizio, i materiali conoscitivi acquisiti e la normativa applicabile, pena l’apparenza di motivazione tra le molte, Sez. 5 11.19598 del 8.4.2010, ric. Palermo, rv 247514 Sez. 6 numero 33705 del 15.6.2016, ric. Caliendo, rv 270080 . È stato, in particolare ritenuto che l’assenza o apparenza di motivazione, su un punto specifico della regiudicanda, è ravvisabile anche lì dove tale lacuna derivi da una scelta interpretativa del giudice del merito scelta che realizzi una ricognizione del testo di legge nel senso della superfluità della motivazione stessa -, non ostando a tale approdo la formulazione dell’articolo 10 comma 3 Cod.Ant. così, secondo Sez. 1 numero 16038/2016, ric. Targia +1, numero m., la inammissibilità della deduzione relativa alla avvenuta prospettazione di vizio di motivazione per contraddittorietà o illogicità, vizio non previsto dalle vigenti disposizioni regolatrici, non esclude la rilevabilità, sul punto introdotto dal ricorrente, del diverso vizio di assenza di motivazione ove lo stesso derivi da una sottostante violazione di legge, posto che l’interpretazione in diritto dei presupposti applicativi della misura di prevenzione condiziona inevitabilmente la ricostruzione dei profili soggettivi di pericolosità e ne può limitare l’estensione argomentativa in modo illegittimo, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato per violazione di legge . Con ciò si intende affermare che l’esistenza di un contrasto interpretativo in sede di legittimità circa l’esistenza e la natura di una presunzione in tema di attualità della pericolosità sociale determina evidenti ricadute circa l’esito dei ricorsi, posto che l’assenza di una motivazione in positivo su tale punto della controversia derivante dall’adesione ad uno dei diversi orientamenti rientra certamente nel novero degli ipotetici vizi deducibili e rilevabili da parte del giudice di legittimità ove si aderisca all’orientamento che, di contro, la postula necessaria . Prima ancora, tuttavia, di illustrare i termini di tale conflitto, giova apprezzare la rilevanza del tema nello specifico caso trattato, nonché porre alcune brevi premesse di carattere sistematico, nel cui ambito si terrà conto della evoluzione giurisprudenziale interna e sovranazionale su alcuni temi che appaiono strettamente correlati a quello oggetto della segnalazione di contrasto, tanto da qualificarsi come inscindibili. 3. Va premesso che la condizione di pericolosità soggettiva attuale è infatti l’in sé del sistema della prevenzione personale, posto che le misure in questione limitative della libertà personale, quantomeno sul fronte della libertà di circolazione e movimento si inseriscono nel sistema costituzionale se ed in quanto finalisticamente orientate a contrastare una condizione di attuale pericolosità del destinatario, mutuando l’aspetto teleologico sia pure in contesto procedimentale e strutturale diverso dalle affini misure di sicurezza. Non appare superfluo richiamare, sul tema, quanto affermato dalla Corte Costituzionale nella fondamentale decisione numero 291 del 2013 introduttiva dell’obbligo di rivalutazione ex officio della attualità della pericolosità in ipotesi di intervenuta sospensione degli effetti della misura di prevenzione personale per lo stato di carcerazione del destinatario , specie lì dove, dopo aver evidenziato la comune finalità di misure di prevenzione e misure di sicurezza qualificate come due species di unico genus il giudice delle leggi evidenzia in modo perentorio, anche nel settore della prevenzione, come la pericolosità sociale debba risultare attuale nel momento in cui la misura viene eseguita, giacché in caso contrario, le limitazioni della libertà personale nelle quali la misura stessa si sostanzia rimarrebbero carenti di ogni giustificazione . 3.1 Su tale tema di fondo, peraltro, non si registrano contrasti interpretativi in sede di legittimità, data la chiarezza delle previsioni legislative di settore, che impongono senza incertezza alcuna quantomeno la indicazione, a fini di applicazione nonché di esecuzione della misura, di una condizione di attuale pericolosità sociale del destinatario. Di estrema linearità è la disposizione contenuta nell’articolo 1 comma 3 della legge-delega del 13.08.2010 numero 136, recante il piano straordinario contro le mafie, nonché la delega al Governo in materia di normativa antimafia, delega il cui esercizio ha dato vita al decreto legislativo numero 159 del 2011. Il criterio direttivo espresso dal legislatore delegante esplicitava in modo inequivoco i presupposti e il finalismo della misura di prevenzione, richiedendo, tra l’altro che venga definita in maniera organica la categoria dei destinatari delle misure di prevenzione personali e patrimoniali, ancorandone la previsione a presupposti chiaramente definiti e riferiti in particolare all’esistenza di circostanze di fatto che giustificano l’applicazione delle suddette misure di prevenzione e, per le sole misure personali, anche alla sussistenza del requisito della pericolosità del soggetto . La voluntas legis si è pertanto tradotta non soltanto nella riproposizione delle ipotesi tipiche di inquadramento criminologico dei potenziali destinatari delle misure articolo 4 ma soprattutto, per quanto qui rileva, nella generalizzata previsione dell’articolo 6 Cod. Ant., secondo cui a tali persone quando siano pericolose per la sicurezza pubblica, può essere applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza. Il testo di legge postula, pertanto, una doppia operazione valutativa da un lato va realizzato l’inquadramento del soggetto, sulla base delle emergenze istruttorie, in una delle categorie tipiche ed astratte di cui all’articolo 4, dall’altro l’apprezzamento in concreto della condizione di pericolosità attuale della persona, non essendo sufficiente la prima operazione a fini applicativi della misura. Tale disposizione di legge l’articolo 6 Cod.Ant. pare dunque escludere in modo chiaro l’esistenza di presunzioni e finisce, ad avviso del Collegio, con lo svolgere la funzione che nel lontano 1986 il legislatore assegnò, nel correlato settore delle misure di sicurezza personali, all’articolo 31 della legge numero 663 del 10 ottobre 1986, rappresentata dalla abolizione di tutte le presunzioni legali di pericolosità, in origine contenute nel testo dell’articolo 204 cod.penumero il comma 2 di detto articolo 31 testualmente recita tutte le misure di sicurezza personali sono ordinate previo accertamento che colui il quale ha commesso il fatto è persona socialmente pericolosa . 4. Quanto alle tecniche di individuazione e alle modalità di argomentazione, nel provvedimento giurisdizionale della suddetta condizione di pericolosità soggettiva, va di contro evidenziata l’esistenza di interpretazioni giurisprudenziali disomogenee, in un contesto interno sul fronte della tutela dei diritti fondamentali e della osservanza sostanziale del principio di legalità reso ulteriormente problematico dal recente arresto della Corte Europea dei diritti dell’uomo da ora in avanti Corte Edu del 23.2.2017 pronunzia della Grande Camera, decisione nel caso De Tommaso contro Italia . In sintesi, è noto che con tale decisione la Corte Edu ha evidenziato, in un caso in cui era stata riconosciuta esclusivamente in primo grado, ma con immediata sottoposizione l’appartenenza del soggetto ad una classe di pericolosità cd. generica, un deficit di chiarezza e precisione dunque di tassatività nella previsione regolatrice interna al par. 117 di tale decisione si ritiene che la legge esaminata numero 1423 del 56 non contenga disposizioni sufficientemente dettagliate sui tipi di comportamento che dovevano essere considerati costituire un pericolo per la società , con la conseguenza di disancorare in simile visione la scelta applicativa dall’apprezzamento di condotte predeterminate, specifiche ed idonee a porsi a base di una argomentata prognosi di pericolosità, con eccesso di discrezionalità del giudice e pregiudizio dei diritti protetti dalla Convenzione Europea del 1950 e dai successivi protocolli è stata ritenuta sussistente la violazione dell’articolo 2 Protocollo numero 4 della Convenzione, del 16 novembre 1963, disposizione posta a tutela della libertà di circolazione . Non è questa la sede idonea per esaminare in modo compiuto le ricadute di tale decisione, nel cui ambito le garanzie di prevedibilità delle conseguenze sfavorevoli di un proprio comportamento e dunque l’ancoraggio necessario ai principi di chiarezza e precisione delle previsioni regolatrici astratte vengono estese, in modo significativo, a materia non strettamente penale come quella della prevenzione, ma ne va di certo evidenziata la valenza di stimolo in un sistema giuridico e di tutela dei diritti ormai caratterizzato dalla pluralità di fonti verso il consolidamento o la riemersione di linee interpretative tese a riaffermare la valenza dei principi più volte declinati, in sede interna, dalla Corte Costituzionale v. per tutte, le decisioni numero 177 del 1980 e numero 23 del 1964, in tema di necessaria precisione, materialità e consistenza della o delle condotte poste a base della prognosi di pericolosità e da questa stessa Corte di legittimità, come autorevolmente sostenuto e di recente realizzato si veda, in particolare, quanto affermato dalle Sezioni Unite nella decisione numero 40076 del 2017, ric. Paternò, intervenuta sulla rilevanza penale della violazione della prescrizione generica di rispettare le leggi, con avvenuta adozione di un criterio interpretativo della norma incriminatrice ispirato ad una lettura tassativizzante e tipizzante della fattispecie, correlato esplicitamente alla avvertita necessità di realizzare una interpretazione coerente con i principi costituzionali e convenzionali . 5. Il caso in esame, quanto alla rilevanza dei temi, si caratterizza, dunque, per due profili problematici, tra loro correlati. Il primo è rappresentato dall’analisi nel contesto prima sommariamente descritto dei rapporti esistenti tra gli esiti provvisori o definitivi del giudizio penale e il giudizio di prevenzione. Se, infatti, l’apprezzamento della pericolosità sociale di un determinato individuo che si vuole immune da un inammissibile soggettivismo ed ancorato a previsioni astratte sufficientemente determinate , è operazione logica derivante dall’apprezzamento di condotte pregresse la cd. parte constatativa del giudizio tali da rappresentare concreto indicatore di una capacità dell’individuo di realizzare, nell’immediato futuro, condotte idonee a ledere o, quantomeno, a porre in pericolo beni giuridici di particolare rilievo la cd. parte prognostica del giudizio , ciò è e resta qualcosa di ontologicamente diverso dall’affermazione di penale responsabilità per un fatto costituente reato. Ma è pur vero che lì dove le condotte sintomatiche della pericolosità siano legislativamente caratterizzate nell’ambito di previsioni da ritenersi tipizzanti, come quelle di cui agli artt. 1 e 4 del Cod.Ant. in termini per lo più evocativi di fattispecie penali quali le ricorrenti condotte delittuose da cui il soggetto trae sostegno, i traffici illeciti, l’indizio di appartenenza ad organismo mafioso, l’indizio di commissione di uno o più fatti di reato ricompresi in una norma di rinvio è evidente che il giudice della misura di prevenzione nel preliminare apprezzamento di tali fatti non può evitare di porsi il problema rappresentato dalla esistenza di una pronunzia giurisdizionale che proprio su quella condotta ingrediente necessario della preliminare iscrizione nella categoria normativa di pericolosità ha espresso una pronunzia in termini di insussistenza o di non attribuibilità del fatto all’individuo di cui si discute si rinvia, sul tema di una certa complessità a quanto affermato da Sez. 1 numero 31209 del 2015, ric. Scagliarini, rv 264319/264322, nonché, in epoca successiva, da Sez. V numero 6067 del 6.12.2016, ric. Malara, rv 269026 e da Sez. I numero 36258 del 2017, ric. Celini ed altri, numero m. . In altri termini, trattando tale punto preliminare, è opinione del Collegio che lì dove il giudizio di pericolosità, come nell’attuale sistema legislativo e costituzionale, sia connotato dalla giurisdizionalità e ancorato in chiave di contrasto al soggettivismo valutativo al preliminare inquadramento della persona in una delle fattispecie astratte, da ritenersi tipizzanti artt. 1 e 4 Cod. Ant. è la scelta legislativa di ancorare la condizione alla commissione o all’indizio di commissione di condotte illecite tipiche a condizionare il momento interpretativo, nel senso che l’avvenuta esclusione del rilievo penale di una condotta, almeno tendenzialmente, impedisce di porre quel segmento di vita a base di una valutazione di pericolosità ed impone il reperimento, in sede di prevenzione, di ulteriori e diverse forme di conoscenza, capaci in ipotesi di realizzare ugualmente l’effetto di inquadramento nella categoria criminologica. È evidente, in tale ottica, che la libertà di valutazione del giudice della misura di prevenzione non incontra limite alcuno in ipotesi di ricostruzione anticipata della specifica condotta rilevante come, per il vero, dovrebbe essere, dato che la misura è finalizzata a prevenire la realizzazione di ulteriori fatti illeciti similari ma lì dove il giudizio penale su un fatto rilevante a fini di inquadramento soggettivo abbia avuto un esito definitivo, tale aspetto finisce con il ricadere inevitabilmente nella cd. parte constatativa del giudizio di pericolosità, per quanto sinora detto. 5.1 L’analisi di tale aspetto all’interno della decisione impugnata, lì dove la stessa in caso di pericolosità qualificata tende a realizzare l’autonoma valutazione delle emergenze istruttorie a carico del G.C. le conversazioni oggetto di captazione nel 2008 che in sede di giudizio penale sono state a tutt’oggi reputate inidonee a giustificare una affermazione di penale responsabilità rappresenta dunque un indubbio tema di interesse, in diritto, alla luce di quanto sinora esposto. Può tuttavia ritenersi a parere del Collegio che in assenza di un giudicato penale, come nel caso in esame, non possa in nessun caso ipotizzarsi l’esistenza di un vincolo di parziale conformazione tra le due procedure, sicché resta preferibile la tesi della libertà di valutazione in capo al giudice della prevenzione delle emergenze istruttorie, valutazione da realizzare con un dovere supplementare di argomentazione si vedano sul tema, di recente, Sez. 6 numero 33075 del 15.6.2016, ric. Caliendo, rv 270080, nonché Sez. 5 numero 1831 del 17.12.2015, ric. Mannina, rv 265862 nel cui ambito il giudice della prevenzione dia conto delle ragioni per cui la condotta ritenuta inidonea a giustificare l’affermazione di penale responsabilità per il reato di partecipazione o di concorso esterno alla associazione mafiosa possa, in ipotesi, ritenersi non solo sussistente in fatto e attribuibile al proposto tale dovendo ritenersi la condizione preliminare per ogni affermazione ulteriore ma anche indicativa della sua appartenenza all’organismo mafioso. Quanto ai connotati di tale condizione, peraltro, va evidenziato che il recente approdo interpretativo che il Collegio condivide rappresentato da Sez. VI numero 3941 del 8.1.2016, ric. Gaglianò ed altri rv 266541 , per cui il concetto di appartenenza ad una associazione mafiosa, rilevante per l’applicazione delle misure di prevenzione, richiede l’apprezzamento di una situazione di contiguità all’associazione stessa che risulti funzionale agli interessi della struttura criminale nel senso che il proposto deve offrire un contribuito fattivo alle attività ed allo sviluppo del sodalizio criminoso , rappresenta una sensibile progressione interpretativa rispetto a precedenti arresti tra cui Sez. VI numero 9747 del 29.1.2014, rv 259074 ed altre , nel cui ambito veniva valorizzata unitamente all’aspetto di funzionalità della condotta agli interessi dell’ente criminale una atipica e sfuggente constatazione di un sottostante terreno favorevole permeato di cultura mafiosa. Il rispetto del principio di tassatività anche nel settore della prevenzione personale e patrimoniale stimolato dalla pronunzia Corte Edu De Tommaso e ripreso dalle Sezioni Unite nella decisione Paternò, prima citate porta infatti a ritenere non conformi ai principi costituzionali e convenzionali atteggiamenti interpretativi che tendano a discostarsi dal significato corrente dei termini utilizzati dal legislatore in sede di costruzione della fattispecie astratta e non vi è dubbio a parere del collegio circa la portata delimitante del termine appartenenza, che non denota una mera contiguità di tipo ideologico ma evoca un legame concreto e operativo sia sotto l’aspetto materiale che sul versante psicologico tra il soggetto e l’ente criminale, con tutto ciò che ne deriva in termini di individuazione necessaria sia pure per indizi di un fattivo contributo reso dal primo a vantaggio del secondo. È evidente, peraltro, che l’ampiezza della nozione di appartenenza ferma restando la precisazione di cui sopra comporta che in tale ambito possano rientrare condotte tra loro molto diverse e che finiscono con il rappresentare tale legame in termini più o meno intensi, con tutto ciò che ne può derivare sulla questione che segue tema della pericolosità presunta , oggetto di specifico interpello all’organo risolutore dei conflitti. In ciò l’esame del ricorso finisce con il presentare temi valutativi, che appaiono riservati al momento della decisione in senso stretto. 6. Ove, pertanto, si ritenga ipotizzabile una legale individuazione di dati fattuali idonei a determinare l’avvenuta iscrizione del ricorrente nella categoria tipica di cui all’articolo 4 co.1 lett. a Cod. Ant., il tema su cui si denunzia, in senso proprio, il contrasto è come si è anticipato rappresentato dalla individuazione o meno, in simili casi, di una presunzione di attualità della pericolosità, tale da trasferire sul proposto un onere dimostrativo vero e proprio con sostanziale inversione dell’onere della prova su un punto qualificato della decisione in tema prevenzionale . Gli atteggiamenti interpretativi, limitandosi alla più recente elaborazione del tema possono, sostanzialmente, ridursi a due, ferme restando le possibili sottopartizioni specie nel primo orientamento correlate anche all’esame dei singoli casi. Va premesso che, per teoria generale v. artt. 2727-2729 cod.civ. , le presunzioni sono conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire ad un fatto ignoto nel caso in esame il fatto ignoto è, in tesi, la pericolosità attuale del soggetto, quello che può darsi per noto è l’indizio di appartenenza alla organizzazione, nel senso prima indicato . Le presunzioni, inoltre, si distinguono in legali previste dalla legge o semplici derivanti dalla formalizzazione di massime di esperienza, su base logica nonché in assolute che non ammettono prova contraria o relative che ammettono prova contraria, così risolvendosi in un meccanismo di inversione dell’onere probatorio su uno o più punti della controversia . È da ritenersi, inoltre, che soltanto le presunzioni legali comportino l’esonero del giudicante dall’obbligo di motivazione sul fatto ignoto, in presenza di argomentazione sul fatto noto posto che la conseguenza è, appunto, prevista dal legislatore, salvo eventuale prova contraria mentre le presunzioni semplici si risolvono in criteri argomentativi di mera semplificazione cui il giudice può fare ricorso, in motivazione, lì dove ne abbia verificato l’effettiva coerenza logica e, soprattutto, la rispondenza al caso in esame si veda, in campo civile, quanto ritenuto da Sez. III numero 17535 del 26.6.2008 sul dovere di argomentazione ricadente sul giudice del merito in caso di utilizzo di una presunzione semplice e sul controllo realizzabile in sede di legittimità analogamente, in campo tributario Sez. VI civ. ord. numero 101 del 8.1.2015 . Tale precisazione, ad avviso del Collegio, appare necessaria al fine di comprendere gli esatti termini del contrasto. 6.1 Ciò posto, secondo una prima lettura delle disposizioni coinvolte, non può dirsi sussistente nel sistema delle misure di prevenzione personali alcuna presunzione legale di attuale pericolosità sociale del soggetto raggiunto da elementi indizianti che ne abbiano consentito l’iscrizione nella categoria criminologica di cui all’articolo 4 comma 1 lett. a Cod. Ant. l’orientamento risale, in questi termini, a Sez. 1 numero 23641 del 11.2.2014, ric. Mondini, rv 260104 . Si afferma, in particolare, che manca nel testo di legge una proposizione idonea a sostenere l’esistenza di tale volontà da parte del legislatore che, in tale visione, esprime una posizione generalista e senza eccezione alcuna nel richiedere, all’articolo 6 del Cod. Ant. l’obbligo di un apprezzamento concreto della pericolosità, per ogni categoria soggettiva le persone indicate nell’articolo 4 sono destinatarie della misura quando siano pericolose per la sicurezza pubblica . Ciò appare essere, peraltro, una scelta obbligata del legislatore delegato in rapporto ai contenuti della legge-delega del 2010, in precedenza ricordati. In tale ottica, l’osservanza del principio di tassatività, dunque, esclude che possa parlarsi di presunzione legale, mancando il necessario riferimento nella disciplina applicabile a differenza di quanto previsto in sede di misure cautelari personali, nel cui ambito è rinvenibile come è noto l’impiego di una limitata presunzione relativa ex lege nel corpo dell’articolo 275 co.3 cod.proc.penumero . Ciò non esclude, secondo tale filone, l’utilizzo anche in sede di misure di prevenzione di presunzioni semplici ossia di massime di esperienza su base logica, correlate alla natura e all’apprezzamento del legame che sia pure a livello indiziario è stato oggetto di constatazione tra il soggetto e l’organizzazione di stampo mafioso che, tuttavia proprio per la loro natura non possono ritenersi fonte di esonero dall’obbligo di esplicitare in concreto le ragioni del proprio convincimento, specie nella ipotesi in cui il dato indiziante emerso a carico si collochi in un momento temporale non prossimo alla decisione applicativa della misura di prevenzione, dato che ciò evidenzia un punto di possibile crisi funzionale della affidabilità della massima di esperienza utilizzata ed impone di asseverare la condizione in modo esplicito tale orientamento è stato in particolare espresso da Sez. 6 numero 5267 del 14.1.2016, ric. Grande Aracri, rv 266184 Sez. 6 numero 51666 del 11.11.2016, ric. Rindone, rv 268087 Sez. 6 numero 50128 del 11.11.2016, ric. Aguì, rv 268215 Sez. 5 numero 1831 del 17.12.2015, ric. Mannina, rv 265863 Sez. 2 numero 39057 del 3.6.2014, ric. Gambino, rv 260781 Sez. 2 numero 8921 del 31.1.2017, ric. Zagaria, rv 269555 Sez. 5 numero 28624 del 19.1.2017, ric. Cammarata, rv 270554 Sez. 6 numero 52607 del 30.11.2016, ric. Emma, rv 269500 . In sostanza, da tali arresti emerge che l’obbligo di argomentazione in positivo della attualità della pericolosità va ritenuto sempre sussistente con sindacabilità di eventuali apparenze motivazionali ed in particolare lì dove risulti decorso un tempo apprezzabile tra le condotte sintomatiche e la decisione, al di là del dovere di apprezzamento di eventuali elementi antagonisti forniti dall’interessato che non è obbligato a produrli , sia in sede deliberativa che in sede esecutiva qui nell’ipotesi in cui vi sia scissione temporale correlata alla esistenza di un periodo detentivo, secondo quanto affermato da Corte Cost. numero 291 del 2013, prima citata . 6.2 Di contro, un consistente filone interpretativo ha affermato, anche di recente, che non è richiesta, in caso di avvenuta emersione di elementi indizianti che abbiano reso possibile l’inquadramento del proposto nella categoria tipica di cui all’articolo 4 comma 1 lett. a Cod. Ant. alcuna particolare motivazione in tema di attualità della pericolosità, essendo a tal fine non dirimente la distanza temporale tra emersione dell’elemento indiziante e il momento della decisione applicativa. In tale ottica, dunque, si ipotizza sussistente una presunzione relativa di derivazione logica ma operante, in concreto, alla stregua di presunzione relativa ex lege, atteso che si tende a trasferire sul soggetto proposto un onere dimostrativo di un evento specifico ed idoneo ad incrinare la presunzione medesima il recesso personale o la disintegrazione del sodalizio con sostanziale inversione dell’onere probatorio. Appaiono iscrivibili in tale filone, tra le altre, Sez. 2 numero 25778 del 10.5.2017, ric. Capobianco ed altri numero m. Sez. 2 numero 17128 del 24.3.2017, ric. Maiolo, rv 270068 Sez. 5 numero 51735 del 12.10.2016, ric. Prestifilippo, rv 268849 Sez. 2 numero 8106 del 21.1.2016, ric. Pierro, rv 266155 Sez. 5 numero 43490 del 18.3.2015, ric. Nirta, -v 264927 Sez. 2 numero 24782 del 9.3.2015, rv 264367. 6.3 La rilevanza del contrasto interpretativo anche nel ricorso in esame è autoevidente, posto che al di là delle inevitabili sfumature correlate all’esame dei casi, l’adesione ai diversi orientamenti qui sinteticamente richiamati comporta un differente approccio in punto di struttura e modulazione del provvedimento applicativo della misura di prevenzione personale in un segmento di estrema rilevanza, rappresentato dall’ampiezza e dal contenuto delle argomentazioni in punto di attualità della pericolosità sociale. Va pertanto ritenuta applicabile la previsione di legge di cui all’articolo 618 cod.proc.penumero con formulazione del seguente quesito in tema di misure di prevenzione personali, se in presenza di elementi ritenuti indizianti circa la pregressa appartenenza del soggetto proposto ad una associazione di stampo mafioso, sia o meno necessaria in caso di accoglimento della proposta applicativa una motivazione in positivo sul punto della attualità della pericolosità al momento della decisione di primo grado. P.Q.M. Rimette il ricorso alle Sezioni Unite.