La notifica effettuata al domicilio eletto è valida anche se l’imputato è detenuto

L’elezione di domicilio è un atto negozial-processuale che non perde efficacia a seguito dell’instaurazione di un regime di detenzione poiché, a differenza della mera dichiarazione, presuppone una specifica determinazione dell’interessato che individua espressamente nel domiciliatario la persona a cui è legato da un rapporto fiduciario, tale da indicarlo come idoneo a ricevere gli atti indirizzatigli.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 48584/17, depositata il 23 ottobre. La vicenda. Il giudice dell’esecuzione rigettava l’istanza di revoca della sentenza di condanna, divenuta ormai irrevocabile, e di restituzione nel termine per impugnare avanzata dal condannato per presunte irregolarità nella notificazione del decreto di citazione e dell’estratto contumaciale, effettuata presso il domicilio eletto dall’imputato che però, all’insaputa dell’autorità giudiziaria procedente, si trovava in stato di detenzione. La difesa ricorre per la cassazione della pronuncia. Elezione di domicilio. Il Collegio accoglie il ricorso precisando che la sentenza impugnata, nonostante abbia aderito all’orientamento maggioritario in tema di notificazioni all’imputato detenuto, non possa condividersi. La giurisprudenza afferma infatti che è valida la notifica effettuata al domicilio eletto dall’imputato detenuto, anche per altra causa, e non al luogo di detenzione. L’elezione di domicilio è atto negozial-processuale che, a differenza della mera dichiarazione, presuppone una specifica determinazione del soggetto che individua espressamente nel domiciliatario la persona a cui è legato da un rapporto fiduciario, tale da indicarlo come idoneo a ricevere gli atti indirizzatigli per poi recapitarli. Ne consegue che la notifica effettuata all’imputato detenuto presso il domicilio eletto è valida e efficace proprio perché fondata su tale rapporto personale, posto che la carcerazione non interrompe necessariamente ed automaticamente la possibilità di contatto e relazioni con l’esterno e con chi sia precedentemente stato designato quale domiciliatario. Solo una revoca espressa da parte dell’interessato può escludere la rilevanza dell’elezione di domicilio. Tale principio trova applicazione anche nel caso di designazione di un difensore d’ufficio, da parte dell’autorità giudiziaria, e di elezione di domicilio presso il suo studio professionale grava sull’imputato l’onere di mantenere i rapporti con il domiciliatario in modo da poter essere tempestivamente informato sui eventuali notificazioni a lui destinate. Tornando al caso di specie, la S.C. rileva che il giudice di merito, pur essendosi attenuto a tali principi, ha erroneamente rigettato l’istanza del ricorrente per l’assenza di riscontri documentali circa la regolarità del processo notificatorio, riscontri che potevano essere ottenuti attivando i poteri istruttori ufficiosi conferiti dall’art. 666, comma 5, c.p.p Tale omissione comporta l’accoglimento del ricorso con annullamento della pronuncia impugnata e rinvio al Tribunale per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 17 – 23 ottobre 2017, n. 48584 Presidente Di Tomassi – Relatore Boni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 30 gennaio 2017 il Tribunale di Ferrara, pronunciando in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza, proposta nell’interesse del condannato M.G. , di revoca della sentenza dell’8 gennaio 2013 del Tribunale di Bologna, irrevocabile il 26 luglio 2013 e di restituzione nel termine per l’impugnarla, rilevando la regolarità della notificazione del decreto di citazione e dell’estratto contumaciale, compiute presso il domicilio eletto dell’imputato in un momento nel quale non era stato portato a conoscenza dell’autorità giudiziaria procedente il suo stato di detenzione, nonché la tardività della richiesta di restituzione nel termine. 2. Avverso detta ordinanza ricorre l’interessato a mezzo del difensore per chiederne l’annullamento per i seguenti motivi a violazione di legge in relazione al disposto dell’art. 666 cod. proc. pen., comma 5. Il Giudice dell’esecuzione, pur in assenza di documentazione e degli atti processuali del giudizio di cognizione, la cui acquisizione era stata richiesta dalla difesa senza che il giudice avesse provveduto in tal senso, nonostante vi fosse tenuto ai sensi dell’art. 666 cod. proc. pen., comma 5, ha ritenuto che il soggetto indicato quale M.G. a cui è intestata la sentenza di condanna avesse eletto un domicilio e che le notificazioni, compiute presso tale domicilio, fossero state eseguite regolarmente, senza però indicare quale atto dimostrasse l’operata elezione e la mancata conoscenza da parte del Tribunale procedente dello stato di detenzione dell’imputato. Al contrario, nel frontespizio della sentenza passata in giudicato vi è indicato quale imputato M.G. nato nel 1969, mentre il ricorrente è nato nel 1959 e nell’istanza si era rappresentato che il ricorrente non era stato a conoscenza del suddetto processo perché non aveva mai ricevuto una notifica del decreto di citazione a giudizio e non aveva mai nominato un difensore di fiducia anche perché detenuto nel periodo tra l’1.05.2011 ed il 14.01.2014, circostanze non verificate dal giudice per la mancanza degli atti del processo già definito. b Erronea applicazione della legge penale in relazione al rigetto dell’istanza di restituzione nel termine per impugnare perché ritenuta tardiva. In realtà, avrebbe dovuto ritenersi tempestiva, poiché il ricorrente aveva avuto conoscenza della sentenza di condanna in data 12 ottobre 2016, momento nel quale aveva segnalato che la stessa sentenza recava un errore materiale nell’intestazione per la non corretta indicazione dell’anno di nascita dell’imputato, errore non corretto con la conseguente incertezza circa la reale identità dell’imputato quale soggetto destinatario anche dell’ordine di carcerazione. 3. Con requisitoria scritta il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, dr. Massimo Galli, ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata. Considerato in diritto Il ricorso è fondato e merita dunque accoglimento. 1. Il giudice dell’esecuzione ha ritenuto di dover respingere la richiesta avanzata in via principale dal condannato ai sensi dell’art. 670 cod. proc. pen. per ottenere l’accertamento dell’insussistenza del titolo esecutivo, costituito dalla sentenza di condanna emessa nella sua contumacia dal Tribunale di Bologna in data 8 gennaio 2013, irrevocabile il 26 luglio 2013, a ragione della nullità della notificazione del decreto che ha disposto il giudizio e dell’estratto contumaciale della sentenza stessa. Ha rilevato che il procedimento notificatorio si era regolarmente compiuto presso il domicilio eletto dall’imputato, che aveva conservato validità ai fini dell’adempimento, sebbene il destinatario fosse all’epoca detenuto, atteso che di tale sua condizione non vi era notizia nel processo e la stessa era stata incolpevolmente ignorata dall’autorità giudiziaria che lo aveva condotto e definito. 1.1 Osserva il Collegio che il ragionamento decisorio esposto nell’ordinanza si avvale delle stesse allegazioni contenute nell’istanza del condannato, laddove si era dedotta la nullità delle notificazioni degli atti del giudizio definito e dell’estratto contumaciale della sentenza conclusiva perché avvenute presso il domicilio eletto, e non presso l’istituto penitenziario ove il destinatario era all’epoca ristretto. Tale assunto, come rilevato dal Tribunale, postula appunto che nel procedimento vi fosse stata una manifestazione formalizzata di volontà dell’imputato di indicare il luogo prescelto, ove ricevere le notifiche degli atti processuali. Non giova dunque alla difesa negare col ricorso per cassazione l’esistenza dell’elezione di domicilio, trattandosi di fatto dalla stessa affermato nella sua richiesta quale antecedente fattuale e giustificazione della sua proposizione. Quanto alla regola giuridica applicata, il Tribunale ha dato attuazione al principio di diritto, affermato dalla linea maggioritaria della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale È valida la notifica all’imputato detenuto, anche per altra causa, eseguita presso il domicilio eletto dal medesimo e non presso il luogo di detenzione, avendo anche l’imputato detenuto la facoltà di dichiarare o eleggere domicilio ai sensi dell’art. 161, comma primo, cod. proc. pen. . Cass. sez. 3, n. 42223 del 06/02/2015, N., rv. 264963 sez. 5, n. 35542 del 29/02/2016, Manciaracina, rv. 268017 sez. 2, n. 15102 del 28/02/2017, Gulizzi, rv. 269863 . Si è osservato al riguardo che l’elezione di domicilio, in quanto atto avente valore negoziai-processuale, che, a differenza della mera dichiarazione, presuppone una specifica determinazione del soggetto il quale individua nel domiciliatario la persona ad esso legata da rapporto fiduciario, come tale idonea a ricevere gli atti indirizzati al destinatario ed incaricata di recapitarglieli, rende valida ed efficace la notifica presso il domicilio eletto, anche nel caso in cui l’autore successivamente venga ristretto in carcere, situazione che non interrompe necessariamente ed automaticamente le possibilità di contatto e di relazioni con l’esterno e con chi debba ricevere le notificazioni. Pertanto, soltanto un’espressa revoca potrebbe consentire di non tenerne conto e non già la sopravvenienza di situazioni fattuali, quale la carcerazione dell’interessato. Né tale conclusione soffre eccezioni per il caso di avvenuta designazione di un difensore d’ufficio ad opera dell’autorità di polizia o giudiziaria e di elezione del domicilio presso il di lui studio professionale, poiché anche in questo caso grava sull’imputato, che ha provveduto all’elezione e che non l’ha revocata in seguito, l’onere di mantenere, entro il limite della esigibilità della condotta diligente, i rapporti con il domiciliatario in modo da poter essere tempestivamente informato in ordine alla esistenza di notificazioni concernenti il procedimento a suo carico. Sul piano sistematico tale orientamento riceve riscontro dal disposto dell’art. 161 cod. proc. pen., che presenta carattere generale e non può essere derogato, in difetto di espressa disposizione normativa, dalla disciplina delle notificazioni all’imputato detenuto di cui all’art. 156 cod. proc. pen., per la quale gli atti da notificargli devono essere recapitati presso il luogo di detenzione. 1.2 Ebbene, pur accedendo alla linea interpretativa citata, nell’ordinanza in esame è censurabile il rilievo, secondo il quale l’interessato non avrebbe allegato e nemmeno fornito prova della conoscenza da parte dell’autorità giudiziaria del proprio stato detentivo poiché non risultano essere stati acquisiti gli atti del processo celebrato dal Tribunale di Bologna, il giudizio di regolarità delle notificazioni sul presupposto della valida elezione di domicilio non è supportato da alcun riscontro documentale, né dalla diretta consultazione degli atti, che avrebbe offerto certezze sull’esistenza effettiva di un domicilio elettivo dell’imputato, sul compimento delle notifiche in tale luogo anche in relazione all’estratto contumaciale e sulla conoscenza o meno nel corso del medesimo processo del suo stato di carcerazione. Inoltre, il giudice dell’esecuzione, a fronte di specifica allegazione operata dal condannato, aveva l’onere di condurre le necessarie verifiche, attivando i poteri ufficiosi conferitigli dall’art. 666 cod. proc. pen., comma 5, a norma del quale il giudice può chiedere alle autorità competenti tutti i documenti e le informazioni di cui abbia bisogno e quindi di acquisire l’incarto processuale relativo al giudizio definito con la sentenza contumaciale, unico strumento per poter verificare l’effettiva formazione di un valido ed efficace titolo esecutivo. L’aver omesso tale adempimento vizia l’ordinanza per violazione di legge ed illogicità manifesta del suo apparato motivazionale e ne comporta l’annullamento con rinvio al Tribunale di Ferrara per nuovo esame sulla questione pregiudiziale relativa all’ineseguibilità della condanna riportata dal M. , che dovrà avvenire nel rispetto dei principi sopra enunciati e colmando le lacune conoscitive riscontrate. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Ferrara.