Limiti alla responsabilità della “testa di legno” nella bancarotta fraudolenta documentale

L’amministratore di diritto risponde del reato di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione o per omessa tenuta, in frode ai creditori, delle scritture contabili, anche laddove sia investito solo formalmente dell’amministrazione della società fallita cd. testa di legno , in quanto sussiste il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le predette scritture, purché sia fornita la dimostrazione della effettiva e concreta consapevolezza del loro stato, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari.

Questo il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte sentenza n. 48363/17, depositata il 20 ottobre in ordine all’elemento psicologico della testa di legno in caso di bancarotta fraudolenta documentale. Il caso sotteso alla pronuncia in esame. Il Tribunale di Trento, in primo grado, e, in sede di secondo, la Corte d’Appello di Trento avevano affermato la penale responsabilità, tra gli altri, della figlia di un imprenditore che rivestiva la qualifica formale di amministratore di diritto di una società poi fallita, per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale. Nelle scritture contabili della società erano, infatti, state riscontrante una serie di annotazioni corrispondenti a crediti completamente inesistenti ed ulteriori false annotazioni che avevano reso totalmente inattendibili le scritture contabili consegnate al curatore fallimentare. Il substrato giuridico della condanna. L’affermazione della penale responsabilità della testa di legno” era derivata dal ritenuto concorso, ai sensi dell’art. 40, comma 2, c.p., della figlia dell’imprenditore nella condotta del padre, amministratore di fatto, in quanto, secondo i Giudici di merito, al fine di integrarsi penale responsabilità, è sufficiente la generica consapevolezza da parte dell’amministratore di diritto che sia stata compiuta una delle condotte previste dalla norma incriminatrice, senza che sia necessario che detta consapevolezza giunga ad investire i singoli elementi delittuosi. Pacifico è, infatti, in giurisprudenza che l’elemento psicologico della bancarotta fraudolenta documentale ben possa rinvenirsi sia nel dolo diretto che nella forma del dolo eventuale, come, peraltro, puntualmente hanno ricordato anche i Giudici della sentenza oggetto di ricorso. Nello specifico, la prova del dolo era stata rinvenuta nel rapporto di stretta parentela con l’amministratore di fatto, nell’interesse dell’imputata ai risultati dell’attività, nell’appalesata intenzione del padre di coinvolgerla, seppur per il futuro, nella gestione della società, nonché – proseguiva la Corte d’Appello – nella partecipazione, sia pure limitata a pochissimi interventi, della stessa alla concreta gestione della società. Omettevano, tuttavia, i Giudici di merito di chiarire in concreto quali fossero questi effettivi interventi di ingerenza dell’imputata. La giurisprudenza sul punto. É noto il particolare rigore della giurisprudenza di legittimità in punto di responsabilità della c.d. testa di legno” per fatti di bancarotta fraudolenta documentale. Nel dettaglio, in ordine a tale ipotesi l’impostazione giurisprudenziale è più rigorosa rispetto ai casi di bancarotta fraudolenta per distrazione. Secondo l’orientamento prevalente in tema di bancarotta fraudolenta, infatti, mentre con riguardo a quella documentale per sottrazione o per omessa tenuta in frode ai creditori delle scritture contabili, ben può ritenersi la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell'amministrazione dell'impresa fallita cd. testa di legno” , atteso il diretto e personale obbligo dell'amministratore di diritto di tenere e conservare le suddette scritture, non altrettanto può dirsi con riguardo all'ipotesi della distrazione, relativamente alla quale non può, nei confronti dell'amministratore apparente, trovare automatica applicazione il principio secondo il quale, una volta accertata la presenza di determinati beni nella disponibilità dell'imprenditore fallito, il loro mancato recepimento, in assenza di adeguata giustificazione della destinazione ad essi data, legittima la presunzione della dolosa sottrazione, dal momento che la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore apparente non necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi nutriti dall'amministratore di fatto ex pluribus Cass., Sez. V, n. 22846/14 . Detto principio, apparentemente molto rigoroso, viene tuttavia ricondotto nei limiti di una responsabilità personale e colpevole da altre pronunce secondo le quali, se è pur vero che in tema di reati fallimentari l'amministratore solo di diritto risponde del reato di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione o per omessa tenuta, in frode ai creditori, delle scritture contabili, in quanto sussiste il diretto e personale obbligo dell'amministratore di diritto di tenere e conservare le predette scritture, è altrettanto vero che ciò può accadere solo allorché sia comunque fornita la dimostrazione della effettiva e concreta consapevolezza del loro stato, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari Cass. Sez. V, n. 642/13 . La soluzione del caso di specie. Osservano gli Ermellini che, nel caso di specie, i Giudici di merito hanno omesso di motivare e chiarire quale fosse il ruolo effettivamente svolto dall’imputata in seno alla società e, dunque, omesso di dimostrare l’effettiva consapevolezza della tenuta e dello stato delle scritture contabili da parte dell’imputata, che pacificamente svolgeva la mera attività di casalinga ed era sconosciuta a clienti, fornitori e finanche al commercialista della società fallita. Richiamandosi proprio alla appena menzionata e più garantista giurisprudenza, la pronuncia viene annullata sul punto dagli Ermellini con rinvio, per nuovo esame, anche al fine eventualmente di identificare e chiarire quali fossero quei pochissimi interventi di concreta gestione attribuiti alla imputata e la loro effettiva incidenza sul delitto contestato.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 21 settembre – 20 ottobre 2017, n. 48363 Presidente Sabeone – Relatore Riccardi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 15/11/2013 il Tribunale di Rovereto ha condannato S.P. e S.M. per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, per avere, il primo in qualità di amministratore della s.r.l., fallita il 22/05/2009, distratto somme di denaro ricevute a titolo di pagamento da clienti capo A2 ed iscritto le relative somme nel libro giornali per crediti inesistenti capo A3 , limitatamente all’importo di Euro 107.191,79, nonché per aver registrato il credito inesistente di Euro 1.800,00 nei confronti della SP Costruzioni Generali, di cui era amministratore capo A4 , ed il credito di Euro 15.600,00 nei confronti di sé stesso, quale titolare dell’omonima ditta individuale capo A5 , e per avere entrambi, il primo quale amministratore di fatto e la seconda quale amministratore unico della SP Costruzioni s.r.l., falsificato il libro giornale, registrando il falso credito nei confronti della ditta individuale S.P. , pari ad Euro 28.943,26, e il credito inesistente di Euro 298.800,00 verso fornitori. Con sentenza del 22/01/2016 la Corte di Appello di Trento, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha assolto S.P. dal reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale di cui al capo A2 perché il fatto non sussiste, e, riqualificati i residui fatti come bancarotta fraudolenta documentale, ha assolto S.P. dai reati di cui ai capi A3, limitatamente al credito relativo alla Immobiliare Arca s.r.l., A4, A5 e, unitamente a S.M. , B2 limitatamente alla somma di Euro 28.943,26 , perché il fatto non sussiste, confermando nel resto la sentenza, e riducendo la pena inflitta a S.P. . 2. Con unico atto S.P. e S.M. ricorrono per cassazione deducendo i seguenti motivi di ricorso. 2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla bancarotta documentale relativa alla capo A3 lamenta che la sentenza impugnata abbia affermato la responsabilità con un generico richiamo all’istruttoria dibattimentale, senza distinguere con la situazione della SP Costruzioni, e contraddicendo l’esclusione, affermata in precedenza, del contestato pagamento. 2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla bancarotta documentale relativa alla SP Costruzioni capo B2 lamenta che la sentenza impugnata abbia affermato la responsabilità con un generico richiamo all’istruttoria dibattimentale, omettendo di motivare in ordine al nesso tra la condotta di annotazione di Euro 298.800,00 ed il dissesto ed il fallimento null’altro emergerebbe dalla contabilità, se non un’unica annotazione in oltre 5 anni di attività, presente solo nell’ultimo bilancio prima della messa in liquidazione della società. Inoltre, la valutazione della Corte sarebbe in contrasto con le risultanze istruttorie, che vengono richiamate per parziali estratti, con particolare riferimento alle dichiarazioni dell’imputato concernenti i diversi cantieri in cui era operativa l’impresa, e in relazione ai quali avrebbe maturato delle perdite. 2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza del dolo di S.P. lamenta che la sentenza impugnata abbia omesso la motivazione, affermando il dolo sulla base di elementi presuntivi, mentre l’imputato avrebbe offerto le pezze di giustificazione delle annotazioni, ed è stato soltanto sfortunato. 2.4. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza del dolo di S.M. lamenta che la sentenza impugnata abbia affermato il dolo sulla base della mera qualifica di amministratore di diritto, senza alcuna dimostrazione della consapevolezza concreta dello stato delle scritture l’imputata era sconosciuta a tutti coloro che hanno avuto contatti con la società, era una casalinga che si è fidata del padre, ed è stata condannata per responsabilità oggettiva, non essendosi mai occupata della SP Costruzioni. 2.5. Violazione di legge in relazione alla qualificazione giuridica lamenta il mancato riconoscimento della bancarotta semplice, anziché fraudolenta. Considerato in diritto 1. Il ricorso di S.P. è fondato limitatamente al primo motivo di ricorso. 1.1. La responsabilità per il reato di bancarotta fraudolenta documentale relativa alla omissis è stata affermata, con riferimento al solo capo A3, limitatamente all’iscrizione in contabilità del credito inesistente di Euro 59.191,79 nei confronti della Delta s.r.l., essendo stato l’imputato assolto dalle altre contestazioni. La sentenza impugnata risulta tuttavia contraddittoria, in quanto, pur affermando che i reati addebitati non ricorrono neanche con riferimento al credito della recte nei confronti della s.r.l. Delta, stante l’assenza di riscontro effettivo, a seguito delle indicate verifiche, dell’avvenuto pagamento e, in parte, la destinazione degli importi ricevuti a pagamento di debiti della società p. 12 , ha nondimeno affermato la responsabilità penale dell’imputato in ordine alla condotta di iscrizione del credito inesistente nei confronti della Delta. Oltre alla contraddittorietà intrinseca, insita nell’affermazione di responsabilità in ordine ad un credito che, secondo la ricostruzione dei fatti accertata dalla Corte territoriale, era ancora esistente, non essendo emerso un effettivo pagamento, ricorre altresì un profilo di contraddittorietà estrinseca, in quanto la sentenza ha, sulla base della medesima argomentazione, pronunciato l’assoluzione perché il fatto non sussiste in relazione al credito asseritamente inesistente nei confronti della Immobiliare Arca. La sentenza impugnata va dunque annullata con rinvio alla Corte di Appello di Bologna, per nuovo esame in ordine alla sussistenza del reato contestato al capo A3, limitatamente alla registrazione di un credito inesistente nei confronti della Delta s.r.l 1.2. Il secondo, il terzo ed il quinto motivo di ricorso, concernente la bancarotta fraudolenta documentale contestata al capo B2 con riferimento alla società SP Costruzioni, sono manifestamente infondati. L’affermazione di responsabilità concerne, infatti, la falsificazione del libro giornale, mediante registrazione di un credito inesistente verso fornitori di Euro 298.800,00, annotata sotto la voce contabile fatture da emettere la sentenza impugnata ha, al riguardo, esaustivamente motivato in ordine all’inesistenza del credito, sulla base delle fonti dichiarative il commercialista M.G. e della relazione del curatore, chiarendo che la voce contabile non era fondata su reali attività di impresa, non essendovi alcun riscontro documentale o di altro tipo dei clienti o delle operazioni alle quali si riferivano gli asseriti, ingenti, crediti. Né, del resto, possono ritenersi esaustive e, soprattutto, documentate le dichiarazioni rese dall’imputato in udienza non è chiaro se in sede di esame o di mere dichiarazioni spontanee , concernenti una serie di cantieri relativamente ai quali la società avrebbe maturato dei crediti non onorati peraltro, la deduzione delle predette dichiarazioni con il ricorso per cassazione è evidentemente inammissibile, sollecitando ictu oculi una rivalutazione del merito, non consentita in sede di legittimità. Quanto alla doglianza concernente la mancanza di motivazione relativa al nesso tra la falsificazione contabile ed il dissesto, giova rammentare che, secondo quanto chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte, ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l’agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli, Rv. 266804 il principio di diritto, fondato sul presupposto che la dichiarazione di fallimento o il dissesto non costituiscono l’evento del reato di bancarotta, con la conseguenza che è del tutto irrilevante il nesso eziologico tra la condotta realizzatasi con l’attuazione di un atto dispositivo - che incide sulla consistenza patrimoniale di un’impresa commerciale - ed il fallimento Sez. 5, n. 36088 del 27/09/2006, Corsatto, Rv. 235481 Sez. 5, n. 8327 del 22/04/1998, Bagnasco, Rv. 211366 , è, all’evidenza, applicabile anche in relazione alla bancarotta fraudolenta documentale, in quanto la struttura del reato è la medesima della bancarotta fraudolenta patrimoniale. In ordine all’elemento soggettivo, la sentenza impugnata ha desunto - sulla base del processo inferenziale di accertamento del dolo, oggetto di un apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, se immune da illogicità - la volontà di mascheramento della reale situazione economica e finanziaria dell’impresa e di impedimento della ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari dalla assenza di qualsivoglia elemento di riscontro, documentale o di altro tipo, dei crediti esposti. La motivazione relativa alla sussistenza del dolo, in quanto immune da censure di illogicità, assorbe altresì la doglianza, proposta con il quinto motivo, relativa al carattere meramente colposo della tenuta disordinata della contabilità, e la richiesta di riqualificazione del reato in bancarotta semplice del resto, una condotta di falsificazione delle scritture contabili avente ad oggetto importi così significativi non appare logicamente compatibile con una mera e generica negligenza. 2. Il ricorso di S.M. è fondato. L’imputata è stata condannata per il reato di bancarotta fraudolenta documentale commesso in qualità di amministratore di diritto della SP Costruzioni. La sentenza impugnata, sulla base del corretto principio di diritto secondo cui, in caso di concorso ex art. 40, comma 2, cod. pen., dell’amministratore formale nel reato commesso dall’amministratore di fatto, ad integrare il dolo del primo è sufficiente la generica consapevolezza che il secondo compia una delle condotte indicate nella norma incriminatrice, senza che sia necessario che tale consapevolezza investa i singoli episodi delittuosi, potendosi configurare l’elemento soggettivo sia come dolo diretto, che come dolo eventuale Sez. 5, n. 50348 del 22/10/2014, Serpetti, Rv. 263225 , ha affermato la responsabilità penale dell’imputata, ritenendo che, seppur sotto la direzione del padre, ella non era del tutto estranea alla gestione della società, e, nei disegni del genitore, avrebbe dovuto, in futuro, occuparsi dell’attività d’impresa svolta dalla società in tal senso, il dolo di fattispecie è stato desunto dal vincolo di parentela, dall’interesse all’attività e dalla partecipazione, sia pure limitata a pochissimi interventi, alla concreta gestione . La sentenza della Corte territoriale va, sul punto, censurata. È, infatti, pacifico che, in tema di reati fallimentari, l’amministratore di diritto risponde del reato di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione o per omessa tenuta, in frode ai creditori, delle scritture contabili, anche laddove sia investito solo formalmente dell’amministrazione della società fallita cosiddetta testa di legno , in quanto sussiste il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le predette scritture, purché sia fornita la dimostrazione della effettiva e concreta consapevolezza del loro stato, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari Sez. 5, n. 642 del 30/10/2013, dep. 2014, Demajo, Rv. 257950 . Tanto premesso, la sentenza impugnata ha omesso di motivare in ordine al ruolo effettivamente assunto dall’imputata nella gestione della società, e, dunque, in ordine alla consapevolezza della tenuta e dello stato delle scritture contabili è, infatti, stato dedotto che, secondo quanto emerso nel corso dell’istruttoria dibattimentale, S.M. , oltre alla carica formale rivestita, era del tutto estranea alla concreta gestione, anche contabile, della società fallita, svolgendo soltanto lavoro domestico, ed essendo sconosciuta ai clienti ed allo stesso commercialista dell’ente. Pertanto, irrilevanti i propositi paterni in merito al futuro coinvolgimento dell’imputata nella gestione della società, la sentenza impugnata va annullata con rinvio per nuovo esame, affinché venga verificata la concreta consapevolezza della tenuta e dello stato delle scritture contabili Sez. 5, n. 642 del 30/10/2013, dep. 2014, Demajo, Rv. 257950 , sulla base di concreti indici fattuali concernenti il ruolo effettivamente assunto dall’imputata nella gestione della società, anche mediante specificazione dei pochissimi interventi di concreta gestione. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di Bologna.