Effetti del decesso dell’imputato sulle pretese della parte civile

La morte dell’imputato, intervenuta prima del passaggio in giudicato della sentenza, comporta la cessazione sia del rapporto processuale penale che del rapporto processuale civile inserito nel primo.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 47894/17, depositata il 18 ottobre. Il caso. La Corte d’Appello di Catania, in riforma della sentenza di prime cure, assolveva l’imputato, con la formula perché il fatto non sussiste, dai reati di lesioni personali e violenza sessuale ritenendo che le dichiarazioni della persona offesa fossero incoerenti e dettate da interessi economici personali. La parte civile ha proposto ricorso in Cassazione avverso la sentenza per la lacunosità della motivazione, ma nel frattempo interveniva il decesso dell’imputato comunicato dal difensore con memoria inviata alla cancelleria della Suprema Corte. Morte dell’imputato. La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso proposto dalla parte civile in quanto la morte dell’imputato ha determinato l’estinzione della procura conferita al difensore che dunque è ora privo di potere gestorio nei confronti del mandante. Si assiste infatti ad un’inequivocabile ipotesi di cessazione del rapporto processuale con la parte civile. La giurisprudenza è già intervenuta sul tema precisando che la morte dell’imputato, intervenuta prima del passaggio in giudicato della sentenza, comporta la cessazione sia del rapporto processuale penale che del rapporto processuale civile inserito nel primo. Le statuizioni civilistiche restano, di conseguenza, caducate ex lege senza la necessità di una dichiarazione apposita da parte del giudice penale. Così come per l’interesse della parte civile, la morte dell’imputato comporta il venir meno anche dell’interesse dei suoi eredi all’eliminazione delle eventuali statuizioni civili. In conclusione nel caso di specie, avendo la Corte d’appello revocato le statuizioni risarcitorie contestualmente all’assoluzione dell’imputato, il successivo decesso di quest’ultimo ha comportato il venir meno del rapporto processuale con la definitiva preclusione della possibilità per la parte civile di impugnare la sentenza d’appello. Resta salva comunque la possibilità di rivalersi sugli eventuali eredi dell’imputato con autonomo giudizio in sede civile per la rinnovazione della pretesa risarcitoria.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 23 marzo – 18 ottobre 2017, n. 47894 Presidente Cavallo – Relatore Galterio Ritenuto in fatto 1.Con sentenza in data 19.10.2015 la Corte di Appello di Catania, in riforma della pronuncia di condanna resa in primo grado dal Tribunale di Modica, ha assolto perché il fatto non sussiste M.G. dai reati di lesioni personali e di violenza sessuale contestatigli ai danni di S.M. per averle imposto, approfittando del suo stato di intorpedimento, un rapporto completo nella notte del 18.3.2005, ritenendo che la deposizione della p.o. fosse intrinsecamente incoerente e dettata da interessi economici personali, senza che non sussistessero, in assenza di certificati medici attestanti lesioni riconducibili al reato di cui all’articolo 609-bis c.p., riscontri estrinseci alla versione da costei fornita. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso la parte civile S.M. articolando un unico motivo con il quale contesta, sul piano motivazionale, il carente e lacunoso ragionamento seguito dalla Corte territoriale che, nel ribaltare il verdetto del Tribunale, aveva dato rilievo ad insignificanti discrasie emerse nel corso delle conversazioni telefoniche tra la S. ed il proprio figlio successivamente ai fatti, nonché equivocato la scelta, dettata da evidenti motivi di pudore e reticenza, che aveva indotto la donna a ritardare la refertazione delle lesioni subite presso il Pronto Soccorso, così come la denuncia dei fatti alle competenti autorità di P.S. Con separata memoria inviata a mezzo Pec in data 6.3.2017 il difensore dell’imputato ha comunicato la morte del proprio assistito avvenuta in data 5.4.2016, allegando il relativo certificato di morte. Considerato in diritto Il ricorso deve ritenersi inammissibile. Invero, la morte dell’imputato, intervenuta successivamente alla proposizione del ricorso depositato dalla parte civile, ha inequivocabilmente determinato l’estinzione della procura da costui conferita al difensore che è rimasto perciò privo di qualsivoglia potere gestorio nei confronti del mandante e, per l’effetto, la cessazione del rapporto processuale intercorrente con la parte civile. In tali termini si è infatti già pronunciata questa Corte affermando, sia pur in parzialmente difforme fattispecie, che in tema di azione civile esercitata nel processo penale, la morte dell’imputato, intervenuta prima del passaggio in giudicato della sentenza, comporta la cessazione sia del rapporto processuale penale che del rapporto processuale civile inserito nel processo penale, con la conseguenza che le statuizioni civilistiche restano caducate ex lege senza la necessità di un’apposita dichiarazione da parte del giudice penale , ritenendo, nella peculiare fattispecie sottoposta al suo esame, che fosse inammissibile il ricorso della parte civile contro la sentenza erroneamente resa dal giudice di appello di estinzione del reato per morte del reo, quantunque il gravame avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per essere intervenuta la morte dell’imputato Sez. 4, n. 49457 del 08/01/2003 - dep. 31/12/2003, Paolillo, Rv. 227069 . Il principio di diritto ivi affermato, secondo il quale la morte dell’imputato determina comunque il venir meno delle eventuali statuizioni civilistiche in favore della parte danneggiata e, quindi, il venir meno sia dell’interesse degli eredi dell’imputato a farle eliminare, sia l’interesse della parte civile a vederle riaffermate può trovare applicazione, mutatis mutandis, nella speculare situazione processuale in esame dovendosi ritenere che il venir meno del naturale interlocutore della parte civile rimasta soccombente nel giudizio di appello, essendo state revocate con la pronuncia di assoluzione dell’imputato, le statuizioni risarcitorie riconosciutele in primo grado, determini il venir meno del rapporto processuale sia civile che penale e la conseguente definitiva preclusione della possibilità in capo a quest’ultima di impugnare la sentenza di assoluzione pronunciata ai suoi danni dalla Corte territoriale, fatta tuttavia salva la possibilità di rivalersi sugli eventuali eredi dell’imputato con autonomo giudizio in sede civile nel quale venga rinnovata la pretesa risarcitoria azionata nel presente procedimento. L’esito del giudizio derivato da evento sopravvenuto non imputabile alla parte ricorrente esclude in ogni caso la condanna di quest’ultima alle spese così come alla sanzione pecuniaria previste dall’articolo 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi profili di colpa in capo alla medesima nella determinazione della causa di inammissibilità. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso della parte civile S.M. .