Giudizio di rinvio a seguito di annullamento: quale termine deve osservare il Riesame per il deposito della decisione?

Nel giudizio a seguito di annullamento con rinvio dell’ordinanza che ha disposto o confermato la misura coercitiva, il Tribunale del Riesame non può disporre pena la perdita di efficacia della misura il deposito dell’ordinanza in un termine superiore ai 30 giorni, neppure nel caso di particolare complessità della motivazione, non potendosi applicare per analogia quanto previsto dal comma 10 dell’art. 309 c.p.p

A chiarire tutti i dubbi ci hanno pensato le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione con la sentenza n. 47970/2017, depositata il 18 ottobre. Il caso. Una donna era sottoposta a custodia cautelare per i delitti di rapina pluriaggravata e omicidio volontario. La misura era confermata dal Tribunale del Riesame ma non dalla Corte di cassazione che annullava con rinvio l’ordinanza per motivi di rito. Nel giudizio di rinvio, il Tribunale del Riesame confermava nuovamente la misura custodiale riservandosi il deposito della motivazione in quarantacinque giorni. Impugnato il provvedimento censurando la erronea applicazione della legge processuale, la Corte di cassazione, ravvisando un contrasto giurisprudenziale, rimetteva la questione alle Sezioni Unite. La questione gira intorno ai termini per il deposito. La censura mossa riguardava il deposito del provvedimento dopo i trenta giorni stabiliti dalla norma che disciplina il ricorso per cassazione avverso le misure cautelari personali. Il Tribunale del Riesame, in sede di rinvio, aveva ritenuto di poter applicare – anche nel caso di annullamento con rinvio ad opera della Corte di Cassazione – la norma prevista per il riesame tout court che consente una proroga di ulteriori 15 giorni per i casi in cui la stesura della motivazione sia particolarmente complessa per il numero degli arrestati o la gravità delle imputazioni. La questione rimessa alle Sezioni Unite, pertanto, riguardava la possibilità per il Tribunale del Riesame in sede di rinvio di disporre, nei casi di particolare complessità della motivazione, il deposito dell’ordinanza in un termine superiore ai giorni 30 e non eccedente il termine di 45. L’orientamento favorevole. Secondo tale orientamento, il Tribunale del Riesame può disporre di un termine superiore ai 30 giorni ma non superiore ai 45 si sostiene l’equiparazione di disciplina del procedimento a seguito di rinvio con quella del riesame ordinario”. L’orientamento restrittivo Un diverso filone giurisprudenziale fa leva anzitutto sul tenore letterale del comma 5- bis dell’art. 311 c.p.p. che prevede il termine di 30 giorni per il deposito dell’ordinanza resa in sede di rinvio conseguente ad annullamento disposto dalla Corte di Cassazione su ricorso dell’indagato. Il mancato rispetto dei termini comporta inesorabilmente la perdita di efficacia della misura senza che possa invocarsi la proroga dei termini disposta per il deposito del provvedimento a seguito di riesame ordinario”. i termini perentori sono posti a garanzia di colui che è privato della libertà. L’introduzione di termini perentori per la definizione del giudizio di rinvio obbedisce al fine di definire con la massima celerità la posizione di chi si trovi soggetto alla misura cautelare nonostante abbia visto riconoscere la fondatezza delle proprie ragioni davanti alla Corte di Cassazione che ha annullato con rinvio . La sequenza procedimentale che segue l’annullamento con rinvio di un’ordinanza del Tribunale del Riesame è connotata da termini stringenti in ragione della limitazione della libertà personale dell’interessato che permane nonostante l’annullamento. Si tratta di disciplina coerente con l’esigenza di tutela della libertà personale. Termini celeri imposti da Costituzione e Convenzione europea per i diritti dell’uomo. Secondo la Corte Costituzionale la previsione di un termine breve per la decisione della richiesta di riesame risponde al canone di ragionevolezza ed è correlato al diritto di difesa. Termini brevi e certi sono anche imposti dalla Convenzione europea per i diritti dell’uomo art. 5, par. 4 CEDU . Secondo la giurisprudenza di Strasburgo, in materia cautelare, la celerità ha lo scopo di tutelare la persona da detenzioni arbitrarie, assicurandogli un celere review quanto all’esistenza di fondati indizi contro il detenuto e alla legalità o meno della sua detenzione. Tale requisito connota tutti i procedimenti de libertate , compreso il giudizio di cassazione. Cosa si intende per termine breve? La Corte EDU adotta al riguardo un criterio di flessibilità il tempo della decisione viene valutato non solo in termini di giorni o mesi, ma anche considerando le circostanze del caso concreto la diligenza dell’autorità giudiziaria, la misura in cui il ritardo è attribuibile alla condotta del ricorrente o dei suoi difensori, altri fattori non imputabili allo Stato che abbiano dato causa al ritardo . Insomma, per la Corte EDU la regola per il procedimento di impugnazione cautelare è la scansione temporale celere mentre ogni disposizione che ne rallenti l’iter è un’eccezione e, come tale, va applicata. Le Sezioni Unite condividono l’orientamento più restrittivo nessuna proroga dei termini è consentita. Secondo il criterio di interpretazione letterale delle disposizioni normative art. 12 preleggi , il comma 5- bis dell’art. 311 c.p.p. prevede il termine massimo di 30 giorni per il deposito dell’ordinanza in sede di rinvio, senza richiamare la possibilità di proroga di cui all’art. 309, comma 10, c.p.p Nella prospettiva dell’interpretazione secondo l’intenzione del legislatore, poi, le Sezioni Unite sottolineano che entrambe le disposizioni di cui si discute sono state introdotte dalla legge n. 47/2015 il carattere sincronico delle interpolazioni operate esclude che l’intenzione del legislatore fosse quello di equiparare la disciplina dei due termini giacché, se così fosse, lo avrebbe fatto in modo esplicito. Non è possibile applicare la proroga in via analogica. In sede di rinvio non può applicarsi analogicamente la disposizione che prevede la proroga del termine per il deposito dell’ordinanza. Come noto, l’analogia è un procedimento mediante il quale, in presenza di una lacuna nell’ordinamento primo presupposto , vengono applicate alla situazione da disciplinare le norme previste per casi simili o materie analoghe secondo presupposto . Tuttavia, rimarcano i Giudici di legittimità, nella materia in esame non vi è alcuna lacuna da colmare atteso che il codice art. 311, comma 5- bis , c.p.p. disciplina espressamente un termine di deposito. Manca altresì il secondo presupposto dato dalla situazione simile”, disciplinando le due disposizioni casi diversi. La proroga del termine è un principio generale? La Suprema Corte si interroga ulteriormente circa la riconducibilità della proroga del termine per il deposito della motivazione all’alveo dei principi generali. La disciplina dei termini obbedisce al principio di tassatività dei termini stabiliti a pena di decadenza e dei casi in cui ne è consentita la proroga. Nel caso del procedimento di riesame, il legislatore ha disciplinato espressamente i casi in cui è consentita la proroga dei termini per il deposito della decisione ricollegandoli ad una situazione personale dell’imputato oppure ad una sua richiesta. Due ipotesi di proroga legale del termine per la decisione del Tribunale del Riesame sono poi previste da una disposizione di attuazione art. 101 disp. att. c.p.p. il caso del rinvio dell’udienza per legittimo impedimento dell’imputato che ha chiesto di essere sentito personalmente e non si trova detenuto o internato in un luogo diverso da quello in cui si trova il giudice e il caso in cui l’imputato abbia chiesto di essere sentito e sia detenuto o internato in un luogo diverso da quello in cui si trova il giudice. il differimento dell’udienza di riesame e la proroga del termine per la decisione . La legge n. 47/2015 ha introdotto la possibilità di differire l’udienza davanti al Tribunale del Riesame sullo sfondo l’esigenza di assicurare un’adeguata preparazione della difesa dell’imputato. Il differimento può essere disposto a seguito di espressa richiesta, formulata personalmente da parte dell’interessato e sussistendone giustificati motivi. L’accoglimento della richiesta di differimento, però, comporta la proroga del termine per la decisione e di quello per il deposito dell’ordinanza nella medesima misura del differimento è rimesso alla volontà dell’interessato la scelta in ordine al differimento che riverbera i suoi effetti sulla misura e sulla condizione di restrizione che vengono prolungate. In altri termini, nonostante nei lavori parlamentari si rintracci l’opzione a favore di un differimento d’ufficio per ragioni di complessità del caso e del materiale probatorio, è prevalsa la scelta di subordinare il differimento alla sola volontà dell’imputato che è colui che subisce gli effetti del prolungamento dei termini. Esclusa qualsiasi applicazione estensiva o analogica. La Suprema Corte conclude per il carattere eccezionale delle disposizioni in tema di proroga del termine per il deposito della motivazione sottolineando che qualsiasi applicazione estensiva o analogica comporterebbe un effetto in malam partem pregiudicando la libertà personale dell’imputato giacché l’esecuzione della misura coercitiva non viene sospesa dalla decisione di annullamento con rinvio. L’applicazione analogica della norma che consenta un ulteriore allungamento dei termini per il deposito della decisione si risolverebbe in una protrazione della limitazione della libertà personale. Richiamando il principio di stretta legalità che regola le limitazioni alla libertà personale, la Suprema Corte evoca la Corte Costituzionale che ha sottolineato come le norme che prevedono la limitazione di diritti inviolabili dell’uomo, espressione di valori fondamentali, abbiano natura derogatoria di una regola generale, id est natura eccezionale di talché non possono essere applicate per analogia e vanno interpretate in senso rigorosamente restrittivo. In conclusione, costituisce regola generale la previsione di un termine perentorio per il deposito di un’ordinanza che limita la libertà personale mentre è un’eccezione la previsione di una proroga di quel termine non può trovare spazio l’analogia.

Corte di Cassazione, sez. Unite Penali, sentenza 20 luglio – 18 ottobre 2017, n. 47970 Presidente Canzio – Relatore Izzo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 18 febbraio 2016 il G.i.p. del Tribunale di Vibo Valentia disponeva la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di R.G.S. per i delitti di rapina pluriaggravata ed omicidio volontario, misura confermata dal Tribunale del riesame di Catanzaro. 2. Proposto ricorso dall’indagata, la Corte di cassazione, con sentenza del 17 luglio 2016, annullava con rinvio l’ordinanza del riesame per motivi di rito. 3. Con ordinanza pronunciata in sede di rinvio il 29 novembre 2016, il Tribunale di Catanzaro confermava nuovamente la misura custodiale nei confronti della R. , ritenendo la sussistenza sia dei gravi indizi di colpevolezza che delle esigenze cautelari, e, premessa la complessità della vicenda e il contestuale gravoso carico di lavoro, riservava il termine di giorni quarantacinque per il deposito della motivazione. L’ordinanza veniva depositata il 12 gennaio 2017. 4. Avverso il provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagata lamentando la erronea applicazione della legge, poiché nell’art. 311, comma 5-bis, cod. proc. pen., laddove è previsto che la motivazione dell’ordinanza del riesame emessa in sede di rinvio debba essere depositata entro trenta giorni, non vi è alcun richiamo all’art. 309, comma 10 sicché la proroga del termine per il deposito di ulteriori giorni quindici quarantacinque complessivi non è applicabile, con conseguente perdita di efficacia della misura custodiale, essendo stato il provvedimento del riesame depositato oltre il termine di legge di giorni trenta. 5. Con ordinanza del 23 maggio-6 giugno 2017, la Prima Sezione penale ha rilevato un contrasto giurisprudenziale sulla possibilità per il Tribunale del riesame, in sede di rinvio, di prorogare il termine per il deposito della motivazione sino al limite dei quarantacinque giorni ed ha rimesso la questione alle Sezioni Unite. 6. Con decreto in data 8 giugno 2017 il Primo Presidente ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite, fissando per la trattazione l’odierna udienza pubblica. Considerato in diritto 1. La questione di diritto per la quale il ricorso è stato rimesso alle Sezioni unite, sul rilievo di un persistente contrasto giurisprudenziale, è la seguente Se, nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento della ordinanza applicativa di misura cautelare personale coercitiva, il tribunale del riesame possa disporre, nel caso di particolare complessità della motivazione, il deposito dell’ordinanza in un termine superiore ai giorni trenta di cui all’art. 311, comma 5-bis, cod. proc. pen., comunque non eccedente il termine di quarantacinque giorni di cui all’art. 309, comma 10, cod. proc. pen. . 1.1. Secondo un primo orientamento, a cui si è conformato il provvedimento impugnato, nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento della ordinanza applicativa di una misura cautelare personale coercitiva, il tribunale del riesame può disporre per il deposito del provvedimento, nei casi in cui la stesura della motivazione sia particolarmente complessa per il numero degli arrestati o la gravità delle imputazioni, un termine superiore ai trenta giorni indicati nell’art. 311, comma 5-bis, cod. proc. pen., ma, comunque, non superiore a quello di quarantacinque giorni dalla decisione, secondo quanto previsto dall’art. 309, comma 10, cod. proc. pen. Sez. 5, n. 18571 del 08/01/2016, Di Carluccio, Rv. 266989, seguita da Sez. 1, n. 5502 del 05/10/2016, dep. 2017, Celso, n.m. . A fondamento di tale interpretazione si sostiene che il comma 5-bis dell’art. 311, introdotto dall’art. 13 della legge n. 47 del 2015, ha la funzione di equiparare la disciplina del procedimento a seguito di rinvio a quella ordinaria, prevista dall’art. 309, laddove sino alla riforma si riteneva, diversamente, che nel giudizio di rinvio conseguente all’annullamento di un’ordinanza del riesame non fosse applicabile la disciplina dei termini prevista dall’art. 309, bensì quella dettata dall’art. 127 cod. proc. pen. Sez. 6, n. 22310 del 29/05/2006, Spagnulo, Rv. 234736 . Mancanza di perentorietà dei termini già ribadita da Sez. U., n. 5 del 17/04/1996, D’Avino, Rv. 204463, secondo cui la giustificazione di tale assenza andava ricercata nella differenza tra l’urgenza di provvedere con estrema rapidità nel caso di riesame successivo all’ordinanza impositiva della misura incidendo il provvedimento sul bene della libertà e imponendosi, per tale motivo, una necessità di concentrazione dei tempi del relativo procedimento ed il diverso grado di speditezza che è richiesto nel giudizio di rinvio, allorché sul provvedimento de libertate si è già pronunciato il Tribunale in sede di riesame. Alla luce del mutato contesto normativo deve ritenersi che il legislatore abbia inteso perseguire il fine della equiparazione della disciplina del procedimento di riesame, anche nella fase successiva ad un annullamento con rinvio, che rimarrebbe pregiudicata dalla mancata applicazione, nella sua interezza, del comma 10 dell’art. 309. Una diversa opzione interpretativa non si giustificherebbe neanche con la presunzione di una maggiore semplicità della decisione a seguito dell’annullamento, potendo il rinvio essere determinato solo da ragioni di mero rito. Inoltre, in materia di riesame delle misure cautelari, nel giudizio di rinvio, nonostante il vincolo al principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione e limitato, nell’indagine di merito devoluta, all’esame del punto della prima decisione attinto da annullamento, resta salva la possibilità di sopravvenienza di nuovi elementi di fatto, sempre valutabili nel giudizio allo stato degli atti in ragione della permeabilità cognitiva del giudizio cautelare Sez. 2, n. 16359 del 12/03/2014, Uni Land S.p.a., Rv.261611 . 1.2. A tale opinione si contrappone un secondo orientamento che fa leva sulla portata letterale del comma 5-bis dell’art. 311 cod. proc. pen., quanto al termine per il deposito trenta giorni dell’ordinanza resa in sede di rinvio conseguente ad annullamento disposto dalla Corte di cassazione su ricorso dell’indagato in tal senso Sez. 2, n. 20248 del 06/05/2016, Ginese, Rv. 266898 e Sez. 2, n. 23583 del 06/05/2016, Schettino, n. m. . Con la prima delle citate pronunce è stato affermato che in caso di ordinanza cautelare emessa a seguito di annullamento con rinvio, su istanza dell’imputato, di un provvedimento confermativo della misura coercitiva, il mancato rispetto del termine di trenta giorni per il deposito dell’ordinanza ne comporta la perdita di efficacia, non essendo prevista la possibilità di un termine più lungo, non eccedente i quarantacinque giorni, che il tribunale può disporre per la sola ordinanza emessa ex art. 309 . L’introduzione, ad opera del citato comma 5-bis nell’art. 311, di termini perentori anche per la definizione del giudizio di rinvio risponde all’esigenza di definire con la massima celerità la posizione di chi, pur essendosi visto riconoscere la fondatezza delle proprie ragioni dinanzi alla Suprema Corte, si trovi tuttavia ancora soggetto alla misura cautelare e la diversa disciplina dei termini quanto alla loro non prorogabilità riflette altresì una valutazione di non particolare complessità di un nuovo giudizio scaturito dall’annullamento con rinvio. Nella motivazione della seconda sentenza, n. 23583 del 2016, si evidenzia come il comma 5-bis dell’art. 311 ha la funzione di disciplinare in termini più stringenti la sequenza procedimentale che si determina in seguito all’annullamento con rinvio dell’ordinanza del tribunale del riesame, atteso che in tal caso permane la limitazione della libertà personale dell’interessato. Tale disciplina, più restrittiva, è perciò coerente con le esigenze di tutelare nella sua massima estensione la libertà personale, protetta come bene primario dall’art. 13 della Costituzione e dalle norme delle convenzioni internazionali che sanciscono il diritto di ogni persona sottoposta ad arresto o detenzione a ricorrere al giudice per ottenere, entro brevi termini art. 5, comma 4, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo o senza indugio art. 9, comma 4, del Patto internazionale sui diritti civili e politici , una decisione sulla legalità della misura e sulla liberazione. 2. Le Sezioni Unite ritengono debba essere condiviso il secondo e più restrittivo orientamento interpretativo. Una pluralità di ragioni additano tale soluzione. La legge n. 47 del 2015 ha esteso al giudizio di rinvio la sanzione della caducazione della misura cautelare nel caso in cui la decisione non intervenga nel termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti e nel caso in cui l’ordinanza non sia depositata in cancelleria nei successivi trenta giorni. La norma è circoscritta, dal punto di vista oggettivo, ai soli casi di annullamento con rinvio, su ricorso dell’imputato, di un’ordinanza che ha disposto o confermato una misura coercitiva. La questione di diritto posta all’attenzione delle Sezioni Unite è se la seconda parte del comma 5-bis dell’art. 311 di nuovo conio richiami o meno implicitamente il disposto del comma 10 dell’art. 309, laddove è prevista la proroga del termine di deposito dell’ordinanza. La previsione di un termine breve per la decisione della richiesta di riesame in passato è già stata ritenuta dalla Corte costituzionale rispondere al canone di ragionevolezza, per la sua correlazione con il diritto di difesa. Con le ordinanze n. 126 del 1993 e n. 201 del 1996 la Corte ha infatti dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 309, commi 8, 9 e 10, e 324, comma 7, cod. proc. pen., in relazione agli artt. 3, 24 e 97 Cost La previsione di termini certi e brevi dei giudizi cautelari trova riscontro anche nell’art. art. 5, par. 4, CEDU. Secondo la giurisprudenza della Corte EDU la celerità speediness in materia cautelare ha lo scopo di tutelare la persona da detenzioni arbitrarie, assicurandogli un celere riesame review , con riferimento all’esistenza di fondati indizi reasonable suspicion contro il detenuto e alla legalità della sua detenzione Corte EDU, 15/11/2005, Reimprecht c. Austria, § 39 e § 31 . Il requisito della celerità, secondo quanto emerge dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, connota tutti i procedimenti de libertate , compreso il giudizio di cassazione Corte EDU, 09/06/2005, Picaro c. Italia , pur mancando per i procedimenti de libertate una definizione univoca del concetto di breve termine . Prevale nelle decisioni della Corte EDU un criterio di flessibilità , non ancorato a rigidi parametri. Il tempo della decisione viene valutato non solo in termini di giorni e mesi, ma considerando anche le circostanze del caso concreto, quali la diligenza mostrata dalle autorità giudiziaria, la misura in cui il ritardo è attribuibile alla condotta del ricorrente o dei suoi difensori, e gli altri fattori, non imputabili allo Stato, che eventualmente hanno dato causa al ritardo. Dalla richiamata giurisprudenza costituzionale e della Corte di Strasburgo si può pertanto desumere il principio che una scansione temporale celere del procedimento di impugnazione cautelare è la regola e che ogni disposizione che ne rallenti l’iter debba essere considerata un’eccezione. 3. Questa premessa consente di affrontare la questione di diritto posta all’attenzione delle Sezioni Unite e la corretta interpretazione delle norme in materia. Va in primo luogo rimarcato che l’art. 12 delle preleggi stabilisce che il principale canone di interpretazione delle disposizioni normative è quello letterale, unitamente all’intenzione del legislatore. Ebbene l’art. 311, comma 5-bis, cod. proc. pen., nel disciplinare il termine di deposito dell’ordinanza in sede di rinvio, prevede il massimo di trenta giorni, senza richiamare in alcun modo la possibilità di proroga prevista invece dall’art. 309, comma 10. Entrambe le disposizioni sono state introdotte dalla stessa legge, la n. 47 del 2015. Tenuto conto del carattere sincronico delle interpolazioni operate, se il legislatore avesse avuto l’intenzione di equiparare la disciplina dei due termini, lo avrebbe fatto esplicitamente. L’assenza di tale previsione consente pertanto di interpretare in modo restrittivo la disposizione in oggetto, convergendo in tal senso univocamente sia la lettera della legge che l’ intentio legis . Va considerato infatti che, se la detenzione dell’imputato giustifica l’esigenza di una decisione in tempi rapidi sullo status libertatis , in ossequio al principio costituzionale del minimo sacrificio necessario per la libertà personale e, quindi, la serrata scansione temporale della procedura di riesame, ancor più una decisione celere si impone quando, a seguito di annullamento con rinvio, l’imputato, pur rimanendo in vinculis , matura una maggiore aspettativa di liberazione. 4. Né può ritenersi che in sede di rinvio possa applicarsi in via analogica la disposizione della proroga del termine per il deposito dell’ordinanza di riesame. L’analogia, ai sensi del secondo comma dell’art. 12 preleggi, è un procedimento mediante il quale, qualora vi sia una lacuna nell’ordinamento, vengono applicate alla situazione da disciplinare le norme previste per casi simili o materie analoghe analogia legis . Presupposti per l’utilizzo di tale mezzo di integrazione dell’ordinamento giuridico sono la presenza di una lacuna dell’ordinamento e che le norme da applicare disciplinino un caso simile. Nella materia oggetto di scrutinio, a ben vedere, non ricorrono tali presupposti. Il codice di rito disciplina con una specifica norma in modo esplicito l’art. 311, comma 5-bis il termine di deposito, sicché non vi è alcun vuoto da colmare. Inoltre il comma 5-bis dell’art. 311 disciplina una situazione che non può considerarsi simile a quella presa in considerazione dall’art. 309, comma 10. Mentre quest’ultima disposizione disciplina la sola ipotesi del deposito della decisione del riesame, la disposizione di cui al comma 5-bis dell’art. 311 ha una portata più ampia. L’inciso Se è stata annullata con rinvio . un’ordinanza che ha disposto o confermato la misura coercitiva ai sensi dell’art. 309, comma 9 lascia intendere che la disposizione opera non solo quando oggetto di annullamento è un’ordinanza emessa nel procedimento incidentale di riesame, ma anche quando l’annullamento riconsegna gli atti al giudice che ha disposto la misura coercitiva. Pertanto la differenza del casi presi in considerazione dalle due norme giustifica ulteriormente la differente disciplina. 5. Occorre, infine, chiedersi se la prorogabilità del termine per il deposito della motivazione sia o meno espressione di un principio generale. Sul punto va evidenziato che la disciplina dei termini contenuta nel Titolo VI del Libro II del codice di procedura penale enuncia il principio di tassatività dei termini stabiliti a pena di decadenza art. 173, comma 1 e dei casi in cui ne è consentita la proroga art. 173, comma 2 . Con specifico riferimento al riesame, il legislatore ha espressamente disciplinato i casi in cui è consentita la proroga dei termini previsti per la decisione del tribunale, ricollegandoli ad una situazione personale dell’imputato o ad una sua richiesta. L’art. 101 disp. att. cod. proc. pen. prevede due ipotesi di proroga legale del termine per la decisione del tribunale del riesame il primo caso comma 1 attiene al rinvio dell’udienza per legittimo impedimento dell’imputato che ha chiesto di essere sentito personalmente e non si trova detenuto o internato in un luogo diverso da quello in cui si trova il giudice art. 127, comma 4, cod. proc. pen. . In tale ipotesi, la norma stabilisce che il termine per la decisione decorre nuovamente dalla data in cui il giudice riceve la comunicazione della cessazione dell’impedimento o, comunque, ne accerta la cessazione. Con riferimento, invece, alla diversa ipotesi in cui l’imputato sia detenuto o internato in un luogo diverso da quello in cui si trova il giudice ed abbia chiesto di essere sentito, è previsto comma 2 che il termine per la decisione di cui all’art. 309, comma 10, cod. proc. pen., decorra dal momento in cui pervengono al tribunale gli atti assunti dal magistrato di sorveglianza a norma dell’art. 127, comma 3. Con la legge n. 47 del 2015 è stato inserito il comma 9-bis nell’art. 309 cod. proc. pen. che consente il differimento dell’udienza dinanzi al tribunale del riesame. Tale norma, ispirata all’esigenza di assicurare un’adeguata preparazione della difesa dell’imputato, subordina, tuttavia, il differimento dell’udienza ad una specifica richiesta, che deve essere formulata personalmente dall’interessato, ed alla sussistenza di giustificati motivi . L’ultima parte di tale norma prevede, infatti, che l’accoglimento della richiesta comporta la proroga del termine per la decisione e di quello per il deposito dell’ordinanza nella medesima misura del differimento da un minimo di cinque giorni ad un massimo di dieci . Il legislatore ha, dunque, inteso rimettere alla volontà dell’imputato la scelta in ordine al differimento che, inevitabilmente, finisce per prolungare nella stessa misura anche la sua condizione di restrizione. Va, inoltre, considerato che, nonostante nel testo approvato dal Senato in prima lettura fosse stato inserito il potere del tribunale di differire d’ufficio la data dell’udienza, in ragione della complessità del caso e del materiale probatorio, tale previsione è stata eliminata nel testo definitivo della legge. Il legislatore, pur avendo presente la possibilità che lo stesso giudice del riesame necessiti di un tempo più lungo per approfondire l’esame degli atti, ha scelto di subordinare il differimento alla sola volontà dell’imputato, l’unico a subirne gli effetti in conseguenza del prolungamento dei termini per la decisione e per il deposito della motivazione. Tali specifiche diposizioni normative, valutate alla luce della tassatività dei termini perentori, depongono per ritenere il carattere eccezionale delle disposizioni in tema di proroga del termine per il deposito della motivazione, escludendo qualunque forma di interpretazione estensiva o analogica art. 14 preleggi che, di fatto, si risolverebbe in un’interpretazione in malam partem con pregiudizio per la libertà personale dell’imputato. Va considerato, infatti, che il ricorrente il quale si sia visto accogliere il ricorso, rimane ancora sottoposto alla misura coercitiva, la cui esecuzione non viene sospesa dalla decisione di annullamento con rinvio di talché l’applicazione analogica di una norma che consenta l’ulteriore prolungamento dei termini per il deposito della motivazione si risolverebbe, in malam partem , in una protrazione della limitazione della libertà personale. L’art. 13 della Costituzione, laddove stabilisce che la libertà personale è inviolabile e che non è ammessa alcuna forma di detenzione, se non nei casi e modi previsti dalla legge, impone in materia l’applicazione del principio di stretta legalità che non consente estensioni analogiche. Sul punto la Corte costituzionale ha avuto modo di affermare che i diritti inviolabili dell’uomo, primo tra tutti quello alla libertà personale, sono espressione di valori fondamentali, per cui le norme che ne prevedono la loro limitazione, nei casi e modi previsti dalla Costituzione, avendo carattere derogatorio ad una regola generale e presentando natura eccezionale, non possono essere applicate per analogia e vanno interpretate in modo rigorosamente restrittivo Corte cost., sentt. n. 298 del 1994 e n. 349 del 1993 . La Corte di cassazione ha più volte ribadito tale principio affermando che non è consentita alcuna estensione analogica delle norme limitative della libertà personale sul piano sostanziale o su quello processuale Sez. 3, n. 3269 del 22/10/1971, dep. 1972, Gerace, Rv. 120090 Sez. 1, n. 1341 del 30/4/1979, Biasi, Rv. 142487 Sez. 1, n. 4119 del 15/12/1986, dep. 1987, Musto, Rv. 174927 . L’art. 111 Cost. pretende il rispetto del principio di stretta legalità quale criterio direttivo di tutta la disciplina del processo penale, il che giustifica il divieto di interpretazione analogica in malam partem . Pertanto può affermarsi che la previsione di un termine perentorio per il deposito dell’ordinanza costituisce la regola generale e la previsione della sua prorogabilità un’eccezione, come tale non applicabile analogicamente. 6. In considerazione di quanto detto va affermato il seguente principio di diritto Nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento della ordinanza che ha disposto o confermato la misura coercitiva, il tribunale del riesame non può disporre, nel caso di particolare complessità della motivazione, il deposito dell’ordinanza in un termine non eccedente il quarantacinquesimo giorno, in analogia a quanto previsto dall’art. 309, comma 10, cod. proc. pen., ma deve depositare il provvedimento nel termine di trenta giorni previsto dall’art. 311, comma 5-bis, cod. proc. pen., a pena di perdita di efficacia della misura . 7. Nel caso in esame il Tribunale, all’esito del giudizio di rinvio, deliberando la decisione il 29 novembre 2016 e facendo erroneamente applicazione del comma 10 dell’art. 309 cod. proc. pen., ha depositato l’ordinanza in data 12 gennaio 2017, quindi oltre il trentesimo giorno previsto dalla legge a pena di perdita di efficacia. Si impone pertanto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e la declaratoria di perdita di efficacia della misura coercitiva, con conseguente immediata scarcerazione della ricorrente se non detenuta per altra causa, mandando alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 626 cod. proc. pen P.Q.M. Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata per la sopravvenuta inefficacia della misura coercitiva. Ordina l’immediata scarcerazione della ricorrente se non detenuta per altra causa. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 626 c.p.p