Adesione all’Isis, inequivocabili le intercettazioni: confermata la custodia in carcere

Respinte le contestazioni mosse dal difensore dello straniero rispetto al provvedimento adottato dal GIP. Solido il quadro tracciato dagli inquirenti. Non si può parlare di mere farneticazioni, ma di condivisione del progetto finalizzato all’annientamento dei non musulmani.

Parole e gesti inequivocabili, che non possono essere considerati mere farneticazioni ma debbono essere valutati invece come testimonianza concreta e diretta dell’adesione all’Isis. Pare solida, quindi, l’accusa di partecipazione ad associazione terroristica” mossa a uno straniero di base a Milano. Confermata perciò la misura decisa dal GIP, cioè la custodia cautelare in carcere Cassazione, sentenza n. 47038/2017, Sezione Prima Penale, depositata il 12 ottobre 2017 . Adesione. Chiara la linea difensiva proposta nel contesto della Cassazione. Il legale dello straniero, accusato di avere aderito all’Isis, sostiene che le parole del suo cliente, intercettate dagli inquirenti, siano solo frutto di una labiale esternazione, ipertrofica, delirante e iperbolica e vadano lette come testimonianza di empatia verso fatti esterni e soggetti che operano in contesti autonomi e indipendenti , senza però concreti contenuti di offensività . La tesi secondo cui ci si troverebbe di fronte a semplici chiacchiere viene però respinta dalla Cassazione. I magistrati del ‘Palazzaccio’ ritengono solido il quadro accusatorio, partendo proprio dalla certezza delle esternazioni dello straniero. Quelle frasi, e i relativi comportamenti – come l’invito ai giovani a scegliere la fede , intesa come strumento che legittima l’annientamento di coloro che non sono musulmani –, sono gravemente sintomatici dell’attività di concreto sostegno, diffusione e propaganda dell’attività terroristica dello Stato Islamico . Più in dettaglio, vengono sottolineati alcuni aspetti inquietanti l’incitamento al compimento di azioni violente l’incondizionata e dichiarata adesione al progetto dell’Isis e la messa a disposizione del proprio contributo gli sforzi per organizzare la partenza per il territorio siriano le attività – concrete, e non solo parlate , sottolineano i giudici – di indottrinamento e proselitismo nell’ottica del terrorismo finalizzato all’ annientamento dei non musulmani . Non vi sono dubbi, quindi, sul fatto che ci si trovi di fronte ad attività concrete funzionali all’allargamento e al potenziamento dell’organizzazione terroristica . Legittima, di conseguenza, concludono i Giudici della Cassazione, è l’adozione della custodia cautelare in carcere .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 14 dicembre 2016 – 12 ottobre 2017, n. 47038 Presidente Vecchio – Relatore Saraceno Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale del riesame di Milano confermava la misura della custodia cautelare in carcere applicata, con provvedimento del Giudice per le indagini preliminari in data 24 aprile 2016, a Kh. Ab. per il delitto di cui all'art. 270-bis cod. pen., comma 2. 1.1 Secondo l'ipotesi di accusa, il ricorrente si era associato, con altri tra cui i coniugi Mo. Ab. e Be. Sa., anch'essi raggiunti da titolo custodiale , all'organizzazione terroristica sovranazionale denominata Stato Islamico d'ora in avanti IS allo scopo di commettere atti di violenza con finalità di terrorismo e di partecipare alle varie attività terroristiche dell'associazione sia all'interno del territorio siriano occupato, sia in numerosi paesi Europei e in particolare nel territorio dello Stato italiano, tenendo le condotte dettagliate nell'incolpazione provvisoria, nella quale si precisava che l'indagato, fratello di Kh. Ou., foreign fighter deceduto combattendo per le milizie dello Stato Islamico, aveva organizzato il viaggio per unirsi alle forze dell'IS aveva ospitato ripetutamente presso la propria abitazione i coindagati Mo. e Be., facendo dono al primo dell'abito bianco da martire appartenuto al fratello Ou. aveva avanzato, tramite i predetti coniugi, richiesta di autorizzazione/raccomandazione tazkia per unirsi ai combattenti, autorizzazione che aveva ottenuto grazie ai contatti di costoro con il coindagato Ko. Mo. ed altro soggetto chiamato lo sceicco , attraverso la registrazione di messaggi vocali e venendo salutato per nome a conferma dell'avvenuto arruolamento aveva svolto condotte attive di indottrinamento e di proselitismo. 1.2 Nel titolo genetico si evidenziava che - i tre indicati indagati avevano mostrato piena condivisione dei dettami jihadisti dell'IS già riconosciuto come associazione terroristica dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dalla Commissione Europea, dal Consiglio dell'Unione Europea e si erano organizzati per raggiungere la Siria - i messaggi tra Mo., Ko. e lo sceicco attestavano che il primo era un associato dell'IS aveva ottenuto l'autorizzazione a raggiungere il relativo territorio ed era stato sollecitato a commettere azioni da lupo solitario Kh. aveva avuto colloqui e frequentazioni con Mo., garantendogli in un primo momento la disponibilità dei canali già utilizzati dal fratello Ou. per raggiungere la Siria aveva ospitato il Mo. presso la proprio abitazione aveva avuto contatti diretti con Ko. e con lo sceicco, inviando un messaggio nel quale aveva esternato il suo rapporto di parentela con Ou., manifestando la piena adesione all'IS e la volontà di unirsi alle forze del califfato aveva, poi, ricevuto i saluti da parte degli appartenenti al califfato che si trovavano nei relativi territori. 1.3 A ragione della decisione, il Tribunale, rievocato in premessa il compendio indiziario già valutato dal GIP ed esaminate nel dettaglio le più significative intercettazioni telefoniche, telematiche ed ambientali, osservava che gli elementi acquisiti dimostravano che - nei suoi contatti e durante gli incontri con Mo., l'indagato aveva costantemente parlato dello stato islamico, apertamente condividendone l'ideologia e il programma di distruzione degli infedeli e dichiarandosi appartenente ad esso conv. n. 52 del 6.2.2016 - aveva svolto attività di proselitismo, da solo e con il Mo. conv. n. 50 del 6.2.2016, nel corso della quale l'indagato riferiva di incitare i ragazzi a scegliere la strada della fede, intesa come strumento che legittimava l'annientamento di coloro che non erano musulmani conv. n. 1129 del 21.3.2016 nel corso della quale Mo. lo invitava a Lecco per attirare i giovani e mettergli a posto la testa - aveva ricevuto e inviato numerosi files multimediali condivisi con altre persone aventi ad oggetto canzoni e proclami jihadisti con l'esaltazione di Ab. Ba. al Ba. e la volontà di uccidere gli infedeli - aspirava a raggiungere i territori del califfato, concretamente attivandosi ed esplorando i canali per ottenere la tazkia - il 20.3.2016, dopo aver ascoltato un messaggio vocale inviato a Mo. nel quale il mittente, che si appellava sceicco, invitava il suo interlocutore a combattere i nemici di Dio, mostrando soddisfazione per le operazioni dei lupi solitari già realizzate in Francia e auspicando che esse si ripetessero nei paesi cristiani, a Roma, in Italia e in Spagna, l'indagato, a sua volta, registrava ed inviava un messaggio a Ko. Mo. che già aveva raggiunto la Siria ove svolgeva attività di addestramento militare, partecipando quale mujahdin alle azioni violente decise dall'organizzazione e allo sceicco, nel quale ribadiva la sua piena adesione, giurando ai fratelli di essere pronto all'azione giuro e giuro invaderemo Parigi prima di Roma e dell'Andalusia , e aggiungendo avete qua fratelli, giuro, l'eco dello stato islamico in casa del crociato - Mo., parlando con Ko., aveva lodato la fedeltà e l'affidabilità del Kh. e lo sceicco in persona gli aveva mostrato apprezzamento, esortando Mo. a salutare il nostro fratello Ab. - in data 8.4.2016 Mo., oltre a trasmettergli il saluto dei fratelli siriani, gli inviava il c.d. poema bomba , che a sua volta aveva ricevuto dallo sceicco, il cui contenuto era un incitamento a colpire, a sgozzare con il coltello, a fare esplodere la cintura nelle folle nel nome Allah Akbar, a morire da jihadista. Appariva di conseguenza evidente, anche alla luce degli stretti rapporti intercorrenti con Mo., membro a tutti gli effetti dell'organizzazione, che l'attività svolta dall'indagato, che faceva proselitismo, si preparava a partire per i territori del califfato, si era adoperato concretamente per ottenere la tazkia, si era messo a disposizione dell'organizzazione, dichiarandosi pronto alla commissione di attentati, aveva preso contatti con soggetti sicuramente appartenenti all'IS, non consisteva semplicemente in una generica adesione alla ideologia dell'organizzazione, ma di questa mirava a sostenere e a propagandare, concretamente, l'azione terroristica. Quanto alle esigenze cautelari, si evidenziava che il giudizio di adeguatezza della sola custodia in carcere riposava sul concreto pericolo di recidiva emergente dalla estrema gravità delle condotte in contestazione, avuto riguardo alla natura delle azioni propagandate e sostenute, finanche dopo i condivisi attentati di Parigi e del Belgio come emergeva dalla conversazioni intercettate e dalla pericolosità espressa dalla personalità dell'indagato, costantemente impegnato nell'attività di propaganda e incitamento alla jihad e in contatto diretto con membri dell'associazione parimente attuale ed elevato era il pericolo di fuga, riscontrato dalla proclamata volontà, e dall'impegno profuso nella realizzazione del progetto, di raggiungere il territorio siriano. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso l'indagato, a mezzo del difensore, avvocato Lu. Ba., chiedendone l'annullamento. Denunzia violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione, con riferimento all'affermata sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e alla concreta riconducibilità dei contegni serbati dal ricorrente all'ipotesi di reato contestata. Assume che le condotte addebitate all'indagato non integrano l'elemento oggettivo richiesto dall'art. 270-bis cod. pen. e neppure la mera adesione ideologica, non travalicando l'ambito della labiale esternazione ipertrofica, delirante e iperbolica , indiziante empatia verso fatti esterni e soggetti che operano in contesti indipendenti ed autonomi , ma priva di concreti contenuti di offensività. Il provvedimento impugnato aveva, dunque, sopravvalutato mere espressioni verbali prive di univoca capacità dimostrativa il desiderio dell'indagato di recarsi in Siria, l'unilaterale appropriazione delle azioni criminali dell'IS, l'evocazione di fantomatiche amicizie e conoscenze, la farneticante approvazione di attentati e condotte criminali non integravano un compendio connotato dalla richiesta gravità indiziaria, tale da giustificare il ricorso al rimedio cautelare. E ancora, il Tribunale era incorso in un'evidente forzatura, assimilando la posizione del ricorrente a quella degli altri coindagati senza operare i necessari distinguo si da rilevare che non era il Kh. ad avere contatti con l'estero, ad essere il destinatario diretto del poema-bomba, ad essere nelle condizioni di poter partire per la Siria che l'asserito saluto dei terroristi dell'IS, di cui sarebbe stato latore Mo., era dato di equivoca significazione, ben potendo trattarsi di mero espediente utilizzato dal coindagato per tener vivo e incrementare il fervore del ricorrente. In definitiva, l'ipotizzata responsabilità di Kh. non poteva essere dedotta sotto forma di luce negativa riflessa degli altri coindagati . Considerato in diritto Il ricorso appare sotto ogni aspetto inammissibile. 1. Le deduzioni relative alla dedotta insussistenza della gravità indiziaria sono manifestamente infondate e ripetono argomenti, ai quali i giudici di merito hanno già fornito risposte corrette in diritto e complete in fatto, peccando dunque anche di genericità. Premesso che la difesa non contesta la riconducibilità al Kh. delle esternazioni a lui addebitate, ma la configurabilità, mercè le stesse, di un grave quadro indiziario della fattispecie incriminatrice contestata, basterà qui ricordare che nella motivazione del provvedimento impugnato - riportata per sintesi, nel ritenuto in fatto, ai § 1.2 e 1.3 - richiamata l'ordinanza del G.i.p. e puntualmente riesaminate le risultanze foniche anche quelle direttamente relative ai coindagati, per la loro innegabile valenza indiziaria nei confronti del ricorrente , sono stati richiamati puntualmente ed analiticamente tutti i numerosi e convergenti elementi acquisiti nel corso delle indagini, coerentemente apprezzati nel loro complesso come gravemente sintomatici della condotta associativa ipotizzata, concretizzatasi nell'attività di concreto sostegno, diffusione e propaganda dell'attività terroristica dell'IS, nell'incitamento al compimento di azioni violente, collettive o individuali, nella incondizionata e dichiarata adesione al comune progetto, nella messa a disposizione del proprio contributo a favore della causa comune v. messaggio vocale registrato e inviato dall'indagato in data 20.3.2016, p. 9 dell'ordinanza , negli sforzi per organizzare la partenza per il territorio siriano, propria e dei coindagati Mo. e Be., nelle attività, anch'esse concrete, e non solo parlate , di indottrinamento e di proselitismo. Correttamente, inoltre, sono stati valorizzati gli elementi specifici conseguiti a carico dei coindagati, in tesi di accusa partecipi della medesima organizzazione, per rafforzare, attraverso i rapporti e le frequentazioni intrattenute dal ricorrente, la valenza e la specificità delle condotte al medesimo ascritte. Alla luce degli elementi così esposti, le notazioni critiche del ricorrente non solo non colgono nel segno, ma, a fronte della completa, coerente e logica motivazione, risultano indeducibili, laddove sollecitano una rilettura e reinterpretazione dei dati fattuali esposti, trascurando di considerare che la valutazione del peso probatorio degli indizi è compito esclusivo del giudice del merito sono pure all'evidenza infondate, non potendo dubitarsi che le condotte ascritte, nella ricostruzione operatane nella decisione impugnata, in piena sintonia con le valutazioni compiute nell'ordinanza genetica, integrino attività certamente funzionali e indispensabili all'allargamento e al potenziamento dell'organizzazione terroristica di riferimento. 2. All'inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e -per i profili di colpa correlati all'irritualità dell'impugnazione C. cost. n. 186 del 2000 - di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.500,00. Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente, la cancelleria provvedere agli adempimenti di cui all'art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 alla cassa delle ammende. Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell'istituto penitenziario ai sensi dell'art. 94, comma I-ter, disp att. cod. proc. pen.