Sotto la lente delle SS.UU. la modifica dalla Riforma Orlando sui poteri della Cassazione in caso di annullamento della sentenza di merito

Nell’ambito del giudizio di legittimità è possibile rideterminare la pena nel caso in cui il giudice di merito abbia irrogato una pena illegale in eccesso? La questione è rimessa alle Sezioni Unite che dovrà definire anche i confini di tale potere.

Così l’ordinanza n. 47059/17, depositata il 12 ottobre. Il caso. L’antefatto storico della rimessione alle Sezioni Unite è costituito da un banale diverbio avvenuto per ragioni di circolazione stradale a seguito della lite con il conducente di un furgone, un uomo era stato investito dopo essere sceso da un autocarro. L’accusa originaria era di lesioni dolose ma successivamente – attesa la mancanza di prove dell’intenzionalità dell’azione – è stata derubricata in lesioni colpose. Il condannato, ricorrendo davanti al Giudice di legittimità, contestava la violazione di legge in relazione alle pena applicata che era parametrata a quella prevista per le lesioni gravi o gravissime anziché per le lesioni lievi di cui all’accusa. La pena è illegale. La Corte di Cassazione ritiene fondato il ricorso perché emerge ictu oculi che il giudice di merito aveva irrogato la pena prevista per le lesioni colpose aggravate anziché quella per le lesioni lievi contestate in concreto. Sussistendo violazione di legge, quindi, la pena deve essere rideterminata e, prima ancora, la sentenza di condanna annullata. Se si tratta di rideterminare la pena l’annullamento è senza rinvio. La l. n. 103/2017 c.d. Riforma Orlando ha modificato il testo della disposizione che prevede la possibilità per il giudice di legittimità di annullare la sentenza di merito senza rinvio. La lett. l dell’art. 620 c.p.p. concludeva l’elencazione analitica prevedendo la possibilità di annullamento senza rinvio in ogni altro caso in cui la corte ritiene superfluo il rinvio ovvero può essa medesima procedere alla determinazione della pena o dare i provvedimenti necessari . Ora, invece, la disposizione prevede la possibilità di annullamento senza rinvio se la corte ritiene di poter decidere, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, o di rideterminare la pena sulla base delle statuizioni del giudice di merito o di adottare i provvedimenti necessari, e in ogni altro caso in cui ritiene superfluo il rinvio . La riformulazione della norma risponde al mutamento di prospettiva avviato con la riforma quanto ai poteri della Corte di Cassazione, che risultano ampliati ed obbedisce ad una ratio deflattiva il Giudice di legittimità potrà riformulare il trattamento sanzionatorio se l’accertamento di merito fornisce dati tali da consentire tale operazione. Infatti, dal punto di vista letterale, la norma di nuovo conio contiene una specificazione nella parte in cui fa riferimento alle statuizioni dei giudici di merito che consentirebbero al giudice di legittimità di decidere direttamente, pur senza violare i limiti posti alla cognizione della stessa. I poteri di rideterminazione della pena limiti. Secondo la giurisprudenza granitica, la possibilità, riconosciuta alla Corte di Cassazione, di procedere direttamente alla determinazione della pena, deve ritenersi circoscritta alle ipotesi in cui alla situazione da correggere possa porsi rimedio senza accertamenti e valutazioni discrezionali su circostanze e punti controversi, suscettibili di diversi apprezzamenti di fatto, che rimangono in quanto tali operazioni incompatibili con le attribuzioni del giudice di legittimità Cass. 12.3.2009, Masti, Rv. 242932 Cass. 27.10.2010, Negro, Rv. 248458 . È stato altresì affermato che la Corte di Cassazione può procedere direttamente alla determinazione della pena, qualora si debbano nuovamente applicare gli indici di calcolo già definiti in sede di merito, senza procedere ad accertamenti di fatto o ad operazioni di discrezionalità valutativa, che rimangono incompatibili con le attribuzioni del giudice di legittimità Cass. 20.3.2014, La Rosa, Rv. 259253 . La prima applicazione della nuova norma. Come risaputo, in materia processuale vige il principio tempus regit actum , sicché non si verifica una successione di leggi nel tempo la norma di nuovo conio è applicabile senza limiti ai processi in corso. Ne è derivata la prima pronuncia, ad opera della Suprema Corte, pochi mesi dopo la riformulazione la sentenza Dessi” ha confermato l’orientamento – già consolidato nel vigore della precedente formulazione – secondo cui il presupposto perché la Corte di Cassazione possa procedere alla determinazione della pena è la mera possibilità di correggere la decisione senza sostituirsi al giudice di merito, altrimenti attività incompatibile con le attribuzioni tipiche del giudice di legittimità. Un conflitto in atto. Il Collegio giudicante ritiene di non poter aderire alle conclusioni sopra descritte che negano portata innovativa alla riformulazione della disposizione. Nel caso di specie, infatti, valorizzando l’inciso apportato dalla novella, sarebbe consentito alla Corte rideterminare la pena, considerato che la Corte territoriale ha fornito valutazioni circa la valenza oggettiva del fatto-reato, il contesto e la tenuità delle lesioni provocate la Corte di legittimità, pertanto, ben potrebbe rideterminare la pena graduando il trattamento sanzionatorio all’interno della cornice edittale prevista dalla norma incriminatrice e utilizzando quale parametro le puntuali valutazioni descritte dal giudice di merito. Solleva pertanto la questione rimettendo la decisione alle Sezioni Unite. Si segnala che, più vicino concettualmente al caso di specie, nel vigore della precedente formulazione, è stato sostenuto che nel giudizio di legittimità, l’errore del giudice di merito – che abbia determinato la pena muovendo da un limite superiore al massimo edittale – comporta l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e la sostituzione, al limite di pena-base erroneo, del massimo della pena irrogabile, al quale evidentemente il giudice del merito intendeva riferirsi Cass. 19.3.2015, Bianco, Rv. 263648 . Sebbene tale arresto non sia stato menzionato dall’ordinanza, appare confacente alla tesi patrocinata dal Collegio remittente.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, ordinanza 19 settembre – 12 ottobre 2017, numero 47059 Presidente Izzo – Relatore Miccichè Ritenuto in fatto 1. La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza del 30 novembre 2016, confermava la penale responsabilità di M.R. per il reato cui all’art. 590 cod. penumero , condannandolo alla pena di Euro 500,00 di multa ed al risarcimento del danno nei confronti della costituita parte civile. Il M. , mentre si trovava alla guida di un furgone Fiat Doblò, a seguito di un diverbio per ragioni di circolazione stradale, aveva investito la parte offesa C.O. la quale era discesa da un autocarro Fiat Ducato. Originariamente all’imputato era stato contestato il reato di lesioni dolose di cui all’art. 582 cod. penumero , poi derubricato in ipotesi colposa in assenza di prova della intenzionalità dell’azione. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso M.R. a mezzo del proprio difensore di fiducia, affidandosi a due motivi. 2.1. Con il primo, lamenta travisamento della prova ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. penumero La Corte d’Appello aveva erroneamente affermato che vi sarebbe stata ammissione confessoria di aver colpevolmente urtato il C. . Dal verbale di interrogatorio, invece, non risultava alcuna ammissione in tal senso e, pertanto, il giudizio era stato basato su una informazione rilevante non esistente nel processo. 2.2. Con il secondo motivo lamenta violazione di legge in relazione agli artt. 133 e 590 cod. penumero . Era stata applicata la pena prevista per le lesioni gravi o gravissime, a fronte di una contestazione di lesioni lievi. Considerato in diritto 1. Il Collegio rileva che l’esito del ricorso in esame dipende dalla decisione della seguente questione Se, nel caso in cui il giudice di merito abbia irrogato una pena illegale in eccesso, l’art. 620, lett. O, cod. proc. penumero , nel testo introdotto dalla legge 23/6/2017, numero 103, attribuisca o meno alla Corte di cassazione poteri discrezionali nella rideterminazione della pena, sulla base delle statuizioni del giudice di merito e sempre che non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto . 2. Invero palesandosi la inammissibilità del primo motivo di ricorso, in ragione del fatto che la difesa dell’imputato, in relazione all’affermazione di responsabilità, esprime solo un dissenso generico rispetto ad una ricostruzione del fatto che non evidenzia né travisamenti, né manifesta illogicità, si impone di scrutinare il secondo motivo di impugnazone, il quale ictu oculi è fondato, avendo il giudice di merito irrogato la pena prevista per le lesioni colpose aggravate a fronte di una contestazione di lesioni lievi. 3. Concludendo in udienza, il procuratore generale ha chiesto alla Corte di rideterminare la pena, in applicazione del novellato articolo 620, lett. I, cod. proc. penumero . 4. La questione impone le considerazioni che seguono. Come è noto, la legge 23 giugno 2017, numero 103, ha modificato il previgente testo della disposizione in esame la quale, disciplinando i casi di annullamento senza rinvio, stabiliva che poteva decidersi in tal senso in ogni altro caso in cui la Corte ritenga superfluo il rinvio ovvero può essa medesima procedere alla determinazione della pena o dare i provvedimenti necessari . Il nuovo testo dell’art. 620, lett. I , cod. proc. penumero , in una prospettiva di ampliamento dei poteri della Cassazione, prevede ora che l’annullamento senza rinvio può essere pronunciato se la Corte ritiene di poter decidere, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, o di rideterminare la pena sulla base delle statuizioni del giudice di merito o di adottare i provvedimenti necessari, e in ogni altro caso in cui ritiene superfluo il rinvio . La norma così riformulata - che certamente, rispetto al precedente testo, ha aggiunto una specificazione, ossia quella secondo cui la Corte può ritenere di rideterminare il trattamento sanzionatorio, senza rinviare il processo, sulla base delle statuizioni dei giudici di merito - è stata interpretata da una prima pronuncia di questa Corte nel senso che il legislatore ha semplicemente inteso dare conferma all’orientamento consolidato, secondo cui il presupposto affinché la Corte di Cassazione possa procedere alla determinazione della pena è la mera possibilità di correggere la decisione, senza sostituire giudizi di merito, incompatibili con le attribuzioni tipiche del giudice di legittimità. In tal senso si è espressa la Sesta sezione penale con la sentenza numero 44874 dell’11 settembre 2017, Dessi. Nell’accogliere il ricorso straordinario per errore di fatto proposto nell’interesse del Dessi, rilevando un errore percettivo riguardante il decorso del termine prescrizionale, la Corte ha annullato la sentenza impugnata limitatamente ai fatti commessi fino al 18 marzo 2008, perché estinti per prescrizione, ma ha ritenuto di non poter rideterminare la pena eliminando i reati suddetti. Ciò in quanto nell’originario provvedimento non era stato distinto il singolo aumento di pena per ogni reato in continuazione, ma era stato operato un unico ed unitario aumento, ai sensi dell’art. 81, secondo comma, cod. penumero . Così decidendo, la citata sentenza ha fatto applicazione del costante orientamento giurisprudenziale formatosi sul previgente testo dell’art. 620, lett. I, considerando impossibile una nuova e diversa determinazione della pena poiché dalla sentenza non poteva evincersi una quantificazione certa e precisa, sostanzialmente aritmetica, che consentiva la mera sottrazione dei singoli aumenti dalla pena complessiva inflitta ex multis, Sez. 6, numero 11564 del 12/03/2009, Masti, Rv. 242932 Sez. 4, numero 41569 del 27/10/2010, Negro, Rv. 248458, Sez. 6, numero 15157 del 20/03/2014, La Rosa, Rv. 259253 Sez. 5, numero 6782 del 06/12/2016, Laconi, Rv. 269450 . 5. Ritiene il Collegio - rilevando un contrasto con la pronuncia sopra citata - che siffatta interpretazione non sia condivisibile, negando sostanzialmente ogni portata innovativa alla norma in esame. La riforma è infatti intervenuta sull’art. 620 cod. proc. penumero con l’integrale sostituzione della lett. l. Non bisogna allora trascurare la dichiarata ratio deflattiva che ispira la novella, mirata all’ampliamento delle ipotesi di annullamento senza rinvio, mutuando ispirazione dalla previsione di cui all’art. 384 cpv. cod. proc. civ., come sostituito dall’art. 12 del d.lgs. 2 febbraio 2006, numero 40. Né può essere attribuito un significato abrogante al fatto che il legislatore non ha replicato, nel riformulare la norma in esame, il testo della disposizione processuale civile, secondo cui la Corte di cassazione decide la causa nel merito quando non sono necessari nuovi accertamenti di fatto . La norma di cui al novellato art. 620, comma 1, lett. I, utilizzando l’espressione ritiene e rinviando, per consentire detta rigerminazione, alle statuizioni del giudice di merito , letta nel contesto letterale e in armonia con la ratio ispiratrice, intende infatti attribuire la possibilità di riformulare il trattamento sanzionatorio se l’accertamento compiuto nella sentenza impugnata fornisce dati tali da consentire detto giudizio Detto potere è certamente manifestazione di una discrezionalità come rivelato, letteralmente, dalla parola ritiene , discrezionalità non certamente implicante nuovi accertamenti in fatto, ma collegata ai parametri acquisiti nella sentenza di merito. 6. Tanto premesso, in presenza di una valutazione della Corte territoriale riguardante la valenza oggettiva del fatto - reato, il contesto in questo si è verificato e la tenuità delle lesioni provocate sarebbe possibile, per questa Corte, operare una gradazione del trattamento sanzionatorio all’interno del range previsto dalla norma incriminatrice fino a 309 Euro , prendendo a parametro le valutazioni sopra riportate. 7. Ritiene dunque il Collegio di dover disporre la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite di questa Corte, ai sensi dell’art. 618 cod. proc. penumero , in ragione della esistenza di un contrasto interpretativo potenziale tra le Sezioni semplici sul punto, per la soluzione della questione di diritto se, ai sensi del novellato art. 620, comma 1, lett. l , il presupposto affinché la Corte di Cassazione possa procedere alla rideterminazione della pena è la mera possibilità di correggere la decisione, senza sostituire giudizi di merito, ovvero se, nell’ambito di parametri valutativi comunque accertati nella sentenza impugnata, la Corte di cassazione possa esercitare un potere discrezionale di rideterminazione del trattamento sanzionatorio. P.Q.M. Rimette il ricorso alle sezioni Unite.