Alterco finisce a colpi di bastone e falce: esclusa la legittima difesa

La Cassazione si esprime sui parametri di applicabilità della scriminante della legittima difesa.

Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 46567/17, depositata l’11 ottobre. Il caso. Il Tribunale condannava l’imputato V.A. per il reato di tentato omicidio in danno di S.D. e contestualmente dichiarava colpevole S.D. del reato, commesso nella medesima occasione, di tentato omicidio in danno di V.A Secondo la ricostruzione accusatoria emergeva, infatti, che V.A. aveva avuto un diverbio con S.D., in seguito al quale lo aveva minacciato con un bastone, poi risposto sulla propria autovettura. Successivamente era salito sulla vettura di S.D. ed aveva inviato quest’ultimo con tono minaccioso a raggiungerlo. S.D. si era armato di una falce e V.A. non era fuggito, né si era rifugiato nel bar dove era nata la questione, ma si era rivolto verso quest’ultimo con aria di sfida. Così S.D. lo aveva colpito con la falce, poi perduta e V.A., presa allora la falce, lo aveva colpito compiendo atti diretti in modo non equivoco ad ucciderlo, dai quali era derivato il pericolo di morte. La Corte d’Appello confermava quanto disposto dal Tribunale. Avverso tale pronuncia V.A. ricorreva in Cassazione, lamentando il mancato riconoscimento della legittima difesa. Il ricorrente, infatti, lamentava che l’azione criminosa verificatasi non fosse frutto di un’unica azione, bensì di due distinte. Una prima iniziata all’interno del bar e terminata quando V.A. aveva riposto la mazza ed una seconda iniziata dopo che V.A. si sedette nell’auto della vittima e quest’ultimo prese la falce. La difesa affermava, quindi, che l’imputato non accettò lo scontro, non andò a prendere il bastone, ma lo colpì con la stessa falce della vittima solo come reazione difensiva proporzionale all’offesa subita. La scriminante della legittima difesa La Corte prima di statuire sul caso richiama l’orientamento giurisprudenziale consolidato in tema di legittima difesa, affermando che i presupposti essenziali della scriminante sono costituiti da un’aggressione ingiusta che deve concretarsi in un pericolo attuale di offesa, che se non neutralizzata tempestivamente sfocia nella lesione di un diritto e da una reazione legittima che deve riguardare la necessità di difendersi, l’inevitabilità del pericolo e la proporzione tra difesa e offesa . Non può configurasi, inoltre, qualora l’agente abbia avuto la possibilità di allontanarsi dall’aggressore senza pregiudizio. legittima difesa putativa. La Corte afferma, poi, che anche la legittima difesa putativa si basa sul’erroneo convincimento di doversi difendere da un’aggressione contro l’imputato, seguendo l’orientamento interpretativo secondo il quale l’errore scusabile che può giustificare la scriminante deve trovare adeguata giustificazione in qualche fatto che, seppure malamente rappresentato, abbia la possibilità di rappresentare nell’agente la giustificata convinzione di trovarsi in un pericolo attuale di un’offesa ingiusta. Tutto ciò in una situazione obiettiva atta a far sorgere nel soggetto la convinzione di trovarsi in presenza di un pericolo presente ed incombente, non futuro o già esaurito. L’accertamento di tale scriminante, inoltre, deve essere effettuato attraverso un giudizio ex ante sui fatti. In conclusione Nel caso di specie, alla luce dei principi sopracitati, la Corte afferma che non potesse ritenersi sussistente alcuno degli elementi richiesti per la legittima difesa, neppure sotto il profilo putativo, né può ravvisarsi l’eccesso colposo in riguardo allo svolgimento dei fatti. Per questo motivo la Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 21 febbraio – 11 ottobre 2017, n. 46567 Presidente Di Tomassi – Relatore Mancuso Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 12 febbraio 2015, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Nocera Inferiore, in esito a giudizio abbreviato, così decideva dichiarava V.A. colpevole del reato, commesso in omissis , di tentato omicidio in danno di S.D. dichiarava lo S. colpevole del reato, commesso nella medesima occasione, di tentato omicidio in danno del V. , nonché della contravvenzione di porto in luogo pubblico di un oggetto atto ad offendere. Riconosciute ad entrambi gli imputati le circostanze attenuanti generiche e computata la diminuente per la scelta del rito, il predetto giudice infliggeva a ciascuno degli imputati la pena principale di anni quattro di reclusione e inoltre al solo S. , per la contravvenzione, anche la pena di mesi due, giorni venti di arresto ed Euro 600,00 di ammenda. Ciascuno degli imputati veniva altresì condannato al risarcimento del danno subito dalla controparte. Il giudice di primo grado condivideva la ricostruzione accusatoria in base alla quale, per la posizione del V. che ha ora rilievo in questa sede, emergeva dalle immagini registrate dall’impianto di sorveglianza di un bar che il predetto aveva avuto un diverbio nel quale, dopo aver minacciato lo S. con un bastone, aveva riposto l’oggetto sulla propria autovettura, era salito su quella dello S. , aveva invitato costui con tono minaccioso a raggiungerlo, così come aveva riferito l’informatore C.L. dopo che lo S. si era armato di una falce, il V. non era fuggito né si era rifugiato nel bar, ma si era rivolto allo S. con atteggiamento di sfida lo S. aveva colpito il V. con la falce, l’aveva perduta, quindi il V. aveva colpito lo S. con la stessa falce compiendo atti diretti inequivocamente ad ucciderlo, dai quali era derivato il pericolo di morte. 2. La predetta sentenza veniva confermata dalla Corte di appello di Salerno con sentenza del 30 ottobre 2015, di rigetto dei rispettivi gravami degli imputati. 3. L’avv. Cosimo Vastola, in difesa del V. , ha proposto ricorso per cassazione con atto depositato il 12 febbraio 2016, in cui deduce, richiamando l’art. 606, comma 1 lett. b , cod. proc. pen., erronea applicazione dell’art. 52 c.p., per il mancato riconoscimento della legittima difesa. Nel ricorso, che riporta anche il testo dell’atto di appello, si sostiene che il giudice di appello abbia errato nell’affermare, richiamando i filmati, che l’azione e, in particolare, quella del V. , si sia sviluppata senza soluzione di continuità. Secondo il ricorrente, la visione dei filmati dimostra in realtà che si svolsero due azioni distinte una prima, che iniziò all’interno del bar e terminò quando il V. ripose la mazza di legno all’interno della propria autovettura una seconda, che iniziò dopo che il V. si sedette nell’auto dello S. e costui, invece di aderire alla richiesta di chiarimento sui motivi del diverbio, prese la falce dalla propria autovettura il V. non accettò lo scontro, non andò a prendere il bastone nella propria autovettura ma scappò via, si fermò dinanzi al bar, ritenendo di essere al sicuro anche per la presenza di altri avventori il V. subì quindi un violentissimo colpo sferratogli dallo S. con la falce alla parte sinistra del torace ove riportò una gravissima ferita il V. , a questo punto, tolse la falce dalle mani dello S. e lo colpì con la stessa falce alla regione scapolare sinistra, compiendo una reazione difensiva proporzionale all’offesa subita, rientrante nei canoni della legittima difesa. Considerato in diritto 1. Il ricorso, incentrato sulla critica del mancato riconoscimento della legittima difesa, è inammissibile. Secondo la giurisprudenza di legittimità, i presupposti essenziali della scriminante sono costituiti da un’aggressione ingiusta e da una reazione legittima mentre la prima deve concretarsi nel pericolo attuale di un’offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione di un diritto personale o patrimoniale tutelato dalla legge, la seconda deve riguardare la necessità di difendersi, la inevitabilità del pericolo e la proporzione tra difesa e offesa Sez. 4 n. 16908 del 12/02/2004, Lopez, rv. 228045 Sez. 4, n. 32282 del 4/7/2006, De Rosa ed altri, rv. 235181 Sez. 5, n. 25653 del 14/5/2011, Diop ed altri, rv. 240447 Sez. 1, n. 47117 del 26/11/2009, Carta, rv. 245884 . Inoltre, non è configurabile l’esimente della legittima difesa qualora l’agente abbia avuto la possibilità di allontanarsi dall’aggressore senza pregiudizio e senza disonore Sez. 1, n. 5697 del 28/01/2003, Di Giulio, rv. 223441 . L’esimente non è applicabile allorché il soggetto non agisce nella convinzione, sia pure erronea, di dover reagire a solo scopo difensivo, ma per risentimento o ritorsione contro chi ritenga essere portatore di una qualsiasi offesa Sez. 1, n. 3200 del 18/02/2000, Fondi, rv. 215513 . L’eccesso colposo sottintende i presupposti della scriminante con il superamento dei limiti a quest’ultima collegati. Per stabilire se nel commettere il fatto si siano ecceduti colposamente i limiti della difesa legittima, bisogna prima identificare i requisiti comuni alle due figure giuridiche, poi il requisito che le differenzia accertata la inadeguatezza della reazione difensiva, per l’eccesso nell’uso dei mezzi a disposizione dell’aggredito in un preciso contesto spazio temporale e con valutazione ex ante, occorre procedere a una differenziazione ulteriore fra eccesso dovuto ad errore di valutazione ed eccesso consapevole e volontario, dato che solo il primo rientra nello schema dell’eccesso colposo delineato dall’art. 55 cod. pen., mentre il secondo consiste in una scelta volontaria, la quale certamente comporta il superamento doloso degli schemi della scriminante ex plurimis, Sez. 1, 25 ottobre 2005, Bollardi . Con riferimento, poi, alla legittima difesa putativa, perché frutto dall’erroneo convincimento di doversi difendere da un’aggressione portata contro la persona dell’imputato, va richiamato l’orientamento interpretativo, espresso da questa Corte, secondo il quale l’errore scusabile che può giustificare la scriminante deve trovare adeguata giustificazione in qualche fatto che, seppure malamente rappresentato o compreso, abbia la possibilità di determinare nell’agente la giustificata persuasione di trovarsi esposto al pericolo attuale di una offesa ingiusta sulla base di dati di fatto concreti, e cioè di una situazione obiettiva atta a far sorgere nel soggetto la convinzione di trovarsi in presenza di un pericolo presente ed incombente, non futuro o già esaurito, di un’offesa ingiusta Sez. 1, n. 4337 del 2/2/2006, La Rocca, rv. 233189 Sez. 1, n. 3464 del 24/11/2009, Narcisio, rv. 245634 . L’accertamento relativo alla scriminante della legittima difesa reale o putativa così come per l’eccesso colposo deve essere effettuato, anche a questo riguardo, con un giudizio ex ante, calato all’interno delle specifiche e peculiari circostanze concrete che connotano la fattispecie sottoposta all’esame del giudice si tratta di una valutazione di carattere relativo e non assoluto né astratto, rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, dovendo egli esaminare, di volta in volta e in concreto, se la particolare situazione sia obiettivamente tale da far sorgere l’errore di trovarsi nelle condizioni di fatto che, se fossero realmente esistenti, escluderebbero l’antigiuridicità della condotta prevista dalla legge come reato. In una simile prospettiva interpretativa delle risultanze probatorie, la valutazione deve essere necessariamente estesa a tutte le circostanze che possano avere avuto effettiva influenza sull’erronea supposizione, dovendo tenersi conto, oltre che delle modalità del singolo episodio considerato, anche di tutti gli elementi fattuali che pur essendo antecedenti all’azione - possano spiegare la condotta tenuta dai protagonisti della vicenda in quanto abbiano avuto concreta incidenza sull’insorgenza dell’erroneo convincimento di dover difendere sé o altri da un’ingiusta aggressione Sez. 1, 5 gennaio 1999, Lamina , non potendo, invece, ritenersi sufficienti a tal fine gli stati d’animo e i timori personali non basati su circostanze oggettive. Nel caso ora in esame, alla luce della ricostruzione della vicenda ritenuta dai giudici di merito e dato che non sono ammissibili, in questa sede di legittimità, letture alternative dei dati probatori in ordine ai quali la sentenza impugnata è sostenuta da idonea e congrua motivazione, priva di manifesta illogicità deve affermarsi, in applicazione dei suddetti principi, che non sussisteva alcuno degli elementi richiesti per configurare la legittima difesa, neppure sotto il profilo putativo, né può ravvisarsi l’eccesso colposo, avuto riguardo alle modalità di svolgimento dell’azione del V. , come spiegato nelle sentenze di merito. La ricostruzione è basata su precise indicazioni argomentative, con le quali si chiarisce - si vedano soprattutto le pagine 11 e 12 della sentenza di appello - perché la tesi del V. , circa la configurabilità della scriminante, vada respinta, alla luce degli elementi di prova disponibili, ricavati dalla visione dei filmati e dalle dichiarazioni dell’informatore C.L. . Il ricorso, esposto lamentando violazioni di legge, contiene, in realtà, dei tentativi - inammissibili in sede di legittimità - di proporre una rilettura, strumentale a una nuova ricostruzione, delle circostanze di fatto analizzate compiutamente in sede di merito. 2. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro millecinquecento alla Cassa delle ammende, nonché alla rifusione, a favore della parte civile, delle spese per la difesa nel presente giudizio, liquidate, in considerazione dell’attività svolta, nella misura indicata nel seguente dispositivo, oltre accessori come per legge. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di millecinquecento Euro alla Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, S.D. , spese che liquida in complessivi Euro 3.500,00, oltre accessori spese forfettarie, IVA e CPA come per legge.