Trova un telefonino e lo utilizza per poco: esclusa la ricettazione

Cadono definitivamente le accuse nei confronti di una donna. Ritenuta plausibile la sua versione, secondo cui ella ha rinvenuto per caso il cellulare, lo ha usato brevemente e poi lo ha consegnato a quello che si è presentato come il legittimo proprietario.

Ha utilizzato per pochissimo tempo un telefonino trovato per caso, e poi lo ha restituito alla persona che si è presentata come legittima proprietaria. Impossibile parlare di ricettazione Cassazione, sentenza n. 46573/17, sez. II Penale, depositata oggi . Tempo. Protagonista della vicenda, ambientata in Sicilia, è una donna. La scelta azzardata di utilizzare un telefonino rinvenuto per caso le costa un’accusa per il reato di ricettazione e la porta ad affrontare ben tre processi. In Tribunale la sua posizione si rivela fragile, come testimonia la pronuncia di condanna. Molto più favorevole, invece, è il giudizio in Appello, dove i magistrati accolgono la sua difesa. In particolare, in secondo grado, viene sottolineato il fatto che la donna ha utilizzato momentaneamente il cellulare per poi restituirlo alla persona che si era presentata come legittima proprietaria . Questi elementi, contestati dalla Procura col ricorso in Cassazione, vengono invece ritenuti decisivi pure dai magistrati del Palazzaccio. Anche per loro, difatti, l’uso per un tempo assai limitato è compatibile col puro e semplice rinvenimento del telefonino , e verosimile è la restituzione del bene , come raccontata dalla donna. Non significativo, invece, è ritenuto il riferimento fatto dall’accusa alla distruzione della ‘sim’ precedentemente utilizzata all’interno del cellulare questa condotta è, secondo i giudici, irrilevante, poiché non poteva portare alla soppressione delle tracce relative all’utilizzazione del telefonino . Mancano solidi presupposti, concludono i magistrati, per dare corpo all’accusa di ricettazione . Definitiva, quindi, l’assoluzione della donna.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 22 febbraio – 11 ottobre 2017, n. 46573 Presidente Prestipino – Relatore Tutinelli Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte di appello di Palermo, in riforma della sentenza del Tribunale di Marsala del 9 dicembre 2013, ha assolto l'imputata del reato di ricettazione di un telefono cellulare commesso il 16 giugno 2009 perché il fatto non sussiste. 2. Propone ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d'appello, articolando il seguente motivo. Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Afferma il ricorrente che la sentenza di assoluzione, basata sulla presenza di un uso momentaneo del cellulare de quo e sulla affermazione della imputata di averlo restituito a una persona che si era presentata come proprietario, deriverebbe da una erronea valutazione dei fatti dovendosi ritenere l'uso del cellulare una prova della disponibilità del bene e per altro verso risultando inverosimili le affermazioni dell'imputata in ordine alla affermata restituzione del telefono e inspiegabile la circostanza della distruzione della scheda SIM utilizzata con il bene ricettato. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. Va infatti rilevato che la sentenza impugnata correttamente valuta in termini di assoluta incertezza gli elementi raccolti. Infatti, l'uso per un tempo assai limitato del telefono non appare incompatibile col puro e semplice rinvenimento e non necessariamente postula la presenza di un furto o di un reato presupposto. Per altro verso, risulta verosimile la prospettazione dell'imputata per cui vi sarebbe stata restituzione del bene ad un soggetto che si era presentato quale proprietario. Tale ricostruzione non appare contrastata da alcuno degli atti di causa. Per altro verso, nessuna rilevanza pare avere al proposito la distruzione della Sim precedentemente utilizzata all'interno del telefono cellulare posto che tale condotta non poteva portare alla soppressione delle tracce in ordine all'utilizzazione. Ne consegue che l'iter argomentativo del provvedimento impugnato appare esente da vizi, fondandosi esso su di una compiuta e logica analisi critica degli elementi indiziari e sulla loro coordinazione in un organico quadro interpretativo, alla luce del quale appare dotata di adeguata motivazione logica e giuridica il fatto che questi difettino del requisito della univocità e che quindi non si potesse superare la presenza di un ragionevole dubbio in ordine alla sussistenza dell'elemento materiale e dell'elemento psicologico del reato, con la conseguenza che non risulterebbe possibile giungere all'affermazione di responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio. Il ricorso, articolato in fatto, non incide sulla logicità, congruenza o coerenza intrinseca o estrinseca della motivazione, limitandosi a proporre una interpretazione alternativa delle emergenze processuali. Al proposito, va ricordato che, secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti Cass. pen., sez. 6, n. 27429 del 4 luglio 2006, Lo., rv. 234559 sez. 6, n. 25255 del 14 febbraio 2012, Mi., rv. 253099 ., la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003, 06/02/2004, El., Rv. 229369 . Dalle sopra svolte considerazioni discende il rigetto del ricorso. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Sentenza a motivazione semplificata