La giurisprudenza “spinge” il legislatore sulla sospensione della pena fino a 4 anni

Poiché, ai sensi dell’art. 47, comma 3-bis dell’ordinamento penitenziario introdotto dall’art. 3, comma 8, lett. c, d.l. n. 146/2013, c.d. svuota carceri , il condannato, anche in stato di libertà, a pena residua non superiore ai 4 anni, che abbia serbato un comportamento positivamente valutabile, è ammesso all’affidamento in prova c.d. allargato, l’art. 656, comma 5, c.p.p. deve essere letto in combinato disposto con la norma penitenziaria e pertanto il limite previsto in astratto per la sospensione dell’esecuzione deve essere individuato nella pena della reclusione, anche residua non già dei 3 anni come prevede l’art. 656, comma 5, c.p.p. ma non superiore a 4 anni ricorrendo le condizioni per l’accesso all’affidamento allargato. Ciò anche alla luce del principio legislativo imposto dall’art. 1, comma 85, lett. c della recente legge delega n. 103/2017.

Con la decisione in commento ordinanza 24 agosto il Tribunale milanese si pone nel solco già tracciato dalla sua precedente giurisprudenza cfr., Trib. Milano, 31 marzo 2017 che considera inefficace l’ordine di esecuzione della pena non sospeso per una pena superiore a 3 anni di reclusione ma che si arresta entro il tetto dei 4 anni di pena detentiva. La sentenza trae spunto da un incidente di esecuzione in cui si lamenta la mancata sospensione dell’ordine di esecuzione di una pena da scontare di 3 anni e 3 mesi di reclusione. Sospensione richiesta dal condannato con contemporanea istanza di affidamento in prova ai servizi sociali ai sensi dell’art. 47, comma 3- bis , l. n. 354/1975 sull’ordinamento penitenziario. Le norme sotto i riflettori. Il Tribunale di Milano ritiene fondata la censura che invoca un’interpretazione coordinata dell’art. 656, comma 5, c.p.p. e dell’art. 47, comma 3- bis ord. penit La prima disposizione stabilisce che nei casi in essa previsti, il PM, salvo quanto previsto dai commi 7 e 9, se la pena detentiva, anche costituente residuo di maggior pena, non è superiore a 3 anni, ad anni 4 nel caso di detenzione domiciliare speciale, oppure a 6 nei casi di reati di droga, ne sospende l’esecuzione. Nel testo dell’art. 656 c.p.p. l’adozione del provvedimento di sospensione costituisce un obbligo per il PM da assolvere previo calcolo di tipo aritmetico-formale scevro da valutazioni discrezionali , esteso a tutte le pene detentive contenute entro la soglia quantitativa prevista, con contestuale avviso all’interessato della facoltà di presentare al Tribunale di sorveglianza l’istanza volta alla concessione di una misura alternativa alla detenzione. Tale norma non risulta coordinata con l’art. 47, comma 3- bis , ord. penit., in ordine all’individuazione del limite massimo di pena per accedere all’affidamento in prova al servizio sociale elevato a 4 anni dal d.l. n. 146/2013 sullo svuota carceri, convertito dalla l. n. 10/2014 , previsto in anni 4 soltanto da quest’ultima norma, mentre la prima ai fini della sospensione dell’ordine di esecuzione ha mantenuto inalterata la soglia di anni 3. La presa di posizione della Suprema Corte. In seno alla prima sezione della giurisprudenza di legittimità si è sviluppato un orientamento secondo il quale l’entità della sanzione prevista in astratto per la sospensione dell’esecuzione deve essere quello della pena, anche residua, non superiore a 4 anni quando la sospensione sia richiesta ai sensi dell’art. 47, comma 3- bis , ord. penit., ossia in dipendenza di un’istanza di affidamento in prova così, da ultimo, Sez. I, n. 39889 del 24 agosto 2017 in precedenza, Sez. I, nn. 21667, 37848 e 51864 del 2016 . In assenza di una espressa previsione normativa che allinei la regolamentazione della sospensione dell’esecuzione alla norma che disciplina i requisiti di accesso alla predetta misura alternativa, la lettura esegetica accolta dagli Ermellini si aggancia al richiamo che l’art. 656, comma 5, c.p.p. compie all’art. 47 ord. penit. nella sua interezza, consente tale sbocco interpretativo di carattere sistematico e teleologico. Il perseguimento da parte delle due norme della medesima finalità di ridurre in forme controllate la popolazione carceraria e di evitare l’ingresso negli istituti penitenziari soggetti che possano usufruire di misure alternative, autorizza tale interpretazione adeguatrice dell’art. 656 e consente di mantenere il parallelismo con i più ampi limiti di pena previsti dall’art. 47, comma 3- bis . L’interpretazione evolutiva” proposta dal Tribunale di Milano. Mentre la Procura milanese resta ancorata alla interpretazione letterale dell’art. 656 c.p.p. il limite dei 3 anni ivi previsto per sospendere l’ordine di esecuzione è insuperabile, anche se porta ad una evidente disarmonia con l’affidamento allargato a 4 anni , il Tribunale di Milano sposa l’orientamento sistematico della Cassazione ed eleva da 3 a 4 anni il limite previsto in astratto per la sospensione della pena. Ciò per allinearlo alla possibilità di concedere l’affidamento in prova ai servizi sociali al condannato che deve espiare una pena, anche residua, non superiore a 4 anni di detenzione, quando abbia serbato, quantomeno nell’anno precedente alla presentazione della richiesta, trascorso in espiazione pena, in esecuzione di misura cautelare ovvero in libertà, un comportamento tale da consentire il giudizio di ritenere la misura dell’affidamento in prova, attraverso le sue prescrizioni, idonea a contribuire la rieducazione del reo e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati. Proprio per avallare tale conclusione si richiama il comma 85, lett. c della recente legge delega n. 103/2017 in cui si prevede la revisione della disciplina concernente le procedure di accesso alle misure alternative, prevedendo che il limite di pena che impone la sospensione dell’ordine di esecuzione sia fissato in ogni caso a 4 anni . Pertanto, l’intenzione del legislatore è chiaramente proiettata nel senso proposto, anche per evitare di sollevare questioni di legittimità costituzionali, come già proposte da altri giudici, come il Tribunale di Lecce che, con ordinanza del 13 marzo 2017, ha ritenuto fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 656, comma 5, c.p.p., per violazione degli artt. 3 e 27, comma 3, Cost., nella parte in cui non consente che l’ordine di esecuzione debba essere sospeso anche nei casi di pena non superiore a 4 anni di detenzione. La giurisprudenza anticipa” il legislatore. In attesa che il legislatore concluda l’allineamento tra le due norme – da lui stesso creato perché in sede di svuota carceri del 2013 si dimenticò di modificare l’art. 656 – occorre rilevare come l’orientamento del Tribunale milanese va salutato con favore perché evita l’ingresso in carcere a coloro che abbiamo i requisiti per usufruire dell’affidamento allargato. L’intervento si palesa con la massima urgenza proprio per evitare disparità di trattamento in un ambito delicatissimo, dov’è in gioco la libertà personale del condannato, oggi presenti su tutto il territorio nazionale. Come sostenuto dal Tribunale milanese, tuttavia, in considerazione della recente novella, anche prima del completamento del percorso legislativo che alzi a 4 anni il tetto per sospendere l’ordine di carcerazione, le Procure e i Giudici dell’esecuzione potrebbero orientarsi nel senso proposto dalla decisione in commento.

Tribunale di Milano, sez. Feriale, ordinanza 24 agosto 2017 Presidente dott. Tremolada Osserva con istanza depositata in data 7 luglio 2017 il difensore di fiducia del condannato omissis aveva richiesto la sospensione dell'ordine di esecuzione, formulando nel contempo istanza di affidamento in prova ai servizi sociali ai sensi dell'art. 47 comma 3 bis L. 354/75 cd. affidamento allargato con ordine n. 3508/17 S.I.E.P. emesso in data 20 luglio 2017 dalla Procura della Repubblica in sede nei confronti di omissis a seguito di determinazione della pena da scontare in anni 3 mesi 3 di reclusione, è stato disposto ordine di carcerazione con relativa esecuzione, ancora non eseguita con istanza depositata in data 27 luglio 2017 il difensore di fiducia del condannato ha proposto incidente di esecuzione lamentando la mancata sospensione dell'ordine di esecuzione la prima udienza fissata al 16 agosto 2017 è stata rinviata per problemi di notifica dell'avviso al condannato nel merito della questione si rileva che con riferimento alla sospensione dell'esecuzione della pena in caso di condanne superiori a 3 anni, ma inferiori a 4 anni, quindi nei casi di possibile richiesta del cd. affidamento allargato si è sviluppato un contrasto giurisprudenziale di merito, ben documentato negli atti, che vede contrapposto l'orientamento seguito nel caso di specie della Procura di Milano che privilegia l'interpretazione letterale dell'art. 656 co.5 cpp ed invece un orientamento opposto che sviluppando l'interpretazione sistematico evolutiva degli artt. 656 e 47 OP amplia la sospensione dell'esecuzione di tutte le condanne non superiori ad anni 4 questo Tribunale, ritiene che a seguito della recente novità legislativa di cui alla legge delega 103/17, l'orientamento letterale, assunto dalla Procura non sia più attuale e debba essere condiviso l'orientamento sistematico, già autorevolmente vagliato anche dalla Suprema Corte, Sez. I Pen, n. 37848 del 4.3.2016 e n. 51864 del 31.5.2016 [1] secondo il quale la norma di cui all'art. 656 comma 5 c.p.p. deve essere interpretata in combinato con la disposizione di cui all'art. 47 comma 3 bis O.P., così come introdotta dal D.L. 146/13, con la conseguenza che il limite previsto in astratto per la sospensione dell'esecuzione deve essere individuato nella pena della reclusione, anche residua, non superiore ad anni 4, ricorrendo - sempre in astratto, e fatta salva la valutazione riservata all'autorità giudiziaria di sorveglianza - le condizioni per l'accesso all'istituto del cd. affidamento in prova allargato invero ai sensi della citata disposizione dell'ordinamento penitenziario il condannato, anche in stato di libertà, a pena residua non superiore ai quattro anni, che abbia serbato un comportamento positivamente valutabile, è ammesso all'affidamento in prova quale misura alternativa alla detenzione in carcere, la cui esecuzione deve pertanto ritenersi subordinata al vaglio negativo dell'istanza di accesso. Tale norma pertanto deve essere coordinata con la previsione dell'art. 656 comma 5 c.p.p. che, pur fissando in via generale un limite di tre anni per la sospensione dell'esecuzione, successivamente funzionalizza tale sospensione a consentire l'accesso alle misure alternative previste dall'art. 47 O.P. nella sua interezza, ivi compresa la fattispecie allargata . La diversa interpretazione che privilegiava il dato letterale dell'art. 656 cpp, proposta nei noti ed articolati provvedimenti da intendersi qui integralmente richiamati, deve ritenersi allo stato contrastante con il chiarissimo principio legislativo imposto dalla recente legge delega n. 103/17 di cui si riporta il seguente passaggio testuale al fine di poterne apprezzare la chiarezza e quindi l'immediata portata interpretativa nel caso di specie art. 85 lett. c revisione della disciplina concernente le procedure di accesso alle misure alternative, prevedendo che il limite di pena che impone la sospensione dell'ordine di esecuzione sia fissato in ogni caso a quattro anni tenuto conto che ai sensi dell'art. 12 delle preleggi l'interprete non può e non deve fermarsi al dato letterale della norma ma deve contestualizzare l'intenzione del legislatore, coordinando la norma con il contesto legislativo, nel quale, ora, non si trova soltanto l'art. 47 OP riformato, ma anche la legge delega sopra citata, atto normativo avente immediati effetti concreti che devono essere apprezzati dall'interprete alla luce dei principi di diritto delineati dalla giurisprudenza costituzionale che esclude, in casi di affermazioni chiare e quindi concretamente e direttamente applicabili, che gli effetti della legge delega debbano essere differiti al momento dell'emanazione dei decreti attuativi. Appare evidente che, laddove si volesse ancora sostenere l'opposta interpretazione letterale dell'art. 656 cp, il giudice ordinario dovrebbe sollevare questione di costituzionalità della norma avanti alla Corte, questione che verrebbe certamente rigettata dovendo l'interprete, sempre in base al noto principio di residualità del ricorso costituzionale, privilegiare, qualora sussista, come nel caso di specie, un criterio interpretativo, compatibile con i principi costituzionali, che consente l'applicazione della legge. Dovendo ritersi assorbente l'argomento esposto, relativo alla novità legislativa, risultano ultronei i pur apprezzabili ulteriori rilievi sistematici dedotti dalla difesa nell'istanza che merita pertanto accoglimento, ricorrendo, nella specie, in astratto i presupposti per l'accesso del condannato all'affidamento allargato, e pertanto l'ordine di esecuzione avrebbe dovuto essere accompagnato dall'emissione di decreto di sospensione. P.Q.M. dichiara la temporanea inefficacia dell'ordine di esecuzione n. 3508/17 S.I.E.P. emesso in data 20 luglio 2017 dalla Procura della Repubblica in sede nei confronti di omissis dispone la trasmissione della presente ordinanza al Tribunale di Sorveglianza in sede per quanto di competenza in relazione all'istanza di affidamento presentata dal difensore del condannato omissis in data 7 luglio 2017 manda alla cancelleria per gli adempimenti di sua competenza. 1 In tema di esecuzione di pene brevi, in considerazione del richiamo operato dall'art. 656, comma quinto, cod. proc. pen. all'art. 47 ord. pen., ai fini della sospensione dell'ordine di esecuzione correlata ad una istanza di affidamento in prova ai sensi dell'art. 47, comma terzo bis, ord. pen., il limite edittale non è quello di tre anni, ma di una pena da espiare, anche residua, non superiore a quattro anni. Sez. 1, n. 51864 del 31/05/2016 - dep. 05/12/2016, Fa., Rv. 27000701