«… Vuole il diritto di difendermi per i soldi… l’avvocato non mi considera un essere umano»

La Cassazione è chiamata a decidere se queste affermazioni, espresse in un esposto al Consiglio dell’Ordine forense, configurino diffamazione o siano espressione del diritto alla critica tutelato dall’esimente di non punibilità delle offese contenute in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie e amministrative di cui l’art. 598 c.p

Sul tema la Suprema Corte con sentenza n. 44917, depositata il 29 settembre. La vicenda . Il Tribunale, adito in secondo grado, confermava la sentenza del Giudice di Pace con la quale veniva condannata l’imputata per il reato di diffamazione per aver offeso il suo avvocato con espressioni, riprodotte da esposti inviati al Consiglio dell’Ordine degli avvocati, lesive della dignità professionale. Avverso tale sentenza ricorre in Cassazione la condannata, lamentando la scorretta valutazione di offensività delle affermazioni della stessa che, invece, dovevano essere considerate espressione di legittima tutela dei suoi interessi attraverso il diritto di critica. Carenza di offensività delle espressioni. Secondo la Suprema Corte, in primo luogo, la Corte di merito ha correntemente valutato l’offensività delle affermazioni poste in essere dalla ricorrente, evidenziando che le espressioni in questione non si limitano a contestare l’operato del professionista ma si risolvono in una vera e propria aggressione arbitraria all’altrui sfera giuridica . Esimente di non punibilità delle offese. Inoltre, la Cassazione ritiene che per quanto concerne l’applicabilità dell’esimente di cui all’art. 598 c.p. in merito ad offese in scritti e discorsi pronunciati dinnanzi alle Autorità giudiziarie o amministrative , si debbano richiamare i principi consolidati della Corte di legittimità secondo i quali, detta esimente, non è applicabile quando le espressioni offensive siano contenute in un esposto inviato al Consiglio dell’Ordine forense in quanto l’autore dell’esposto non è parte del successivo giudizio disciplinare e l’esimente de qua attiene agli scritti difensivi, in senso stretto, con l’esclusione di esposti e denunce, pur se redatti da soggetti interessati . Il diritto di critica che scaturirebbe in costanza di tale esimente per ottenere il controllo di eventuali violazioni di regole deontologiche, non si configura nella fattispecie ed inoltre, in ogni caso, secondo la Corte, non si configurerebbe in quanto le affermazioni della ricorrente non rispettano la dignità altrui e quindi non possono essere esercizio di tale diritto. La S.C. rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla compensazione delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 28 aprile – 29 settembre 2017, n. 44917 Presidente Lapalorcia – Relatore Pezzullo Ritenuto in fatto 1.Con sentenza del 21/03/2016, il Tribunale di Teramo, confermava la sentenza del locale Giudice di Pace dell’1/12/2014, con la quale P.S. era stata condannata al pagamento di Euro 300,00 di multa, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile, per il reato di cui all’art. 595/1 c.p., per aver offeso la reputazione dell’avv. L.G. , suo difensore d’ufficio, nell’ambito di un procedimento penale che la interessava, inviando al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di due esposti, contenenti espressioni diffamatorie sulla sua persona e lesive della propria dignità professionale, con cui affermava riferendosi appunto alla L. mentre rideva con volgarità e superficialità indifferente alla mia sofferenza . non capisco dove inizia la fantasia e dove finisce la realtà con l’Avv. L. . So solo che il limite del contatto con la realtà viene facilmente oltrepassato dall’Avv. L. e questo mi spaventa molto . ora mi ritrovo ad essere difesa da una persona che di nuovo non ha alcun riguardo nei confronti dei limiti imposti dalla realtà. E quello che è peggio è che non è minimamente interessata a conoscere la verità . vuole il diritto di difendermi per i soldi . l’Avv. L. non mi considera un essere umano . 2. Avverso tale sentenza l’imputata ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del suo difensore di fiducia, affidato a due motivi di ricorso, lamentando -con il primo motivo, la ricorrenza dei vizi di cui all’art. 606, primo comma, lett. b ed e c.p.p., in relazione all’art. 595 c.p., in quanto il Giudice di appello ha omesso qualsiasi motivazione riguardo alla valenza offensiva delle frasi asseritamente diffamatorie, contenute nell’esposto del 10/12/2012, affermando apoditticamente che l’Avv. L. sia stata offesa nella sua reputazione, laddove le espressioni contestate sono, invece, carenti di offensività -con il secondo motivo, la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione agli artt. 595, 51, 54 e 598 c.p., ai sensi dell’art. 606, primo comma, lett. b ed e c.p.p., in quanto, in relazione all’art. 51 c.p., l’esposto al competente Consiglio dell’Ordine forense, contenente accuse di condotte deontologicamente rilevanti tenute dal professionista nei confronti del cliente denunciante, costituisce esercizio di legittima tutela degli interessi di quest’ultimo, attraverso il diritto di critica, essendo, tra l’altro, le espressioni usate dalla deducente, indubbiamente colorite, ma non tali da eccedere i limiti della continenza in ogni caso, doveva trovare applicazione l’esimente di cui all’art. 598 c.p., di cui ricorrevano i presupposti di legge, in quanto non era dubbio che l’esposto inviato al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di rientrasse nella categoria degli scritti attraverso i quali si esercita l’attività difensiva prevista dall’art. 598 c.p. lo svolgimento, a seguito dell’esposto, di un giudizio disciplinare instaurato dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati nei confronti di un iscritto deve qualificarsi come procedimento, ai sensi dell’art. 598 c.p. ed il Consiglio dell’Ordine forense esercita poteri di un’Autorità amministrativa, quale quello disciplinare, suscettibile di essere sottoposto a successivo controllo giurisdizionale, come previsto dall’art. 589 c.p Considerato in diritto Il ricorso non merita accoglimento. 1. Il primo motivo di ricorso con il quale l’imputata si duole della mancata valutazione da parte dei giudici di merito dell’offensività delle frasi indirizzate alla p.o. si presenta infondato, atteso che, sebbene la Corte territoriale non si sia diffusamente soffermata sulla natura delle espressioni in questione, la valutazione di offensività di esse è stata comunque effettuata laddove a pg. 3 della sentenza impugnata la Corte territoriale ha evidenziato come le espressioni di cui alla rubrica non si limitavano a contestare l’operato della professionista, ma trascendendo i limiti della moderazione espressiva e della continenza formale, si risolvevano in una vera e propria aggressione arbitraria all’altrui sfera giuridica, attuata mediante ricorso ad apprezzamenti deliberatamente esulanti dal perimetro tracciato dalla critica allo svolgimento dell’attività del prestatore di opera intellettuale . Da tale argomentare, dunque, senz’altro si ricava l’analisi sebbene in maniera succinta delle frasi in contestazione, risultando in proposito correttamente motivata sostanzialmente la loro oggettiva valenza offensiva, specie nelle espressioni mentre rideva con volgarità e superficialità indifferente alla mia sofferenza . ovvero vuole il diritto di difendermi per i soldi ”. Peraltro, in materia di diffamazione, la Corte di cassazione può conoscere e valutare l’offensività della frase che si assume lesiva della altrui reputazione perché è compito del giudice di legittimità procedere in primo luogo a considerare la sussistenza o meno della materialità della condotta contestata e, quindi, della portata offensiva delle frasi ritenute diffamatorie Sez. 5, n. 48698 del 19/09/2014 . Inoltre, neppure la ricorrente individua specifiche ragioni per le quali le frasi in questione sarebbero da ritenersi carenti di offensività. 2. Il secondo motivo di ricorso, circa l’applicabilità dell’esimente di cui all’art. 598 c.p., nel caso di espressioni contenute in un esposto inviato al Consiglio dell’Ordine forense, è anch’esso infondato. In proposito è sufficiente richiamare i principi più volte affermati da questa Corte secondo cui l’esimente di non punibilità delle offese contenute in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie e amministrative art. 598 cod. pen. non è applicabile qualora le espressioni offensive siano contenute in un esposto inviato al Consiglio dell’Ordine forense, in quanto l’autore dell’esposto non è parte nel successivo giudizio disciplinare e l’esimente de qua attiene agli scritti difensivi, in senso stretto, con esclusione di esposti e denunce, pur se redatti da soggetti interessati Sez. 5, n. 31175 del 21/05/2009 Sez. 5, n 24003 del 29/04/2010 . In tal caso potrebbe configurarsi, infatti, la generale causa di giustificazione di cui all’art. 51 cod. pen., sub specie di esercizio del diritto di critica, preordinato ad ottenere il controllo di eventuali violazioni delle regole deontologiche, che nella fattispecie per le ragioni dette non si configura. Invero il limite immanente all’esercizio del diritto di critica è essenzialmente quello del rispetto della dignità altrui, non potendo lo stesso costituire mera occasione per gratuiti attacchi alla persona ed arbitrarie aggressioni al suo patrimonio morale, anche mediante l’utilizzo di argumenta ad hominem Sez. 5, n. 4938 del 28/10/2010 , così come avvenuto nella fattispecie in esame con l’utilizzo delle espressioni sopra riportate. 3. Il ricorso va, dunque, rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese di parte civile che vanno liquidate liquida in Euro 2000,00 oltre accessori di legge. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese di parte civile che liquida in Euro 2000,00 oltre accessori di legge.