La tenuità del fatto non è “abbastanza”: gli imputati assolti chiedono la pronuncia liberatoria

La Corte è chiamata a decidere in merito alla richiesta di pronuncia liberatoria fatta dagli imputati, i quali non accettano di essere stati assolti dal Giudice di merito per non punibilità del fatto.

Sul punto la Corte di Cassazione con sentenza, numero 44892, depositata il 28 settembre. La vicenda. Gli imputati ricorrono in Cassazione contro la sentenza di non punibilità con cui erano stati assolti dal Tribunale dall’addebito del reato di concorso in furto. Il Giudice di merito aveva ritenuto non sussistente l’aggravante ex art. 625, numero 2., c.p. in merito al caso in cui il colpevole usa violenza sulle cose o si avvale di un qualsiasi mezzo fraudolento , rilevando così limiti edittali alla pena compatibili con l’applicazione della tenuità del fatto. I ricorrenti hanno sostenuto, davanti alla Suprema Corte, di aver diritto ad una decisione liberatoria che, rispetto alla mera esclusione della punibilità, sarebbe più favorevole. Mancata validità della querela. La Corte ha affermato che, una volta esclusa l’aggravante, il reato veniva a qualificarsi come furto semplice procedibile a querela. Nel caso di specie non è però prevenuta la querela dell’avente diritto e, di conseguenza, deve essere pronunciata sentenza liberatoria nei confronti degli imputati essendovi, per questo motivo, difetto di una condizione di procedibilità. Tipicità del fatto offensivo nonostante la tenuità. Secondo la Cassazione, inoltre, la tenuità del fatto non esclude la tipicità offensiva del fatto stesso, anche se questo sfugga alla risposta sanzionatoria penale perché non proporzionata al grado d’offesa. Per questo motivo la pronuncia liberatoria, per difetto di una condizione di procedibilità, a detta della stessa S.C. assume connotazioni di maggior favore rispetto alla verifica della particolare tenuità del fatto sul piano dell’offesa arrecata al bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice . La S.C., in conclusione, annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché l’azione penale non poteva essere proseguita per difetto di querela.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 20 giugno – 28 settembre 2017, n. 44892 Presidente Palla – Relatore Micheli Ritenuto in fatto Il comune difensore di G.C.C. e C.F.A. , con atto unico curato nell’interesse di entrambi gli assistiti, ricorre avverso la sentenza indicata in epigrafe, in forza della quale gli imputati sono stati assolti da un addebito di concorso in furto, ricorrendo la causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen. si contestava loro la sottrazione, presso una stazione di servizio per l’erogazione di carburanti, di un timbro recante l’intestazione della ditta, normalmente adibito per essere apposto sulle schede in uso ai clienti il giudice di merito ha ritenuto, nello specifico, di escludere la ravvisabilità nel caso in esame dell’aggravante ex art. 625 n. 2 cod. pen., rilevando così limiti edittali di pena - per il reato concretamente ascritto ai prevenuti - compatibili con l’applicazione dell’istituto concernente la particolare tenuità del fatto. La difesa lamenta violazione di legge, nonché vizi della motivazione della sentenza impugnata, facendo presente che il venir meno dell’aggravante anzidetta - come già segnalato al Tribunale, che tuttavia ha ignorato il problema - avrebbe dovuto comportare la presa d’atto della mancanza di una valida querela per il furto semplice così risultante una decisione liberatoria ai sensi dell’art. 529 del codice di rito, in ogni caso, avrebbe avuto conseguenze di maggior favore per gli imputati rispetto alla mera esclusione della punibilità in ordine ad un fatto comunque ritenuto antigiuridico e colpevole anche in virtù della possibile efficacia di un giudicato ex art. 131-bis cod. pen. in altre sedi . Considerato in diritto Il ricorso è fondato. Deve in effetti rilevarsi che, esclusa l’aggravante sopra ricordata, il reato rubricato veniva a qualificarsi come furto semplice, procedibile a querela di parte. Querela che, nel caso di specie, non risulta essere stata avanzata dall’avente diritto a pag. 7 del fascicolo processuale, in vero, si rinviene un atto di denuncia a firma della titolare dell’esercizio commerciale Gi.Ma.Te. , che tuttavia contiene la sola descrizione dell’episodio, senza alcuna manifestazione espressa od implicita di volontà punitive nei riguardi di chi ne era stato autore. A questo punto, appare evidente che la presa d’atto del difetto di una condizione di procedibilità con la conseguente pronuncia liberatoria che ne deriva assume connotazioni di maggior favore rispetto alla verifica della particolare tenuità del fatto sul piano dell’offesa arrecata al bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice. Un fatto offensivo, in vero, è comunque da intendere tipico, anche se per la prima volta - con l’entrata in vigore della norma de qua - il legislatore consente che un fatto tipico, antigiuridico e colpevole ove presenti un quantum di lesività di consistenza modestissima sfugga alla risposta sanzionatoria penale, perché non proporzionata a quel grado di offesa e dunque non giustificata. La conferma della tipicità del fatto sul piano dell’offesa si ricava del resto dal nuovo art. 651-bis cod. proc. pen., introdotto a sua volta dal d.lgs. n. 28/2015 vi si prevede che la sentenza irrevocabile di proscioglimento per particolare tenuità del fatto, ove emessa a seguito di dibattimento o di giudizio abbreviato, ha efficacia di giudicato quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale ed all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato o del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale . Una decisione, quindi, con implicazioni parzialmente negative, di norma non correlate ad esiti liberatori tanto più che la novella ha parimenti introdotto alcune ipotesi di iscrizione nel Casellario giudiziale delle sentenze con cui si dichiari la non punibilità dell’imputato ai sensi dell’art. 131- bis c.p Va considerato, a riguardo, che la sentenza intervenuta a carico degli odierni ricorrenti risulta in effetti emessa a seguito di giudizio dibattimentale. Si impongono, pertanto, le determinazioni di cui al dispositivo, determinazioni che possono essere adottate direttamente da questa Corte ex art. 620, lett. l , cod. proc. pen., stante la superfluità di un eventuale rinvio. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché l’azione penale non poteva essere proseguita per difetto di querela.