Quale dichiarazione dei redditi va presentata per l’ammissione al gratuito patrocinio

Il condannato sostiene di essere nelle condizioni previste per il gratuito patrocinio avendo indicato, nell’istanza per l’ammissione al gratuito patrocinio, il reddito annuo rilevato nell’ultima dichiarazione reddituale. La Suprema Corte chiarisce quale sia effettivamente la dichiarazione reddituale da prendere in considerazione per ottenere il beneficio.

Sulla questione la Cassazione con sentenza n. 43842/17, depositata il 22 settembre. Il fatto. L’imputato propone ricorso per cassazione contro il provvedimento della Corte d’Appello, la quale aveva confermato la condanna per il reato di cui all’art. 95 d.P.R. n. 115/02 relativo alla falsa dichiarazione nell’istanza di ammissione al gratuito patrocinio in cui affermava di essere nelle condizioni reddituali previste per ottenere il beneficio. Reddito rilevante ai fini dell’ammissione al beneficio. L’imputato sostiene di aver giustamente riportato, nell’istanza per l’ammissione al gratuito patrocinio, la dichiarazione reddituale relativa all’anno di imposta rilevante, lamentando per questo motivo l’errata contestazione di tale dichiarazione dei redditi formulata dal giudice di merito. Secondo la Cassazione la domanda di ammissione al patrocinio a spese dello Stato è stata correttamente formulata dal ricorrente, il quale ha preso in considerazione, come indicazione del reddito annuo, l’ultima dichiarazione reddituale, che secondo la Corte di legittimità è quella per la quale è maturato, al momento del deposito dell’istanza, l’obbligo di presentazione. L’obbligo di documentare il reddito risultante dall’ultima dichiarazione introduce un dato di certezza e di parità nel flusso degli adempimenti che gravano sul contribuente così da impedire una scelta arbitraria del reddito da utilizzare al fine di domandare il patrocinio a spese dello Stato e, conseguentemente, di valutare la possibile sussistenza del reato di cui all’art. 95. La lettera e la funzione del testo di legge escludono con certezza che possa essere richiesta una segnalazione di redditi riferiti ad un tempo per il quale non è ancora maturato l’obbligo di presentazione della denunzia . La Suprema Corte ritiene per questo motivo il ricorso fondato e annulla la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 4 luglio – 22 settembre 2017, n. 43842 Presidente Blaiotta – Relatore Pezzella Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Potenza, con sentenza emessa il 7.7.2016, confermava la sentenza emessa nei confronti di D.M.A. dal Tribunale di Matera in data 8.10.2013, con cui lo stesso era stato condannato alla pena di anni 1 e mesi 1 di reclusione ed Euro 600,00 di multa per il reato di cui all’art. 95 del D.P.R. n. 115/02, per avere falsamente dichiarato nella istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato depositata presso il Tribunale di Matera in data 28.1.2010 di essere nelle condizioni previste per l’ammissione al patrocino a spese dello Stato per avere percepito un reddito complessivo pari ad Euro 10.200,00, circostanza questa non corrispondente al vero, atteso che il nucleo familiare del dichiarante nell’anno 2009 aveva percepito in realtà un reddito complessivo pari ad Euro 13.782,00 e, quindi, di misura superiore al limite massimo previsto dalla legge. In omissis . 2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, D.M.A. , deducendo l’unico motivo di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen. - Violazione dell’art. 606, lett. b cod. proc. pen. per inosservanza ed errata applicazione della legge penale insussistenza di qualsivoglia condotta responsabilizzante ai fini del reato contestato. Il ricorrente deduce che la corte di appello avrebbe immotivatamente disatteso ogni argomentazione difensiva, limitandosi a ribadire la tesi colpevolista del provvedimento di primo grado. Il D.M. sarebbe estraneo alla condotta penalmente rilevante in quanto portavoce di una dichiarazione reddituale relativa all’anno di imposta 2008 e non, come erroneamente ritenuto in sentenza, relativa all’anno 2009. L’istanza di ammissione al beneficio, presentata il 23.1.2010, avrebbe fatto riferimento, come previsto dalla norma, al reddito risultante dall’ultima dichiarazione dei redditi che era quella presentata nell’anno 2009, relativa ai redditi dell’anno 2008. L’anno fiscale da considerarsi, ai fini della concessione del beneficio, era soltanto il 2008 e non quello erroneamente ritenuto del 2009. Chiede, pertanto, la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. Il motivo di ricorso sopra illustrato è fondato e pertanto la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste. 2. Come si evince dagli atti, infatti, l’odierno ricorrente presentava in data 12/1/2010 domanda di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, correttamente individuando il proprio nucleo familiare ed indicando un reddito annuo di 10.200 Euro, aggiungendo di ritenere sussistenti le condizioni previste dalla vigente legge sull’ammissione al patrocinio a spese dello Stato . E in forza di tale dichiarazione in data 27/1/2010 veniva ammesso al beneficio richiesto. Orbene, è pacifico che in tema di patrocinio a spese dello Stato, l’ultima dichiarazione per la individuazione del reddito rilevante ai fini dell’ammissione al beneficio, a norma dell’art. 76 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, è quella per la quale è maturato, al momento del deposito della istanza, l’obbligo di presentazione Sez. 4, n. 7710 del 5/2/2010, Varone ed altro, Rv. 246698 . Quindi correttamente il richiedente ha fatto riferimento, a gennaio 2010, ai redditi relativi all’anno 2008, essendo ancora pendente il termine per la dichiarazione dei redditi 2010 relativa ai redditi percepiti nell’anno 2009. Come visto in premessa, il D.M. è stato rinviato a giudizio, e condannato in entrambi i gradi di merito, perché gli si rimprovera di avere operato una falsa dichiarazione nell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato depositata presso il tribunale di Matera il 28/1/2010 in particolare gli si contesta essere falsa la dichiarazione di avere percepito un reddito complessivo di 10.200 Euro a fronte del dato emergente in relazione ai redditi percepiti dal suo nucleo familiare per il 2009 pari a 13.782 Euro, superiore al limite massimo previsto dalla legge. 3. Già la mera lettura del capo d’imputazione rende evidente l’error iuris in cui sono incorsi i giudici di merito, che trova conferma dalla lettura delle motivazioni dei relativi provvedimenti. L’unica possibile falsità che poteva essere imputata al D.M. in relazione alla dichiarazione operata a gennaio 2010, se dimostrata, era, infatti, quella relativa ai redditi 2008. In proposito va rilevato che l’art. 73 del D.P.R. n. 115 del 2002, nello stabilire l’obbligo di documentare o dichiarare il reddito risultante dall’ultima dichiarazione, introduce un dato di certezza e di parità nel flusso degli adempimenti che gravano sul contribuente cosi’ da impedire una scelta arbitraria del reddito da utilizzare al fine di domandare il patrocinio a spese dello Stato e, conseguentemente, di valutare la possibile sussistenza del reato di cui all’art. 95. La lettera e la funzione del testo di legge escludono con certezza che possa essere richiesta una segnalazione di redditi riferiti ad un tempo per il quale non è ancora maturato l’obbligo di presentazione della denunzia. Ciò vale ancor più, evidentemente, in relazione al delitto di cui all’odierna imputazione, per il quale è richiesto il dolo di falso. Il provvedimento impugnato, pertanto, incorre nel denunciato errore di diritto, laddove, acquisito il modello 730/2010 relativo ai redditi 2009, per la cui presentazione alla data della presentazione della domanda di ammissione al beneficio non erano ancora scaduti i termini, deduce la sussistenza del reato. Erra, in particolare, la Corte territoriale laddove sembra imporre al richiedente, ai fini della sussistenza del reato che ci occupa, l’onere di provare la veridicità di quanto dichiarato. Al contrario, infatti, era la Pubblica Accusa a dover provare la falsità della dichiarazione, ma - si ribadisce - in relazione ai redditi del 2008 e non a quelli del 2009. 4. Nemmeno può essere condivisa, poi, l’interpretazione dei giudici del gravame del merito di ritenere comunque sussistente il reato aggiustando il tiro dell’imputazione dall’iniziale autocertificazione reddituale alla mancata ottemperanza all’assunto obbligo di comunicare le variazioni di reddito rilevanti ex art. 79 DPR. 115/2002. L’obbligo, ai fini del mantenimento del beneficio, che incombe sul ricorrente ai sensi del citato art. 79, fino a che il processo non sia definito, di comunicare le variazioni rilevanti dei limiti di reddito, verificatesi nell’anno precedente, entro trenta giorni dalla scadenza del termine di un anno, dalla data di presentazione dell’istanza o della eventuale precedente comunicazione di variazione è cosa diversa dall’iniziale dichiarazione reddituale. Diversamente da quanto sostiene la Corte territoriale nel provvedimento impugnato, a fronte di un’imputazione quale quella che ci occupa, tale obbligo, anche se disatteso, non influisce sulla contestata falsità della dichiarazione, ancorata al gennaio 2010, data della domanda, ed ai requisiti reddituali certificati e riusltanti dall’ultima dichiarazione. È vero che, ai sensi dell’art. 95 Dpr. 115/2002, la falsità o le omissioni sanzionate sono quelle contenute non solo nella dichiarazione sostitutiva di certificazione, ma anche nelle dichiarazioni, nelle indicazioni e nelle comunicazioni previste dall’articolo 79, comma 1, lettere b , c e d . Tuttavia si tratta di un fatto diverso, che andava eventualmente contestato all’imputato, con un eventuale diverso tempus commissi delicti, rispetto a quello di cui alla più volte richiamata odierna imputazione, in relazione alla quale, pertanto, l’imputato va mandato assolto perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.