L’operato del funzionario pubblico è soggetto al diritto di critica se ritenuto irregolare o illegale

E’ legittimo l’esercizio del diritto di critica esercitato da un funzionario pubblico che, nel denunciare la condotta tenuta da un altro funzionario e ritenuta scorretta, utilizzi un linguaggio contenuto, limitandosi a prefigurare la violazione del suo dovere di imparzialità.

Segnalazione libera. Con la sentenza n. 43139/17 depositata il 21 settembre la Corte di Cassazione interviene in tema di diritto di critica ribadendone i limiti e i contorni. In particolare, richiamando anche un orientamento della Corte EDU che, in riferimento ad una denunciata violazione dell’art. 10 della convenzione sulla libertà di espressione ed i suoi limiti, ha affermato nel 2003 che i cittadini hanno il diritto di segnalare liberamente alle autorità competenti i comportamenti dei funzionari pubblici che ritengano irregolari o illegali. Si tratta di un principio di diritto – come osservano gli Ermellini – che ben può applicarsi nel caso in concreto. Infatti, il Tribunale territoriale aveva confermato la sentenza del Giudice di pace che aveva ritenuto il ricorrente colpevole di diffamazione aggravata per aver offeso la reputazione di un dirigente comunale, inviando una lettera al sindaco dello stesso Comune ed al segretario della Corte dei Conti in cui aveva affermato che la mancata definizione di una pratica di suo interesse era derivata dal comportamento doloso e colposo dello stesso dirigente. La valutazione del Tribunale si basa in buona sostanza sulle considerazioni che le ragioni del ricorrente non avevano trovato accoglimento nel procedimento giurisdizionale amministrativo che questi aveva intrapreso e che le espressioni scritte nella missiva non erano contenute, risultando lesive della professionalità del dirigente del Comune e destituite di ogni fondamento. Attività illegittima del dirigente comunale. Nel ricorso le doglianze della difesa si concentrano in particolare sul difetto di motivazione in ordine alle censure mosse con il secondo motivo di appello. Infatti, il ricorrente sostiene che il dirigente comunale aveva illegittimamente disposto la sospensione della procedura amministrativa e che, in ogni caso, le critiche mosse al suo operato dal ricorrente stesso, con espressioni contenute, erano una mera espressione del proprio diritto di critica. Al tempo – secondo quanto ricostruito dal ricorrente – il dirigente comunale non era il responsabile del procedimento ed aveva agito nonostante l’avvenuta approvazione del competente organo collegiale, la giunta comunale. Aveva disposto la sospensione, assumendo di volerne verificare la regolarità, nonostante fosse del tutto carente di tale potere, senza neppure individuare alcun concreto profilo di illegittimità della delibera. Al riguardo la giustizia amministrativa non affermava la legittimità di tale operato, ma respingeva solo la richiesta di risarcimento avanzata dal privato negando vi fosse responsabilità contrattuale ma affermando invece la sussistenza della responsabilità precontrattuale, condannando l’ente a rifondere le spese sostenute dalla società dell’imputato. Legittimo il diritto di critica. Il ricorso viene ritenuto fondato dalla Corte di Cassazione che ritiene legittimo il diritto di critica esercitato dall’imputato che, nel denunciare una condotta ritenuta scorretta, tenuta da un funzionario del Comune, in una pratica di suo interesse, aveva utilizzato un linguaggio contenuto, limitandosi a prefigurare che lo stesso funzionario non avesse rispettato il suo dovere di imparzialità. Osservano i Giudici del Palazzaccio che se è vero che, ex post , il Tribunale amministrativo regionale aveva affermato che l’imputato non aveva diritto ad essere risarcito, tuttavia aveva anche affermato che l’ente era incorso in una responsabilità precontrattuale. Da ciò – si legge nella sentenza in commento – si ricava che, ferma restando la contenutezza del linguaggio utilizzato nella missiva, non risultavano superati i limiti della pertinenza dell’argomentazione e della verità dei fatti esposti, almeno in relazione alla posizione soggettiva del ricorrente e all’andamento della pratica di suo interesse. Si rientra in questo modo nel legittimo esercizio del diritto di critica evidenziato anche dal già richiamato orientamento della Corte EDU. Da qui l’annullamento della sentenza impugnata senza rinvio non essendo l’imputato punibile per aver esercitato il suo diritto di denuncia e di critica e non prospettandosi l’utilità ai fini del decidere di alcun ulteriore approfondimento in fatto.

Corte di Cassazione, sez. Feriale Penale, sentenza 29 agosto – 21 settembre 2017, n. 43139 Presidente Di Tomassi – Relatore Stanislao Ritenuto in fatto 1 - Con sentenza del 3 febbraio 2017 il Tribunale di Catania confermava la sentenza del Giudice di pace di Adrano che aveva ritenuto M.N. colpevole del delitto di diffamazione aggravata, per avere offeso la reputazione di C.S. , dirigente del Comune di Adrano, inviando una lettera al sindaco del medesimo comune ed al segretario della Corte dei conti in cui aveva affermato che la mancata definizione di una pratica di suo interesse era derivata dal comportamento doloso e colposo del C. . Il Tribunale confermava il giudizio di condanna considerando che le ragioni del M. non avevano trovato accoglimento nel procedimento giurisdizionale amministrativo che questi aveva intentato e che le espressioni contenute nella missiva non erano contenute, erano lesive della professionalità del C. ed erano destituite di ogni fondamento. 2 - Propone ricorso l’imputato, a mezzo del suo difensore, articolando le proprie censure in tre motivi. 2 - 1 - Con il primo motivo deduce il difetto di motivazione avendo il Tribunale ignorato le censure mosse in ordine alla nullità della sentenza di primo grado in riferimento alla mancata notifica dall’imputato ed al suo difensore dell’atto di citazione a giudizio davanti al Giudice di pace. Si era eccepito che, nella data indicata nel decreto di citazione, l’8 novembre 2014, il Giudice di pace di Adrano non aveva tenuto alcuna udienza. Dopo alcuni rinvii generici, per tutti i procedimenti fissati in quei determinati giorni, il Giudice aveva fissato, all’udienza del 18 luglio 2015, il rinvio del processo all’udienza del 7 novembre 2015, nel corso della quale il difensore aveva eccepito la nullità del decreto di citazione perché relativo ad udienza non tenuta. Con ordinanza del 21 novembre 2015 il Giudice aveva rigettato l’eccezione sulla scorta del fatto che i decreti di spostamento delle date di udienza, emessi il 5 settembre 2014 ed il 23 aprile 2015, erano stati correttamente comunicati all’imputato ed al suo difensore. Ciò, però, almeno in riferimento al decreto del 5 settembre 2014, non rispondeva al vero. 2 - 2 - Con il secondo motivo lamenta il difetto di motivazione in ordine alle censure mosse con il secondo motivo di appello. La motivazione sul punto del Tribunale era meramente apparente. Non si era tenuto conto del fatto che C. aveva illegittimamente disposto la sospensione della procedura amministrativa e che, comunque, le critiche mosse al suo operato dal M. , con espressioni contenute, erano la mera espressione del suo diritto di critica. Al tempo, infatti, C. non era neppure il responsabile del procedimento ed aveva agito nonostante l’avvenuta approvazione del competente organo collegiale, la giunta comunale. Ne aveva disposto la sospensione, assumendo di volerne verificare la regolarità, nonostante fosse del tutto carente di tale potere, senza neppure individuare alcun concreto profilo di illegittimità della delibera. La giustizia amministrativa poi non aveva affermato la legittimità di tale operato ma aveva solo respinto la richiesta di risarcimento avanzata dal privato. Negando vi fosse responsabilità contrattuale ma affermando invece la sussistenza della responsabilità precontrattuale, condannando l’ente a rifondere le spese sostenute dalla società dell’imputato. I rilievi mossi dal medesimo ricorrente dovevano essere pertanto valutati alla luce di tale conclusione e considerando che la sua azione doveva esser valutata al momento di cui questa si era consumata e non alla luce di successivi approfondimenti giurisdizionali. Né poteva considerarsi legittima la successiva astensione del C. dall’occuparsi della procedura e doveva considerarsi il fatto che ciò aveva comunque determinato la definitiva stasi della stessa. Circostanza questa che legittimava il diritto di critica del M. . Critica esercitata senza trascendere in espressioni di per sé offensive e che si erano appuntate sui fatti accaduti che l’imputato riteneva illegittimi tanto da interessarne il giudice amministrativo davanti al quale aveva lamentato che si fosse giunti alla ingiustificata paralisi del procedimento. La nota era stata poi inviata a destinatari che comunque potevano esercitare un’attività di controllo sull’operato del funzionario. Tutte questioni non realmente esaminate dal giudice dell’appello. 2 - 3 - Con il terzo motivo lamenta il mancato proscioglimento dell’imputato ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., in quanto l’autore materiale della nota era stato il legale dell’imputato e questi l’aveva sottoscritta solo per rendere operativo il recesso della società, uno dei contenuti espressi della stessa. Il ricorrente non aveva pertanto consumato il reato o ne era comunque assente quantomeno il dolo. In ogni caso, come si è detto, le espressioni usate nella nota non erano offensive o diffamatorie. Considerato in diritto Il secondo motivo di ricorso è fondato, per le ragioni che si illustreranno, e tale accoglimento assorbe le ulteriori doglianze. 1 - Deve comunque precisarsi, trattandosi di eccezione di natura processuale e quindi preliminare, che è infondata la censura mossa nel primo motivo, posto che le osservazioni spese dal ricorrente non colgono nel segno. Il decreto di citazione, infatti, non era nullo perché in esso era stata regolarmente e correttamente indicata la data della prima udienza della fase dibattimentale. Vero è che tale udienza non si era poi tenuta ma ciò non aveva determinato alcuna nullità dell’atto introduttivo del giudizio ma solo la necessaria verifica che la successiva udienza fosse stata regolarmente ed adeguatamente comunicata all’imputato ed al suo difensore. Comunicazione che, non avvenuta compiutamente con i primi rinvii, si era invece avuta, con la necessaria completezza, quando, all’udienza del 18 luglio 2015, il Giudice aveva disposto la notifica agli aventi diritto del decreto di citazione integrato da copia del verbale di udienza ove si fissava la data di prima comparizione al 7 novembre 2015, decreto e verbale regolarmente comunicati all’imputato ed al suo difensore che così erano venuti a perfetta conoscenza del giorno in cui si sarebbe celebrato il processo per quella imputazione . Corretta era stata pertanto la decisione del Giudice di pace di rigetto dell’eccezione di nullità della citazione a giudizio. 2 - Quanto al merito si è detto che il ricorso è fondato. C.S. , infatti, con la lettera inviata al sindaco ed al magistrato della Corte dei Conti, aveva inteso denunciare una condotta, che aveva ritenuto scorretta, tenuta da un funzionario del Comune in una pratica di suo interesse. Aveva utilizzato un linguaggio contenuto, limitandosi a prefigurare che il funzionario non avesse rispettato il suo dovere di imparzialità. Del resto lo stesso si era prima interessato della pratica per poi dichiarare che intendeva astenersene. Se è vero che, ex post, il Tribunale amministrativo regionale aveva affermato che M. non aveva diritto ad essere risarcito, lo stesso giudice aveva, nel contempo, affermato che l’ente era incorso in una responsabilità di tipo precontrattuale. Ne discende che, ferma rimanendo la contenutezza del linguaggio utilizzato nella missiva peraltro indirizzata proprio agli organi di controllo dell’operato del funzionario la cui condotto si era sottoposta a critica , nella stessa non si erano superati i limiti della pertinenza dell’argomentazione e della verità dei fatti esposti, almeno in relazione alla posizione soggettiva del ricorrente e all’andamento della pratica di suo interesse. Si conclude così per la non punibilità del M. avendo egli esercitato un suo diritto di denuncia dell’operato del pubblico funzionario agli organi preposti e di critica del medesimo. In relazione al diritto di denuncia della condotta, ritenuta scorretta, del pubblico funzionario, giova citare l’arresto della Corte EDU n. 14881/2003 Zakharov c. Russia, in riferimento alla denunciata violazione dell’art. 10 della convenzione sulla libertà di espressione ed i suoi limiti , in cui si è affermato che i cittadini hanno il diritto di segnalare liberamente alle autorità competenti i comportamenti dei funzionari pubblici che ritengano irregolari o illegali. Una principio di diritto che si attaglia perfettamente al caso di specie ove il cittadino C. aveva denunciato agli organi preposti al controllo dell’azione del funzionario M. la condotta che questi aveva tenuto, nel trattare una pratica di suo interesse, che appariva, nella fase in cui era stata sporta la denuncia, irregolare, come aveva ex post dimostrato la ritenuta responsabilità dell’ente pur sotto il solo profilo della responsabilità precontrattuale. La sentenza impugnata va pertanto annullata senza rinvio non essendo l’imputato punibile per avere esercitato il suo diritto di denuncia e di critica e non prospettandosi l’utilità ai fini del decidere di alcun ulteriore approfondimento in fatto. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché l’imputato M.N. non è punibile ai sensi dell’art. 51 cod. pen