Cade ogni speranza di restituzione nel termine per l’imputato contumace ed inerte alla notifica della condanna

Laddove l’imputato rimanga inerte dopo la notifica dell’estratto contumaciale della sentenza di condanna di prime cure, la richiesta di restituzione nel termine ai fini dell’impugnazione non può essere ammessa se proposta dopo la decadenza del termine di 30 giorni.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 42549/17 depositata il 18 settembre. La vicenda. La Corte d’Appello di Firenze rigettava la richiesta dell’indagato proposta per ottenere la restituzione in termini ai fini dell’impugnazione della sentenza di condanna definitiva pronunciata in primo grado ed in sua contumacia. L’istante sosteneva infatti di aver avuto cognizione del procedimento a suo carico solo a seguito della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari relative ad un altro procedimento a suo carico. Avverso la pronuncia della Corte fiorentina, l’istante propone ricorso per cassazione dolendosi della violazione dell’art. 175, comma 2, c.p.p. Restituzione nel termine . Restituzione in termini. La Corte ritiene inammissibile il ricorso in quanto privo delle condizioni richieste dalla norma invocata dal ricorrente. Fermo restando il fatto che l’istituto della restituzione nel termine per proporre impugnazione avverso la sentenza contumaciale, regolato dal comma 2 dell’art. 175 c.p.p., risponde alla ratio di tutelare la mancata effettiva conoscenza del provvedimento da parte dell’imputato che non abbia tenuto un comportamento doloso, secondo la congrua valutazione del giudice di merito, la Corte ne sottolinea il carattere autonomo rispetto alla fattispecie di cui al comma 1 che è invece subordinata alla prova dell’impedimento dovuto a caso fortuito o forza maggiore. Decadenza. Ciò posto e non essendo l’ipotesi in oggetto ricollegabile al comma 1 della norma citata, la Corte ribadisce che la richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione avverso la sentenza contumaciale deve essere proposta entro un termine di decadenza che decorre dal momento in cui il condannato ha avuto effettiva conoscenza dal provvedimento, inteso come la sicura consapevolezza della esistenza e la precisa cognizione degli estremi del provvedimento, collegata alla notizia certa o alla comunicazione di un atto formale che consente di individuare senza equivoco il momento in cui tale conoscenza si è verificata . Non può dunque trovare spazio la discrezionalità dell’imputato nella scelta del momento in cui prendere cognizione del provvedimento in base alla propria convenienza. Nel caso di specie dunque il termine di decadenza di 30 giorni era ampiamente decorso essendo egli rimasto inerte dopo la notifica dell’estratto contumaciale. Per questi motivi, il ricorso viene dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 18 maggio – 18 settembre 2017, numero 42549 Presidente Davigo – Relatore Imperiali Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1.- Con ordinanza 30/6/2016, depositata il 7/6/2016, la Corte d’appello di Firenze ha rigettato l’istanza con la quale M.R. chiedeva la restituzione in termini per proporre impugnazione avverso la sentenza emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Arezzo il 19/11/2012, divenuta definitiva il 3/6/2015, emessa nella contumacia dell’imputato, previa nomina di difensore di ufficio, della quale l’istante assumeva di avere avuto contezza solo nel ricevere notifica di avviso ex art. 415 bis cod. proc. penumero relativo ad altro procedimento davanti al Tribunale di Bari. L’istanza si fondava sull’assunto secondo cui il M. non avrebbe avuto effettiva conoscenza dell’estratto della sentenza, perché il plico era stato notificato a persona diversa dall’istante, che in quel periodo si trovava lontano dal luogo di residenza. A ragione della reiezione dell’istanza il giudice di merito rilevava a che la notifica dell’estratto contumaciale della sentenza del Tribunale di Arezzo numero 1989/14 era stata ricevuta personalmente dall’imputato in data 17/4/2015, sicché vi era la prova documentale che il M. aveva rinunciato a proporre appello nei termini di legge b che non era dimostrato che si fosse verificato un caso fortuito o che fossero sopraggiunte cause di forza maggiore che avessero impedito all’imputato di proporre appello avverso la sentenza del Tribunale di Arezzo. 2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il M. deducendo 2.1 la violazione dell’art. 175 cod. proc. penumero , nella formulazione precedente la legge numero 67/2014, ed il vizio di motivazione in ordine alla necessità della rinuncia ad impugnare da parte dell’istante, assumendosi aver confuso la Corte territoriale la volontaria rinuncia a proporre impugnazione con l’effettiva conoscenza del provvedimento, laddove ha desunto dalla mera notifica dell’estratto contumaciale della sentenza, la prova documentale che il M. ha rinunciato a proporre impugnazione nei termini di legge . 2.2. la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla nozione stessa di rinuncia ad impugnare, assumendosi che, avendo il provvedimento impugnato configurato la possibilità che la rinuncia ad impugnare possa essere tacita , avrebbe considerato una delle condizioni previste dalla norma assorbita nell’altra, pur essendo entrambe richieste, invece, come rivela l’uso della congiunzione e inserita nel testo dell’art. 175 comma 2 cod. proc. penumero vigente all’epoca della pronuncia della sentenza. 3. Il ricorso è inammissibile, in quanto proposta nel difetto delle condizioni richieste dall’art. 175 cod. proc. penumero L’istituto della restituzione nel termine al fine di proporre l’impugnazione della sentenza contumaciale - che costituisce un’innovazione rispetto alla disciplina del codice previgente -. è regolato dall’art. 175, comma secondo, cod. proc. pen ed è preordinato a porre un riparo alla mancata effettiva conoscenza del provvedimento da parte dell’imputato, qualora essa non sia il risultato di un comportamento doloso, la cui eventuale sussistenza deve essere congruamente motivata dal giudice. Ne deriva che detta ipotesi ha carattere autonomo rispetto alla previsione generale di cui all’art. 175, comma primo, cod. proc. penumero , la quale è, invece, subordinata alla prova dell’impedimento dovuto a caso fortuito o forza maggiore. Sez. 5, numero 19363 del 13/04/2005, Rv. 231698 . Nel caso di specie, il ricorrente non dedotto che si sia verificato un caso fortuito o che fossero sopraggiunte alla sentenza di primo grado cause di forza maggiore che gli abbiano impedito di proporre appello, secondo l’ipotesi di cui al primo comma dell’art. 175 cit., ed invoca, invece, la mancanza di una delle condizioni previste dal secondo comma di tale norma, assumendo non potersi configurare una rinuncia tacita all’impugnazione, in quanto altrimenti si verrebbero a confondere le due condizioni previste dal secondo comma di tale articolo. Non è contestato, però, il rilievo della Corte d’Appello di Firenze secondo cui l’estratto contumaciale della sentenza del Tribunale di Arezzo del 19/11/2012 è stato notificato all’imputato personalmente in data 17/4/2015, sicché in tale momento il M. ha avuto effettiva conoscenza non solo del procedimento, ma anche dello specifico provvedimento da eventualmente impugnare e, conseguentemente, senza alcun vizio logico o giuridico la Corte territoriale ha desunto dalla mancata proposizione di un’impugnazione nei termini di legge la rinuncia all’impugnazione medesima questa Corte di cassazione ha, infatti, ripetutamente evidenziato come il presupposto della volontà di rinunciare a comparire ovvero a proporre impugnazione ben possa esprimersi anche per facta concludentia Sez. 5, numero 44123 del 14/11/2007, Rv. 237973 Sez. 2, numero 8643 del 18/01/2006, Rv. 233324 . Peraltro, ad ulteriore conferma di quanto rilevato, giova anche ricordare che, in tema di restituzione nel termine per proporre impugnazione avverso una sentenza contumaciale, il comma secondo-bis dell’art. 175 cod. proc. penumero , modif. dal D.L. 21 febbraio 2005 numero 17, convertito con modificazioni nella L. 22 aprile 2005 numero 60, prevede un preciso termine di decadenza per la presentazione della richiesta, che decorre dal momento in cui il condannato ha avuto effettiva conoscenza del provvedimento, e con tale espressione si deve intendere la sicura consapevolezza della esistenza e la precisa cognizione degli estremi del provvedimento, collegata alla notizia certa o alla comunicazione di un atto formale che consente di individuare senza equivoco il momento in cui tale conoscenza si è verificata, non potendosi, invece, lasciare alla discrezionalità dell’imputato la scelta del momento in cui prendere cognizione del provvedimento impugnato sulla base della propria convenienza Sez. 1, numero 20036 del 09/05/2006, Rv. 233864 , sicché, essendo stata proposta l’istanza ben oltre il termine di decadenza di trenta giorni decorrente dalla notifica dell’estratto contumaciale in data 174/2015, l’inerzia del ricorrente conseguente a tale notifica ha determinato anche la decadenza dalla possibilità di attivare il rimedio invocato. 3. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. penumero , con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro millecinquecento a favore della Cassa delle Ammende. Sentenza a motivazione semplificata.