Misure cautelari e ricorso in Cassazione

Il ricorso per Cassazione in tema di misura cautelari reali può riguardare solo la motivazione assente o meramente apparente del provvedimento impugnato.

Così ha deciso la Suprema Corte con la sentenza n. 41542/17, depositata il 12 settembre. Il caso. Il Tribunale confermava il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari, nei confronti della società ricorrente, per il reato di cui all’art. 5 d.lgs. n. 74/00 perché fittiziamente localizzata nel Regno Unito, ma avente sede di fatto in Italia. Avverso tale provvedimento l’imputato ricorreva in Cassazione, lamentando l’erronea applicazione della disposizione incriminatrice, sul rilievo del fatto che non sarebbero stati considerati gli elementi a discarico volti ad escludere l’esteroversione della società in esame. L’esteroversione. Nel caso di specie, la Cassazione rileva che il Tribunale abbia correttamente evidenziato che l’esteroversione della società si desume dalla documentazione acquisita, dalle conversazioni intercettate, dall’assenza di una struttura organizzativa nella società nonostante l’entità degli affari trattati. In ogni caso la Cassazione ritiene che tale doglianza sia diretta a lamentare la contradditorietà e manifesta illogicità del provvedimento impugnato in relazione al compendio istruttorio operato dal Tribunale, rilievo rientrante nelle valutazioni insindacabili in sede di legittimità, non essendo riconducibili alla categoria delle violazioni di legge ai sensi e per gli effetti dell’art. 325, comma 1 c.p.p Per quest’ultimo si ricorda che i consolidati orientamenti della stessa Corte statuiscono che il ricorso per Cassazione in tema di misura cautelari reali può riguardare solo la motivazione assente o meramente apparente del provvedimento impugnato . Per questi motivi la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 16 maggio – 12 settembre 2017, n. 41542 Presidente Amoroso – Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza del 9 dicembre 2016, il Tribunale di Genova ha confermato limitatamente alla somma di Euro 2.056.390,14 - il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale il 2 novembre 2016, per il reato di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 74 del 2000, riferito alle annualità dal 2011 al 2015, a carico dell’indagato, quale amministratore di fatto della società omissis di seguito CV , in quanto fittiziamente localizzata nel Regno Unito, ma avente di fatto sede in Italia. 2. - Avverso l’ordinanza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento. 2.1. - Con un primo motivo di doglianza, si lamenta l’erronea applicazione della disposizione incriminatrice, sul rilievo che non si sarebbero considerati gli elementi a discarico atti ad escludere la esterovestizione della società CV. In particolare si sarebbero ignorate le dichiarazioni assunte nel contesto delle indagini difensive dalla quale era emerso che detta società era autonoma rispetto all’indagato dalle conversazioni telefoniche e telematiche tra l’indagato e S.G. sarebbe emerso che essi trattavano normalmente noli di natanti, sulla base della prassi commerciale del settore. Né si sarebbe considerata la relazione del consulente di parte, dalla quale erano emersi la consistenza del capitale sociale di CV e il rapporto fra i dati emergenti dal bilancio e il suo fatturato i confronti della società MMS. In particolare, secondo la difesa CV era un’impresa di diritto britannico effettivamente riconducibile a S. e non all’indagato la consistenza del suo capitale sociale era indifferente rispetto all’attività esercitata in concreto il documento considerato come bilancio 2013i era un semplice stato patrimoniale abbreviato, inidoneo a rappresentare sia l’effettivo andamento economico della società sia il rapporto tra il fatturato generato nei confronti di MMS e l’ammontare sottoposto a tassazione nel Regno Unito CV non aveva obbligo di ottemperare agli adempimenti VIES CV non era l’unico fornitore di MMS il regime di tassazione del Regno Unito non era un indice di esterovestizione, perché non comportava significativi vantaggi fiscali il tenore delle conversazioni intercettate tra C. e S. non è sintomatico di una supremazia gerarchica del primo nei confronti del secondo e neanche di semplici ingerenze, ma di una normale dialettica fra due operatori marittimi finalizzata alla fissazione dei noli la circostanza che nessuna delle intercettazioni dell’indagato o dei suoi collaboratori riportasse contatti con armatori dimostrava l’assoluta autonomia di S. nello svolgimento del proprio ruolo imprenditoriale in Gran Bretagna. E - ad avviso della difesa - non sarebbe sufficiente a far ritenere sussistente il dolo specifico del reato la differenza tra il regime fiscale britannico con aliquota del 20-21% e quello italiano con aliquota del 27,5% . 2.2. - Si lamenta, in secondo luogo, la mancata considerazione dei costi ai fini della determinazione della base imponibile. Il Tribunale avrebbe proceduto ad una riduzione dell’importo del sequestro senza valutare gli elementi fattuali rilevanti ed equivocando nell’interpretazione dell’art. 110 del testo unico delle imposte sui redditi, perché avrebbe affermato la indeducibilità dei costi relativi al pagamento di una serie di fatture facenti capo a società armatoriali residenti in paesi considerati a fiscalità privilegiata. 2.3. - In prossimità della camera di consiglio davanti a questa Corte, la difesa ha depositato memoria, con la quale insiste in quanto già dedotto nel ricorso. Considerato in diritto 3. - Il ricorso è infondato. Il primo motivo di doglianza è inammissibile, perché sostanzialmente diretto a lamentare la contraddittorietà e la manifesta illogicità del provvedimento impugnato, il quale risulta ampiamente e coerentemente motivato. Esso non si riferisce alla mancanza della motivazione su profili essenziali ai fini della decisione, ma a valutazioni del Tribunale circa il compendio istruttorio valutazioni comunque insindacabili in questa sede, perché non riconducibili alla categoria della violazione di legge ai sensi e per gli effetti dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen. ex plurimis, ribadiscono che il ricorso per cassazione in tema di misure cautelari reali può riguardare solo la motivazione assente o meramente apparente del provvedimento impugnato, sez. 3, 10 luglio 2015, n. 39833 sez. 6, 10 gennaio 2013, n. 6589, rv. 254893 . Anche a prescindere da tali assorbenti considerazioni, deve in ogni caso rilevarsi che il Tribunale ha correttamente evidenziato - senza che vi siano nel ricorso puntuali contestazioni in proposito - che l’esterovestizione della società si desume dalla documentazione acquisita, dalle conversazioni intercettate, dall’assoluta prevalenza della direzione delle fatture emesse dalla CV in favore della società MMS, da due casi di contraffazione nella documentazione rinvenuta presso gli uffici della MMS, dall’assenza di struttura organizzativa da parte della CV, nonostante l’entità degli affari trattati. In particolare dalla documentazione in atti emerge che non vi era la corresponsione di corrispettivi a favore della CV per i contratti di noleggio fatturati dalla MMS la CV aveva rapporti quasi solo con la MMS e aveva emesso fatture nei confronti di altri soggetti su indicazione dell’indagato, che ne era evidentemente il dominus di fatto S. era sottoposto ad un rapporto di direzione gerarchica nei confronti dell’indagato, come emerge dalle e-mail acquisite e dalle conversazioni telefoniche intercettate, analiticamente richiamate nell’ordinanza impugnata. Quanto al dolo del reato, lo stesso consiste, evidentemente, nella volontà di sottoporre la società al più favorevole regime fiscale britannico, caratterizzato da aliquote più basse. 3.2. - Il secondo motivo di doglianza è infondato. Con esso si lamenta la mancata considerazione dei costi ai fini della determinazione della base imponibile, sul rilievo che il Tribunale avrebbe proceduto ad una riduzione dell’importo del sequestro senza valutare gli elementi fattuali rilevanti ed equivocando nell’interpretazione dell’art. 110 del testo unico delle imposte sui redditi. Dall’ordinanza impugnata emerge che il Tribunale ha effettuato una comparazione tra le ragioni del pubblico ministero e quelle del consulente di parte e non ha affatto sostenuto - come invece affermato del ricorrente - la assoluta indeducibilità dei costi relativi al pagamento di una serie di fatture facenti capo a società armatoriali residenti in paesi considerati a fiscalità privilegiata, correttamente richiamando la disciplina generale dell’art. 110, comma 10, del testo unico delle imposte sui redditi d.P.R. n. 917 del 1986 . Il Tribunale ha semplicemente evidenziato che non ricorrono in concreto i presupposti della deducibilità dei costi allo stato degli atti, con valutazione che devi essere ritenuta attinente al profilo fattuale non al profilo giuridico e, dunque, insindacabile in questa sede. Lo stesso Tribunale fa salva, del resto, la più compiuta valutazione dei costi dedotti dalla difesa che dovrà essere effettuata nel corso del giudizio di merito, non essendo dotato di poteri istruttori e non potendo disporre perizie al fine di analizzare la fondatezza delle deduzioni difensive in proposito. 4. - Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.