L’eventuale erronea interpretazione degli atti tecnici è da considerarsi manifestazione di un errore scusabile

La Corte d’Appello di Catanzaro ha l’occasione di analizzare una fattispecie di diffamazione a mezzo stampa, sottolineando come l’eventuale erronea interpretazione di atti tecnici procedimentali di un giudizio penale da parte di un giornalista è da considerarsi manifestazione di un errore scusabile.

Così la Corte d’Appello di Catanzaro con la sentenza n. 1079/17 depositata il 4 luglio. La vicenda processuale. Il giornalista estensore di un articolo di stampa pubblicato nell’anno 2009 di un quotidiano regionale calabrese e il suo Direttore venivano condannati in primo grado dal Tribunale di Cosenza per aver leso l’onore e il decoro dell’Ufficiale Giudiziario presso il Tribunale di Vibo Valentia che, sebbene fosse stato sottoposto ad indagini in un procedimento inizialmente aggravato dal reato per la metodologia mafiosa, comunque lo stesso non era mai stato destinatario di alcun avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415- bis c.p.p Il primo giudice riteneva che nonostante il tecnicismo degli atti processuali caduta dell’aggravante della metodologia mafiosa ex art. 7 legge antimafia con provvedimento di stralcio e trasmissione degli atti dalla D.D.A. di Catanzaro alla Procura ordinaria presso il Tribunale di Vibo Valentia, in luogo di un insussistente provvedimento di conclusione delle indagini il giornalista e il suo direttore andavano ugualmente condannati anche se il contenuto dell’articolo, per riconoscimento dello stesso giudicante di prime cure, era scritto in maniera asettica e rispondente ai fatti tranne per l’atto procedimentale errato riportato nell’articolo incriminato. La condanna si basava sulla considerazione che il giornalista, col proprio articolo, aveva diffuso notizie non corrispondenti al vero e delle quali era facile evincersi una condotta complice e collusa dell’Ufficiale Giudiziario vibonese con la malavita organizzata in cui si annidava come talpa” un maresciallo dell’arma dei carabinieri. Diversamente a quanto richiesto dal legislatore, al fine di ritenere legittimo il diritto di cronaca esercitato, il giornalista non avrebbe operato accertamenti idonei ad accertare la veridicità dei fatti narrati. Il giornalista e il direttore interponevano atto di gravame e la Corte d’Appello di Catanzaro, in riforma integrale dell’impugnata sentenza, li assolveva dai reati loro ascritti perché il fatto non sussiste. La Corte, pur rilevando la maturata prescrizione dei reati, ha ritenuto sussistente i requisiti previsti dall’art. 129 c.p.p. per pervenire ad una assoluzione nel merito. Verità. La Corte territoriale catanzarese ha affrontato anche delle questioni preliminari, ritenendole di poterle superare, per poi passare al merito del processo nonostante l’intervenuta prescrizione dei reati. Il giornalista appellante aveva rilevato che il giorno immediatamente successivo alla pubblicazione dell’articolo incriminato, con grande correttezza e serietà professionale, aveva pubblicato un altro articolo c.d. di approfondimento e da tenere distinto dal c.d. articolo di rettifica che di solito chiedono coloro che si ritengono lesi precisando la natura degli atti procedimentali si trattava di uno stralcio e non di un avviso di conclusione delle indagini preliminari ma si spingeva, addirittura, oltre esprimendo un giudizio prognostico favorevole all’indagato scrivendo di una probabile richiesta di archiviazione. La difesa dell’appellante sottolineava che la notizia pubblicata nell’articolo incriminato” non poteva considerarsi come una notizia falsa in quanto il giornalista era stato indotto in errore scusabile dall’eccessivo tecnicismo degli atti in questione. Era, quindi, di tutta evidenza, il diritto/dovere dell’esercizio del diritto di cronaca in capo al giornalista che si doveva attivare nella ricerca delle notizie al fine di attuare un compiuto pluralismo democratico nell’informazione dei cittadini. Per gli addetti ai lavori, Giudici ovvero operatori del diritto, è agevole distinguere la diversa tipologia degli atti avviso di conclusione delle indagini preliminari e/o stralcio delle indagini ma non lo è certamente per un giornalista a cui viene riferita una notizia vera e di interesse per la pubblicazione che deve avvenire in tempi ristretti e veloci al fine di battere la concorrenza. Giornalismo d’inchiesta. Tra l’altro, si rilevava nei motivi di appello, che il giornalista e il suo Direttore avevano, nell’immediatezza della pubblicazione della notizia, contattato gli uffici della Procura ordinaria di Vibo Valentia interloquendo con alcuni Sostituti procuratori. Si evidenziava, inoltre, che ci si trovava di fronte al c.d. giornalismo d’inchiesta quale species più rilevante dell’ attività di informazione, connotata come riconosciuto anche dalla Corte di Strasburgo dall'acquisizione autonoma”, diretta” e attiva” della notizia da parte del professionista e non mediata da fonti” esterne mediante la ricezione passiva” di informazioni. Ciò comporta, in relazione ai limiti regolatori dell'esercizio del diritto di cronaca e di critica già individuati dalla giurisprudenza di legittimità, una meno rigorosa, e comunque diversa, applicazione della condizione di attendibilità della fonte della notizia soprattutto ove ci si trovi in presenza di atti tecnici procedimentali come nel caso che ci occupa. La Corte d’Appello calabrese sposava pienamente la tesi degli appellanti e motivava sul punto ritenendo sussistente la scriminante dell’errore scusabile e il legittimo esercizio del diritto di cronaca come giornalismo d’inchiesta. La Corte basandosi, fra l’altro, su pronunce della Suprema Corte di Cassazione che hanno statuito, com’è noto, che [] il diritto di cronaca, può comportare qualche sacrificio dell’accuratezza della verifica del fatto narrato e della bontà della fonte per esigenze di velocità [] ed ancora [] ricorre l’esimente dell’esercizio del diritto di cronaca qualora, nel riportare un evento storico vero, siano rappresentate modeste e marginali inesattezze [] Cass. sez. I, sentenza n. 13941 del 08/01/2015 Ud. e depositata in data 02/04/2015 nonché sez. V, sentenza n. 41099 del 20/07/2016 Ud. e depositata in data 30/09/2016 così si è espressa nella sentenza assolutoria [] appare evidente che il B. abbia esercitato correttamente il proprio diritto di cronaca ricostruendo i fatti in maniera logica e pertinente, in quanto, sebbene non destinatario di avviso di conclusione delle indagini, all’epoca dei fatti il D. era certamente ancora indagato per il reato di abuso d’ufficio nell’ambito del procedimento M.2”. Inoltre, a riprova della serietà e professionalità, il B. stesso, senza alcuna richiesta di rettifica da parte della persona offesa, ha personalmente provveduto in data 4 marzo del 2009 alla pubblicazione sullo stesso giornale di un approfondimento della notizia pubblicata il giorno prima [] . In conclusione. La Corte ha ritenuto, quindi, che in capo al giornalista era insussistente una qualsivoglia volontà di arrecare un qualche danno all’immagine o all’onore della persona offesa. Proprio la tempestività della rettifica”, contrariamente a quanto sostenuto dal primo giudice, ha potuto ristorare pubblicamente la persona offesa da un danno alla propria immagine. La sussistenza della scriminante ex art. 51 c.p. è rappresentata dal fatto che la notizia pubblicata non è di lapidaria colpevolezza”, essendo indicati i termini problematici e i necessari sviluppi processuali destinati all’obiettivo riscontro degli elementi raccolti dal giornalista. In conclusione la Corte d’Appello catanzarese, che ha riformato integralmente la sentenza del Tribunale cosentino, ha ritenuto sussistente la sostanziale verità dei fatti che non deve, quindi, intendersi come corrispondenza assoluta nonché i requisiti della continenza e dell’interesse pubblico alla divulgazione della notizia erano interessati al procedimento un Ufficiale Giudiziario e una talpa” dell’arma dei Carabinieri all’interno di un pericoloso sodalizio criminoso calabrese . Cosa più rilevante è la statuizione che l’eventuale erronea interpretazione degli atti tecnici procedimentali sono da considerarsi manifestazione di un errore scusabile!

Corte d’Appello di Catanzaro, sez. I Penale, sentenza 19 aprile – 4 luglio 2017, n. 1079 Presidente Cosentino Fatto e diritto B.G.G. nato a omissis e P.P., nato a omissis , con sentenza emessa dal Tribunale di Cosenza in data 25.01.2013 venivano condannati il BA. per il reato p. e p. dagli artt. 595 co. 3 c.p., art. 13 L. n. 47 dell' 8.2.19413 alla pena di Euro 500,00 di multa il PO. per il reato p. e p. dagli artt. 57 c.p. in relazione all'art. 595 c.p. ed art. 13 L. n. 47 dell'8.2.1948 alla pena di Euro 400,00 di multa. Entrambi gli imputati venivano inoltre condannati al pagamento delle spese processuali ed al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile, il giudice di prime cure disponeva, inoltre, per i due prevenuti, fa sospensione condizionale della pena. Agli odierni appellanti venivano ascritte le seguenti condotte al B. A reato p.ep. dagli artt. 595 co. 3 c.p. e art 12 L. n. 47 dell'8.02.1947 perché quale autore dell'articolo titolato I M. E UNA TALPA NELL'ARMA pubblicato il 03.03.2009 sul giornale Calabria Ora edizione di Catanzaro, Vibo Valentia e Crotone e provincia, offendeva la reputazione di D’A. F. con le seguenti espressioni Tra le persone raggiunte nei giorni scorsi da un avvisò di conclusione delle indagini, anche il responsabile dell'ufficio notifiche del Tribunale di Vibo L. D’A Lo stesso è indagato per abuso d'ufficio aggravato dall'art. 7 della legge antimafia perchè, fra il dicembre del 2000 ed il febbraio del 2001 , avrebbe pignorato beni diversi da quelli effettivamente sottoposti ai vincolo di sequestro causando così un ingiusto vantaggio patrimoniale a Ro. Pa., Ab. e Ca. Mi in ventisei ora, potranno presentare delle memorie difensive oppure richiedere di essere ascoltati dal PM. Gli indagati sono L. D’A., 51 anni di J . , riportando una notizia falsa, atteso che, sebbene il D’Ag. fosse stato sottoposto ad indagini nel procedimento denominato Minosse 2 , trasferito per competenza dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro - DDA - , alla procura della Repubblica presso il Tribunale di Vibo Valentia, comunque lo stesso non è destinatario di alcun avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 451 bis c.p.p. Con l'aggravante di aver arrecato l'offesa mediante l'attribuzione di un fatto determinato. In Montalto Uffugo il 03.03.2009 Al P. B Del reato p.e.p. dagli arrt. 57 c.p. in relazione all'art. 595 c.p. ed art. 13 L n. 47 del 08.02. 1948, perché in qualità di direttore responsabile del giornale Calabria Ora , ometteva di esercitare sul contenuto del giornale da lui diretto il controllo necessario al fine di impedire che, con la pubblicazione dell'art, di cui al capo A , venisse offesa la reputazione di D’A. F In Montalto Uffugo il 03.03.2009. Il fatto traeva origine dalla pubblicazione, in data 03.03.2009, sui quotidiano Calabria Ora , edizione di Catanzaro, diretto da P.P., di un articolo a firma dell'imputato B.G., contenente notizie diffamatorie sul conto di Lo. D’A Secondo il predetto articolo il D’A., responsabile dell'Ufficio Notifiche del Tribunale di Vibo Valentia, veniva raggiunto da un avviso di conclusione delle indagini preliminari in quanto indagato per abuso d'ufficio aggravato dall'art. 7 della legge antimafia. La penale responsabilità degli odierni appellanti era provata, a parere del giudice di prime cure, dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa - costituitasi parte civile nel processo penale - nonché dalle altre dichiarazioni testimoniali e produzioni documentali, dalle quali era facile evincersi che l'articolo contenesse notizie diffamatorie a carico del D’A., tali da lederne la reputazione e l'onore. Sebbene, infatti, la parte civile fosse certamente indagata nell'ambito del procedimento penale Minosse 2 , il procedimento a suo carico non era più aggravato dalla metodologia mafiosa, essendo stato trasferito dalla DDA di Catanzaro alla Procura di Vibo Valentia. Ancor più importante per il giudice di primo grado la circostanza secondo cui, tra., i nomi dei soggetti raggiunti da avviso di conclusione indagini preliminari, non comparisse quello del D’AG. per il quale, in data 14 marzo 2009, veniva avanzata richiesta di archiviazione dalla procura di Vibo Valentia ed il successivo 27 marzo la stessa veniva disposta dal GIP per inidoneità degli elementi acquisiti al fine di sostenere l'accusa in dibattimento. Dalla motivazione riportata nella sentenza di primo grado l'immagine e la reputazione del D’A. venivano offesi in considerazione del ruolo apicale e di responsabilità da egli ricoperto all'interno del Tribunale di Vibo Valentia , vulnus che non aveva ricevuto ristoro dalla rettifica pubblicata il giorno successivo sui quotidiano Calabria Ora ove si specificava che il D’A. non era stato raggiunto dai predetto avviso e che al contrario per il medesimo si profilava l'imminente archiviazione della posizione pro cessuale . Il BA. pertanto, col proprio articolo, avrebbe diffuso notizie non corrispondenti al vero e dalle quali era facile evincersi una condotta complice e collusa dei D’A. con la malavita organizzata. Sicché, contrariamente a quanto richiesto dal legislatore al fine di ritenere legittimo il diritto di cronaca esercitato, il BA. non avrebbe operato accertamenti idonei ad accertare la veridicità dei fatti narrati. Di conseguenza, permettendo la pubblicazione del predetto articolo in qualità di direttore del giornale, il P. non avrebbe svolto i controlli necessari richiesti. Avverso la sentenza proponevano appello entrambi i difensori dei due imputati chiedendo a per il B. 1 l'accoglimento della prima questione preliminare e, per l'effetto l'annullamento della sentenza impugnata del Tribunale di Cosenza in quanto resa da giudice incompetente per territorio con conseguente trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica di Vibo Valentia competente in luogo della Procura .della Repubblica di Cosenza, 2 accoglimento della seconda questione preliminare e per l'effetto l'annullamento del decreto che ha disposto il giudizio con tutti gli atti successivi dibattimentali e regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari con trasmissione del fascicolo alla Procura della Repubblica di Cosenza, 3 annullamento e/ o riforma dell'impugnata sentenza e per l'effetto l'assoluzione del Ba. con ampia formula esecutiva, 4 in subordine revoca della sospensione condizionale della pena b per il P. in via principale l'assoluzione dell'imputato perché il fatto non costituisce reato, in via subordinata l'applicazione del minimo della pena, la riduzione massima per le circostanze attenuanti generiche concesse e la revoca della costituzione di parte civile. In esito alla istruttoria dibattimentale, svoltasi in presenza del B. e in assenza del P., il PG chiedeva non doversi procedere essendosi il reato estinto per intervenuta prescrizione, mentre le difese si riportavano ai motivi di appello. Ritiene questa Corte che il giudizio di responsabilità formulato dal giudice di prime cure debba essere riformato per le ragioni di seguito specificate. Preliminarmente, occorre precisare che il reato ascritto agli imputati è comunque estinto per maturata prescrizione, e tuttavia sussistono i requisiti richiesti dall'art. 129 c.p.p., per pervenirsi ad una assoluzione nel merito. Occorre, in primo luogo, anche sinteticamente rispondere alle doglianze preliminari eccepite dalla difesa del B., e quindi procedersi ad un esame congiunto delle motivazioni che in fatto, e in diritto hanno condotto questa Corte ad una declaratoria di assoluzione. Quanto alla questione relativa alla incompetenza territoriale del Tribunale di Cosenza, per espressa previsione codicistica, ai sensi dell'art. 21 c.p.p., l'eccezione'avrebbe dovuto essere sollevata dalla difesa entro la conclusione della udienza preliminare a pena di decadenza. Giova inoltre ricordare che per consolidato orientamento giurisprudenziale la competenza territoriale per i reati di diffamazione con il mezzo della stampa appartiene al giudice del luogo in cui si trova la tipografia dalla quale gli stampati sono usciti per essere distribuiti e messi in circolazione Sez. 1, Sentenza n. 7259 dei 21/12/2005 c.c. , che nel caso di specie corrisponde proprio alla città di Cosenza. In ordine alla seconda questione preliminare concernente la nullità del decreto di citazione a giudizio, deve condividersi la valutazione del giudice di primo grado, che ha considerato la tassatività delle ipotesi di nullità previste dal codice e la mancanza, tra queste, di alcuna disposizione che sanzioni l'omessa notifica all'imputato ed al suo difensore dei verbali di udienza preliminare all'atto della notifica del decreto che dispone il giudizio. Inoltre, in ordine alla verbalizzazione dei 31 marzo 2010, con riferimento alla indicazione errata del Giudice in intestazione -differente da quello che ha firmato il verbale - appare evidente un errore materiale del verbalizzante posto che, dallo stesso documento, si evince che sia stata proprio la Dott.ssa Lu. Mo. a tenere l'udienza preliminare e a disporre il rinvio ad altra udienza per assenza del Dott. Cr., GUP istruito per lo svolgimento del giudizio preliminare a carico degli imputati. Definite le suestese questioni preliminari, va affrontato il merito, previa la ricostruzione cronologica e logica dei fatti per come si sono susseguiti. Il 3 marzo del 2009 viene pubblicato un sul quotidiano Calabria Ora un articolo dal titolo I M. e una talpa neldll'arma . Nel predetto articolo la parte civile, D’A. L., viene indicato quale destinatario di un avviso di conclusione delle indagini preliminari per il reato di abuso d'ufficio aggravato dall'art. 7 della legge Antimafia . invero, nella data in cui l'articolo viene pubblicato, ossia il 3 marzo 2009, il D’A. è si indagato, ma non è destinatario di alcun avviso di garanzia. Volendo infatti essere più precisi in data 14 marzo 2009 la Procura di Vibo Valentia emetterà richiesta di archiviazione ed in data 27 marzo 2009 il Gip emetterà decreto di archiviazione. A parere del giudice di prime cure, la penale responsabilità del BA. si sarebbe basata sia su di una superficiale acquisizione degli elementi idonei alla corretta ricostruzione dei fatti e soprattutto sull'offesa dell'onore e del decoro del D’AG. affiancandolo alla cosca dei Ma Dalle dichiarazioni rèse dagli imputati, questi ultimi avrebbero invece operato tutta una serie di accertamenti dei fatti per poter ricostruire la vicenda nel modo più veritiero possibile, contattando i difensori degli indagati, la Procura di Vibo Valentia, nonché la Polizia Giudiziaria. Deve quindi ritenersi che il BA. abbia correttamente esercitato il proprio diritto di cronaca, operando dei riscontri al fine di una più corretta ricostruzione dei fatti, pertinenti alla realtà e superficialmente difformi dalla stessa per esigenza di celerità dell'informazione propria del giornalismo d'inchiesta senza contare che l'articolo in questione sarebbe stato redatto con un linguaggio definito dallo stesso giudice di prime cure asettico oltre che privo di qualsivoglia giudizio o danno all'immagine della parte civile. Quanto sin qui asserito dimostra la piena sussistenza della scriminante del diritto di cronaca e trova pieno riscontro in molte pronunce della Corte di Cassazione. Ed infatti, per consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di diffamazione a mezzo stampa, il diritto di cronaca, che può comportare qualche sacrificio dell'accuratezza della verifica della verità del fatto narrato e della bontà della fonte per esigenze di velocità, presuppone la immediatezza della notizia e la tempestività dell'informazione . . Sez. 1, Sentenza n. 13941 del 08/01/2015 Ud. dep. 02/04/2015 . Inoltre, sempre secondo la giurisprudenza di legittimità In tema di diffamazione a mezzo stampa, ricorre l'esimente dell'esercizio del diritto di cronaca qualora, nel riportare un evento storicamente vero, siano rappresentate modeste e marginali inesattezze che riguardino semplici modalità del fatto, senza modificarne la struttura essenziale . Sez. 5, Sentenza n. 41099 del 20/07/2016 Ud. dep. 30/09/2016 Rv. 26814 . Orbene secondo le predette pronunce appare evidente che il BA. abbia esercitato correttamente il proprio diritto di cronaca ricostruendo i fatti in maniera logica e pertinente, in quanto, sebbene non destinatario di avviso di conclusione delle indagini, all'epoca dei fatti il D’A. era certamente ancora indagato per il reato di abuso d'ufficio nell'ambito, del procedimento MINOSSE 2 . Inoltre, a riprova della propria serietà e professionalità, il BA. stesso, senza alcuna richiesta di rettifica da parte della persona offesa, ha personalmente provveduto in data 4 marzo del 2009 ergo il giorno immediatamente successivo la pubblicazione dell'articolo alla pubblicazione sullo stesso giornale di un approfondimento della notizia pubblicata il giorno prima con un articolo dal titolo MINOSSE DUE, stralciata, la posizione per 13 dove specifica che per il D’A. vi sarà una probabile richiesta di archiviazione. Tale notizia, come già anticipato, non è oggetto di richiesta rettifica da parte del D’AG., ma espressione di una evidente serietà professionale del BA. tale da dimostrarne la buona fede e l'assoluta assenza di volontà di arrecare un qualche danno all'immagine o all'onore della parte offesa. Pertanto deve ritenersi, contrariamente a quanto asserito dal giudice di prime cure, che sia stata proprio la tempestività della rettifica a ristorare pubblicamente il D’AG. da un danno alla propria immagine. Se ciò non bastasse - come correttamente evidenziato nella sentenza di primo grado e dalla difesa nell'atto d'appello - la notizia pubblicata in data 3 marzo non è lapidaria di colpevolezza, essendo indicati in termini problematici i necessari sviluppi processuali destinati all'obiettivo riscontro degli elementi raccolti non vi è l'uso di termini coloriti o toni incalzanti, ma l'interesse pubblico e la rilevanza sociale della notizia pubblicata e la correttezza espositiva dello scritto che si limita a riportare con tono neutro ed asettico alcune informazioni evitando qualsivoglia inutile eccesso verbale o aggressione dell'interesse morale delle persone coinvolte circostanze queste che ulteriormente confortano la sussistenza della scriminante di cui all'art. 51 c.p. Sussistono, in conclusione, sia la sostanziale verità dei fatti narrati, che i requisiti della continenza e dell'interesse pubblico alla divulgazione della notizia, mentre l'eventuale erronea interpretazione degli atti tecnici sono da considerarsi manifestazione di un errore scusabile in cui è incorso il BA., errore al quale avrebbe posto rimedio in maniera tempestiva con l'articolo pubblicato il giorno immediatamente successivo. Consegue, evidentemente, l'esclusione di ogni forma di colpevolezza anche del P., nella suo ruolo di direttore del giornale. Appare utile riservare la motivazione nel termine di giorni 90 atteso il carico di lavoro gravante sul consigliere relatore. P.Q.M. Letto l'art. 605 c.p.p. In riforma della sentenza emessa in data 25.1.2013 dal Tribunale di Cosenza, nei confronti di BA. Gi. e P.P., ed appellata dagli imputati, assolve gli stessi dai reati loro ascritti perché il fatto non sussiste. Riserva il deposito della motivazione nel termine di giorni 90.