Illegittimo l’arresto dell’aggressore del medico, non è quasi flagranza

Non può procedersi all’arresto in flagranza sulla sola base di informazioni della vittima o di terzi, anche se fornite nell’immediatezza del fatto.

Lo chiarisce il Collegio di legittimità con sentenza n. 40284/17 depositata il 5 settembre. Il caso. Il difensore ricorre in Cassazione avverso l’ordinanza di convalida d’arresto del suo assistito, in quanto a tale arresto si era proceduto ben 7 ore dopo dal fatto ascrittogli e senza che gli ufficiali della p.g. vi avessero assistito. Ciò al contrario di quanto sostenuto dal Tribunale, il quale rilevava uno stato di quasi flagranza dell’interessato, in ordine al delitto di lesioni personali in danno del medico dell’ospedale. Stato di quasi flagranza. La Corte di Cassazione afferma che, secondo la giurisprudenza più recente, non ricorre lo stato di quasi flagranza qualora l’inseguimento dell’indagato da parte della polizia giudiziaria sia iniziato non già di seguito e a causa della diretta percezione dei fatti, ma per effetto e solo in seguito alla denuncia della persona offesa e ad informazioni rese da terzi . Arresto in flagranza. Per quanto concerne, poi, la possibilità di procedere all’arresto in flagranza, la S.C. rileva quanto affermato dalle Sezioni Unite in risoluzione del contrasto giurisprudenziale venutosi a creare sul punto, ossia che già alla stregua dell’art. 237, comma 1, c.p.p. 1930, era venuta meno la base normativa che attribuiva alla p.g. la potestà di procedere all’arresto dell’autore del reato poco prima commesso, solo in virtù delle informazioni tempestivamente assunte dalla persona offesa o da terzi. Nella fattispecie, in base ai principi secondo i quali non può procedersi all’arresto in flagranza sulla base di informazioni della vittima o di terzi, pur fornite nell’immediatezza del fatto, la misura precautelare adottata nei confronti dell’interessato deve ritenersi illegittima, poiché egli era stato intercettato a distanza di tempo dall’aggressione del medico, proprio come risulta dagli stessi verbali di arresto. Pertanto, il Collegio di legittimità annulla senza rinvio il provvedimento impugnato.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 5 aprile – 5 settembre 2017, n. 40284 Presidente Fumo – Relatore Micheli Ritenuto in fatto Il difensore di C.M. ricorre avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, recante la convalida dell’arresto disposto nei confronti del suo assistito, il 02/01/2017, da ufficiali di p.g. della Questura di Catania. In ordine alla legittimità dell’operato dei verbalizzanti, il Tribunale risulta aver affermato che il C. versava ancora in stato di quasi flagranza in ordine ai delitti di cui si era reso responsabile immediatamente prima lesioni personali, in danno di un medico dell’ omissis , nonché interruzione di pubblico servizio , non essendosi interrotte le investigazioni dal momento del fatto a quello dell’arresto , peraltro avvenuto in tempi assai brevi. Con l’odierno ricorso, la difesa deduce la violazione dell’art. 382 del codice di rito, visto che al suo arresto si procedette a distanza di oltre sette ore dal fatto ascrittogli quando egli era già rientrato in casa , e senza che il personale della Questura avesse in alcun modo assistito all’episodio alla identificazione del C. , peraltro, si giunse solo dopo che la p.g., individuata l’auto segnalata come in uso ai presunti aggressori del medico, identificò a bordo della stessa il cognato del ricorrente, e fu costui a riferire alle forze dell’ordine il nominativo del soggetto resosi protagonista del diverbio in questione. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Nell’interpretazione dell’art. 382, comma primo, cod. proc. pen., questa Corte aveva avuto modo di affermare che, indipendentemente dalla circostanza che gli operanti abbiano o meno avuto modo di assistere alla condotta criminosa, lo stato di quasi flagranza ricorre quando la polizia giudiziaria abbia proceduto all’arresto in esito a ricerche immediatamente poste in essere non appena avuta notizia del reato, anche se non subito concluse ma protratte senza soluzione di continuità Cass., Sez. I, n. 6916 del 24/11/2011, Vinetti, Rv 252915 . Si era altresì precisato, con riguardo alla seconda ipotesi di quasi flagranza contemplata dalla norma, che il requisito della sorpresa del reo con cose o tracce del reato non richiede la diretta percezione dei fatti da parte della polizia giudiziaria, né che la sorpresa non avvenga in maniera casuale, ma solo l’esistenza di una stretta contiguità fra la commissione del fatto e la successiva sorpresa del presunto autore di esso con le cose o le tracce del reato e dunque il susseguirsi, senza soluzione di continuità, della condotta del reo e dell’intervento degli operanti a seguito della percezione delle cose o delle tracce Cass., Sez. IV, n. 46159 del 16/09/2008, Olivieri, Rv 241756 . 3. Tuttavia, sullo specifico tema della possibilità di procedere all’arresto in flagranza di un soggetto in base ad informazioni della vittima o di terzi, fornite nell’immediatezza di un fatto non direttamente percepito dalla p.g., si era registrato un contrasto interpretativo, risolto dalle Sezioni Unite di questa Corte in senso conforme alle tesi qui sostenute dal ricorrente. 3.1 Il massimo organo di nomofilachia Cass., Sez. U, n. 39131/2016 del 24/11/2015, Ventrice , all’esito di una rassegna delle varie disposizioni di legge succedutesi nel tempo nella materia de qua, osserva che già alla stregua dell’art. 237, primo comma, cod. proc. pen. 1930 , era venuta meno la base normativa che attribuiva alla polizia giudiziaria la potestà di procedere - solo in virtù delle informazioni tempestivamente assunte dalla persona offesa o da terzi - all’arresto dell’autore del reato che era stato poco prima commesso . In conclusione, anche in base all’art. 382, comma 1, cod. proc. pen., che non ha variato la enunciazione letterale dello stato di flagranza contenuta nell’art. 237, secondo comma, cod. proc. pen. 1930, il dato meramente cronologico, costituito dalla brevità del lasso di tempo trascorso dalla commissione del reato , non assume giuridica rilevanza, sulla base del diritto positivo salvo i casi particolari dell’arresto ritardato previsti da speciali disposizioni , al fine di offrire fondamento di legittimità all’arresto del reo nella indicata prospettiva della soddisfazione della esigenza della pronta reazione istituzionale alla attività criminale . 3.2 Proseguendo nel proprio excursus, le Sezioni Unite ricordano che il reo continua a versare nello stato di flagranza qualora, subito dopo il reato, sia inseguito. La norma si sofferma a enumerare categorie di inseguitori la polizia giudiziaria, la persona offesa o altre persone. Ma, in effetti, in virtù dell’ultimo termine della disgiunzione, chiunque può inseguire l’autore del reato . Il lemma inseguire nella norma, coniugato in forma passiva designa la azione del correre dietro a chi fugge, o anche a chi corre, cercando di raggiungerlo, di solito con intenzione ostile, o anche per afferrarlo, arrestarlo, e talvolta solo per superarlo . Non è condivisibile la tesi che l’art. 382, comma 1, cod. proc. pen. sia comprensivo di previsione ulteriore e affatto diversa fondata sulla accezione del verbo in senso figurato o puramente metaforico, così da includere la ipotesi dell’autore del reato che venga fatto oggetto di incalzante attività investigativa, in seguito alla ricezione della notitia criminis , e, pertanto, sotto tale profilo risulti perseguito dalla polizia giudiziaria, come il caso dell’arresto eseguito tre ore dopo la consumazione del fatto a seguito di chiamata di correo che abbia posto la polizia giudiziaria sulle tracce dell’arrestato . Laddove gli artt. 47, secondo comma, cod. proc. pen. 1865 e 168, terzo comma, cod. proc. pen. 1913, includevano tra i casi di quasi flagranza anche quello dell’inseguimento inteso nella accezione figurata era, infatti, considerato in flagranza anche chi fosse inseguito dal pubblico clamore , siffatta previsione è stata definitivamente espunta dai testi normativi fin dalla entrata in vigore del codice di rito del 1930. Sicché la stessa evoluzione del diritto positivo esclude alla evidenza la interpretazione avversata . 3.3 La sentenza Ventrice si sofferma quindi sulla assoluta peculiarità della misura precautelare dell’arresto in flagranza rispetto agli altri provvedimenti coercitivi. Nell’arresto in flagranza la esecuzione della coercizione è coessenziale rispetto alla deliberazione di chi lo esegue. À termini degli artt. 380, 381 e 383 cod. proc. pen. non è giuridicamente configurabile la esistenza di un arresto che non sia materialmente eseguito, bensì soltanto come per es. il fermo dell’indiziato di delitto semplicemente disposto. La attività di privazione della libertà personale del reo e la deliberazione di chi esegue l’arresto di esercitare la relativa potestà sono inscindibili la misura precautelare consiste e si esaurisce nella sua materiale esecuzione, perché è dalla legge prevista come essenzialmente attuosa. La configurazione normativa della misura, in termini di materiale esplicazione della corrispondente potestà di polizia giudiziaria, risulta, per vero, speculare rispetto alla denotazione delle ipotesi di flagranza, che risiede nella pertinenza - sul piano fattuale alle condotta delittuosa, colta nel mentre si compie ovvero, tosto che sia consumata, nelle immediate proiezioni materiali della perpetrazione l’inseguimento del reo o la sorpresa di costui con cose o tracce rivelatrici della subitanea commissione del delitto . Ulteriore conforto riceve, pertanto, la conclusione che l’arresto eseguito - sebbene dopo brevissimo lasso di tempo dal fatto e tuttavia - in virtù della assunzione e, dunque, della valutazione di informazioni rese dai presenti alla polizia giudiziaria e all’esito alle pronte e fruttuose ricerche dell’indicato autore del reato, resta affatto estraneo alla previsione normativa dello stato di flagranza costituto dell’inseguimento dell’indagato . Ad avviso delle Sezioni Unite, la successione sul piano temporale, stabilita dalla legge in termini di immediatezza, tra il reato e l’inseguimento del suo autore rivela il nesso che avvince, sul piano logico, la condotta delittuosa alla previsione normativa del succitato stato di flagranza. Se l’inseguimento origina subito dopo il reato , necessariamente l’inseguitore deve avere - personale percezione, in tutto o in parte, del comportamento criminale del reo nella attualità della sua concreta esplicazione è proprio tale contezza che - eziologicamente - dà adito all’inseguimento orientato - teleologicamente – alla cattura del fuggitivo, autore del reato . Secondo la previsione della legge, l’inseguimento in continenti e non la fuga avvince il reo allo stato di flagranza, in quanto assicura, per le ragioni indicate, il pregnante collegamento tra il reato e il suo autore. Mentre la mera fuga già incoata di taluno dal locus commissi delicti non permette in difetto della denunzia degli astanti di inferire la reità del fuggitivo, posto che il precipitoso allontanamento dalla scena del crimine può indifferentemente correlarsi a ragioni diverse dalla colpevolezza come, ad esempio, alla esigenza di tutelare la propria incolumità, di chiedere soccorso etc. e l’inseguimento, qualora sia intrapreso non immediatamente, bensì sulla scorta delle dichiarazioni acquisite dai testimoni, non corrisponde alla previsione dell’art. 382, comma 1, cod. proc. pen. . Non ha pregio la obiezione che la ipotesi dell’inseguimento risulterebbe in definitiva assorbita in quella dell’arresto del reo colto nell’atto di commettere il reato. La ratio della previsione normativa dell’inseguimento risiede, infatti, nella estensione della possibilità della esecuzione dell’arresto dell’autore del reato, in luogo diverso da quello di commissione del delitto e dopo apprezzabile intervallo di tempo dalla relativa consumazione, nella ipotesi che il reo, pur essendo stato scorto nell’atto della perpetrazione, sia riuscito a darsi alla fuga. Né, infine, appare fondato l’argomento che, laddove la legge ammette l’arresto dell’indagato a opera del privato art. 383, comma 1, cod. proc. pen. , sarebbe senza giustificazione svilito il contributo informativo del testimone oculare del fatto che dia adito all’inseguimento della polizia giudiziaria, quando, invece, il privato è abilitato a procedere direttamente all’inseguimento e all’arresto del reo . Ai fini della legittimità dell’arresto ciò che rileva è che colui che lo esegue si determini indipendentemente dalla condizione personale di appartenenza alla forza pubblica ovvero di privato cittadino - in virtù della diretta percezione della situazione fattuale, costitutiva dello stato di flagranza dell’autore del reato, e non sulla base di informazioni ricevute da terzi . 3.4 Dovendosi pertanto escludere l’assimilazione all’inseguimento vero e proprio di quello investigativo , cui la polizia giudiziaria dia corso sulla base di informazioni più o meno tempestivamente assunte, la sentenza Ventrice giunge alla conclusione della illegittimità dell’arresto quando manchi in chi vi procede l’immediata e autonoma percezione delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato. Non è legittimo l’arresto che si fondi sulla percezione di testimoni o sulle dichiarazioni confessorie rese dallo stesso accusato, perché in questi casi, mancando una percezione diretta dei fatti, si richiede un apprezzamento di elementi probatori estranei alla ratio dell’istituto . Conclusione che le Sezioni Unite ritengono del tutto in linea con le previsioni costituzionali in tema di tutela di diritti fondamentali dell’individuo, ispirate ad una logica di assoluta eccezionalità delle ipotesi di privazione del bene della libertà personale ad opera dell’autorità di polizia, di iniziativa e senza provvedimento della autorità giudiziaria ipotesi previste da norme che il giudice delle leggi ha sempre inteso di stretta interpretazione, e non suscettibili di applicazione estensiva. Rispondendo quindi in forma negativa al quesito proposto dalla sezione rimettente, la decisione richiamata afferma che, così definiti i confini della misura precautelare dell’arresto in stato di flagranza, risulta evidente che nel relativo ambito non deve essere compresa la privazione della libertà dell’indagato allorché sia operata, seppure in tempo prossimo alla commissione del reato, sulla base delle dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria dai testimoni del fatto . 4. La giurisprudenza più recente, anche sviluppando le argomentazioni esposte nella pronuncia appena richiamata, ribadisce il principio secondo cui non ricorre lo stato di quasi flagranza qualora l’inseguimento dell’indagato da parte della polizia giudiziaria sia iniziato non già a seguito e a causa della diretta percezione dei fatti, ma per effetto e solo in seguito alla denuncia della persona offesa e ad informazioni rese da terzi Cass., Sez. V, n. 8366 del 20/01/2016, Albano, Rv 266166 . 5. Applicando alla fattispecie concreta il principio di diritto secondo cui, in definitiva, non può procedersi all’arresto in flagranza sulla base di informazioni della vittima o di terzi, sia pure fornite nella immediatezza del fatto, ne emerge ictu oculi l’illegittimità della misura precautelare adottata nei confronti del C. . L’indagato, infatti, fu rintracciato solo a distanza di tempo rispetto all’aggressione da lui realizzata in danno della persona offesa come si legge nel corpo del verbale di arresto, in particolare, l’equipaggio della Volante fu inviato presso il nosocomio cittadino intorno alle 21 15, a seguito della segnalazione di una lite, e sul posto - a lite oramai conclusa - non rinvenne alcuno degli aggressori. Gli operanti accertarono poi il numero di targa dell’auto in uso a coloro che avevano colpito il sanitario, e solo mentre si stavano portando verso il recapito della persona che ne risultava intestataria vennero informati da altri colleghi che la vettura in questione era stata intercettata in altra zona della città. All’esito del controllo degli occupanti, che risultavano essere stati presenti all’episodio occorso all’Ospedale ma fra loro non vi era il C. , si appurava che a colpire il medico era stato appunto l’odierno ricorrente questi veniva contattato dagli agenti quando già si trovava presso la propria abitazione, ed in seguito dichiarato in arresto. Le informazioni che lo riguardarono, in definitiva, non vennero neppure acquisite nell’immediatezza del fatto, costituendo il risultato non già di ricerche compiute senza soluzione di continuità rispetto ad un episodio oggetto di specifico intervento, bensì di ordinaria attività di indagine su una notitia criminis già acquisita. Si impongono, pertanto, le determinazioni di cui al dispositivo. P.Q.M. Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato.