“Non credevo fosse minorenne”… come dimostrarlo?

In tema di prostituzione minorile, il fatto tipico scusante previsto dall’art. 602-quater c.p. in relazione all’ignoranza inevitabile circa l’età della persona offesa, è configurabile solo se emerge che all’agente non può essere rivolto nessun rimprovero, neppure di semplice leggerezza.

Lo hanno ribadito gli Ermellini con sentenza n. 36606/17 depositata il 24 luglio. Il caso. La Corte d’Appello di Napoli confermava la sentenza del GIP che condannava l’imputato alla reclusione per i reati di prostituzione minorile e di atti osceni in luogo, per avere richiesto, mentre era seduto al lato di guida dell’auto parcheggiata, una prestazione sessuale orale ad una ragazzina dietro il pagamento di un corrispettivo. L’imputato, avverso detto provvedimento, decide di ricorrere in Cassazione lamentando il fatto che la Corte territoriale si era limitata ad osservare che non poteva essere accolta la tesi dell’ignoranza della minore età della ragazza. Minorenne. A tal proposito, i Giudici di legittimità intendono opportuno ribadire l’indirizzo interpretativo formatosi in tema di prostituzione minorile. In particolare, gli Ermellini affermano che il fatto tipico scusante previsto dall’art. 602- quater c.p. in relazione all’ignoranza inevitabile circa l’età della persona offesa, è configurabile solo se emerge che nessun rimprovero, neppure di semplice leggerezza, può essere rivolto all’agente . L’agente, infatti, deve dimostrare di aver fatto tutto il possibile al fine di uniformarsi ai suoi doveri di attenzione, di conoscenza, di informazione e di controllo, attenendosi ad uno standard di diligenza direttamente proporzionale alla rilevanza dell’interesse per il libero sviluppo psicofisico dei minori . E ancora, continua il Collegio, l’agente deve dimostrare di essere stato indotto a ritenere, sulla base di elementi univoci, che il minorenne fosse maggiorenne . Per tutti questi motivi, non avendo l’imputato dimostrato di aver assolto a dette prescrizioni giurisprudenziali ai fini dell’applicazione dell’art. 602- quater c.p., la Corte rigetta il suo ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 21 febbraio – 24 luglio 2017, n. 36606 Presidente Fiale – Relatore Macrì Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 20.4.2015 la Corte d’ Appello di Napoli ha confermato la sentenza del Giudice dell’udienza preliminare della medesima città, che aveva condannato S.F. , ritenuta la continuazione e con la riduzione per il rito, alla pena di anni 1, mesi 6 di reclusione, per i reati 1 di prostituzione minorile consistente nel pagamento del corrispettivo di Euro 20,00 per la prestazione sessuale orale, e 2 di atti osceni in luogo pubblico consistente nell’abbassarsi i pantaloni all’altezza delle ginocchia mentre era al lato guida del proprio veicolo parcheggiato su pubblica via, per consumare il rapporto, entrambi reati commessi in omissis . 2. Con il primo motivo di ricorso, l’imputato deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b ed e , c.p.p., in relazione all’art. 602 quater c.p., perché il Giudice di prime cure aveva affermato che l’età della persona offesa, il suo aspetto fisico, che non doveva essere dissimile dalla foto in atti che rimandava all’effigie di una ragazzina, la pretermissione di ogni indagine da parte di esso imputato, impedivano di ritenere che la dedotta ignoranza poteva considerarsi alla stregua di un errore inevitabile. Non aveva però tenuto conto di una serie di circostanze a che la foto sul documento d’identità della ragazza risaliva al omissis , quindi a più di un anno prima dei fatti contestati b che, nelle circostanze di tempo notte e luogo buio totale , in cui si erano svolti i fatti, egli non poteva discernere la minore età della donna, dedita platealmente alla prostituzione ed avente attributi molto femminili, abiti succinti e trucco pesante c la stessa età della vittima, ultrasedicenne, era accertata dagli organi di polizia giudiziaria solo nel momento in cui riuscivano a pervenire, con notevole sforzo, in possesso dei suoi documenti identificativi. Lamenta, poi, che la Corte territoriale si era limitata ad osservare che non poteva essere accolta la tesi difensiva dell’ignoranza della minore età della ragazza siccome egli non aveva dimostrato di essersi attivato per il relativo accertamento e che i vestiti succinti ed il trucco non avevano cambiato i connotati di una ragazza minorenne. Sostiene che il presupposto applicativo dell’art. 602 quater c.p., disposizione che deroga ai parametri normativi di cui all’art. 47 c.p., restringendo i margini entro cui rileva l’errore sul fatto di reato, è rappresentato da una situazione di dubbio in cui versa l’agente al quale può essere addebitata la mancanza di iniziative idonee ad accertare l’effettiva età della persona offesa viceversa, se non emergono elementi tali da ingenerare un dubbio sulla maggiore età della vittima, l’errore non può che escludere il dolo, in quanto l’agente non si rappresenta uno degli elementi essenziali della fattispecie. Una diversa lettura della norma risulterebbe in patente conflitto con i principi costituzionali in quanto determinerebbe una presunzione legale di sussistenza del dolo in capo all’agente, automaticamente ritenuto responsabile di un reato di cui non era neppure in grado di percepire l’illiceità. I Giudici di merito hanno preteso che egli fornisse la piena prova di essersi adoperato per fugare ogni dubbio sull’età effettiva della vittima senza un principio di prova sul dubbio. 2.1. Con il secondo motivo di ricorso, deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c ed e , c.p.p., per nullità della sentenza impugnata per omessa decisione e motivazione sul motivo di appello relativo alla sussistenza del delitto di cui all’art. 527 c.p. con riferimento alla circostanza secondo cui si era abbassato i pantaloni fino alle ginocchia onde consentire la consumazione del rapporto orale con la ragazza, all’interno della sua autovettura, scena osservata dai verbalizzanti. Il Giudice di prime cure aveva ritenuto configurabile il reato, atteso il luogo pubblico e l’agevole percezione di quanto accadeva all’interno dell’abitacolo, che non era sfuggito alla vista dei verbalizzanti. A fronte dello specifico motivo di gravame sul punto, con il quale si era invocata l’assoluzione perché il fatto non sussiste o non costituisce reato, la Corte territoriale aveva del tutto omesso di decidere e di motivare sul punto, donde la nullità della sentenza impugnata in parte qua. Considerato in diritto 3. All’imputato è ascritto il reato di cui all’art. 600 bis, comma 2, c.p., perché, dopo essersi avvicinato con la sua auto alla persona offesa, nata in omissis , che esercitava la prostituzione, averla fatta salire a bordo e condotta in un determinato posto, aveva compiuto, verso il corrispettivo di Euro 20,00, atti sessuali consistenti, per quanto accertato, in un rapporto orale neanche consumato, perché i Militi avevano sorpreso l’uomo con il pantalone abbassato nella sua auto, fatto per il quale è stato chiamato a rispondere anche del reato di cui agli art. 527 e 61 n. 2, c.p L’imputato non contesta il fatto e l’imputazione ascritta, ma assume che ignorava l’età della ragazza, stante l’aspetto fisico di donna vestita e truccata per l’esercizio del meretricio, le condizioni di tempo, ore 19,35 del 21.2.2014, e di luogo, zona buia. L’eccezione sulla qualificazione del fatto come tentativo invece che come delitto consumato, peraltro motivatamente respinta dalla Corte territoriale, non è stata riprodotta nel ricorso per cassazione ed è quindi da ritenersi abbandonata. Orbene, la Corte d’Appello di Napoli ha fondato il giudizio di colpevolezza dell’imputato sulla base del consolidato orientamento dei Giudici di legittimità, secondo cui in tema di prostituzione minorile, il fatto tipico scusante previsto dall’art. 602-quater cod. pen. in relazione all’ignoranza inevitabile circa l’età della persona offesa, è configurabile solo se emerga che nessun rimprovero, neppure di semplice leggerezza, possa essere rivolto all’agente, per avere egli fatto tutto il possibile al fine di uniformarsi ai suoi doveri di attenzione, di conoscenza, di informazione e di controllo, attenendosi a uno standard di diligenza direttamente proporzionale alla rilevanza dell’interesse per il libero sviluppo psicofisico dei minori in applicazione del principio, la Corte di cassazione ha escluso la sufficienza, ai fini della scusante, della mera dichiarazione del minore vittima di avere un’età superiore a quella effettiva, senza che fosse stata esperita dall’imputato alcuna puntuale verifica circa la veridicità dell’affermazione. Nel richiamare il suddetto orientamento espresso da Cass., Sez. 3, n. 3651/14, Rv 259089, citata, ha osservato che i vestiti succinti ed il trucco non avevano certo cambiato i connotati di una ragazza minorenne. Ritiene il Collegio di dare continuità a tale indirizzo interpretativo, anche dopo i successivi arresti dello stesso tenore, Sez. 4, n. 24820/15, Rv 263734, secondo cui in tema di prostituzione minorile, il fatto tipico scusante previsto dall’art. 602-quater cod. pen. in relazione all’ignoranza inevitabile circa l’età della persona offesa, è configurabile solo se emerga che nessun rimprovero, neppure di semplice leggerezza, possa essere rivolto all’agente, per avere egli fatto tutto il possibile al fine di uniformarsi ai suoi doveri di attenzione, di conoscenza, di informazione e di controllo, attenendosi a uno standard di diligenza direttamente proporzionale alla rilevanza dell’interesse per il libero sviluppo psicofisico dei minori, e Sez. 3, n. 12475/16, Rv 266484, secondo cui in tema di prostituzione minorile, il fatto tipico scusante previsto dall’art. 602-quater cod. pen., in relazione all’ignoranza inevitabile circa l’età della persona offesa, è configurabile solo se l’agente, pur avendo diligentemente proceduto ai dovuti accertamenti, sia stato indotto a ritenere, sulla base di elementi univoci, che il minorenne fosse maggiorenne ne consegue che non sono sufficienti, al fine di ritenere fondata la causa di non punibilità, elementi quali la presenza nel soggetto di tratti fisici di sviluppo tipici di maggiorenni o rassicurazioni verbali circa l’età, provenienti dal minore o da terzi, nemmeno se contemporaneamente sussistenti in motivazione, la Corte ha precisato che l’imputato ha l’onere di provare non solo la non conoscenza dell’età della persona offesa, ma anche di aver fatto tutto il possibile al fine di uniformarsi ai suoi doveri di attenzione, di conoscenza, di informazione e di controllo, attenendosi a uno standard di diligenza direttamente proporzionale alla rilevanza dell’interesse per il libero sviluppo psicofisico dei minori. Nel censurare la motivazione della Corte territoriale, l’imputato non ha dimostrato di aver assolto alle prescrizioni giurisprudenziali ai fini della corretta applicazione dell’art. 602quater c.p. e pertanto il suo ricorso va rigettato. Quanto al reato contestato al capo 2 , di cui all’art. 527 c.p., il Collegio osserva che, a seguito del d. Lgs. n. 8/16, pacificamente applicabile al caso in esame in cui la violazione anteriore non è stata accertata all’esito di un procedimento definito con sentenza o con decreto irrevocabile, il reato di cui al comma primo è stato depenalizzato con la previsione di una sanzione amministrativa in luogo di quella penale nonché dell’obbligo di trasmissione degli atti al Prefetto per le sue determinazioni. Per il reato del capo 2 , la sentenza impugnata va quindi annullata senza rinvio perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Consegue l’eliminazione della relativa pena di mesi 2 ed Euro 200,00 di multa irrogata dal Giudice di prime cure a titolo di continuazione rispetto al più grave reato di cui al capo 1 . P.Q.M. annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all’imputazione di cui al capo 2 perché il fatto non è previsto dalla legge come reato ed elimina la relativa pena di mesi due di reclusione ed Euro duecento di multa. Dispone la trasmissione degli atti al Prefetto di Napoli. Rigetta il ricorso nel resto.