Il pericolo di aggravamento urbanistico giustifica il sequestro preventivo

In tema di reati edilizi-paesistici di cui all’art. 44 lett. c del d.p.r. n. 380/01 cosiddetto Testo Unico dell’Edilizia ed all’art. 181 d. lgs. 42/2004 cosiddetto Codice dei beni culturali e del paesaggio , è ammissibile il sequestro preventivo di opere costruite abusivamente anche nell'ipotesi in cui l'edificazione sia ultimata, fermo restando l'obbligo di motivazione del giudice circa le conseguenze ulteriori sul regolare assetto del territorio rispetto alla consumazione del reato, derivanti dalla libera disponibilità del bene. Inoltre, è legittimo il sequestro preventivo di un manufatto abusivo già ultimato allorquando, pur cessata la permanenza, le conseguenze lesive della condotta sul bene protetto possano perdurare nel tempo, ma solo se il pericolo della disponibilità del manufatto - da accertarsi con adeguata motivazione - presenti i requisiti dell'attualità e della concretezza e le conseguenze del reato abbiano connotazioni di antigiuridicità.

Lo ha stabilito la III Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35798, depositata il 20 luglio 2017. I reati paesaggistici Preliminarmente, giova ricordare che la vigente legislazione in materia di reati paesistici è finalizzata alla tutela di beni finali di alto rango, mediante una tutela anticipata delle funzioni amministrative di controllo e vigilanza sull’integrità del paesaggio. Tutta la disciplina penale paesistica appare infatti caratterizzata dall’indeterminatezza dei soggetti esposti alle potenziali offese, nonché dalla serialità di queste ultime dovuta alla professionalità dell’attività esercitata . Stanti tali fondamentali caratteristiche, le attività connesse ai beni sovraindividuali quale appunto è il paesaggio vanno perciò esercitate in conformità alle prescrizioni dell’autorità amministrativa per lo più attraverso il previo ottenimento di autorizzazioni dagli organi preposti alla tutela del relativo vincolo . Ciò in quanto il controllo delle attività economiche presuppone obblighi informativi, e corrispondenti poteri di acquisizione di dati e notizie, in capo agli Enti locali o alle Agenzie di controllo, istituite in seno ai Ministeri competenti. Guardando nello specifico ai reati paesaggistici, potrà notarsi che la sanzione penale colpisce sia il discostamento dalle condizioni, indicate nel provvedimento amministrativo, per l’esercizio dell’attività edilizia, sia l’elusione della preventiva autorizzazione/abilitazione amministrativa, a prescindere dal concreto verificarsi di un’offesa per i beni giuridici tutelati cfr. Cass. Pen., n. 39744/2002 . Del pari, la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che, in tema di protezione delle bellezze naturali, il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, dopo l’esecuzione di lavori in zona vincolata, avvenuti in difetto della predetta autorizzazione, non determina l’estinzione del reato previsto dall’art. 163 d. lgs. n. 490/99 ora art. 181 d. lgs. n. 42/2004 , ma ha il solo effetto di escludere la remissione in pristino dello stato dei luoghi ciò in quanto l’amministrazione ha valutato l’intervento e lo ha ritenuto compatibile con l’assetto paesaggistico dell'area interessata cfr. Cass. Pen., n. 37318/2007 . In ogni caso, il rilascio postumo dell’autorizzazione paesistica da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo non determina l’estinzione del reato paesaggistico art. 181, d. lgs. n. 42/04 poiché tale effetto non è espressamente previsto da alcuna disposizione legislativa avente carattere generale, mentre il nulla osta paesaggistico ha l’effetto di escludere l’emissione o l’esecuzione dell’ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi cfr. sempre Cass. Pen., n. 37318/2007 . ed i presupposti del sequestro preventivo. In base all’orientamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, il sequestro preventivo di cosa pertinente al reato è consentito anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi, purché il pericolo della libera disponibilità della cosa stessa - che va accertato dal giudice con adeguata motivazione - presenti i requisiti della concretezza e dell'attualità e le conseguenze del reato, ulteriori rispetto alla sua consumazione, abbiano connotazione di antigiuridicità, consistano nel volontario aggravarsi o protrarsi dell'offesa al bene protetto che sia in rapporto di stretta connessione con la condotta penalmente illecita e possano essere definitivamente rimosse con l'accertamento irrevocabile del reato. Inoltre, il sequestro preventivo di tipo impeditivo previsto dal comma 1 dell'art. 321 c.p.p. è una misura di coercizione reale connessa e strumentale al procedimento penale ed all'accertamento del reato per cui si procede, avente lo scopo di evitare che il decorso del tempo pregiudichi irrimediabilmente l'effettività della giurisdizione espressa con la sentenza irrevocabile di condanna. Ne discende che la sua applicazione va disposta nelle situazioni in cui il mancato assoggettamento a vincolo della cosa pertinente al reato possa condurre, in pendenza del relativo accertamento, non solo al protrarsi del comportamento illecito od alla reiterazione della condotta criminosa, ma anche alla realizzazione di ulteriori pregiudizi quali nuovi effetti offensivi del bene protetto, sicché può essere adottato anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi. Nel caso di specie, la terza sezione ha ritenuto adeguatamente motivata l’ordinanza impugnata, sia sotto il profilo del fumus boni iuris che sotto quello del periculum in mora , sottolineando che, in tema di sequestro preventivo per reati paesaggistici, la sola esistenza di una struttura abusiva ultimata non integri i requisiti della concretezza ed attualità del pericolo, in assenza di ulteriori elementi idonei a dimostrare che la disponibilità della stessa, da parte del soggetto indagato o di terzi, possa implicare una effettiva lesione dell'ambiente e del paesaggio.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 21 febbraio – 20 luglio 2017, n. 35798 Presidente Fiale – Relatore Macrì Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale del Riesame di Latina con ordinanza in data 26.7.2016 ha rigettato la richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo del Giudice per le indagini preliminari della medesima città in data 24.6.2016, avente ad oggetto un manufatto di circa mq 147, posto su terreno di proprietà di D.M. , indagato del reato di cui agli art. 44, lett. c , 71 e 95 d.P.R. 380/01 nonché art. 181 d. Lgs. 42/04, per lavori di tamponatura in poroton e struttura in cemento armato per una superficie di mq 60 nonché lavori di predisposizione di un cordolo in cemento armato e armature in colonne in ferro, nonché per la realizzazione di un sottoscala in cemento armato delle dimensioni di m 5,50x1,50 e mt 1,80 di altezza, il tutto in assenza dei necessari titoli autorizzativi. 2. Con il primo motivo di ricorso, l’indagato denuncia la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b , c.p.p., in relazione all’art. 125, comma 2, c.p.p., perché il Giudice per le indagini preliminari aveva ritenuto il manufatto di nuova realizzazione, mentre la contestazione riguardava i lavori su un fabbricato preesistente ed il Tribunale del Riesame, anziché valutare la legittimità o meno della fondatezza degli argomenti spesi, per un verso aveva omesso ogni motivazione e, per un altro, si era affannato a ricercare argomenti autonomi ed inediti circa la legittimità del predetto sequestro. Con il secondo motivo, deduce la violazione dell’at. 606, comma 1, lett. b , c.p.p., in relazione all’inosservanza dell’art. 309, comma 9, ultimo periodo, c.p.p., richiamato dall’art. 324, comma 7, c.p.p., come novellati dalla L. 47/15, sulla dedotta insussistenza delle esigenze cautelari. Il Giudice per le indagini preliminari aveva reso una motivazione inadeguata e meramente apparente, mentre il Tribunale del Riesame, nel confermarla, aveva aggiunto degli argomenti nuovi ed inediti, cioè che l’edificazione doveva essere impedita atteso il possibile pregiudizio che poteva derivare al territorio, alla sicurezza ed incolumità pubblica. Con il terzo motivo, lamenta la violazione dlel’art. 606, comma 1, lett. b , c.p.p., in relazione all’art. 125, comma 3, c.p.p., 71, 94, 95, d.P.R. 380/01 in relazione all’art. 6, lett. d ed m del Regolamento della Regione Lazio n. 2/2012, perché non v’era il fumus dei reati contestati. Per i reati di cui ai capi A e B , il manufatto era preesistente ed era scorretta la deduzione del Tribunale del Riesame secondo cui si trattava di un intervento edilizio complessivo nuovo ed unitario, che non poteva essere parcellizzato come richiesto dalla Difesa al fine di qualificare parti di esso come pertinenze, per escluderle - è il caso del sottoscala - né per frazionare i lavori in corso di esecuzione in modo tale da qualificarli come mero rifacimento della pavimentazione o di recinzioni o di piccole costruzioni, così da ricondurre tali attività nell’ambito degli interventi non soggetti ad autorizzazione sismica ex art. 6, Regolamento Regione Lazio n. 2/2012 secondo il ricorrente, al contrario, la parcellizzazione, non solo era essenziale per la corretta disamina della vicenda in relazione al caso concreto, ma era essa stessa la conditio sine qua non per addivenire ad una corretta valutazione in termini di esigenze cautelari di cui all’art. 321 c.p.p. il sottoscala, infatti, era una struttura autonoma e slegata dal corpo di fabbrica preesistente di mq 147, interessato dal sequestro, né era di natura ontologicamente pertinenziale. Per i reati di cui ai capi C e D , si evinceva dalla documentazione fotografica inserita nel corpo del ricorso che la struttura interessata dal sequestro era una terrazza a livello creata a maggior godimento e fruizione dell’immobile in una zona caratterizzata da declivi particolarmente accentuati. Secondo la definizione del regolamento edilizio del Comune di Terracina, tale tipologia di intervento era definita come piano praticabile scoperto posto in elevazione delimitato lungo il suo perimetro da pareti o parapetti per tali opere non trovava applicazione la normativa citata ai capi C e D , essendo specificamente escluse dai relativi obblighi normativi asserita menti violati, rientrando nell’elencazione di cui all’art. 6 del Regolamento citato della Regione Lazio. Chiede pertanto il dissequestro del manufatto. Considerato in diritto 3. Ai sensi dell’art. 325 c.p.p., il sindacato sulle misure cautelari reali è limitato esclusivamente alla violazione di legge. La giurisprudenza ha affermato in plurime occasioni che in tale nozione si devono comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo , sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice Cass., SU n. 25932/08, Rv 239692, Ivanov , con l’ulteriore precisazione che in sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, il giudice, benché gli sia precluso l’accertamento del merito dell’azione penale ed il sindacato sulla concreta fondatezza dell’accusa, deve operare il controllo, non meramente cartolare, sulla base fattuale nel singolo caso concreto, secondo il parametro del fumus del reato ipotizzato, con riferimento anche all’eventuale difetto dell’elemento soggettivo, purché di immediato rilievo si veda, tra le più recenti, Cass., Sez. 6, n. 16153/14, Rv 259337 . Le medesime Sezioni Unite hanno precisato ulteriormente che in sede di riesame del sequestro preventivo, è legittima la decisione con la quale il tribunale conferma il relativo decreto per ragioni non coincidenti con quelle che lo sorreggono, in quanto, data la natura interamente devolutiva del citato mezzo di gravame, il tribunale, da un lato, ha il potere di sottoporre a nuovo scrutinio l’atto di impulso del pubblico ministero e, dall’altro, pur non potendo supplire con argomentazioni proprie a carenze motivazionali del provvedimento impugnato di portata tale da renderlo giuridicamente inesistente, è tuttavia abilitato a modificarne e integrarne la struttura logica nei termini ritenuti meglio rispondenti allo scopo legittimamente perseguito in concreto dall’organo di accusa Rv 239694 . 3.1. Ai fini del periculum, poi, bisogna effettuare la verifica in concreto e se vi sia un utilizzo incompatibile con gli interessi tutelati dalle norme della cui violazione si discute Cass. SU n. 12878/03, Rv 223722, che ha affermato che in tema di reati edilizi o urbanistici, la valutazione che, al fine di disporre il sequestro preventivo di manufatto abusivo, il giudice di merito ha il dovere di compiere in ordine al pericolo che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato possa agevolare o protrarre le conseguenze di esso o agevolare la commissione di altri reati, va diretta in particolare ad accertare se esista un reale pregiudizio degli interessi attinenti al territorio o una ulteriore lesione del bene giuridico protetto, anche con riferimento ad eventuali interventi di competenza della p.a. in relazione a costruzioni non assistite da concessione edilizia, ma tuttavia conformi agli strumenti urbanistici, ovvero se la persistente disponibilità del bene costituisca un elemento neutro sotto il profilo dell’offensività . Tale principio ha avuto specifiche applicazioni sia nei reati edilizi tra le più recenti, Cass., Sez. 3, n. 52051/16, Rv 268812, secondo cui è ammissibile il sequestro preventivo di opere costruite abusivamente anche nell’ipotesi in cui l’edificazione sia ultimata, fermo restando l’obbligo di motivazione del giudice circa le conseguenze ulteriori sul regolare assetto del territorio rispetto alla consumazione del reato, derivanti dalla libera disponibilità del bene e Sez. 4, n. 2389/14, Rv 258182, secondo cui in tema di reati edilizi, è legittimo il sequestro preventivo di un manufatto abusivo già ultimato allorquando, pur cessata la permanenza, le conseguenze lesive della condotta sul bene protetto possano perdurare nel tempo, sempre che il pericolo della disponibilità del manufatto - da accertarsi con adeguata motivazione - presenti i requisiti dell’attualità e della concretezza e le conseguenze del reato abbiano connotazioni di antigiuridicità , sia nei reati paesaggistici Cass., Sez. 3, n. 40486/10, Rv 248701 n. 48958/15, Rv 266011, secondo cui in tema di sequestro preventivo per reati paesaggistici, la sola esistenza di una struttura abusiva ultimata, nella specie, l’ampliamento per mq. 13 di abitazione sita in zona dichiarata di notevole interesse pubblico, non integra i requisiti della concretezza ed attualità del pericolo, in assenza di ulteriori elementi idonei a dimostrare che la disponibilità della stessa, da parte del soggetto indagato o di terzi, possa implicare una effettiva lesione dell’ambiente e del paesaggio, sentenza citata dal Pubblico Ministero a sostegno delle proprie ragioni, ma riletta in senso difforme dal Tribunale del Riesame nell’ordinanza impugnata n. 28388/16, Rv 267412, secondo cui in tema di sequestro preventivo per reati paesaggistici, la sola esistenza di una struttura abusiva ultimata non integra i requisiti della concretezza ed attualità del pericolo, in assenza di altri elementi idonei a dimostrare che la disponibilità e l’uso della stessa da parte del soggetto indagato o di terzi possano deteriorare ulteriormente l’ecosistema protetto dal vincolo ambientale e paesaggistico . 3.2. L’ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione dei principi enunciati, perché ha adeguatamente motivato sul fumus, apparendo del resto del tutto generica la contestazione in merito al fatto se si stia discutendo di una nuova costruzione o di una ristrutturazione - fatto, del resto, dal quale lo stesso ricorrente non ha tratto alcuna rilevante conseguenza -, perché comunque appare dirimente la mancanza delle necessarie autorizzazioni amministrative, e sul periculum, segnalando che l’unico manufatto risalente nel tempo era la struttura di mq 147, composta dal solarium e dall’annessa piscina, che costituiva la mera base di un’opera completamente nuova rispetto alla precedente, realizzata previo sbancamento del terreno su cui insistevano i manufatti precedenti ed ampliamento della vecchia struttura sia ad est che ovest, con creazione di nuovi volumi, di un sottoscale e di un parapetto per il solarium, che i lavori erano recenti ed ancora in corso al momento degli accertamenti, sicché la permanenza dei reati non risultava cessata e la libera disponibilità del bene consentiva all’indagato di proseguire i lavori abusivi in ferro e cemento armato nell’ambito di una zona considerata a rischio sismico e sottoposta a vincolo paesaggistico e idrogeologico, il che potrebbe protrarre ed aggravare le conseguenze dell’illecito, ledendo gravemente l’assetto del territorio in assenza di qualsivoglia controllo prescritto in funzione di tutela degli interessi pubblici coinvolti. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.