Avvocato sospeso: legittima la redazione di un esposto per un cliente

Ribaltata in Cassazione la visione che aveva portato la Corte d’Appello a condannare il legale per esercizio abusivo della professione. I Giudici sottolineano, in particolare, che ci si trova di fronte a una prestazione isolata.

Avvocato sospeso dal Consiglio dell’Ordine di appartenenza. Ciò nonostante, egli redige un esposto denuncia” per conto di un cliente. Comportamento, questo, non punibile. Impossibile, difatti, parlare di esercizio abusivo della professione forense Cassazione, sez. VI Penale, sentenza n. 32952/17, depositata oggi . Esposto. A salvare il legale – operativo in Sicilia – è la Cassazione. Ribaltata completamente la visione dei giudici del Tribunale e della Corte d’Appello, visione che aveva portato alla condanna del professionista. Sia in primo che in secondo grado è stato ritenuto evidente il reato di esercizio abusivo della professione forense . Ciò alla luce del comportamento tenuto dall’avvocato che, pur consapevole del provvedimento di sospensione emesso nei suoi confronti, aveva redatto per un cliente un esposto denuncia”, poi consegnato ai carabinieri . In Appello, in particolare, si è affermato che era irrilevante che l’atto compiuto integrasse una consulenza legale stragiudiziale, essendo dirimente la spendita della qualifica di avvocato e di legale della persona che aveva interesse a presentare la denuncia. E in questa ottica è stato richiamato anche il fatto che il legale aveva accolto il cliente nel proprio studio, dove aveva ricevuto l’incarico difensivo e il relativo compenso . Prestazione. Completamente opposta, invece, la linea di pensiero dei Magistrati del Palazzaccio. Da loro arriva, innanzitutto, la sottolineatura che il legale ha realizzato una prestazione isolata, che non poteva essere considerata come sintomatica di un’attività svolta in forma professionale . Impossibile, quindi, parlare di una attività di consulenza concretizzatasi in modo continuativo, sistematico ed organizzato . Va aggiunto poi che la consulenza non rientra tra gli atti tipici per i quali occorre una speciale abilitazione, ma è un’attività relativamente libera, solo strumentalmente connessa con la professione forense . Tutti questi elementi fanno venire meno, definitivamente, l’accusa di esercizio abusivo della professione forense , sanciscono i Giudici della Cassazione, consentendo all’avvocato siciliano di tirare un sospiro di sollievo.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 25 maggio – 6 luglio 2017, n. 32952 Presidente Conti – Relatore Calvanese Ritenuto in fatto 1. Avverso la sentenza indicata in epigrafe, che confermava la sua condanna per il reato di cui all'art. 348 cod. pen., ricorre per cassazione l'imputato Gi. Fa All'imputato era stato contestato di aver abusivamente esercitato la professione forense, nonostante il provvedimento di sospensione assunto dal Consiglio dell'ordine in particolare l'imputato aveva redatto un esposto-denuncia nell'interesse di Gi. Piccolo, che veniva dallo stesso depositato presso i carabinieri. L'atto riguardava la denuncia di presunti illeciti commessi in relazione alla realizzazione di un pozzo da parte di responsabili comunali. Secondo la Corte di appello, era irrilevante che l'atto compiuto dall'imputato integrasse una consulenza legale stragiudiziale, essendo dirimente la spendita della qualifica di avvocato e di legale dell'esponente. Il riferimento alla esistenza di una procura in atti confermava la natura legale dell'attività espletata a favore del cliente. Ad avvalorare l'ipotesi accusatoria si aggiungeva inoltre il fatto che l'imputato aveva accolto il cliente nel suo studio, dove aveva ricevuto l'incarico difensivo e il relativo compenso professionale. 2. Il ricorrente personalmente ha dedotto un unico motivo di annullamento, di seguito enunciato, nei limiti dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen. vizio di motivazione e violazione di legge in relazione all'art. 348 cod. pen., non avendo l'imputato svolto alcuna attività giurisdizionale, essendo consentito che l'avvocato sospeso svolga attività extragiudiziali, purché non si presenti al cospetto del giudice. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. La legge 31 dicembre 2012, n. 247, recante la Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense , all'art. 2, comma 5 stabilisce che sono attività esclusive dell'avvocato, fatti salvi i casi espressamente previsti dalla legge, l'assistenza, la rappresentanza e la difesa nei giudizi davanti a tutti gli organi giurisdizionali e nelle procedure arbitrali rituali, mentre al successivo comma 6 aggiunge poi che fuori dei casi in cui ricorrono competenze espressamente individuate relative a specifici settori del diritto e che sono previste dalla legge per gli esercenti altre professioni regolamentate, l'attività professionale di consulenza legale e di assistenza legale stragiudiziale, ove connessa all'attività giurisdizionale, se svolta in modo continuativo, sistematico e organizzato, è di competenza degli avvocati . La legge viene a sancire un principio già espresso da questa Corte di legittimità in ordine alla rilevanza, ai fini dell'art. 348 cod. pen., dell'attività di consulenza legale stragiudiziale. Si è infatti affermato che non commette il reato di abusivo esercizio della professione di avvocato il soggetto che rediga una relazione di consulenza, su carta intestata studio legale, in ordine ad un procedimento penale , in quanto la consulenza non rientra tra gli atti tipici per i quali occorre una speciale abilitazione, ma è un'attività relativamente libera, solo strumentalmente connessa con la professione forense Sez. 6, n. 17921 del 11/03/2003, Gava, Rv. 224959 , e sempre che tale attività non venga compiuta con modalità tali, per continuatività, onerosità e organizzazione, da creare, in assenza di chiare indicazioni diverse, le oggettive apparenze di un'attività professionale svolta da soggetto regolarmente abilitato Sez. U, n. 11545 del 15/12/2011, dep. 2012, Ca., Rv. 251819 . Orbene, nel caso di specie all'imputato era stata attribuita una prestazione isolata che non poteva essere considerata come sintomatica di un'attività svolta in forma professionale sulla base della sola dizione della carta intestata su cui è stato redatto il suo parere. Poiché, né dal capo d'imputazione limitato alla redazione del solo esposto ne' dalla stessa motivazione della sentenza è minimamente ipotizzabile che l'imputato abbia esercitato in modo continuativo, sistematico ed organizzato l'attività di consulenza essendo del tutto irrilevante che, nei confronti del solo Piccolo la consulenza sia stata duratura o meno , il reato non è configurabile. Di conseguenza, la sentenza, sul punto, va annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.