L’atto d’appello depositato dalla segretaria non è firmato dall’avvocato. Al cliente “non resta che piangere”

L’inesatto adempimento della prestazione professionale da parte del difensore non costituisce un’ipotesi di caso fortuito o forza maggiore idonea alla concessione della restituzione nel termine, poiché consiste in una falsa rappresentazione della realtà superabile con la normale diligenza ed attenzione.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 31917/17 depositata il 3 luglio. Il caso. A seguito della dichiarazione di inammissibilità dell’appello per mancanza della firma del difensore, l’imputato chiedeva la rimessione in termini ai fini dell’impugnazione del provvedimento che aveva disposto la restituzione di un immobile sequestrato al Comune e non a lui personalmente. Le richiesta viene rigettata e l’uomo ricorre dunque in Cassazione sostenendo che il difensore aveva consegnato a lui una copia firmata dell’atto d’appello mentre la segretaria dello studio aveva depositato in cancelleria una copia non firmata, circostanza che escluderebbe una sua imputabilità per l’inammissibilità dell’atto. Diligenza professionale. La Corte dichiara inammissibile il ricorso per manifesta infondatezza ribadendo che l’inesatto adempimento della prestazione professionale da parte del difensore non costituisce un’ipotesi di caso fortuito o forza maggiore idonea alla concessione della restituzione nel termine, poiché consiste in una falsa rappresentazione delle realtà superabile con la normale diligenza ed attenzione. Inoltre l’assistito ha l’onere di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico conferito nel caso in cui tale controllo non sia impedito al comune cittadino da un complesso quadro normativo. D’altro canto, prosegue ancora la Corte, la restituzione nel termine costituisce un rimedio eccezionale per i casi in cui l’atto non sia stato compiuto e non trova applicazione delle diverse ipotersi di irregolarità o nullità dell’atto medesimo. In conclusione, essendo l’atto stato compiuto, in assenza della sottoscrizione, l’eccezionale istituto della restituzione in termini non può trovare applicazione. Per questi motivi, la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 ottobre 2016 – 3 luglio 2017, n. 31917 Presidente Fiale – Relatore Socci Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Napoli, con provvedimento del 13 agosto 2015 dichiarava l’inammissibilità dell’appello proposto nell’interesse di D.S.D. , avverso la decisione del Tribunale di Nola del 2 febbraio 2011, che aveva assolto D.s. dal reato ex art. 44, d. P.R. 380/2001, con la restituzione dell’immobile in sequestro al Comune di Acerra, perché non firmato dall’Avvocato P.A. . D.S. proponeva istanza di rimessione in termine, ai fini dell’impugnazione in appello della sentenza che aveva disposto la restituzione al Comune invece che al ricorrente, e la Corte di appello di Napoli con l’ordinanza del 18 gennaio 2016 rigettava l’istanza. 2. D.S.D. propone ricorso per Cassazione, personalmente, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., c.p.p. 2. 1. Violazione di legge, art. 175 cod. proc. pen Il difensore aveva consegnato a lui una copia firmata dell’atto di appello, e invece la segretaria di studio aveva depositato una copia non firmata nella cancelleria. Conseguentemente nessun addebito di negligenza poteva muoversi al ricorrente, che aveva ricevuto la copia firmata. L’istituto della remissione nei termini nasce per ovviare ad ipotesi in cui l’imputato non si sia potuto difendere, per cause non a lui imputabili. Ha chiesto pertanto l’annullamento della decisione impugnata. Considerato in diritto 3. il ricorso risulta inammissibile per manifesta infondatezza del motivo. L’inesatto adempimento della prestazione professionale da parte del difensore di fiducia, a qualsiasi causa ascrivibile, non è idoneo a realizzare le ipotesi di caso fortuito o forza maggiore, che si concretano in forze impeditive non altrimenti vincibili, le quali legittimano la restituzione nel termine, poiché consistono in una falsa rappresentazione della realtà, superabile mediante la normale diligenza ed attenzione né può essere esclusa, in via presuntiva, la sussistenza di un onere dell’assistito di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico conferito, nei casi in cui il controllo sull’adempimento defensionale non sia impedito al comune cittadino da un complesso quadro normativo. Nella specie, la S.C. ha escluso la possibilità di restituzione in termini per proporre impugnazione, non ravvisando caso fortuito o forza maggiore nell’omesso controllo del deposito della sentenza da parte del difensore di fiducia, e nella conseguente mancanta verifica del decorso del termine per impugnare . Sez. 2, n. 48737 del 21/07/2016 - dep. 17/11/2016, Startari, Rv. 26843801 vedi anche Sez. 6, n. 18716 del 31/03/2016 - dep. 05/05/2016, Saracinelli, Rv. 26692601 . Inoltre La restituzione nel termine è rimedio di natura eccezionale, il cui presupposto è che l’atto non sia stato compiuto, e non può trovare applicazione nella diversa ipotesi in cui nel compimento dell’atto si siano verificate delle irregolarità o delle nullità Sez. 4, n. 36470 del 19/07/2013 - dep. 05/09/2013, De Fazio, Rv. 25621001 . Nel nostro caso infatti l’atto è stato compiuto, ma era senza sottoscrizione, quindi l’istituto eccezionale, della restituzione nel termine, non può trovare applicazione. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 2.000,00, e delle spese del procedimento, ex art. 616 cod. proc. pen P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.