Rapporto tra truffa e truffa militare: il danno prodotto dalla condotta illecita deve avere necessariamente contenuto patrimoniale ed economico?

Nel delitto di truffa militare di cui all’art. 234 c.p.m.p., del tutto analogamente a quanto disposto dalla truffa di cui all’art. 640 c.p., mentre il requisito del profitto ingiusto può comprendere in sé qualsiasi utilità, incremento o vantaggio patrimoniale, anche a carattere non strettamente economico, l’elemento del danno deve avere necessariamente contenuto patrimoniale ed economico, consistendo in una lesione concreta e non soltanto potenziale che abbia l’effetto di produrre – mediante la cooperazione artificiosa della vittima” che, indotta in errore dall’inganno ordito dall’autore del reato, compie l’atto di disposizione – la perdita definitiva del bene da parte della stessa.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 31684/17 depositata il 28 giugno. Il caso. Il Tribunale militare di Napoli assolveva A.G., maresciallo dell’aeronautica miliare, dall’accusa di truffa militare pluriaggravata perché il fatto non sussiste in particolare, secondo la prospettazione accusatoria, l’imputato avrebbe, con artifici e raggiri consistiti nel chiedere ed ottenere per sé e per il proprio nucleo familiare un alloggio di servizio assegnatogli per uso esclusivo di abitazione, adibito lo stesso a struttura ricettiva del tipo bed and breakfast”, inducendo in errore l’amministrazione militare in ordine al suo reale utilizzo, procurando a se stesso l’ingiusto profitto derivante dai proventi dell’affitto delle camere, e creando un danno all’amministrazione che non utilizzava il bene secondo le effettive esigenze di servizio. Il Giudice di prime cure, tuttavia, addiveniva ad una statuizione assolutoria sul rilievo che pur essendo stato provato il fatto oggetto di penale contestazione, non risultava invece prova del danno patrimoniale a carico dell’amministrazione quale eziologicamente connesso alla condotta tipica. La Corte di Appello Militare, in accoglimento dell’atto di impugnazione proposto dal Procuratore militare, riformava la sentenza di primo grado e condannava A.G. alla pena ritenuta di giustizia l’affermazione di penale responsabilità veniva argomentata sulla scorta del dato secondo cui il danno economicamente apprezzabile subìto dall’amministrazione consisterebbe nel lucro cessante conseguente alla mancata utilizzabilità dell’alloggio ed alla possibilità di riassegnarlo in cambio di un corrispondente canone. Avverso tale sentenza ricorreva per Cassazione l’imputato. La questione di diritto. La problematica giuridica sulla quale è stata chiamata a pronunciarsi la Suprema Corte è relativa alla corretta interpretazione del concetto giuridico di con danno altrui di cui all’art. 640 c.p., in rapporto con il concetto giuridico di con danno di altri militare di cui alla corrispondente fattispecie delittuosa di truffa miliare ex art. 234 c.p.m.p In altri termini, se il danno prodotto dalla condotta illecita sia da intendersi solo quello patrimoniale ed economico oppure se, al contrario, lo stesso riguardi – quantomeno per la truffa militare – anche altri e più ampi ambiti. Ora, chiarendo preliminarmente come gli elementi tipici, oggettivi e soggettivi, delle due fattispecie sono assolutamente simili, la Corte di legittimità ha poi altresì specificato come la diversità dei due concetti giuridici suddetti è meramente semantica, e non consente assolutamente una ultronea differenziazione anche sul piano della interpretazione giuridica degli stessi, con conseguente impossibilità di una dilatazione della nozione di danno. Il danno penalmente rilevante. Nel delitto di truffa, mentre il requisito del profitto ingiusto può comprendere in se qualsiasi utilità, incremento o vantaggio patrimoniale, anche a carattere non strettamente economico, l’elemento del danno deve avere necessariamente contenuto patrimoniale ed economico, consistendo in una lesione concreta e non soltanto potenziale che abbia l’effetto di produrre – mediante la cooperazione artificiosa della vittima che, indotta in errore dall’inganno ordito dall’autore del reato, compie l’atto di disposizione – la perdita definitiva del bene da parte della stessa. Ne consegue che in tutte quelle situazioni in cui il soggetto passivo assume, per incidenza di artifici e raggiri, l’obbligazione della dazione di un bene economico, ma questo non perviene, con correlativo danno, nella materiale disponibilità dell’agente, si verte nella figura di truffa tentata e non in quella di truffa consumata. Pertanto, affermano i Supremi Giudici, nel delitto di truffa militare di cui all’art. 234 c.p.m.p., del tutto analogamente a quanto disposto dalla truffa di cui all’art. 640 c.p., mentre il requisito del profitto ingiusto può comprendere il sé qualsiasi utilità, incremento o vantaggio patrimoniale, anche a carattere non strettamente economico, l’elemento del danno deve avere necessariamente contenuto patrimoniale ed economico, consistendo in una lesione concreta e non soltanto potenziale che abbia l’effetto di produrre – mediante la cooperazione artificiosa della vittima che, indotta in errore dall’inganno ordito dall’autore del reato, compie l’atto di disposizione – la perdita definitiva del bene da parte della stessa

Corte di cassazione, sez. I Penale, ordinanza 5 maggio – 28 giugno, numero 31684 Presidente Carcano – Relatore Bonito Ritenuto in fatto 1. A.G. , maresciallo dell’aeronautica, veniva accusato del reato di truffa militare pluriaggravata artt. 234, commi 1 e 2, e 47 numero 2 c.p.m.p. per avere, con artifici e raggiri consistiti nel richiedere per sé e per il suo nucleo familiare un alloggio di servizio assegnatogli per uso esclusivo di abitazione e nell’adibirlo, una volta acquisito il bene, a struttura ricettiva tipo bed end breakfast , inducendo in errore l’amministrazione militare in ordine al suo reale utilizzo, procurato a se stesso l’ingiusto profitto dato dai proventi dell’affitto come innanzi organizzato in danno dell’amministrazione concedente, che non utilizzava il bene secondo le effettive esigenze del servizio in omissis . Il Tribunale Militare di Napoli, con sentenza del 28 ottobre 2015, assolveva l’A. da tale contestazione con la formula perché il fatto non sussiste , sul rilievo che, pur essendo stato provato il fatto di cui alla imputazione, e cioè che l’imputato, acquisito un alloggio di servizio per concessione dell’amministrazione, lo aveva adibito a struttura ricettiva tipo bed end breakfast”, nel caso specifico, del reato di truffa contestato, non risultava provato il requisito, richiesto dalla norma, del danno patrimoniale a carico dell’amministrazione. 2. Avverso la sentenza di primo grado proponeva appello il Procuratore militare di Napoli contestando l’interpretazione della norma data in primo grado e sostenendo la tesi che la truffa militar poteva e doveva essere contestata anche in mancanza di una danno patrimoniale se in costanza di pregiudizio delle finalità pubbliche ed, in particolare, di quelle assistenziali perseguite dall’amministrazione. Ad avviso del procuratore appellante danno patrimoniale era anche quello collegato al lucro cessante, nella specie ricollegabile alla mancata concessione, a pagamento, dell’alloggio in possesso dell’imputato. 3. Con sentenza del 12 luglio 2016 la Corte di appello militare accoglieva il gravame ed in riforma della sentenza impugnata dichiarava l’imputato colpevole del reato ascrittogli condannandolo alla pena di anni uno e mesi uno di reclusione militare ed a quella, accessoria, della rimozione, pene, quella principale e quella accessoria, condizionalmente sospese subordinatamente, ai sensi dell’art. 165 c.p., allo svolgimento di lavoro di pubblica utilità per 180 giorni. A sostegno della decisione, la corte territoriale osservava che, nella specie, lo stesso giudice di prime cure aveva riconosciuto la ricorrenza sia del requisito degli artifici e dei raggiri , che dell’ingiusto profitto personale da parte dell’imputato ed aveva altresì ritenuto acquisito al processo la circostanza fattuale che il prevenuto, dal luglio 2013, aveva destinato l’alloggio di servizio alle funzioni contestatigli in rubrica in contrasto con la sentenza appellata, riteneva il giudice di secondo grado viceversa ricorrente, nell’ipotesi data, anche il danno a carico dell’amministrazione militare collegato alla condotta incriminata. A tal fine il giudice a quo richiamava la nota sentenza Cellamare, ss.uu. 16.12.1998, ed i principi di diritto ivi affermati in ordine alla necessità, per la configurabilità della truffa di cui all’art. 640 c.p., del danno patrimoniale ed economico, principio peraltro fondante della decisione appellata, ed individuava il danno economicamente apprezzabile subito dall’amministrazione nel lucro cessante conseguente alla mancata utilizzabilità dell’alloggio ed alla possibilità di riassegnarlo in cambio di un corrispondente canone a ciò aggiungeva il giudice di secondo grado, classificandolo quale danno per l’amministrazione comunque rilevante ai fini della configurabilità del reato in discussione, il sacrificio dell’interesse in capo alla P.A. alla pronta ed ottimale operatività del soggetto posto alle proprie dipendenze, l’unico giustificativo della rinuncia della stessa P.A. a maggiori guadagni fruibili dalla collocazione del bene sul mercato delle locazioni. 4. Avverso la sentenza detta ricorre per cassazione l’imputato, assistito dal difensore di fiducia, il quale nel suo interesse sviluppa due motivi di impugnazione. 4.1 Col primo di essi denuncia la difesa ricorrente, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., co. 1 lettere c ed e , violazione della legge processuale con riferimento all’art. 533 c.p.p., perché violata la regola di giudizio dell’ oltre ogni ragionevole dubbio e vizio della motivazione sul punto, in particolare osservando nella specie il giudice dell’appello ha radicalmente riformato la pronuncia assolutoria di primo grado, pervenendo ad una decisione di condanna va pertanto verificato se la motivazione a sostegno della riforma in tal modo deliberata risponda o meno all’insegnamento di legittimità, che richiede, come è noto, che essa si confronti in modo specifico con le ragioni assolutorie sviluppate dal primo giudice e si caratterizzi per una forza persuasiva maggiore di quella riformata orbene, nello specifico la tesi assolutoria, giova ribadirlo, poggiava sulla considerazione che nessun danno patrimoniale risultava arrecato alla pubblica amministrazione e tanto, per il giudice di prime cure, si desumeva anche dalla prova dichiarativa acquisita al processo tenumero col. T. e primo m.llo C. , prova dichiarativa viceversa del tutto ignorata dalla corte di secondo grado di qui, in conclusione, l’apparenza della motivazione e la denunciata violazione di legge. 4.2 Col secondo motivo di impugnazione denuncia invece la difesa ricorrente violazione della norma incriminatrice e vizio della motivazione sul punto, in particolare contestando, A che siano stati provati nel processo gli artifici ed i raggiri necessari per la integrazione del reato in parola, artifizi e raggiri individuati dall’accusa nella omessa comunicazione all’amministrazione concedente, da parte dell’imputato, della volontà di mutare la destinazione d’uso dell’alloggio di servizio assegnatogli, desunta semplicemente congetturando da dati di per sé non significativi del concreto mutamento della ridetta destinazione l’inserzione di un annuncio, la presenza nell’alloggio di una serie di avvisi in inglese relativi all’uso ed al funzionamento degli elettrodomestici, all’organizzazione della quotidianità, alle scansioni delle fasi della vita giornaliera ed alle eventuali utilità di potenziali fruitori in ogni caso, tale la tesi difensiva, il mutamento di destinazione contestato integra una inadempienza contrattuale della locazione conclusa con l’amministrazione, inadempienza di per sé estranea alla nozione penalistica dei raggiri e degli artifizi . B Sempre nell’ambito del secondo motivo di doglianza contesta la difesa ricorrente, per un verso, che sia stato provato, nella specie, il danno patrimoniale nelle forme ritenute in sentenza e cioè l’uso dannoso giacché indebito dell’alloggio di servizio da parte dell’imputato e, per altro verso, che nella specie vi sia stato un apprezzabile danno patrimoniale ed economico, requisito essenziale per la sussistenza del reato di truffa militare, neppure nelle forme del lucro cessante detto essenziale elemento costitutivo del reato, ad avviso sempre della difesa ricorrente, sarebbe rimasto del tutto privo di sostegno probatorio ed, anzi, sarebbe stato esplicitamente negato dal tenumero col. T. verbale ud. del 13.5.2015, riportato per stralcio dalla difesa . Considerato in diritto Il ricorso è fondato nel suo secondo motivo di impugnazione. 1. Osserva la corte, preliminarmente, la incongruità delle ragioni espresse dalla difesa col primo motivo rispetto alla fattispecie concreta venuta all’esame della Corte, dappoiché il giudice di appello nulla ha mutato dell’accertamento in fatto eseguito dalla corte di primo grado, avendo provveduto alla riforma della decisione assolutoria in quella di condanna in forza di una diversa interpretazione di quei fatti, per desumere da essi la ricorrenza dei requisiti di legge ai fini di ritenere sussistente la truffa contestata. In particolare il giudice a quo ha diversamente interpretato, rispetto al giudice di primo grado, il requisito del danno altrui cagionato dalla condotta truffaldina. Di qui, giova ribadirlo, l’incongruità della tesi difensiva circa l’onere di motivazione rafforzata in ipotesi di riforma in condanna della sentenza assolutoria di prime cure, giacché messe a confronto, nella specie, semplicemente due diverse letture ermeneutiche della norma in riferimento a condotte fissate dal giudice di prime cure non contestate nel prosieguo processuale. Di qui, anche, il nucleo essenziale della valutazione giuridica alla quale è chiamata la corte di legittimità, incentrata sulla corretta lettura ermeneutica della espressione con altrui danno di cui al primo comma dell’art. 640 c.p., che diventa, nella norma contestata, con danno di altro militare , danno prodotto dalla condotta truffaldina da intendersi esclusivamente in termini di danno patrimoniale ed economico ovvero, almeno per quanto riguarda la truffa militare, anche con ambiti più ampi. Orbene, appare utile prendere le mosse dalla norme di riferimento, l’art. 640 c.p. e l’art. 234 c.p.m.p., descrittive, rispettivamente, del reato di truffa e del reato di truffa militare, ipotesi tipiche del tutto simili quanto agli elementi costitutivi del reato oggettivo e soggettivo come reso evidente dalla lettura dei testi normativi. La consolidata lezione di legittimità a margine della truffa di cui all’art. 640 c.p., come è noto, è nel senso che il danno altrui di essa costitutiva deve essere di natura esclusivamente patrimoniale ed economica, a differenza del profitto conseguito dall’agente, che può assumere anche natura diversa. Tale lettura giurisprudenziale deve ormai ritenersi incontestata a far tempo da S.U., sentenza numero 1 del 16/12/1998, Cellamare, Rv. 212080, in tal guisa massimata nel delitto di truffa, mentre il requisito del profitto ingiusto può comprendere in sé qualsiasi utilità, incremento o vantaggio patrimoniale, anche a carattere non strettamente economico, l’elemento del danno deve avere necessariamente contenuto patrimoniale ed economico, consistendo in una lesione concreta e non soltanto potenziale che abbia l’effetto di produrre - mediante la cooperazione artificiosa della vittima che, indotta in errore dall’inganno ordito dall’autore del reato, compie l’atto di disposizione - la perdita definitiva del bene da parte della stessa ne consegue che in tutte quelle situazioni in cui il soggetto passivo assume, per incidenza di artifici e raggiri, l’obbligazione della dazione di un bene economico, ma questo non perviene, con correlativo danno, nella materiale disponibilità dell’agente, si verte nella figura di truffa tentata e non in quella di truffa consumata . Né sembra alla corte che la diversità semantica tra l’espressione con altrui danno , contenuta nella norma generale, e quella con danno di altro militare , requisito della norma speciale, possa consentire, per quest’ultima, una dilatazione della nozione di danno individuata dalla lezione di legittimità per quello caratterizzante l’art. 640 c.p Deve pertanto concludersi, sul punto, che requisito costitutivo del reato tipizzato dalla norma contestata all’imputato è l’altrui danno riferito ad altro militare di natura patrimoniale ed economica. Venendo ora all’applicazione dei principi al caso in esame, giova osservare che è la stessa corte di secondo grado ad escludere, sostanzialmente, un danno patrimoniale o economico cagionato ad altro militare dalla condotta dell’imputato e che, comunque, tale circostanza è rimasta priva di sostegno probatorio. È da escludersi, più nello specifico, che il danno possa, nella concreta fattispecie, essere ricondotto al lucro cessante in capo all’amministrazione militare, e cioè al mancato guadagno per una diversa locazione ad altro militare, sia perché non provata la reale possibilità di una tale ipotesi, sia perché risulta agli atti che al concessionario dell’alloggio per cui è causa succeduto all’imputato è stato richiesto un canone inferiore a quello pagato dal prevenuto. Il richiamo poi alla ipotesi di cui all’art. 640 bis c.p. da parte del P.M. appellante e della corte di secondo grado, ritenuto dialetticamente utile al fine di sostenere la legittimità di un danno truffaldino non economico la norma predetta tipizza infatti un comportamento dove il semplice contributo agevolato integra la truffa è errato. La norma in esame, quella di cui all’art. 640 bis c.p. appunto, indica infatti il danno altrui nel mancato contributo dato a chi avrebbe avuto diritto a riceverlo in luogo del truffatore e nel non avere l’avente diritto ottenuto il contributo stesso, ipotesi del tutto specifica, coerente con la ratio legis e con la volontà legislativa di perseguire precisi comportamenti, da ritenersi speciali rispetto alla disciplina generale del reato di truffa e della fattispecie del tutto parallela della truffa militare. Va in conclusione affermato il seguente principio di diritto nel delitto di truffa militare di cui all’art. 234 c.p.m.p., del tutto analogamente a quando disposto dalla truffa di cui all’art. 640 c.p., mentre il requisito del profitto ingiusto può comprendere in sé qualsiasi utilità, incremento o vantaggio patrimoniale, anche a carattere non strettamente economico, l’elemento del danno deve avere necessariamente contenuto patrimoniale ed economico, consistendo in una lesione concreta e non soltanto potenziale che abbia l’effetto di produrre - mediante la cooperazione artificiosa della vittima che, indotta in errore dall’inganno ordito dall’autore del reato, compie l’atto di disposizione - la perdita definitiva del bene da parte della stessa . Eppertanto, dovendosi ritenere, nel caso di specie, pacificamente accertati i fatti di causa, in applicazione dell’esposto principio di diritto deve provvedersi all’annullamento senza rinvio della sentenza di condanna impugnata perché insussistente il fatto contestato. P.T.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.