Lite con il barista e vetrina in frantumi: non sussiste l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede

La ratio dell’aggravante in parola è quella di tutelare le cose che per necessità, consuetudine o destinazione sono esposte alla pubblica fede e dunque prive della custodia del proprietario.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 31646/17 depositata il 28 giugno. La vicenda. La Corte d’appello di Milano riformava parzialmente la pronuncia di prime cure e condannava l’imputato per danneggiamento aggravato, dichiarando invece non doversi procedere per intervenuta prescrizione per l’imputazione di porto di strumento atto ad offendere. L’imputato ricorre in Cassazione avverso tale pronuncia dolendosi per il riconoscimento della circostanza aggravante del danneggiamento relativa all’esposizione del bene alla pubblica fede. Deduce il ricorrente che, nel momento in cui aveva rotto la vetrina di un bar, il proprietario era all’interno mentre la Corte territoriale aveva ritenuto indiscusso che la vetrina fosse un bene esposto alla pubblica vede perché posta sulla via pubblica. Danneggiamento. La Corte coglie l’occasione per sottolineare che la ratio dell’aggravante in parola è quella di tutelare le cose che per necessità, consuetudine o destinazione sono esposte alla pubblica fede e dunque prive della custodia del proprietario. Da ciò consegue che l’aggravante non può essere riscontrata laddove il proprietario sia comunque in grado di svolgere una sorveglianza diretta e continua del bene reagendo ad eventuali aggressioni. Sottolineando in conclusione che dagli accertamenti probatori era emerso che il ricorrente aveva infranto la vetrina del bar durante un accesso diverbio con il titolare e dunque alla sua presenza e sotto la sua diretta sorveglianza, il Collegio esclude la sussistenza dell’aggravante e annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto di danneggiamento semplice non è più previsto come reato.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, ordinanza 16 marzo – 28 giugno 2017, numero 31646 Presidente Davigo – Relatore Verga Ritenuto in fatto Ricorre per cassazione, a mezzo del difensore, BE. Ma. avverso la sentenza della Corte d'appello di Milano che il 26 aprile 2016, in parziale riforma della sentenza del Tribunale che l'aveva condannato per danneggiamento aggravato e porto di strumento atto a portare offesa alla persona, dichiarava non doversi procedere per intervenuta prescrizione con riguardo a quest'ultimo ultimo reato e per l'effetto rideterminava la pena. Deduce il ricorrente vizio di motivazione per omessa decisione su uno specifico motivo di appello in ordine all'insussistenza della circostanza aggravante di cui al comma 2 numero tre dell'articolo 635 stante la presenza del proprietario del bar al momento della rottura della vetrina. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. La Corte d'Appello ha affermato la sussistenza dell'aggravante in maniera apodittica, ritenendo indiscusso che la vetrina di un locale sulla pubblica via sia un bene esposto alla pubblica fede. In realtà la maggiore tutela alle cose esposte alla pubblica fede per necessità o per consuetudine o per destinazione è stata individuata nel fatto che esse sono prive della custodia da parte del proprietario sicché la proprietà od anche il possesso di esse ha come presidio soltanto il senso del rispetto da parte dei terzi. Proprio dalla ratio della norma si è arrivati ad affermare che l'aggravante non sussiste quando la cosa si trovi sotto diretta e continua sorveglianza perché la situazione è tale da consentire al proprietario, di fronte all'aggressione del bene, di reagire impedendo l'evento. La giurisprudenza ha infatti ritenuto che l'aggravante dell'esposizione alla pubblica fede possa essere esclusa da una sorveglianza esercitata sulla cosa se questa formi oggetto di una diretta e continua custodia da parte del proprietario o di persona addetta, sottolineando l'inidoneità a fare venire meno la sussistenza dell'aggravante una sorveglianza generica della polizia o una sorveglianza che, per sua natura, è necessariamente saltuaria ed eventuale, anche se specificamente esercitata dal possessore o da altri Cass.numero N. 12601 del 1995 Rv. 203138, N. 561 del 2009 Rv. 242716, N. 12880 del 2015 Rv. 262779 N. 9245 del 2015 Rv. 263258 . Con riguardo specifico al bene in argomento è stato affermato che non integra l'ipotesi di danneggiamento aggravato ex art. 635, comma secondo, numero 3 cod. penumero pre Novella, ora art. 635 co 2 c.p., come modificato dal D.Lgs. numero 7 del 2016, in relazione all'ipotesi di cui all'art. 625, comma primo, numero 7 cod. penumero lo sfondamento della vetrata di un bar in presenza del suo titolare Cass.numero 46187/2004 Rv. 231168 numero 37889 del 2010 Rv. 248875 . Anche la sentenza numero 23282 del 2015 Rv. 263626 di questa Corte che, così come massimata, sembrerebbe affermare un diverso orientamento in realtà, dalla lettura della motivazione, emerge un giudizio conforme a quanto indicato nelle pronunce richiamate. Ha infatti ritenuto che ricorre l'ipotesi di danneggiamento aggravato, ai sensi dell'art. 635, comma secondo, numero 3, in relazione all'art. 625 numero 7 cod. penumero fatto commesso su cose esposte alla pubblica fede , nel caso di effrazione di una vetrina di un locale pubblico affacciata sul marciapiede, perchè essa non può ritenersi affidata alla custodia diretta e continua del proprietario, che, trovandosi all'interno dell'esercizio impegnato con la clientela, non ha la possibilità di evitare eventi dannosi, neanche usando tutti gli accorgimenti e la diligenza del caso, ribadendo i concetti espressi nelle sentenze citate e ritenendo che, per la configurabilità dell'aggravante, sia indispensabile che la cosa, per la sua specificità, si trovi in una minorata difesa rispetto alla possibilità di danneggiamento da parte di terzi, e che invece l'aggravante non sia ravvisabile quando il proprietario eserciti su di essa una diretta e continua sorveglianza, astrattamente idonea ad impedire l'evento. Ha quindi ritenuto che correttamente era stata ravvisata l'aggravante nel caso in esame perchè la vetrina del locale pubblico - affacciata sul marciapiede e, per tale ragione, esposta alla pubblica fede, rectius, al rispetto dei terzi - non poteva ritenersi affidata alla custodia diretta e continua da parte del proprietario, il quale, trovandosi all'interno dell'esercizio impegnato con la clientela, non aveva la possibilità di impedire eventi dannosi, neanche usando tutti gli accorgimenti e la diligenza del caso. Ha però aggiunto che l'unico caso in cui l'esclusione dell'aggravante potrebbe ritenersi fondata era quello in cui fosse dimostrato che il titolare, in quanto costantemente presente presso la vetrina del locale come nel caso in cui davanti ad essa fosse posizionata la cassa, ove egli abitualmente sieda durante l'orario di apertura al pubblico , fosse in grado di esercitare una custodia diretta e continua del bene, intrinsecamente idonea ad impedire l'evento. Ciò premesso non può non rilevarsi che nel caso in esame è emerso con certezza che la vetrina è stata infranta dal BE. mentre aveva in corso un acceso diverbio con il titolare del bar e quindi alla sua presenza e perciò sotto la sua diretta sorveglianza . Alla luce di tutte le argomentazioni espresse non può quindi ritenersi sussistente l'aggravante contestata. L'esclusione dell'aggravante impone l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto danneggiamento semplice con l'entrata in vigore del decreto legislativo numero 7 del 15 gennaio 2016 non è previsto come reato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché, esclusa l'aggravante contestata, il fatto non è previsto dalla legge come reato.