Maltrattamenti sulla moglie: inapplicabile la provocazione per il vecchio torto subito

Definitiva la condanna per l’uomo. Inutile il richiamo difensivo a una ingiustizia subita ad opera della consorte. Lo stato d’ira non può riemergere più volte nel corso del tempo.

Violenze e maltrattamenti a ripetizione sulla moglie. Condanna inevitabile per il marito, che non può giustificarsi richiamando un vecchio torto subito ad opera della consorte. Impensabile per lui sostenere che abbia agito in preda all’ira Cassazione, sentenza n. 31496/17, sez. VI Penale, depositata il 26 giugno . Tempo. Ridotta in Appello la pena originariamente sancita in Tribunale. Confermata, però, la responsabilità dell’uomo per maltrattamenti e lesioni a danno della moglie. Il legale prova a ottenere un ulteriore alleggerimento della sanzione per il proprio cliente. E in questa ottica sostiene che il marito abbia agito in preda a uno stato d’ira a causa di un fatto ingiusto operato dalla moglie. Il richiamo difensivo non è però ritenuto plausibile in Cassazione. Dando per certe le condotte violente dell’uomo, certificate dalle dichiarazioni della vittima e del figlio della coppia e da una certificazione medica , è impossibile parlare di provocazione da parte della donna. Ciò perché, spiegano i magistrati, sebbene lo stato d’ira possa riemergere al ricordo dell’ingiustizia patita e causare un comportamento anche temporalmente da essa distante, deve escludersi che esso possa reiterarsi indeterminatamente e a più riprese giustificando l’applicazione dell’attenuante , a fronte di un reato che, come in questa vicenda, è costituito da una serie condotte antigiuridiche analoghe che si replicano nel tempo . Anche perché, viene aggiunto, la reazione emotiva a un fatto ingiusto non deve tradursi nella espressione di un proposito di rivalsa e di vendetta a cui l’ordinamento possa dare riconoscimento .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 24 maggio – 26 giugno 2017, n. 31496 Presidente Carcano – Relatore Costanzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza n. 618 del 2016 la Corte di appello di Salerno ha parzialmente riformato la condanna inflitta dal Tribunale di Salerno a Fa. Mo. per maltrattamenti capo art. 572 cod. pen. e lesioni personali capo B artt. 582, comma 2, e 585 in relazione agli art. 576, comma 1 nn. 1 e 2, 577, comma 1 n. 4 e 61 nn. 2 e 4 cod. pen. nei confronti della moglie Teresa Incarnato, ritenendo prevalenti sulle aggravanti le circostanze attenuanti generiche e riducendo la pena. 2. Nel ricorso di Mo. si chiede l'annullamento della sentenza deducendo violazione di legge e vizio di motivazione a per omessa notifica del decreto di citazione a giudizio immediato b per mancanza di prova della responsabilità dell'imputato anche circa la sussistenza del dolo unitario e per omessa motivazione del diniego della circostanza attenuante ex art. 62 n. 2 cod. pen. . Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato la sentenza impugnata ha già congruamente disatteso le deduzioni contenute nel ricorso in esame e già oggetto dei motivi di appello rilevando che il decreto di citazione a giudizio è stato notificato presso il domicilio di Mo. e poi ritirato presso l'ufficio postale. Le deduzioni sviluppate nel secondo motivo di ricorso risultano del tutto generiche, mentre nella sentenza impugnata si dà seppur succintamente conto del fatto che le dichiarazioni della persona offesa sono coerenti e credibili in sé ma anche riscontrate dalle dichiarazioni del figlio e dalla certificazione medica in atti. Il terzo motivo di ricorso è generico, nulla argomentando a sostegno della applicazione della attenuante, che peraltro non risulta essere già stata chiesta in appello. In ogni caso, l'attenuante della provocazione non è compatibile con un reato a condotta abituale. Sebbene lo stato d'ira, che costituisce uno degli elementi della fattispecie in cui si compendia l'attenuante di cui all'art. 62 n. 2 cod. pen., possa risorgere al ricordo dell'ingiustizia patita e causare un comportamento anche temporalmente da essa distante, deve escludersi che possa reiterarsi indeterminatamente giustificando l'applicazione dell'attenuante al reato, costituito da una serie di comportamenti antigiuridici analoghi che si replicano nel tempo, perché una reazione emotiva a un fatto ingiusto non deve tradursi nella espressione di un proposito di rivalsa e di vendetta al quale l'ordinamento possa dare riconoscimento Sez. 6, n. 10006 del 24/04/1991, Rv. 188235 . 2. Pertanto, il ricorso risulta inammissibile e dalla sua inammissibilità deriva ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1500. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1500 in favore della cassa delle ammende.