Omessa notifica del decreto di citazione a giudizio e conflitto negativo di competenza

La Cassazione, in tema di conflitto negativo di competenza, afferma che non può dirsi abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento, rilevata la totale mancanza della notifica all’imputato del decreto di citazione in giudizio, disponga la restituzione degli atti all’autorità emittente del provvedimento affinché vi adempia, in quanto detto atto, è espressione di poteri riconosciuti al giudice dall’ordinamento e non determina, in ogni caso, la stasi del procedimento.

Così ha deciso la Corte con la sentenza n. 31474/17, depositata il 26 giugno. Il caso. Il Tribunale di Cassino, dinnanzi al quale era stato disposto il giudizio nei confronti di due imputati, rilevava l’omessa notificazione del decreto ad uno dei due. Il Tribunale, quindi, rinviava il processo e restituiva gli atti al GUP, per l’esecuzione della notifica del decreto. Il Giudice dell’Udienza Preliminare, considerata la propria incompetenza nella notificazione degli atti, sollevava conflitto negativo di competenza dinnanzi alla Corte di Cassazione. Conflitto negativo di competenza. Nel caso di specie la Corte ritiene il ricorso inammissibile, rilevando la mancata sussistenza di un conflitto negativo di competenza in senso proprio, né di un caso analogo, dovendo la fattispecie ritenersi regolata, per quanto concerne l’aspetto procedimentale, dal principio di prevalenza della decisione del giudice del dibattimento su quella del Giudice dell’Udienza Preliminare dettato dall’art. 28, comma 2, c.p.p. . La Cassazione prosegue, rilevando come il carattere generale dell’abnormità esiga per la sua rilevazione che un giudice eserciti un potere, già in via astratta, non consentitogli dall’ordinamento processuale. Infatti, il carattere funzionale dell’abnormità dell’atto si sostanzia quando questo determina la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo, per cui l’abnormità si verifica quando il provvedimento giudiziario imponga all’altra Autorità giudiziaria un adempimento idoneo a concretizzarsi in un atto nullo rilevabile nel corso futuro del procedimento o del processo. Nel caso di specie, quindi, con particolare riferimento ai rapporti fra Giudice del Dibattimento e Giudice dell’Udienza Preliminare, la Corte rileva sia applicabile la disciplina dei casi analoghi” di conflitto, ex art. 28, comma 2, c.p.p. regola che – con riferimento al caso in cui i suddetti giudici appartengano allo stesso ufficio - contempla la prevalenza del provvedimento del giudice del dibattimento, a proposito della quale è da reputarsi che in un caso come quello attuale si sia in presenza di un regresso consentito” . La ratio della prevalenza della decisione del giudice del dibattimento è volta ad evitare che i dissensi tra giudici dello stesso ufficio si possano elevare al rango di conflitti. Ne deriva che non possa dirsi abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento, rilevata la totale mancanza della notifica all’imputato del decreto di citazione in giudizio, disponga la restituzione degli atti all’autorità emittente del provvedimento affinché vi adempia, costituendo detto atto, espressione di poteri riconosciuti al giudice dall’ordinamento e non determinando, in ogni caso, la stasi del procedimento. Per questi motivi la Corte dichiara inammissibile il conflitto.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 2 marzo – 26 giugno 2017, n. 31474 Presidente Di Tommassi – Relatore Siani Ritenuto in fatto 1 Il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Cassino - con riferimento al processo instaurato nei confronti di D.N.E. e G.C. imputati, il primo, di illegale detenzione e ricettazione di arma comune da sparo ed, entrambi, di coltivazione illegale di sostanza stupefacente del tipo marijuana - ha preso atto che, emesso in data 18 febbraio 2016 il decreto che ha disposto il giudizio innanzi al Tribunale di Cassino nei confronti di entrambi gli imputati, all’udienza del 6 luglio 2016 il Giudice del dibattimento, dopo aver rilevato l’omessa notifica del decreto alla G. , aveva rinviato il processo all’udienza del 15 febbraio 2017 e restituito gli atti al Giudice dell’udienza preliminare per l’esecuzione della notifica del decreto alla medesima siccome essa risultava completamente omessa e, considerato che non competesse al proprio Ufficio svolgere l’attività notificatoria derivante dal provvedimento emesso dal Tribunale, ha sollevato conflitto negativo di competenza disponendo trasmettersi gli atti alla Corte di cassazione. Il G.u.p. ha evidenziato che, in ipotesi di mancata notificazione del decreto che aveva disposto il giudizio, a provvedere per l’effettuazione del relativo incombente dovesse essere il giudice del dibattimento senza restituire gli atti al giudice dell’udienza preliminare non incidendo la mancata notificazione sulla validità dell’atto. Ha ritenuto altresì che in questo snodo non era applicabile il disposto dell’art. 28, comma 2, cod. proc. pen., il quale stabiliva la prevalenza della determinazione del giudice del dibattimento, poiché esso non valeva in ipotesi di atto abnorme. E, siccome il decreto non era affetto da alcuna delle cause di nullità intrinseche tipizzate dall’art. 429 cod. proc. pen., essendo soltanto necessario rinnovare la notificazione del decreto, tale compito avrebbe dovuto essere espletato dallo stesso giudice del dibattimento, ai sensi dell’art. 143 disp. att. cod. proc. pen. di conseguenza, la regressione del processo per l’effettuazione della nuova notificazione costituiva atto abnorme, cosa che era avvenuta nella specie, in quanto il provvedimento del Tribunale aveva determinato, senza una formale dichiarazione di nullità, la regressione del processo nella sua interezza, vale a dire anche nei confronti del coimputato presente all’udienza dibattimentale e per la cui posizione non era stata rilevata alcuna omissione di notifica. 2. Il Giudice del dibattimento del Tribunale di Cassino ha rilevato che la determinazione di restituire al Giudice dell’udienza preliminare gli atti occorrenti per l’effettuazione della notifica del decreto alla G. era discesa dalla constatazione che la formalità notificatoria in esame era stata del tutto omessa, sicché non poteva applicarsi il disposto dell’art. 143 disp. att. cod. proc. pen. il quale disciplinava il diverso caso della rinnovazione della notificazione del decreto che, pur effettuata, per qualsiasi motivo non fosse da ritenersi validamente perfezionata, di guisa che presupposto per la sua applicazione era che non si fossero verificate invalidità tali da precludere il passaggio dalla fase dell’udienza preliminare o, comunque, delle indagini preliminari alla fase del dibattimento. In questo caso doveva verificarsi la regressione stabilita dall’art. 185, comma 3, cod. proc. pen. e, data la mancanza del regolare passaggio dalla fase delle indagini preliminari a quella del dibattimento, la restituzione degli atti non aveva determinato alcuna indebita regressione del processo, avendo il Giudice, nel provvedimento, anche la nuova data di comparizione e ferma restando la validità della prima notificazione per il coimputato, per cui non si rendevano necessari adempimenti diversi da quello della spedizione della notificazione del decreto, anteriormente omessa. 3. Il Procuratore generale ha chiesto determinarsi la competenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Cassino, giacché non si trattava di rinnovare un atto nullo, ma di notificare il decreto per la prima volta, non essendo stato effettuato l’adempimento in precedenza. Considerato in diritto 1. La Corte ritiene il conflitto inammissibile in ragione della constatazione della mancata evenienza nel caso in esame di un conflitto - negativo - di competenza in senso proprio, né di un caso analogo, dovendo la fattispecie ritenersi regolata, per quanto concerne l’aspetto procedimentale, dal principio di prevalenza della decisione del giudice del dibattimento su quella del giudice dell’udienza preliminare dettato dall’art. 28, comma 2, cod. proc. pen 2. È da osservare, quanto alle particolarità rilevanti del caso in esame, che il Tribunale di Cassino, in composizione monocratica, alla prima udienza dibattimentale del 6 luglio 2016, relativa al sopra indicato processo con due imputati - D.N.E. e G.C. - nel corso del controllo del contraddittorio, dopo aver rilevato la regolare instaurazione del rapporto processuale con il D.N. , ha preso atto della radicale omissione di notificazione del decreto ex art. 429 cod. proc. pen. nei confronti della G. . Ed, allora, sulla premessa che non si era instaurato quel rapporto processuale, il Giudice monocratico ha disposto il rinvio del processo innanzi a sé per l’udienza del 15 febbraio 2017 ed ha affiancato a questo provvedimento quello di restituzione degli atti al Giudice dell’udienza preliminare per l’esecuzione della notificazione del decreto dispositivo del giudizio alla G. . Ove si consideri, dunque, la sostanza del provvedimento emesso dal Tribunale, con esso - al di là di ogni valutazione circa la sua fondatezza - non risulta essersi determinata un’indebita regressione del procedimento, né una sua stasi, posto che dato per assodato l’ulteriore corso in quella sede per la posizione del D.N. , anche per quella della G. il Giudice monocratico ha di fatto fissato l’unica data per la prosecuzione del simultaneus processus, avendo poi ritenuto che l’attività notificatoria per l’instaurazione del contraddittorio nei riguardi della suddetta imputata non competesse al suo ufficio, bensì a quello del Giudice dell’udienza preliminare, che aveva in precedenza omesso l’adempimento sicché la disposizione di restituzione dei relativi atti è stata coordinata alla sola effettuazione del suddetto adempimento strumentale, non per l’espletamento o la rinnovazione di alcuna attività provvedimentale da parte del Giudice dell’udienza preliminare. 3. Così inquadrata la peculiare fattispecie, la Corte reputa che il provvedimento del 6 luglio 2016, indipendentemente dalla sua fondatezza, non possa considerarsi abnorme, essendo espressione dei poteri, strumentali all’istituzione del contraddittorio, riconosciuti al giudice dall’ordinamento e non determinando esso la stasi del procedimento, apparendo ordinariamente possibile alla struttura amministrativa addetta all’ufficio del Giudice dell’udienza preliminare - appartenente al medesimo Tribunale di Cassino - procedere alla notificazione del predetto decreto. In tale prospettiva si rimarca che il carattere strutturale dell’abnormità esige per la sua rilevazione il riscontro dell’esercizio da parte del giudice di un potere, già in via astratta, non attribuitogli dall’ordinamento processuale, ovvero della deviazione, in concreto, del provvedimento giudiziale rispetto al modello legale, mentre il carattere funzionale dell’abnormità dell’atto si enuclea quando esso determina la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo, per cui l’abnormità si verifica soltanto quando il provvedimento giudiziario imponga all’altra Autorità giudiziaria un adempimento idoneo ad integrare un atto nullo rilevabile nel corso futuro del procedimento o del processo. In effetti, soltanto in queste evenienze il giudice ad quem ha titolo per ricorrere, poiché, se svolgesse l’attività devoluta, determinerebbe un vulnus effettivo alla regolarità del processo. Nelle restanti situazioni essa deve osservare i provvedimenti emessi dal giudice a quo, facendo premio sull’esatta definizione dei compiti devoluti alle singole autorità giudiziarie l’esigenza di speditezza processuale, in una situazione che è in ogni caso connotata da persistente regolarità sul concetto di abnormità v. Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, Toni, Rv. 243590 si profila utile ricordare anche che in precedenza Sez. U, n. 17 del 10/12/1997, dep. 1998, Di Battista, Rv. 209603, ha escluso la configurabilità di un atto abnorme nella declaratoria di parziale nullità, da parte del giudice del dibattimento, del decreto che dispone il giudizio per mancata o insufficiente enunciazione del fatto contestato e della contestuale trasmissione al g.i.p. per quanto di competenza . Va del pari ricordato come la Corte di legittimità, nella sua massima espressione, quando ha affermato che, nell’ipotesi di nullità della notificazione del decreto di citazione o di inosservanza del termine stabilito dall’art. 552, comma 3, cod. proc. pen., il giudice del dibattimento deve provvedere egli stesso a rinnovare la notifica, senza poter disporre la restituzione degli atti al pubblico ministero con un provvedimento che, determinando una indebita regressione del processo, si configurerebbe come abnorme, abbia espressamente evidenziato in motivazione che diverso è il caso limite in cui l’ufficio in quel caso del pubblico ministero ometta l’attività di notificazione, poiché, in siffatto frangente, la trasmissione degli atti al giudice del dibattimento avviene in violazione dell’art. 553 cod. proc. pen. e si giustifica la restituzione degli stessi al pubblico ministero perché curi lo svolgimento dell’attività indebitamente omessa, senza però che ciò comporti anche la dichiarazione di nullità del decreto di citazione Sez. U, n. 28807 del 29/05/2002, Manca, Rv. 221999 . Con particolare riferimento ai rapporti fra giudice del dibattimento e giudice dell’udienza preliminare rileva allora la disciplina dei casi analoghi di conflitto, ex art. 28, comma 2, cod. proc. pen., regola che - con riferimento al caso in cui entrambi i suddetti giudici appartengano allo stesso ufficio - contempla la prevalenza del provvedimento del giudice del dibattimento, a proposito della quale è da reputarsi che in caso come quello attuale si sia in presenza di un regresso consentito , anche quando i presupposti che ne legittimano l’emanazione siano stati ritenuti sussistenti in modo erroneo e quindi di fatto il potere sia stato male esercitato, sempre che esso non sia sfociato in un atto abnorme nel senso prima precisato. La regola della prevalenza della decisione del giudice del dibattimento si ispira alla ratio di escludere l’elevazione al rango dei conflitti, anche in via analoga, dei dissensi fra quei giudici appartenenti allo stesso ufficio come pure fra giudice e corrispondente pubblico ministero in ordine a situazioni diverse da quelle determinate dall’emanazione di un atto abnorme, risultando in tali casi preminente l’interesse alla sollecita definizione del processo in thesi non caduto in situazioni di impossibilità di prosecuzione . Orbene, non può dirsi abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento, rilevata la totale mancanza della notifica all’imputato del decreto di citazione a giudizio, invece di procedere autonomamente alla rinnovazione della stessa, disponga la restituzione degli atti all’autorità emittente il provvedimento affinché vi adempia, costituendo detto provvedimento, in linea di principio, espressione di poteri riconosciuti al giudice dall’ordinamento e non determinando, comunque, la stasi del procedimento v. in tal senso, fra le più recenti, Sez. 4, n. 27027 del 27/04/2015, Cernat, Rv. 263867 . 4. L’esito delle considerazioni svolte è che il contrasto verificatosi tra il giudice del dibattimento ed il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Cassino, in carenza del riscontro di atto definibile come abnorme, resta regolato dalla disciplina di cui all’art. 28, comma 2, cod. proc. pen. e si risolve con la prevalenza della decisione del giudice del dibattimento. In corrispondenza di tale rilievo, proprio l’appartenenza di entrambi i giudici allo stesso plesso non esclude, in relazione alla natura strumentale dell’attività oggetto di dissenso, che - impregiudicata l’autonomia della sfera di ciascuno dei giudici - la soluzione di questo caso e di quelli similari trovi la sua base in misure organizzative di per sé adeguate a regolare le modalità di espletamento dell’attività notificatoria omessa. P.Q.M. Dichiara inammissibile il conflitto.