Falso sinistro per truffare un anziano: c’è l’aggravante della minorata difesa

L’avanzata età della persona offesa può essere condizione sufficiente per riscontrare l’aggravante dell’approfittamento della minorata difesa laddove il giudice accerti che la condotta sia stata agevolata dalla scarsa lucidità o dall’incapacità di orientamento della vittima nella comprensione degli eventi.

Il principio è stato affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 31454/17 depositata il 23 giugno. Il caso. Il Tribunale di Milano confermava la misura della custodia cautelare in carcere per un soggetto indagato per truffa aggravata dalle condizioni di minorata difesa della persona offesa e furto aggravato dall’uso del mezzo fraudolento. Come risultava dagli atti, l’indagato ed il suo complice avevano simulato un falso incidente stradale per indurre un 84enne a scendere dalla propria auto per constatare i danni procurati al loro veicolo – ed in realtà inesistenti -, inducendolo poi ad allontanarsi per poter impossessarsi degli oggetti rimasti all’interno dell’abitacolo. L’indagato impugna la sentenza per la cassazione dolendosi per l’applicazione delle circostanze aggravanti. Circostanze aggravanti. La Corte di Cassazione condivide l’argomentazione del giudice di merito che ha individuato nell’avanzata età della persona offesa la situazione inquadrabile nel concetto di minorata difesa per la sua minore capacità di rendersi conto di essere il soggetto passivo delle altrui condotte illecite e di reagire con lucidità. Infatti, ai fini dell’aggravante in parola, a seguito dell’entrata in vigore della l. n. 94/2009, il giudice ha il compito di verificare, nei casi di reati commessi in danno di persone anziane, se la condotta sia stata agevolata dalla scarsa lucidità o incapacità di orientamento della vittima nella comprensione degli eventi. Come emerso nel caso di specie, il ricorrente ed il suo compito avevano scelto la vittima proprio in relazione alla sua ben visibile età avanzata, cagionandogli una situazione di debolezza ed ansia di cui avevano poi approfittato. Ugualmente inammissibile è la censura relativa all’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento in relazione all’imputazione di furto posto che l’allontanamento della vittima dall’auto è stato provocato appositamente dai due complici che avevano preordinato sia la truffa del falso sinistro stradale che il furto degli oggetti prelevati dall’auto delle vittima. Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 2 marzo – 23 giugno 2017, n. 31454 Presidente Bruno – Relatore De Gregorio Ritenuto in fatto Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Milano ha confermato la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dell’indagato per i delitti di truffa e furto, aggravati dalle condizioni di minorata difesa, ed il secondo aggravato anche dall’uso del mezzo fraudolento fatto di omissis . 1. Ha proposto ricorso l’indagato, che col primo motivo ha censurato l’errata applicazione degli artt. 59, 640, 61 n 5 cp, poiché il Tribunale avrebbe violato la prima norma per la quale le circostanze aggravanti non conosciute e non conoscibili senza colpa non possono essere attribuite all’indagato nella fattispecie concreta la vittima della truffa appariva come un soggetto normalmente abile, tanto da guidare l’automobile senza problemi, né era percepibile la cardiopatia da cui era affetto. 1.1 Col secondo motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 624,625 n 2 cp, poiché il provvedimento aveva ritenuto integrata l’aggravante del mezzo fraudolento per il furto delle sigarette custodite all’interno dell’abitacolo dell’auto era vero che nell’eseguire la truffa gli indagati avevano incoraggiato la vittima ad attraversare la strada, per constatare i danni cagionati dal finto incidente ma tale comportamento sarebbe stato realizzato al solo scopo di perpetrare la truffa ed il furto delle sigarette era stato solo occasionale. 1.2 Tramite il terzo motivo è stato criticato il provvedimento per mancata motivazione circa la custodia cautelare in carcere e la sua adeguatezza alle esigenze cautelari del caso concreto. Le fattispecie incriminatrici di cui all’ad 640 cp e 624 cp, infatti, importano una pena edittale massima fino a tre anni, per la quale è inapplicabile ogni misura detentiva inoltre la motivazione non avrebbe esposto le ragioni della scelta della misura cautelare più afflittiva e non avrebbe considerato che l’indagato era sostanzialmente incensurato. In data 13 Febbraio 2017 la difesa dell’indagato ha depositato in Cancelleria memoria, con la quale ha ribadito le censure circa la ravvisata sussistenza delle aggravanti della minorata difesa e dell’uso del mezzo fraudolento. All’odierna udienza il PG, dr D.l, ha concluso per il rigetto e l’avvocato Tripodi per l’indagato si è riportato ai motivi. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. 1. Deve, infatti, osservarsi che il Tribunale nell’individuare l’anziana età - 84 anni della vittima del reato quale situazione personale inquadrabile nel concetto di minorata difesa, in relazione alla sua minore capacità di rendersi conto di essere soggetto passivo di condotte illecite altrui e di reagire con lucidità ad esse, ha fatto buon uso dei principi elaborati da questa Corte sullo specifico tema. Ai fini della configurabilità della circostanza aggravante della minorata difesa, l’età avanzata della vittima del reato, a seguito delle modificazioni legislative introdotte dalla legge n. 94 del 2009, rileva in misura maggiore, attribuendo al Giudice il compito di verificare, allorché il reato sia commesso in danno di persona anziana, se la condotta criminosa posta in essere sia stata agevolata dalla scarsa lucidità o incapacità di orientarsi da parte della vittima nella comprensione degli eventi secondo criteri di normalità. Sez. 5, Sentenza n. 38347 del 13/07/2011 Ud. dep. 24/10/2011 Rv. 2509 48 conforme Sez. 2, Sentenza n. 35997 del 23/09/2010 Cc. dep. 07/10/2010 Rv. 248163. Sez 2 sent. 8998 del 18.11.2014. 1.1 Nella fattispecie concreta il provvedimento ha adeguatamente posto in luce che i comportamenti tenuti dal ricorrente e dal suo complice, consistiti nel suonare il clacson e usare i lampeggianti per far fermare l’auto guidata dalla persona offesa,invitarlo a scendere per constatare i danni - immaginari - che avrebbe provocato, indurlo in tal modo ad attraversare la strada per allontanarlo dalla sua auto, avevano trovato causa proprio nella considerazione da parte degli autori dei reati dell’età del truffato. Questi, del resto, aveva riferito alla PG - e la motivazione ne ha dato congruamente atto che aveva dato una banconota da 50 Euro ai due per evitare rogne, temendo anche per la sua salute, essendosi agitato ed essendo soggetto cardiopatico. 1.2 Da tale ricostruzione del fatto, razionale ed aderente agli atti, il Collegio ha tratto la coerente conclusione che i comportamenti degli indagati avevano cagionato alla vittima della truffa una situazione di debolezza e di ansia, nel che era consistita la minorata difesa, derivante non dalla cardiopatia - di cui essi nulla potevano ovviamente sapere - ma dalla ben visibile età avanzata del conducente dell’auto, condizione che gli stessi, all’evidenza, avevano tenuto presente nel prendere di mira proprio quel soggetto. 1.3 Neppure è positivamente apprezzabile la critica alla ritenuta aggravante dell’uso del mezzo fraudolento per la consumazione del furto delle sigarette sottratte dall’abitacolo. In proposito deve osservarsi che la motivazione ha ben chiarito che l’allontanamento della vittima dalla sua auto è stato provocato ad arte e che uno dei due autori dei reati è rimasto vicino al veicolo proprio allo scopo di poter rubare qualcosa all’interno dell’abitacolo, che era rimasto incustodito e con la portiera aperta. In definitiva, ed alla luce della motivazione censurata, è emerso con nitore che gli indagati avevano preordinato sia la truffa del falso sinistro stradale, sia il furto di oggetti da prelevare dalla vettura fatta abbandonare dalla persona offesa, col pretesto della constatazione dei danni. 2. Quanto alle esigenze cautelari la doglianza difensiva non ha tenuto conto che per il delitto di truffa, l’aggravante di cui all’art. 61 n 5 cp introdotta con legge 94/2009 all’art. 640/2 bis cp, fa innalzare la pena prevista per il reato base fino a cinque anni di reclusione, mentre il furto pluriaggravato ex artt. 624, 625 n. 2 e 61 n. 5 cp importa la pena detentiva da tre a dieci anni. Per altro verso la motivazione censurata, nel fare riferimento a pregressi ed analoghi comportamenti truffaldini realizzati dall’indagato ed alla gravità delle condotte realizzate nell’occasione si presenta non manifestamente illogica, né tantomeno apparente. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato. Ai sensi dell’ad 94 comma 1 ter disp att cpp copia del presente provvedimento deve essere trasmesso a cura della Cancelleria al direttore dell’istituto penitenziario per i suoi adempimenti. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per i suoi adempimenti ex art. 94 comma 1 ter disp att cpp.