Sequestro preventivo per omesso versamento dell’IVA? Sì, ma attenzione alla pensione

È regola generale del nostro ordinamento processuale quella che vieta il sequestro e il pignoramento di trattamenti retributivi, pensionistici e assistenziali in misura eccedente un quinto del loro importo al netto delle ritenute.

Così ha stabilito il Collegio di legittimità con sentenza n. 30820/17 depositata il 21 giugno. Il caso. L’imputato, nella qualità di legale rappresentante della società, ometteva di versare l’IVA dovuta per diversi anni e il GIP di Siracusa sottoponeva a sequestro preventivo, in virtù della possibile confisca per equivalente, la somma di € 727 392mila in qualsiasi forma da lui detenuta. Il Tribunale, in funzione di giudice del riesame confermava tale misura, in quanto giustificata dall’astratta configurabilità del fumus delicti. L’imputato ricorre per cassazione deducendo la violazione di legge laddove è stato confermato il sequestro dell’intero attivo del conto corrente bancario, sebbene su questo veniva periodicamente versata la sua pensione. La pensione è un diritto inalienabile. Gli Ermellini ritengono che tale doglianza sia fondata in virtù di un consolidato principio giurisprudenziale secondo cui, in tema di sequestro preventivo funzionale alla successiva confisca per equivalente, è regola generale dell’ordinamento processuale quella relativa al divieto di sequestro e pignoramento di trattamenti retributivi, pensionistici e assistenziali in misura eccedente un quinto del loro importo al netto delle ritenute , in virtù della riconducibilità dei predetti trattamenti nell’area dei diritti inalienabili della persona tutelati all’art. 2 Cost Pertanto, il Collegio di legittimità annulla l’ordinanza impugnata, limitatamente al sequestro della somma eccedente il quinto di quanto percepito dal ricorrente a titolo di trattamento pensionistico e rinvia al Tribunale di Siracusa.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 18 ottobre 2016 – 21 giugno 2017, n. 30820 Presidente Amoresano – Relatore Gentili Ritenuto in fatto Il Tribunale di Siracusa, in funzione di giudice del riesame, con ordinanza del 9 maggio 2016 ha rigettato il ricorso presentato da V.G. avverso il provvedimento con il quale il Gip di quel Tribunale, il precedente 5 aprile 2016, aveva sottoposto a sequestro preventivo, prodromico alla confisca per equivalente, la somma di Euro 727.392,00, in qualsiasi forma detenuta dal V. e nella disponibilità di questo. Il Tribunale ha, infatti, osservato che a carico del V. era stata provvisoriamente contestata la violazione degli artt. 81, cpv, cod. pen e 10-ter del dlgs n. 74 del 2000, per avere egli, nella qualità di legale rappresentante della Progema Impianti Srl, omesso di versare l’imposta sul valore aggiunto dovuta per diversi anni, fra i quali l’anno 2009 dalle dichiarazioni a tal fine dal medesimo presentate, per un importo, relativamente a tale ultimo anno, pari ad Euro 727.392,00 essendo tale fattispecie fra quelle che legittimano la adozione della misura cautelare in questione, il Tribunale ha rilevato che, in assenza di elementi in senso contrario, la astratta configurabilità del fumus delicti giustificava la adozione del provvedimento. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il V. , deducendo, quale primo motivo di impugnazione, la violazione di legge per avere il Tribunale ritenuto utilizzabili gli atti di indagine compiuti a carico del V. sebbene fossero già scaduti, al momento della loro esecuzione, i termini per lo svolgimento delle indagini preliminari. In via subordinata il ricorrente ha dedotto sia sotto il profilo della violazione di legge che sotto quello della omessa motivazione il mancato parziale annullamento della ordinanza impugnata nella parte in cui è stato confermato l’assoggettamento a sequestro dell’intero attivo del conto corrente bancario n. omissis , sebbene su di esso venga periodicamente accreditato il trattamento pensionistico del ricorrente che non è suscettibile di sequestro se non nella misura di un quinto del suo importo mensile. Considerato in diritto Il ricorso è solo parzialmente fondato e, pertanto, lo stesso deve essere accolto nei limiti di quanto di ragione. Con riferimento al primo motivo di censura, osserva il Collegio che sul punto da esso posto in discussione la ordinanza impugnata è argomentata nel senso che la comunicazioni di notizia di reato datata 9 febbraio 2016, in relazione alla quale è stato disposto il sequestro preventivo per cui è giudizio, deve essere ritenuto un mero atto riepilogativo della precedente attività di indagine, svolta, quella, nel pieno rispetto dei termini di durata delle indagini preliminari. A fronte di tale argomentazione il ricorrente ha, invece, dedotto, in sintesi, che le indagini a carico del V. si sono snodate per un arco di tempo andante dal dicembre del 2013 sino al febbraio del 2016 ed aventi ad oggetto diverse annualità di imposta in particolare, dato atto che la originaria iscrizione nel registro della notizia di reato a carico del V. è risalente al omissis , il ricorrente ha segnalato che, per ciò che attiene alla pretesa evasione dell’IVA relativa all’anno di imposta 2009, essa è stata accertata prendendo come riferimento i dati desunti dal modello Unico presentato dal ricorrente ed acquisito dalla Polizia giudiziaria in data 28 gennaio 2016 e riversato nella comunicazione di notizia di reato inviata alla Procura della Repubblica in data 9 febbraio 2016 sulla base di questo elemento, tenuto conto del momento della originaria iscrizione della notizia di reato e che da esso decorrono i termini per lo svolgimento delle indagini preliminari, questi ha insistito affinché fosse dichiarata la illegittimità della ordinanza impugnata per non avere questa rilevato la inutilizzabilità del predetto atto di indagine in quanto intervenuto successivamente alla scadenza del termine massimo, comprensivo delle eventuali proroghe, per lo svolgimento delle indagini preliminari. Osserva a questo punto la Corte che, sebbene fondata su argomentazioni non del tutto perspicue, la decisione assunta dal Tribunale di Siracusa con riferimento allo specifico motivo di censura sollevato in sede di riesame è corretta. Infatti, non appare possibile aderire alla tesi sviluppata nella ordinanza impugnata, secondo la quale la nota della Polizia giudiziaria datata 9 febbraio 2016 costituisca un mero atto riepilogativo dei precedenti atti di indagine che, per essere stati tempestivamente compiuti, non soffrono delle dedotta inutilizzabilità. Invero, premesso che effettivamente questa Corte ha in più circostanze rilevato che il Pubblico ministero può chiedere al giudice l’applicazione del sequestro preventivo anche dopo la scadenza del termine delle indagini preliminari, purché però tale richiesta non sia fondata sul risultato di atti di indagine compiuti essi stessi dopo la scadenza del medesimo termine Corte di cassazione, Sezione III penale, 21 giugno 2003 , deve osservarsi, quanto al caso di specie che, essendo derivata la provvisoria imputazione avente ad oggetto la omissione tributaria relativa all’IVA dovuta per l’anno di imposta 2009, dalla acquisizione della relativa dichiarazione redatta dal V. operazione di acquisizione compiuta dalla Guardia di finanza solo in data 28 gennaio 2016, dopo che il Pm, ricevute le notizie di reato concernenti gli omessi versamenti relativi ai precedenti anni di imposta, aveva formulato un’ulteriore delega di indagini alla Polizia giudiziaria - non può convenirsi con il Tribunale siracusano, nell’affermazione che l’atto del 9 febbraio 2016 fosse solamente una ricapitolazione degli atti di indagine precedentemente svolti nei termini a tal fine previsti. Deve, tuttavia, osservarsi, in tal senso emendando la motivazione della ordinanza del Tribunale del riesame, che il già citato atto del 9 febbraio 2016, lungi dal costituire il resoconto di indagini intempestivamente compiute in quanto relative ad un fascicolo aperto a decorrere dal omissis , deve intendersi come costituente una nuova ed autonoma notizia di reato. Posto, infatti, che, in caso di omesso versamento delle imposte dovute su base annua, la condotta, nell’ipotesi in cui la omissione si ripeta con riferimento a diverse annualità di imposta, va considerato tale da integrare un’autonoma fattispecie di reato avente ad oggetto la omissione del versamento di quanto dovuto per ogni singola annualità - salva evidentemente sul piano sanzionatorio la eventuale unitaria valutazione delle diverse omissioni come espressive di un unico disegno criminoso e, pertanto, la loro riunione, quoad poenam, nella figura del reato continuato - è evidente che la segnalazione di ogni singola annualità omessa costituisce autonoma notizia di reato che, correttamente, avrebbe dovuto far scaturire a carico del Pm procedente l’obbligo di procedere ad una autonoma iscrizione nel relativo registro tenuto presso gli ufficio della Procura della Repubblica. Ciò avrebbe comportato la conseguente decorrenza del termine per lo svolgimento delle indagini preliminari in relazione a dette notitiae criminis acquisite in itinere a far data dalla relativa iscrizione sulla doverosità della pluralità di iscrizioni laddove, a seguito delle indagini svolte emergano ulteriori notizia di reato, si vedano, ex multis Corte di cassazione, Sezione III penale, 28 luglio 2015, n. 32998 idem Sezione II penale, 9 luglio 2013, n. 29143 idem Sezione II penale, 4 gennaio 2013, n. 150 . Ma una irregolarità del tipo di quella commessa nel caso di specie, oltre a non comportare alcuna autonoma sanzione di carattere processuale a carico degli atti di indagine in tal modo eseguiti Corte di cassazione, Sezione I penale, 9 settembre 1992, n. 3249 , non ha certamente la conseguenza di determinare la retrodatazione del termine per lo svolgimento delle indagini preliminari, e conseguentemente per la utilizzabilità degli atti acquisiti - anche in relazione alla notitia criminis negligentemente non autonomamente registrata - sino al momento della apertura delle indagini in cui sono incongruamente confluite anche la successive comunicazioni di notizia di reato. Invero, come questa Corte ebbe in passato ad osservare, i fatti riuniti sotto il vincolo della continuazione, come era la originaria imputazione mossa anche al V. successivamente limitata alla sola annualità 2009 stante la già intervenuta prescrizione delle altre annualità , integrano autonome figure criminose e vanno distintamente considerati, anche di fronte a una richiesta cautelare che li investa globalmente. Pertanto a ciascuna di esse corrisponde una diversa notizia di reato, sicché il termine per il compimento delle indagini va computato, di volta in volta, dal momento in cui è stata eseguita nell’apposito registro l’annotazione del nome dell’indagato in riferimento allo specifico episodio di cui si tratta. Ma, ove tale autonoma iscrizione manchi, non essendo stata eseguita, ovvero in difetto della idonea documentazione dalla quale essa risulti, la decorrenza del termine per le indagini preliminari deve essere computata dal momento in cui, secondo le risultanze in atti, l’autorità procedente avrebbe potuto e dovuto eseguirla ovvero, in subordine, da quello di acquisizione della notizia o, infine, quale clausola di chiusura da quello in cui il fatto fu commesso, che non potrà mai essere posteriore a quello dell’omessa iscrizione Corte di cassazione, Sezione I penale, 2 dicembre 1999, n. 5181 . Nel caso in esame, essendo la notizia di reato pervenuta, secondo la stessa prospettazione del ricorrente in data 9 febbraio 2016, nessun dubbio può essere alimentato in ordine alla tempestività della richiesta di sequestro preventivo e alla utilizzabilità degli atti sulla base dei quali essa è stata disposta. Da quanto sopra deriva la infondatezza sul punto della impugnazione proposta dal V. , essendo comunque corretta, quanto al suo profilo dispositivo, la decisione assunta dal Tribunale di Siracusa. Fondato è, viceversa, il secondo motivo di impugnazione. Va, infatti, rilevato che il sequestro disposto a carico dell’attuale ricorrente ha avuto ad oggetto, fra l’altro, il conto corrente bancario da questi intrattenuto con primario istituto di credito e sul quale confluiscono periodicamente gli emolumenti dal V. percepiti come trattamento pensionistico. Ciò rilevato, osserva la Corte che, come già in passato ritenuto, in tema di sequestro preventivo funzionale alla successiva confisca per equivalente ex art. 322-ter cod. pen., deve riconoscersi valore di regola generale dell’ordinamento processuale al divieto di sequestro e pignoramento di trattamenti retributivi, pensionistici ed assistenziali in misura eccedente un quinto del loro importo al netto delle ritenute, stante la riconducibilità dei predetti trattamenti - nella residua misura dei quattro quinti del loro importo netto - nell’area dei diritti inalienabili della persona, tutelati dall’art. 2 della Costituzione Corte di cassazione, Sezione III penale, 12 aprile 2016, n. 15099 idem Sezione II penale, 16 aprile 2015, n. 15795 . Il provvedimento impugnato, emesso nella trascuranza del predetto limite legale, deve, pertanto, essere annullato, limitatamente all’avvenuto sequestro, oltre la misura di una parte rappresentativa del loro quinto, delle singole mensilità del trattamento pensionistico corrisposto al ricorrente, con rinvio al Tribunale di Siracusa, affinché provveda a delimitare, in relazione alla entità ed al numero delle mensilità del rateo di pensione corrisposte al V. , quale sia, applicando il predetto limite quantitativo del quinto delle singole rimesse periodiche, la quota di esse suscettibile di essere oggetto di sequestro e quale, invece, pari ai restanti 4/5, debba essere considerata finalizzata a sovvenzionare i diritti inalienabili dell’indagato e, pertanto, da conservarsi nella perdurante disponibilità del medesimo. P.Q.M. Annulla la ordinanza impugnata limitatamente al sequestro della somma eccedente il quinto di quanto percepito dal ricorrente a titolo di trattamento pensionistico e rinvia al Tribunale di Siracusa. Rigetta il ricorso nel resto.