Il collare a stimoli elettrici è in funzione, ma per condannare serve di più

La contravvenzione di cui all'art. 727 c.p. si caratterizza tanto per l'elemento costitutivo dell'incompatibilità della detenzione con la natura dell'animale quanto per quello dell'idoneità della stessa a cagionargli sofferenze.

E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30155/17, depositata il 15 giugno. Il caso. Il Tribunale competente condannava un imputato per l'illecito di cui all'art. 727 c.p. abbandono di animali . Allo stesso veniva rimproverato di aver fatto indossare, a due cani di sua proprietà, un collare elettronico acceso, causando loro particolare sofferenza. Il condannato ricorreva per Cassazione, lamentando vizio motivazionale in relazione alle prove dei maltrattamenti subiti dagli animali. Detenzione ˝incompatibile˝ e grave sofferenza. La Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso. Gli Ermellini hanno, infatti, ricordato come il secondo comma dell'art. 727 c.p. , laddove ritiene penalmente rilevante il comportamento di chi detenga degli animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze , sia stato interpretato in modi diversi dalla giurisprudenza. A parere del Collegio, dalla lettera della norma emerge che la contravvenzione in esame si caratterizza tanto per l'elemento costitutivo dell'incompatibilità della detenzione quanto per quello dell'idoneità della stessa a cagionare sofferenze. La detenzione non comporta necessariamente una cattività, essendo sufficiente l'esercizio di un'attività di custodia, e la sua incompatibilità con la natura dell'animale si desume dalla comune esperienza e conoscenza. Diversamente, si ritiene che la grave sofferenza sussista ove il comportamento incriminato abbia inciso sull'integrità psicofisica dell'animale. I Giudici del Palazzaccio hanno evidenziato come la sentenza del Giudice di merito non abbia fornito prove dell'effettiva detenzione o della grave sofferenza degli animali il provvedimento, infatti, ha soltanto constatato la presenza del collare acceso e funzionante, senza dimostrare l'integrazione degli elementi costitutivi della fattispecie. Per le ragioni sopra esposte, la Cassazione ha annullato con rinvio la pronuncia impugnata.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 11 maggio – 15 giugno 2017, numero 30155 Presidente Savani – Relatore Galterio Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 12.9.2016 il Tribunale di Vasto ha condannato G.N. alla pena di Euro 1.050 di ammenda, ritenendolo colpevole del reato di cui all’articolo 727 c.p. per aver tenuto legato al collo di due cani di sua proprietà un collare elettronico acceso e funzionante costringendoli a sofferenze incompatibili con la loro natura. Avverso la suddetta sentenza l’imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando un unico motivo con il quale deduce, in relazione al vizio motivazionale, che nessuna prova era stata raggiunta in ordine ai maltrattamenti subiti dai due animali atteso il mancato accertamento sul piano probatorio delle concrete modalità di utilizzo del collare. Sostiene in sintesi che in tanto possa configurarsi la violazione dell’articolo 727 c.p. in quanto siano state effettivamente cagionate gravi sofferenze agli animali e non siano invece soltanto presunte atteso che l’apporre un collare ad un cane non produce sofferenze e che comunque un uso del collare ad impulsi elettrici conforme alle finalità per cui viene posto in commercio ed alle prescrizioni tecniche del produttore esclude l’ipotesi di maltrattamento di animali penalmente rilevante. Considerato in diritto Il ricorso deve ritenersi meritevole di accoglimento. La fattispecie contravvenzionale di cui all’articolo 727 c.p., con riferimento all’ipotesi prevista dal secondo comma che punisce la condotta di chi detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze , è stata variamente interpretata da questa Corte essendosi ritenuto che la fattispecie incriminatrice sia integrata dalla detenzione degli animali con modalità tali da arrecare gravi sofferenze, incompatibili con la loro natura, avuto riguardo, per le specie più note quali, ad esempio, gli animali domestici , al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali Sez. 3, numero 6829 del 17/12/2014 - dep. 17/02/2015, Garnero, Rv. 262529 Sez. 3, numero 37859 del 04/06/2014 - dep. 16/09/2014, Rainoldi e altro, Rv. 260184 ovvero nel senso che le condizioni in cui vengono custoditi gli animali, incompatibili con la loro natura non risultino dettate da particolari esigenze e risultino tali da provocare negli stessi uno stato di grave sofferenza, indipendentemente dal fatto che in conseguenza di tali condizioni di custodia l’animale possa subire vere e proprie lesioni dell’integrità fisica Sez. 3, numero 2774 del 21/12/2005, dep. 24/01/2006, Noferi, in motivazione , o ancora allorquando venga posta in essere una condotta tale da incidere sensibilmente sull’integrità psico-fisica dell’animale Sez. 3, numero 21932 del 11/02/2016 - dep. 25/05/2016, Bastianini, Rv. 26734501 o sulla sua sensibilità producendogli un dolore Sez. 3, numero 44287 del 07/11/2007 - dep. 28/11/2007, Belloni Pasquinelli, Rv. 238280 . La fattispecie contravvenzionale di cui all’articolo 727 c.p., con riferimento all’ipotesi prevista dal secondo comma che punisce la condotta di chi detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze ricorre, secondo quanto emerge dalla littera legis in presenza della duplice condizione di incompatibilità dello stato di detenzione dell’animale con la sua natura e dell’idoneità della medesima a provocare gravi sofferenze, di talché entrambe si configurano come elementi costitutivi del reato. Pertanto mentre il parametro normativo della natura degli animali in base al quale la condotta di detenzione - termine questo che non implica necessariamente una condizione di cattività, essendo all’uopo sufficiente il possesso implicante mansioni di custodia, come di norma avviene per gli animali domestici - si pone come contraria e perciò assume valenza illecita, si ricava dal patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre specie, dalle acquisizioni delle scienze naturali cfr. in motivazione la sentenza numero 37859/2014, cit. , l’elemento della grave sofferenza sussiste in presenza di una condotta tale da incidere sensibilmente sull’integrità psico-fisica dell’animale Sez. 3, numero 21932 del 11/02/2016 - dep. 25/05/2016, Bastianini, Rv. 26734501 o sulla sua sensibilità producendogli un dolore Sez. 3, numero 44287 del 07/11/2007 - dep. 28/11/2007, Belloni Pasquinelli, Rv. 238280 . Ciò posto, la sentenza impugnata non motiva adeguatamente sulla sussistenza di nessuno dei suddetti elementi, non evincendosi dalle argomentazioni svolte né la condizione di detenzione dei cani contraria alla loro natura, né risultando accertate le conseguenze in concreto patite dai due animali per effetto del collare elettronico indossato, che il solo fatto di essere stato trovato acceso e funzionante non consente di presumere possa aver causato le conseguenze indicate dalla norma incriminatrice, costituite da gravi sofferenze, senza alcuna verifica della qualità, della portata e dell’intensità delle scariche azionate attraverso il telecomando di cui era in possesso l’imputato, di cui pertanto non sono state appurate le modalità di utilizzo. Per contro la motivazione resa dal Tribunale deve ritenersi inficiata da manifesta illogicità avendo posto in relazione le acquisite risultanze istruttorie, ovverosia il fatto che i due cani appartenenti all’imputato, che si trovava al momento dell’arrivo degli agenti del Corpo Forestale in zona di tartufi al rientro da un bosco, indossavano un collare elettronico attivo e perfettamente funzionante a fine di addestramento, con la diversa fattispecie criminosa costituita dal maltrattamento di animali prevista dall’articolo 544-ter c.p., sia pure per sostenerne un non meglio chiarito rapporto di continuità normativa e di continenza con l’articolo 727 cod. penumero che già soltanto la diversa natura delle due norme, essendo la prima un delitto e la seconda una contravvenzione, inequivocabilmente esclude. Sulla scorta di tali rilievi si impone l’annullamento della sentenza impugnata ed il conseguente rinvio al Tribunale di Vasto per nuovo giudizio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame al tribunale di Vasto.