L’omesso mantenimento dei figli è punito sia prima che dopo il divorzio, cambia solo il riferimento normativo

Laddove alla separazione personale dei coniugi segua la sentenza di divorzio, l’omesso versamento del mantenimento a favore del figlio minore deve essere in parte inquadrato ai sensi dell’art. 3 l. n. 54/2006 e in parte ex art. 12-sexies l. n. 898/70.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 29785/17 depositata il 14 giugno. Il caso. La vicenda vede protagonista un padre condannato dalla Corte d’appello di Milano per omesso versamento del contributo mensile per la figlia invalida ex art. 570, comma 1, c.p Avverso tale sentenza ricorre per cassazione il legale dell’uomo. Qualificazione del fatto. La Corte rigetta il ricorso dopo aver corretto l’inquadramento giuridico della vicenda. Ed infatti, ripercorrendo la vicenda, afferma che, essendo intervenuta la separazione dell’imputato dalla moglie, seguita poi da sentenza di divorzio, l’addebito inizialmente ascritto all’uomo deve essere ricondotto all’art. 3 l. n. 54/2006 recante Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli per il periodo di tempo intercorrente tra l’inizio della condotta e l’intervenuta sentenza di divorzio. Mentre da qual momento fino alla pronuncia di prime cure, la condotta deve essere collocata nell’alveo dell’art. 12- sexies l. n. 898/70, che rende applicabile l’art. 570 c.p. al coniuge che si sottrae all'obbligo di corresponsione dell'assegno divorzile, norma il cui naturale” campo di applicazione è delimitato e circoscritto dalla vigenza del vincolo matrimoniale . Erroneamente dunque il giudice dell’appello ha ricondotto l’imputazione alla previsione di cui all’art. 570, comma 1, c.p., incompatibilmente allo svolgimento della vicenda. In conclusione, qualificando i fatti ai sensi degli artt. 12- sexies l. n. 898/70 e 3 l. n. 54/2006, la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 27 aprile – 14 giugno 2017, n. 29785 Presidente Petruzzellis – Relatore Costanzo Ritenuto in fatto 1. Il difensore di fiducia di R.M. propone tempestiva impugnazione avverso la sentenza del 26.01.2016 con cui la Corte di appello di Milano, adita a seguito dell’impugnazione dell’imputato avverso la sentenza con cui il Tribunale dello stesso capoluogo ne aveva disposto la condanna per il reato ascritto, ha rideterminato in mesi otto di reclusione la pena a suo carico, previa qualificazione del fatto medesimo come violazione del primo comma dello stesso art. 570 cod. pen., in relazione al mancato versamento del contributo mensile per la figlia R.G. riconosciuta invalida al 74%, poiché affetta da una grave forma di diabete . In particolare, deduce il legale ricorrente I violazione dell’art. 606 co. 1 lett. b , c ed e cod. proc. pen., in considerazione del fatto che la denuncia-querela da cui l’intero procedimento ha preso le mosse risulta sottoscritta dalla sig.ra S.M. , senza che la sua firma sia autenticata malgrado la presenza della scritta per autentica , nonostante che il deposito dell’atto in questione presso la cancelleria della Procura della Repubblica di Agrigento non sia stato effettuato in prima persona dalla predetta, bensì dall’avv. Elena Quinti, cui peraltro non risulta esser stato conferito alcun mandato difensivo né apposita procura speciale donde l’eccepito difetto di valida querela II ulteriore violazione dell’art. 606 co. 1 lett. b , c ed e cod. proc. pen., in ragione dell’assenza, in capo alla querelante sig.ra S. , della veste di parte offesa, spettante unicamente alla figlia della stessa e dell’imputato, R.G. , nata il omissis e perciò maggiorenne sia all’epoca del fatto di reato contestato art. 570, II comma, n. 2, c.p. sia all’epoca di quello ritenuto in sentenza art. 570, I comma, c.p. , non avendo pertanto alcuna rilevanza il riferimento, operato dal giudice distrettuale, all’art. 122 c.p. ed alla sentenza n. 13057/2014 di questa Corte che invero si riferiscono all’ipotesi di un reato unico con pluralità di offesi III violazione dell’art. 606 co. 1 lett. b e c del codice di rito, per difetto di tempestività dell’anzidetta querela, formalizzata il 19.02.2010 malgrado la sicura conoscenza dei contestati inadempimenti dell’imputato quanto meno dall’ottobre 2006 , da ciò discendendo l’improcedibilità dell’azione penale in relazione ai presunti fatti di reato commessi dal settembre 2008 al gennaio 2010 IV violazione dell’art. 606 co. 1 lett. b cod. proc. pen., per effetto dell’intervenuta prescrizione del reato di cui trattasi - da ritenersi circoscritto al periodo compreso fra settembre 2008 ed il 24 gennaio 2012, data di pronuncia della sentenza di primo grado che ha comportato la cessazione della permanenza - sia pur limitatamente ai soli fatti di settembre ed ottobre 2008 V violazione dell’art. 606 co. 1 lett. b , c ed e cod. proc. pen., in relazione alla disposta derubricazione del reato in origine ascritto, atteso che il dettato dell’art. 570 co. 1 cod. pen. riguarda, per riferimento testuale, la violazione degli obblighi inerenti la potestà genitoriale che - com’è noto viene meno con l’acquisizione della capacità giuridica da parte del minore e dunque, con riferimento al caso di specie, sin dal 30 novembre dell’anno 2004 , in coincidenza con il raggiungimento della maggiore età da parte della summenzionata R.G. . Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto va rigettato, con ogni consequenziale statuizione, previo corretto inquadramento giuridico dei fatti per cui è processo. 2. La tematica della qualificazione giuridica della condotta dell’imputato è stata correttamente introdotta nel presente giudizio dal P.G. d’udienza, il quale, pur traendone solo in parte le necessitate implicazioni, ha rilevato come il capo d’accusa elevato a carico del R. , seppur attraverso una non opportuna inversione dei riferimenti normativi, non lasci adito a dubbi di sorta in ordine al fatto che il richiamo all’art. 570 co. 2 n. 2 cod. pen. - che compare nell’incipit dell’imputazione per cui è processo - è effettuato solo ancorché malamente, in luogo del primo comma dello stesso articolo cfr. Sez. Un., sent. n. 23866 del 31.01.2013, Rv. 255269 quoad poenam il che, in effetti, discende dal prosieguo della formulazione del capo d’accusa, ove, immediatamente dopo, testualmente si legge in relazione all’art. 12 sexies legge 898/70 come modificato dall’art. 3 legge 54/2008 leggi 54/2006 , di seguito specificandosi il comportamento contestato al R. , consistito nell’essersi sottratto, in spregio alla morale, agli obblighi di assistenza familiare, omettendo di versare e corrispondere l’assegno di mantenimento, come stabilito dal Tribunale di Agrigento in data 14.06.2001 nell’ambito del procedimento n. 667/1999 R.G. Sep. , quale contributo mensile per il mantenimento della figlia R.G. riconosciuta invalida al 74%, poiché affetta da grave forma di diabete . Da settembre 2008 e tuttora permanente, in Milano . Del resto, ove così non fosse, del tutto superflua - e, perciò, illogica sarebbe l’indicazione, nel contesto dell’accusa, sia dell’art. 12 sexies L. 898/70, che dell’art. 3 L. 65/2006. Dunque, poiché è pacifico che il R. e la S. si siano separati nel 2001, essendo poi intervenuta il 22.07.2010 la sentenza di divorzio, deve ritenersi che l’addebito ascritto all’imputato sia stato ab origine elevato, in parte, ai sensi dell’art. 3 della legge 54/2006 - dall’inizio della contestata epoca di consumazione del reato, ossia da settembre 2008, fino al 21.07.2010 - e, in parte, ex art. 12 sexies legge 898/70, dal 22.07.2010 fino al 24.01.2012, data della pronuncia della sentenza di primo grado, con conseguente contestuale cessazione della permanenza. Non senza osservare, anzi, come proprio l’indiscutibile circostanza di fatto dello scioglimento del negozio matrimoniale fra i due coniugi, per effetto della ricordata sentenza divorzile, renda inequivocabile il significato della presenza, nell’ambito dei riferimenti normativi in seno al capo d’accusa, del più volte ricordato art. 12 sexies legge 898/70, in difetto del quale la condotta ascritta non avrebbe potuto essere ricondotta nell’alveo all’art. 570 cod. pen., il cui campo di applicazione - al di là della diversità dei presupposti suoi propri - è delimitato e circoscritto dalla vigenza del vincolo matrimoniale. D’altro canto, il Tribunale ebbe a dichiarare il R. colpevole del reato così come contestatogli, non mancando di sottolineare, nella parte motiva della propria pronuncia, come l’obbligo di corresponsione della somma, posta dal giudice civile a carico dell’imputato ed a beneficio dell’allora moglie, quale contributo per il mantenimento della figlia, trovasse la propria ragion d’essere nelle patologie a carico di quest’ultima, a prescindere perciò dal raggiungimento della maggiore età da parte della stessa. Alla stregua delle considerazioni che precedono, è quindi di tutta evidenza l’impropria riconduzione del fatto per cui è processo, ad opera della Corte territoriale, in seno alla distinta previsione dell’art. 570 co. 1 cod. pen., come detto per una parte dell’accusa - quella temporalmente successiva alla sentenza di divorzio - addirittura incompatibile con i termini della vicenda in esame. 3. Il ripristino dell’originaria e corretta qualificazione giuridica ha, come inevitabile portato, il superamento non solo della censura illustrata in precedenza, al punto 1. del ritenuto in fatto, sub V, ma anche di quelle sub I, II e III, per effetto della procedibilità d’ufficio dei reati previsti e puniti sia dall’art. 3 L. 54/2006, che dall’art. 12 sexies legge 898/70. Per il resto, non v’è che da rilevare la manifesta inconsistenza dell’eccezione di prescrizione sub IV, avuto riguardo alla data di cessazione della condotta, quale sopra rispettivamente indicata, propria delle due fattispecie di cui trattasi, entrambe di carattere permanente cfr. Sez. 6, sent. n. 7605 del 16.12.2016 - dep. 17.02.2017, Rv. 269053 e n. 42543 del 15.09.2016, Rv. 268442 . Segue, ex lege, il pagamento delle spese processuali in favore dell’Erario, nonché la rifusione di quelle del grado in favore della costituita parte civile, nella misura di giustizia indicata in dispositivo. P.Q.M. Qualificati i fatti ai sensi degli artt. 12 sexies l. n. 898 del 1970 e 3 l. n. 54 del 2006, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza della parte civile Margherita S. in questa fase, che liquida in complessivi Euro 3.500, oltre al 15% per rimborso spese generali, iva e cpa.