L’invocata marchiana ignoranza dell’avvocato non salva l’appello e neppure la richiesta di restituzione in termini

Il mancato o l’inesatto adempimento da parte dell’avvocato di fiducia di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non sono idonei a realizzare le ipotesi di caso fortuito o forza maggiore che legittimano la restituzione nel termine.

Lo hanno ribadito i Giudici di legittimità con sentenza n. 27438/17 depositata il 1° giugno. Il caso. La Corte d’appello di Trieste dichiarava inammissibile l’appello proposto dall’imputato per tardività del ricorso stesso e non concedeva la richiesta di restituzione in termini. L’imputato ricorre in Cassazione. Inadempimento del difensore. Relativamente alla dedotta palese ignoranza professionale del difensore, postosi nella cosciente attesa della notifica del deposito della sentenza ai fini del decorso del termine di impugnazione , la Suprema Corte ribadisce il prevalente orientamento giurisprudenziale secondo cui il mancato o l’inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non sono idonei a realizzare le ipotesi di caso fortuito o forza maggiore che legittimano la restituzione nel termine . Questi, infatti, consistono in una falsa rappresentazione della realtà superabile mediante la normale diligenza ed attenzione . Inoltre, su tale punto si sono espresse anche le Sezioni Unite affermando che non integra ipotesi di caso fortuito o forza maggiore la condotta del difensore di ufficio che, in violazione degli obblighi di diligenza, ometta di informare il difensore di fiducia circa il mancato accoglimento dell’istanza di rinvio dell’udienza e non provveda a presentare impugnazione in qualità di sostituto, a fronte dell’onere di ordinaria diligenza gravante sul difensore di fiducia, in vista dell’acquisizione di informazioni dirette da parte sua . Nella fattispecie, la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 12 aprile – 1 giugno 2017, n. 27438 Presidente Rotundo – Relatore Ricciarelli Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 17/3/2015 la Corte di appello di Trieste ha dichiarato inammissibile l’appello presentato da M.G. avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di Udine in data 21/2/2012. La Corte in particolare ha rilevato la tardività dell’appello, non concedendo la richiesta restituzione in termini, motivata da caso fortuito o forza maggiore. 2. Ha presentato ricorso il M. , tramite il suo difensore. 2.1. Con il primo motivo deduce inosservanza di norme processuali ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c , cod. proc. pen., in relazione agli artt. 111 Cost. 175, 591, 585, comma 1, lett. c , cod. proc. pen., in ragione della mancata rimessione in termini. La decorrenza del termine per la presentazione dell’appello era dipesa da errate informazioni di cancelleria. Il difensore nella consapevolezza di non poter direttamente provare la richiesta formulata aveva dunque esposto il reale svolgimento dei fatti in relazione agli elementi indiziari indicati, rappresentativi della volontà di presentare appello. La Corte aveva rilevato che all’epoca del fatto il difensore avrebbe potuto ottenere un’attestazione della cancelleria o quanto meno segnalare immediatamente per iscritto di aver ricevuto errata informazione, ma l’argomento non considerava che sarebbe stato difficile far confessare un errore della cancelleria e che comunque la denuncia era stata fatta immediatamente con l’appello. 2.2. Con il secondo motivo deduce inosservanza di norme processuali ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c , cod. proc. pen. in relazione agli artt. 111 Cost, 175, 591 e 585 cod. proc. pen, sempre con riguardo alla mancata rimessione in termini. In subordine era stato prospettato che, qualora non fosse stata creduta la versione difensiva, non restava altro da fare che rilevare la palese ignoranza professionale del difensore, postosi nella cosciente attesa della notifica del deposito della sentenza ai fini del decorso del termine di impugnazione. Erano dunque ravvisabili i presupposti individuati nella sentenza della Corte di cassazione n. 35149 del 2009, le cui indicazioni erano state disattese dalla Corte territoriale, non potendosi prospettare altro che una grave negligenza professionale relativa alla mancata conoscenza di elementari norme di diritto, negligenza ravvisabile anche nel caso in cui si fossero prospettati dimenticanza o erroneo computo dei termini. 2.3. Con il terzo motivo denuncia mancanza di motivazione in relazione alla mancata assoluzione dell’imputato, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen. 2.4. Con il quarto motivo deduce violazione di legge ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. pen. in relazione alla scriminante degli atti arbitrari. 2.5. Con il quinto motivo denuncia violazione di legge ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. pen. in relazione alle risultanze del dvd. 2.6. Con il sesto motivo deduce violazione di legge ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. pen. in relazione all’art. 163 cod. pen. Considerato in diritto 1. Posto che sono pregiudiziali i primi due motivi, deve ritenersi che il ricorso sia inammissibile. 2. Il primo motivo si limita a riprodurre il contenuto dell’istanza di rimessione in termini e dell’appello sul punto dell’erronea informazione fornita al difensore presso la cancelleria del Tribunale in ordine al non ancora avvenuto deposito della sentenza di primo grado ma in realtà la circostanza che potesse dirsi manifestato l’interesse all’impugnazione non implica che alla base dell’intempestiva presentazione dell’appello vi fosse stata effettivamente un’erronea informazione ricevuta presso la cancelleria, erronea informazione di cui non è stata fornita prova a fronte dell’onere gravante proprio sulla parte deducente sul punto si rinvia a Cass. Sez. 6, n. 21901 del 3/4/2014, G., rv. 259699 . Né la motivazione al riguardo formulata dalla Corte si espone a censure di manifesta illogicità in ordine alla valutazione degli elementi al riguardo offerti dal difensore, non assumendo rilievo la dedotta difficoltà di prova e non potendosi valorizzare la circostanza che dell’erronea informazione ricevuta si fosse fatto riferimento immediatamente nell’atto di appello, fermo restando che comunque tale prospettazione rientrava tra le deduzioni di parte, che avrebbero dovuto formare rigorosamente oggetto di prova. Il motivo di ricorso risulta dunque manifestamente infondato. 3. Ma parimenti inammissibile risulta anche il secondo motivo. La Corte ha escluso che dovesse necessariamente postularsi un marchiano errore del difensore, postosi ingiustificatamente in attesa della notifica dell’avviso di deposito della sentenza, essendo prospettabili alternative spiegazioni, in termini di occasionale negligenza professionale, dell’intempestiva presentazione dell’appello. Sta di fatto che sul punto, a fronte di quanto a suo tempo rilevato in una sentenza della Corte di cassazione Cass. Sez. 6, n. 35149 del 26/6/2009, A., rv. 244871, nella quale si era affermato che è illegittimo il diniego della restituzione in termini per caso fortuito o forza maggiore, quando l’omesso adempimento dell’incarico di proporre impugnazione da parte del difensore di fiducia, non attivatosi contrariamente alle aspettative dell’imputato, sia stato determinato da una situazione di imprevedibile ignoranza della legge processuale penale, tale da configurare un’ipotesi di caso fortuito o forza maggiore , è comunque nettamente prevalente l’orientamento secondo cui il mancato o l’inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non sono idonei a realizzare le ipotesi di caso fortuito o forza maggiore - che legittimano la restituzione nel termine -, poiché consistono in una falsa rappresentazione della realtà, superabile mediante la normale diligenza ed attenzione, e perché non può essere escluso, in via presuntiva, un onere dell’assistito di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico conferito, nei casi in cui il controllo sull’adempimento defensionale non sia impedito al comune cittadino da un complesso quadro normativo Cass. Sez. 2, n. 48737 del 21/7/2016, Startari, rv. 268438 Cass. Sez. 6, n. 18716 del 31/3/2016, Saracinelli, rv. 266926 Cass. Sez. 2, n. 16066 del 2/4/2015, Costica, rv. 263761 . Tale orientamento peraltro trova riscontro anche in una pronuncia della Corte di cassazione a Sezioni unite Cass. Sez. U. n. 14991 del 11/4/2006, De Pascalis, rv. 233419 , nella quale è stato posto in luce che non integra l’ipotesi del caso fortuito o della forza maggiore la condotta del difensore di ufficio che in violazione degli obblighi di diligenza ometta di informare il difensore di fiducia circa il mancato accoglimento dell’istanza di rinvio dell’udienza e non provveda a presentare impugnazione in qualità di sostituto ex art. 102 cod. proc. pen., a fronte dell’onere di ordinaria diligenza gravante sul difensore di fiducia, in vista dell’acquisizione di informazioni dirette da parte sua. La Corte territoriale ha inoltre correttamente rilevato come, anche alla luce dell’orientamento della Corte di Strasburgo Corte Europea dei diritti dell’uomo, 27 aprile 2006, Sannino contro Italia , occorra distinguere dagli altri i casi di carenza difensiva manifesta, non potendosi invece addebitare allo Stato la responsabilità di tutte le lacune dell’avvocato nominato d’ufficio o scelto dall’imputato. In tale prospettiva l’assunto difensivo non ha alcun fondamento, giacché deve escludersi ai fini in esame la rilevanza del mancato o inesatto adempimento del mandato difensivo, fermo restando che non può in alcun modo postularsi, esattamente come rilevato dalla Corte, la marchiana ignoranza della legge da parte del difensore. 4. Non essendo ravvisabile il presupposto per far luogo a rimessione in termini, l’appello è stato correttamente dichiarato tardivo, il che vale ad assorbire tutti gli altri motivi di ricorso, implicanti l’esame del merito. 5. All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa sottesi alla causa dell’inammissibilità, a quello della somma di Euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro millecinquecento in favore della cassa delle ammende.