Fermo in auto con basso tasso alcolemico, decisiva l'ora notturna

Modalità della condotta, grado di colpevolezza da esse desumibile ed entità del danno o del pericolo. Questi sono i tre concetti chiave dettati dalle Sezioni Unite per escludere la particolare tenuità del fatto.

Così si è espresso il Collegio di legittimità con sentenza numero 27488/17 depositata il 1° giugno. Il caso. La Corte d’appello di Torino confermava la sentenza del Tribunale di Cuneo con cui l’imputato veniva condannato per essersi messo alla guida di un autoveicolo in stato di ebbrezza alcolica e in ora notturna. L’imputato ricorre per cassazione lamentando l’erroneità della sentenza resa dalla Corte territoriale laddove non ha tenuto conto del fatto che egli era stato trovato al posto di guida quando l’auto era ferma. Particolare tenuità del fatto. I Giudici del Palazzaccio ritengono qui opportuno ribadire il principio enunciato dalle SS.UU. secondo cui ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131- bis c.p., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma 1, c.p., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo . Nella fattispecie, pur essendo errata la comparazione dell’entità del tasso alcolemico alla soglia di accesso al penalmente rilevante piuttosto che a quella prevista dall’art. 186, comma 2, lett. c del Codice della Strada, basta il fatto che la condotta sia stata messa in atto in ora notturna affinché risulti sussistente il requisito della particolare pericolosità. Pertanto, il Collegio di legittimità rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 12 gennaio – 1 giugno 2017, n. 27488 Presidente Romis – Relatore Dovere Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Torino ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale di Cuneo nei confronti di S.C. , giudicato responsabile di essersi posto alla guida di un autoveicolo in stato di ebbrezza alcolica e in ora notturna artt. 186, co. 2 lett. c e co. 2-sexies Cod. str. e pertanto condannato alla pena ritenuta equa. 2. Ricorre per cassazione l’imputato a mezzo del difensore, avv. F. R Con un primo motivo deduce violazione degli artt. 521 e 522 cod. proc. pen. e vizio motivazionale. La Corte di Appello ha errato nel rigettare la eccezione di nullità della sentenza di primo grado che, tratto a giudizio il S. per aver circolato alla guida in stato di ebbrezza, lo aveva condannato pur riconoscendo che questi era stato trovato al posto guida del veicolo fermo. La motivazione resa sul punto è carente. Con un secondo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 186 Cod. str. e 530 cod. proc. pen. nonché vizio motivazionale per aver la Corte di Appello ritenuto che l’autovettura del S. fosse in movimento sulla scorta di quanto esposto nel verbale di polizia - che indicava l’imputato come conducente e l’auto come fermata - e quindi con motivazione illogica e carente in quanto fondata su mere ipotesi o supposizioni. Con un terzo motivo viene dedotta violazione dell’art. 131-bis cod. pen., per aver la Corte di Appello negato la particolare tenuità del fatto sulla base dell’entità del tasso alcol emico presentato dal S. , senza considerare le modalità della condotta e l’entità del pericolo o del danno cagionato. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato. 3.1. Il primo motivo è manifestamente infondato. Il principio di correlazione tra accusa e sentenza art. 521 cod. proc. pen. viene in gioco quando risulti una discrasia che riguardi il fatto storico anche nelle sue implicazioni normative Nella giurisprudenza di legittimità è del tutto consolidata una interpretazione teleologica del principio di correlazione, per la quale questo non impone una conformità formale tra i termini in comparazione ma implica la necessità che il diritto di difesa dell’imputato abbia avuto modo di dispiegarsi effettivamente, risultando quindi preclusi dal divieto di immutazione quegli interventi sull’addebito che gli attribuiscano contenuti in ordine ai quali le parti - e in particolare l’imputato - non abbiano avuto modo di dare vita al contraddittorio, anche solo dialettico. Sia pure a mero titolo di esempio può citarsi la massima per la quale ai fini della valutazione di corrispondenza tra pronuncia e contestazione di cui all’art. 521 cod. proc. pen. deve tenersi conto non solo del fatto descritto in imputazione, ma anche di tutte le ulteriori risultanze probatorie portate a conoscenza dell’imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione, sicché questi abbia avuto modo di esercitare le sue difese sul materiale probatorio posto a fondamento della decisione Sez. 6, n. 47527 del 13/11/2013 - dep. 29/11/2013, Di Guglielmi e altro, Rv. 257278 . Correttamente, quindi, la Corte di Appello ha escluso la violazione dell’art. 521 cod. proc. pen. per il fatto che oggetto dell’accertamento processuale era pur sempre stata la condotta del porsi alla guida in stato di ebbrezza. Ed infatti, il rilievo difensivo in realtà attiene non già al mutamento del fatto ma al significato della locuzione si pone alla guida, che può esser letta nell’art. 186, co. 2.bis Cod. strad. La prospettazione di una violazione del principio di correlazione è quindi del tutto infondata. 3.2. La questione dell’interpretazione da darsi alla locuzione si pone alla guida è stata sollevata con il secondo motivo. La Corte di Appello non ha assunto che è porsi alla guida anche lo stare fermo in un’autovettura sulla pubblica via con il motore accesso ha piuttosto ritenuto che dal compendio probatorio emergesse che il S. aveva condotto l’autovettura e si era poi fermato. Si può convenire con il ricorrente che la Corte di Appello attribuisce al termine conducente un significato che non gli corrisponde in modo esclusivo nel linguaggio comune può essere indicato come conducente anche chi è al posto guida di un veicolo fermo ma non appare manifestamente illogico dedurre dall’affermazione degli operanti che l’autovettura del S. era stata fermata all’altezza del civico n. 7 che l’azione aveva interrotto un moto. 3.3. Anche quanto alla motivazione sul diniego di applicazione dell’art. 131-bis cod., va dato atto al ricorrente di un incongruo riferimento fatto dalla Corte di Appello al comportamento processuale del S. , peraltro senza neppure esplicitare a cosa ci si riferisca. L’indicazione valorizza ai fini dell’esclusione della particolare tenuità del fatto un dato estraneo alla fattispecie e ciò nonostante la corte distrettuale mostri di rifarsi al principio enunciato dalle Sezioni Unite, secondo il quale ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo. Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016 - dep. 06/04/2016, Tushaj, Rv. 266590 . I giudici di secondo grado hanno errato anche nel comparare l’entità del tasso alcolemico presentato dal S. alla soglia di accesso al penalmente rilevante piuttosto che a quella che segna l’ipotesi di cui alla lettera c del comma 2 dell’art. 186 Cod. str. Ma anche questo riferimento è comunque recessivo rispetto alla sottolineatura dell’esser stato commesso il fatto in ora notturna essa appare sufficiente a giustificare la valutazione di non particolare tenuità del fatto, posto che in tal modo si indica la particolare pericolosità della condotta per il rilievo ai fini che qui occupano della condotta di guida concretamente pericolosa cfr. Sez. 4, n. 33821 del 01/07/2015 - dep. 31/07/2015, Pasolini, Rv. 264357 laddove la causa di non punibilità in argomento non può che operare sulle espressioni minimali dell’agire illecito. 4. In conclusione, il ricorso va rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.