Detiene qualche grammo di hashish e marijuana in casa, non è detto che sia per fini di spaccio

Il solo dato ponderale dello stupefacente rinvenuto non determina alcuna presunzione di destinazione della droga ai fini di spaccio.

Lo ribadiscono gli Ermellini con sentenza n. 27090/17 depositato il 30 maggio. Il caso. Il Procuratore generale della Repubblica ricorre in Cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello che, in riforma della pronuncia di primo grado, assolveva l’imputato dal reato di detenzione di sostanze stupefacenti, ritenendo il fatto non costituente reato. Detenzione sostanze stupefacenti. Il Collegio di legittimità rileva il principio secondo cui il solo dato ponderale dello stupefacente rinvenuto, e l’eventuale superamento dei limiti tabellari indicati dall’art. 73- bis , comma 1, lett. a , d.P.R. n. 309/1990, non determina alcuna presunzione di destinazione della droga ad un uso non personale, dovendo il giudice valutare globalmente, anche sulla base degli ulteriori parametri normativi, se, assieme al dato quantitativo, le modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere una finalità meramente personale della detenzione . Nella fattispecie, la Corte territoriale ha correttamente ritenuto assente la prova certa della destinazione allo spaccio del quantitativo di droga rinvenuto, se pur di misura rilevante. I Giudici di legittimità rigettano il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 28 aprile – 30 maggio 2017, n. 27090 Presidente Conti – Relatore De Amicis Ritenuto in fatto 1. Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Milano ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello del 26 aprile 2016 che, in riforma della sentenza di condanna pronunziata dal Tribunale di Milano all’esito di giudizio abbreviato svoltosi in data 23 settembre 2015, ha assolto - ex art. 530, comma 2, cod. proc. pen. - K.P.L. dal reato di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. n. 309/1990, contestatogli per avere illecitamente detenuto presso la propria abitazione due quantitativi di grammi 46 di hashish e di grammi 67 di marijuana, perché il fatto non costituisce reato. Nel ricorso vengono dedotti vizi di manifesta illogicità della motivazione riguardo alla ritenuta destinazione ad uso personale delle sostanze stupefacenti in sequestro, per avere la Corte di merito erroneamente considerato non decisivo il quantitativo complessivamente detenuto pari a 499 dosi , di gran lunga eccedente la dose massima giornaliera prevista dalle tabelle ministeriali, ed il fatto che l’imputato è stato trovato in possesso di due diversi tipi di stupefacente uno dei quali occultato in un cespuglio adiacente alla sua abitazione , ciò che renderebbe inverosimile la tesi difensiva del loro utilizzo al fine di seguire una personale terapia di disintossicazione dalla cocaina. 2. Con memoria ex art. 121 cod. proc. pen., pervenuta nella Cancelleria di questa Suprema Corte il 13 aprile 2017, il difensore ha esposto ed ampiamente sviluppato, corredandole con apposite produzioni documentali, un’articolata serie di argomentazioni critiche volte a confutare la fondatezza dei motivi di ricorso dedotti dal P.G., chiedendone la declaratoria di rigetto. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato, poiché orientato a sollecitare una diversa interpretazione, pur in tesi prospettabile, della valenza probatoria attribuibile ad una serie di elementi di fatto che la sentenza impugnata, di contro, ha già preso in esame, escludendone il rilievo all’esito di un complessivo e motivato apprezzamento, che ha coerentemente indotto la Corte di merito, con argomenti immuni da vizi logico-giuridici in questa sede rilevabili, ad assolvere l’imputato a norma dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen., per l’assenza di una prova certa della destinazione allo spaccio del quantitativo pur rilevante di droga rinvenuto nel possesso dell’imputato e da questi spontaneamente consegnato agli organi investigativi operanti. 2. Al riguardo, invero, questa Corte ha stabilito il principio secondo cui il solo dato ponderale dello stupefacente rinvenuto - e l’eventuale superamento dei limiti tabellari indicati dall’art. 73-bis, comma 1, lett. a , d.P.R. n. 309 del 1990 - non determina alcuna presunzione di destinazione della droga ad un uso non personale, dovendo il giudice valutare globalmente, anche sulla base degli ulteriori parametri normativi, se, assieme al dato quantitativo che acquista maggiore rilevanza indiziaria al crescere del numero delle dosi ricavabili , le modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere una finalità meramente personale della detenzione ex multis, Sez. 3, n. 46610 del 09/10/2014, Salaman, Rv. 260991 . Di tale quadro di principii ha fatto buon governo la sentenza impugnata, dovendosi rilevare come tutti gli elementi di fatto valorizzati nel ricorso ed in particolare il quantitativo, la diversa tipologia degli stupefacenti, le loro modalità di custodia, la presenza di un bilancino e di un coltello con tracce di hashish abbiano ricevuto piena e adeguata considerazione da parte della Corte distrettuale, che ne ha correttamente inquadrato l’incidenza alla luce di un più ampio contesto probatorio, ove hanno trovato spazio anche altri profili, parimenti rilevanti in senso contrario dal comportamento collaborativo tenuto dall’imputato al mancato rinvenimento di somme di denaro ovvero di materiali e strumenti idonei al confezionamento delle dosi dal pregresso stato di dipendenza dalla cocaina alla produzione di prove documentali attestanti la disponibilità di redditi sufficienti per garantirsi un approvvigionamento di sostanze destinate al suo consumo personale , sì da indurre i Giudici di merito a dubitare, con argomenti congruamente illustrati e dal ricorrente non incrinati nella loro complessiva coerenza logica, della univocità della base probatoria delineata a sostegno della fattispecie incriminatrice oggetto del tema d’accusa. 3. Sulla base delle su esposte considerazioni s’impone, conclusivamente, il rigetto del ricorso. P.Q.M. Rigetta il ricorso.