Notifica alla persona offesa come quella all’imputato non detenuto, salvo…

In tema di notifiche alla persona offesa, l’art. 154 c.p.p. rinvia alle prescrizioni di cui all’art. 157, commi 1, 2, 3, 4 e 8 c.p.p. Prima notificazione all’imputato non detenuto , ma, non essendovi alcun richiamo al comma 7, non è previsto l’obbligo di procedere ad un secondo tentativo di consegna dell’atto presso l’abitazione, laddove il primo non sia andato a buon fine.

Lo ha sottolineato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 24888/17 depositata il 19 maggio. Il caso. Il GIP di Lucca disponeva l’archiviazione del procedimento instaurato su querela della persona offesa, essendo stata accertata l’infondatezza della notizia di reato. Il querelante ricorre in Cassazione per violazione di legge non essendogli stato notificato l’avviso della richiesta di archiviazione del PM. In particolare deduce che dopo un primo infruttuoso tentativo di notifica presso la sua residenza, non era stata ritentata la consegna né era stata disposta la giacenza presso la casa comunale, né era stata dichiarata la sua irreperibilità. Notifiche alla persona offesa. L’art. 154 c.p.p. dispone che per le notifiche alla persona offesa vengano osservate le prescrizioni di cui all’art. 157, commi 1, 2, 3, 4 e 8 c.p.p. Prima notificazione all’imputato non detenuto . La notificazione alla p.o. deve dunque avvenire con consegna di copia dell’atto personalmente o presso la sua residenza ad un familiare convivente o al portiere. In caso di esito negativo, l’atto deve essere depositato presso la casa comunale con affissione dell’avviso sulla porta dell’abitazione. Non essendo richiamato il comma 7 dell’art. 157, non è previsto l’obbligo di procedere ad un secondo tentativo di consegna dell’atto presso l’abitazione, laddove il primo tentativo non sia andato a buon fine. Allo stesso modo, non devono essere disposte nuove ricerche della persona offesa irreperibile né deve essere emesso decreto di irreperibilità gli artt. 159 e 160 c.p.p. non vengono infatti richiamati , essendo questi provvedimenti posti a garanzia del solo imputato. A fronte di tali principi, il provvedimento impugnato risulta immune da vizi avendo correttamente il PM indirizzato l’avviso di richiesta di archiviazione all’indirizzo dichiarato dall’odierno ricorrente e poi depositata l’atto presso la propria segreteria non essendosi al medesimo indirizzo un’abitazione alla cui porta affiggere l’avviso di deposito presso la casa comunale. Per questi motivi, la Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 14 marzo – 19 maggio 2017, n. 24888 Presidente Lapalorcia – Relatore Stanislao Ritenuto in fatto 1 - Con decreto del 6 luglio 2015, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lucca disponeva l’archiviazione del procedimento instaurato contro C.R. , M.G. e Bi.Pa. per il delitto previsto dagli artt. 110, 610, 61 n. 9 cod. pen., per l’infondatezza della notizia di reato in quanto le asserzioni del querelante, B.M. , erano state smentite dai successivi accertamenti. 2 - Propone ricorso il B. , a mezzo del suo difensore, deducendo, nell’unico motivo, la violazione di legge perché non gli era stato ritualmente notificato l’avviso della richiesta di archiviazione del pubblico ministero ai sensi dell’art. 408, comma 2, cod. proc. pen., in quanto se ne era tentata la consegna, a mezzo del servizio postale, alla sua residenza, senza poi ritentarla, dopo il primo tentativo infruttuoso, senza disporne la giacenza presso la casa comunale e senza dichiarare l’irreperibilità della medesima persona offesa. Un recapito, quello fornito dal B. , nel quale egli era normalmente reperibile visto che gli era stato lì consegnato l’avviso di convocazione per essere escusso come persona informata sui fatti. 3 - Il Procuratore generale presso questa Corte, nella persona del sostituto Aldo Policastro, ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile perché si era tentata la notifica dell’avviso presso la residenza dichiarata dalla persona offesa e, risultando lo stesso lì irreperibile, si era depositato l’avviso presso la segreteria del pubblico ministero. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile. 1 - L’art. 154 cod. proc. pen. prevede, per le notifiche alla persona offesa, che siano osservate le prescrizioni dettate dall’art. 157, commi 1, 2, 3, 4, e 8 del medesimo codice e, quindi, che si consegni copia dell’atto alla stessa, personalmente, o, presso la sua residenza, ad un familiare convivente o al portiere. Nel caso in cui non sia stato possibile pervenire alla consegna della copia dell’atto lo stesso va depositato nella casa comunale e va affisso l’avviso sulla porta dell’abitazione. L’art. 154 non richiama il comma 7 dell’art. 157 e, così, non vi è l’obbligo di precedere ad un nuovo tentativo di consegna dell’atto qualora non vi siano persone presenti nella abitazione o non sia idonee o ricusino di riceverlo. Nel caso siano ignoti i luoghi indicati, l’art. 154 cod. proc. pen. dispone che la notifica sia eseguita mediante deposito presso la cancelleria. La norma citata non opera alcun rinvio agli artt. 159, 160 cod. proc. pen., così che non devono, nei confronti della persona offesa, esperirsi nuove ricerche ed emettersi il decreto di irreperibilità, istituti dettati a garanzia del solo imputato. Se ne deduce che il pubblico ministero, avuta notizia dalla medesima persona offesa del luogo ove la stessa era reperibile - come è avvenuto nel caso concreto posto che B. , nella querela sporta personalmente se vi fosse stata la nomina del difensore la notifica sarebbe stata a lui indirizzata ai sensi dell’art. 33 disp. att. cod. proc. pen. aveva dichiarato di risiedere, e di essere reperibile, in OMISSIS - doveva lì indirizzare l’avviso di richiesta di archiviazione. Ciò era avvenuto e il messo postale aveva dato conto dell’impossibilità della consegna per essere lo stesso B. irreperibile a tale recapito. A fronte di tale attestazione, non dovendosi procedere ad un secondo accesso e non essendovi un’abitazione alla cui porta d’ingresso affiggere l’avviso di deposito, il pubblico ministero non poteva che depositare l’atto presso la propria segreteria. Così come aveva fatto. 2 - Premesso quanto sopra in diritto ed in fatto, il ricorso avrebbe dovuto piuttosto svolgere concreti argomenti sulla eventuale erroneità dell’attestazione del messo notificatore, circa l’irreperibilità del ricorrente all’indirizzo indicato, e non limitarsi a lamentare l’incompletezza della procedura seguita. Peraltro la sola asserzione che il B. sia stato reperito, in epoca diversa, a quello stesso recapito ove poi era risultato irreperibile, non è sufficiente a provare la falsità dell’attestazione del messo comunque, come si è visto, non esplicitamente dedotta dal ricorrente potendo avere il medesimo, anche transitoriamente, mutato domicilio. Su tutto ciò, però, il ricorso tace e non resta così che dichiararlo manifestamente infondato. 3 - All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, versando il medesimo in colpa, anche della somma di Euro 2.000 a favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000 a favore della Cassa delle ammende.