Costituzionalmente legittima la revoca della patente per condotta “sui generis” in stato di ebbrezza

In tema di incidente stradale e quindi di violazione al codice della strada, il legislatore italiano può stabilire, come regola imperativa, la revoca della patente così, anche per nomen iuris, è manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale dell’art. 186, comma 2-bis, c.d.s

E’, quindi, legittima, e va confermata, la sentenza di merito con cui, stante la causazione di un incidente stradale ed accertata la guida sotto effetto di bevande alcooliche con relativo tasso ex lege , venga revocata, in sede penale, la patente di guida. Il principio si argomenta dalla sentenza della Corte di Cassazione Sez. IV Penale n. 23171, decisa il 18 marzo e depositata l’11 maggio 2017. Il caso. Un soggetto, alla guida di un’autovettura sotto effetto di bevande alcooliche, provoca un incidente stradale così, a seguito di patteggiamento in processo penale, gli veniva irrogata la revoca della patente di guida. Il danno da circolazione di veicoli l’illecito tra norme e sanzioni. In primis , vanno richiamati gli artt. 2, 3, 25, 27, 97 e 117 Cost., 2054 c.c., 186 d.lgs. n. 285/1992, 4 Prot. 7 CEDU, 444 c.p.p All’uopo, necessita focalizzare sul concetto di violazione, danno, illecito, responsabilità e sanzione. Prima facie , si potrebbe pensare ad una sorta di sindacabilità, in subiecta materia , della revoca della patente emessa a seguito di contenzioso penale. Apparentemente, quindi, bisognerebbe stabilire se un’Autorità giudiziaria possa applicare soltanto le norme di propria competenza”. In realtà, in termini sostanziali, va premesso che è vietato guidare in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche. Sotto il profilo procedurale, due le principali osservazioni da effettuare. La prima sul diritto, per il privato, di adire la Cassazione, quale giudice di legittimità”, per motivi ergo, amministrativi di violazione al codice della strada. La seconda sull’applicabilità, in sede penale rectius di applicazione della pena su richiesta delle parti, di sanzioni previste dal codice della strada. Segnatamente, quali sub-osservazioni, va detto che a l’irrogazione di una sanzione amministrativa accessoria in sede penale non determina la sottoposizione della stessa persona ad un doppio processo, penale ed amministrativo b le sanzioni penali e quelle amministrative non sono tendenzialmente equiparabili ovvero non sono indiscriminatamente assimilabili e ciò anche quando si rinvengano alcuni caratteri comuni la stessa legge, infatti, stabilisce la diversa penale rubricazione e, dunque, la progressione” dell’illecito in base al superamento di soglie di gravità, anche all’interno della medesima fattispecie tipica. Anche sul piano formale, infine, due le osservazioni. La prima sull’autonomia della potestà legislativa statale interna” in sede di introduzione di norme amministrative e di norme penali, tra loro distinte Corte Cost. n. 49/2015 , purchè chiare Corte Cost. n. 196/2010 . La seconda sulla natura giuridica, amministrativa e non sostanzialmente penale, della revoca della patente di guida e sulla relativa tipologia, di sanzione accessoria C.E.D.U. 04-03-2014 . De iure condito , la revoca, iuris et de iure , della patente di guida, anche per effetto del principio di riserva di legge, non contrasta con i principi di proporzionalità congruità , ragionevolezza, ne bis in idem e di discrezionalità del magistrato, non recando altresì una presunzione assoluta di pericolosità e di colpevolezza. Rebus sic stantibus , sono irrilevanti l’obbligatorietà nonché la presunta maggiore gravità della sanzione amministrativa accessoria rispetto a quelle penali accessorie e l’irrogazione della stessa su ordine del giudice penale altresì, è indifferente la tipologia automobile o motociclo del mezzo con cui è stato arrecato l’evento illecito offensivo. In termini di dinamiche”, pertanto, il diritto pubblico finisce per prevale re su quello costituzionale e, segnatamente, il diritto amministrativo speciale” su quello penale. E’ legittima, per legge e per Costituzione, la sanzione amministrativa massima” assoluta. In ambito di rapporti legislativi” tra Stato e privati nonché tra privati stessi in tema di danni da circolazione stradale, lo Stato è legittimato a prescrivere norme amministrative distinte da quelle penali e ciò non costituisce, peraltro, duplicazione” di pene Trib. Milano 14-09-2016 . Ergo, il ricorso va respinto, per inammissibilità.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 18 aprile – 11 maggio 2017, numero 23171 Presidente Blaiotta – Relatore Serrao Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Milano, con la sentenza in epigrafe, ha applicato nei confronti di M.B. , ai sensi dell’articolo 444 cod.proc.penumero la pena concordata tra le parti in relazione al reato previsto dall’articolo 186, commi 2, lett. c , 2-bis e 2-sexies, d. lgs. 30 aprile 1992, numero 285, commesso in omissis . È stata irrogata la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida. 2. M.B. ricorre per cassazione limitatamente al punto concernente la sanzione accessoria e solleva eccezione di illegittimità costituzionale dell’articolo 186, comma 2-bis, cod. strada nella parte in cui rende obbligatoria la revoca della patente. Sul presupposto che si tratti di sanzione sostanzialmente penale, ritiene che la norma che ne prevede l’applicazione obbligatoria contrasti con i principi dettati dagli articolo 3 e 27 Cost. in quanto non consente una valutazione di congruità della sanzione rispetto al caso concreto, risolvendosi in un’irragionevole presunzione assoluta di pericolosità del condannato, né un giudizio di proporzionalità della pena, con ciò eludendo i principi di colpevolezza, di ragionevolezza e di proporzionalità della pena. Deduce, in ogni caso, violazione di legge per illegittimo contrasto tra il sistema punitivo generale e la norma applicata in quanto, in caso di applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 cod.proc.penumero , l’irrogazione della sanzione amministrativa si rivela deteriore per il condannato rispetto alle sanzioni accessorie penali ovvero agli effetti penali della condanna. 3. Il Procuratore generale, in persona della dott.ssa Giuseppina Casella, nella requisitoria scritta ha concluso per il rigetto del ricorso e dell’eccezione d’illegittimità costituzionale. Considerato in diritto 1. Nel ricorso si deduce l’illegittimità costituzionale dell’articolo 186, comma 2-bis, cod. strada in relazione agli articolo 3 e 27 Cost., per la mancata previsione della discrezionalità del giudice nell’irrogazione della sanzione amministrativa della revoca della patente di guida, sollecitandosi la proposizione di una questione di legittimità costituzionale. La questione, tuttavia, è manifestamente infondata. 1.2. Presupposto fondante l’eccezione è la tesi della natura sostanzialmente penale della sanzione amministrativa della revoca della patente di guida, in quanto tale soggetta ai principi costituzionali in materia penale, proposta sulla base di una pretesa interpretazione convenzionalmente conforme alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Si tratterebbe non già di una sanzione amministrativa, bensì di una vera e propria pena , nella declinazione sostanzialistica fornita dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo Corte EDU 4/03/2014 Grande Stevens c. Italia , indipendentemente dal nomen iuris, in quanto è applicata sul presupposto della commissione di un reato, è applicata dal giudice a conclusione di un procedimento penale e si irroga contestualmente alla condanna penale ovvero all’applicazione della pena concordata dalle parti. 1.3. Ma la tesi della natura sostanzialmente penale della revoca della patente di guida è frutto di un’applicazione acritica del diritto di fonte convenzionale. Non va, infatti, dimenticato che il concetto di matiere penale inteso in senso sostanzialistico è stato elaborato dalla Corte di Strasburgo al precipuo fine di estendere l’applicazione del divieto di bis in idem in conformità all’articolo 4 prot. numero 7 CEDU e che la libertà accordata alla Corte EDU è finalizzata unicamente all’applicazione del regime garantistico della CEDU, mentre non può risolversi nell’attribuzione di un potere in grado di annullare le differenze tra le nozioni Europea ed interna di sanzione penale. In proposito, la Corte Costituzionale Corte Cost. numero 49 del 14 gennaio 2015 ha chiarito che, in relazione al diritto interno, l’autonomia dell’illecito amministrativo dal diritto penale attiene al più ampio grado di discrezionalità del legislatore nel configurare gli strumenti migliori per perseguire l’effettività dell’imposizione di obblighi e doveri. La Consulta ha, altresì, sottolineato come la giurisprudenza della Corte EDU abbia elaborato suoi peculiari indici per qualificare una sanzione come pena ai sensi dell’articolo 7 CEDU al fine di scongiurare che vasti processi di decriminalizzazione possano avere l’effetto di sottrarre gli illeciti, così depenalizzati, alle garanzie sostanziali assicurate dagli articolo 6 e 7 della Convenzione EDU senza voler porre in discussione la discrezionalità dei legislatori nazionali nell’adottare strumenti sanzionatori ritenuti più adeguati dell’illecito penale. 1.4. Non si comprende, in particolare, come tale interpretazione della materia penale in senso sostanzialistico possa essere sic et simpliciter trasposta per regolare il presente caso al fine di affermare la contrarietà della norma che impone la sanzione amministrativa accessoria rispetto ai principi sanciti dagli articolo 3 e 27 Cost. qui non si discute della violazione del principio del ne bis in idem, posto che l’irrogazione di una sanzione amministrativa accessoria in un processo definito ai sensi dell’articolo 444 cod. proc. penumero non equivale a dire che l’imputato sia sottoposto ad un procedimento amministrativo e ad un procedimento penale per il medesimo fatto, godendo egli delle garanzie del giusto processo all’interno del quale viene irrogata la stessa sanzione amministrativa. 2. La stessa Consulta Corte Cost. numero 49 del 14 gennaio 2015 ha sottolineato come ci si debba guardare dall’estensione dell’area del penalmente rilevante oltre gli apprezzamenti discrezionali dei legislatori . La capacità di scelta in capo al legislatore sarebbe, altrimenti, limitata dal giudice Europeo tutte le volte in cui questi attiri una sanzione formalmente amministrativa nell’alveo della materia penale, mettendo a rischio il canone della discrezionalità legislativa e del principio costituzionale della sussidiarietà penale. 2.1. E non va trascurato che l’enunciazione di principio della Corte EDU avviene sempre in ordine a casi e problemi specifici case law con un approccio pragmatico che non si presta a generalizzazioni concettuali oltre i limiti dell’oggetto del singolo giudizio tant’è vero che non risultano affermazioni teoriche della Corte di Strasburgo nel senso della portata espansiva di singoli arresti giurisprudenziali. 2.2. Non è, dunque, possibile affermare che dalla pronuncia della Corte EDU 4/03/2014 Grande Stevens c. Italia possa trarsi in termini assoluti ed astratti un principio di tendenziale equiparazione della sanzione amministrativa a quella penale, scardinando principi come la riserva assoluta di legge per le norme penali articolo 25 Cost. , la presunzione di non colpevolezza pure affermata in Corte EDU 23/09/2008, Grayson e Barnham c. Regno Unito , che, interpretata in tutta la sua estensione, renderebbe illegittima la provvisoria esecutività di condanne pecuniarie anche in materia extrapenale, od anche il divieto assoluto di retroattività della sanzione amministrativa. 2.3. Al contrario, una corretta applicazione dei principi convenzionali porta, non già ad un’assimilazione indifferenziata delle sanzioni amministrative alle sanzioni penali, ma ad un’attenta disamina delle peculiarità del caso concreto in cui tali principi sono stati enunciati così come del caso concreto in cui essi sono invocati. 2.4. Nella fattispecie qui in esame, la previsione di una sanzione amministrativa irrogata all’esito di un giudizio penale, ancorché definito ai sensi dell’articolo 444 cod.proc.penumero con riguardo alla pena principale, vanifica la stessa preoccupazione, rinvenibile in alcune enunciazioni teoriche della giurisprudenza CEDU, di una configurazione amministrativa dell’illecito al fine precipuo, se non esclusivo, di eludere le garanzie proprie del processo penale cd. truffa delle etichette . 2.5. In sostanza, la ricorrenza di alcuni caratteri comuni non comporta, di necessità, l’equiparazione della sanzione amministrativa a quella penale a tutti gli effetti, tanto più qualora, come nel caso che qui interessa, una serie di sanzioni detentiva, pecuniaria, interdittiva siano previste cumulativamente dalla normativa penale a tutela di interessi generali non omogenei, come tali non sovrapponibili. 3. Anche ove, in ipotesi, si volesse estendere la portata applicativa dei criteri interpretativi posti dalla Corte EDU, quanto sopra va letto, in ogni caso, nell’ambito sanzionatorio penale entro il quale si configura la sanzione amministrativa di cui si tratta. 3.1. Con riguardo alla guida in stato di ebbrezza, la progressione nella offensività delle condotte è, infatti, già scandita sia dal passaggio dall’area delle sanzioni amministrative a quella del penalmente rilevante, sia dal trascorrere da un’ipotesi di reato ad altra, più gravemente sanzionata, mediante la previsione di diverse soglie di rilevanza penale all’interno della medesima fattispecie tipica. 3.2. Peraltro, è già stata attuata la scelta legislativa di edificare sul pilastro della particolare tenuità del reato l’eversione del meccanismo sanzionatorio articolo 131 bis cod. penumero Sez. 4, numero 44132 del 09/09/2015, Longoni, in motivazione , risultando conseguentemente arduo configurare in termini di irragionevolezza la previsione di una sanzione accessoria obbligatoria in caso di accertamento del medesimo fatto reato nella sua forma più offensiva. 3.3. L’obbligatorietà dell’irrogazione della sanzione amministrativa, dunque, si ritiene derivi da una scelta legislativa rientrante nei limiti dell’esercizio ragionevole del potere legislativo, più volte considerata dal giudice delle leggi non sindacabile sotto il profilo della pretesa irragionevolezza, in quanto fondata su differenti natura e finalità rispetto alle sanzioni penali. Giova richiamare, in proposito, i casi nei quali la Consulta ha ritenuto trattarsi di sanzione con chiara finalità preventiva, piuttosto che sanzionatoria Corte Cost. numero 196 del 12 maggio 2010 in cui il criterio dello scopo è stato adoperato in una questione di legittimità costituzionale che riguardava la possibilità di applicare retroattivamente la normativa in materia di confisca obbligatoria del veicolo per guida in stato di ebbrezza . 3.4. Una lettura sistematica della disposizione che impone la revoca della patente di guida, dunque, consente di ribadirne la natura amministrativa, e la dimensione accessoria, ancillare, rispetto al procedimento penale, pur quando ordinata dal giudice penale tant’è che resta eseguibile ad opera del Prefetto, ai sensi dell’articolo 224, comma 3, cod. strada, anche in caso di estinzione del reato per causa diversa dalla morte dell’imputato. 4. Le ragioni esposte danno conto anche della manifesta infondatezza del secondo motivo di ricorso, nella lettura sistematica di cui sopra della norma applicata. Tenuto conto della sentenza Corte Cost. numero 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , alla declaratoria di inammissibilità segue, a norma dell’articolo 616 cod.proc.penumero , l’onere delle spese del procedimento e del versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinata nella misura di Euro 2.000,00. P.Q.M. Dichiara manifestamente infondata la dedotta questione di legittimità costituzionale ed inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di duemila Euro alla Cassa delle ammende.