Mai preclusa la messa alla prova con l’opposizione al decreto penale di condanna

A decidere sulla richiesta è il Giudice per le indagini preliminari e non il Giudice del dibattimento.

Così la Cassazione, Prima Sezione Penale, n. 21324/2017, depositata il 4 maggio. Il fatto processuale. Il Giudice per le indagini preliminari negava all’imputato la sospensione del procedimento per messa alla prova ex art. 464- bis c.p.p., richiesta dal difensore con l’opposizione al decreto penale di condanna. Laconica la decisione del GIP la richiesta sarebbe dovuta essere presentata esclusivamente al giudice del dibattimento , visti i poteri di acquisizione probatoria previsti ex art. 464- sexies c.p.p Ricorreva per Cassazione l’imputato per l’abnormità del provvedimento giudiziale. Aderiva il Procuratore generale. La Cassazione invocata accoglie il ricorso, per le ragioni che seguono. Contro il provvedimento abnorme è sempre proponibile il ricorso per Cassazione. Sebbene avverso il diniego della richiesta di messa alla prova ex art. 464- bis c.p.p. non sia consentito immediato ricorso per Cassazione, contro il provvedimento abnorme è sempre ammesso il ricorso di legittimità, per l’evidente pregiudizio recato ai principi ordinamentali e per lo sviamento della funzione giurisdizionale cui l’atto conduce. In particolare l’ordinanza de qua precludendo all’imputato la facoltà concessa di poter chiedere al g.i.p. la sospensione del procedimento per messa alla prova cit. in sede di opposizione al decreto penale di condanna ex art. 464- bis , comma 2, ult. periodo, c.p.p. e rinviando per la trattazione del giudizio abbreviato ex art. 438 c.p.p. – richiesto in subordine dall’imputato - ha di fatto definitivamente a questi impedito di poter usufruire di uno specifico strumento processuale ex lege previsto, con evidente nocumento ai diritti della difesa. Trattasi di abnormità c.d. funzionale , in quanto conducente ad una stasi irrimediabile del procedimento, definitivamente ostativa all’imputato dell’usufruizione della misura della messa alla prova cit I tempi per la richiesta della misura della messa alla prova cit. Vengono di fatto distinti in relazione al rito con cui si procede o alla fase processuale. Può essere presentata in sede di indagini preliminari, fino alle conclusioni dell’udienza preliminare o fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento nel giudizio direttissimo o a citazione diretta oppure con l’atto di opposizione al decreto penale di condanna. Decide il giudice procedente, anche un GIP. Dunque, è il giudice che procede a decidere sulla richiesta - ossia il g.i.p. in caso di opposizione a decreto penale, non il giudice del dibattimento, come sostenuto nell’ordinanza impugnata -. Per espresso disposto di legge il GIP in tal caso può acquisire prove non rinviabili o quelle che possano condurre al proscioglimento dell’imputato con le modalità previste nel dibattimento e nel contradditorio fra le parti. Va dunque esclusa l’ipotesi che a decidere sulla richiesta di messa alla prova cit. debba essere sempre il giudice del dibattimento. In tal ipotesi, a seguito di diniego della misura da parte di questi, l’imputato perderebbe la possibilità di accedere ai riti alternativi, per i quali sarebbe già superata ogni preclusione temporale. La Cassazione accoglie il ricorso e rinvia al giudice del merito.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 2 febbraio – 4 maggio 2017, n. 21324 Presidente Di Tomassi – Relatore Talerico Ritenuto in fatto 1. Avverso il decreto penale di condanna emesso dal G.I.P. del Tribunale di Milano in data 4 giugno 2015, P.T. proponeva opposizione avanzando richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova e, in subordine, di giudizio abbreviato. Con ordinanza del 18 novembre 2015, il Giudice dichiarava inammissibile l’istanza ex art. 464 bis cod. proc. pen. ritenendo che in sede di opposizione non possa essere avanzata richiesta di messa alla prova poiché il suo eventuale fallimento determinerebbe una stasi processuale non rimediabile riserva va ogni altra decisione all’udienza dell’8.4.2016 in relazione all’ istanza avanzata in via subordinata . 2. Contro detta ordinanza la P. ha proposto personalmente ricorso per cassazione denunciando l’inosservanza di norme processuali, nonché l’abnormità della decisione stessa, evidenziando che l’art. 464 bis, comma 2, ultimo periodo, cod. proc. pen., prevede espressamente che nel procedimento per decreto, la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova è presentata con l’atto di opposizione e che la decisione impugnata, in violazione del dettato normativo, ha comportato una lesione dei diritti dell’imputata alla quale è stata immotivatamente precluso l’accesso alla disciplina di cui agli artt. 464 bis e segg. del codice di rito. 3. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale di questa Corte, dott. Mario Fraticelli, ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e la restituzione degli atti al giudice di merito. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. Il Collegio è consapevole del principio espresso da Sez. U, n. 33216 del 31/03/2016, Rigacci, Rv. 267234, secondo cui il rigetto della richiesta di sospensione del procedimento per messa alla prova non è immediatamente ricorribile, e lo condivide. Tuttavia detto principio non s’attaglia alla fattispecie in esame, in cui la richiesta è stata dichiarata inammissibile con provvedimento che, presentando i caratteri dell’abnormità, deve ritenersi ricorribile in cassazione. Come hanno affermato le Sezioni Unite di questa Corte, infatti, l’abnormità - per essere tale - deve integrare, non un semplice vizio dell’atto in sé, da cui scaturiscono determinate patologie sul piano della dinamica processuale, bensì - sempre e comunque uno sviamento della funzione giurisdizionale, la quale non risponde più al modello previsto dalla legge, ma si colloca al di là del perimetro entro il quale è riconosciuta dall’ordinamento Cass., Sez. Un., n. 25957 del 26/03/2009, Toni, Rv. 243590 . È perciò affetto da abnormità non solo il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite. In altri termini, l’abnormità dell’atto processuale può presentarsi sotto due forme, in quanto essa può riguardare tanto il profilo strutturale , allorché l’atto, per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale , quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini non solo la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo, ma una nullità rilevabile nel futuro corso del processo, idonea, perciò, a determinare una crisi irreparabile della sua evoluzione Sez. Un., Toni, citata . Nel caso di specie, è agevole rilevare che l’ordinanza impugnata, emessa in evidente violazione di legge - essendo espressamente previsto dall’art. 464 bis, comma 2, ultimo periodo, cod. proc. pen. che con l’opposizione a decreto penale di condanna possa essere richiesta la sospensione del procedimento con messa alla prova - è abnorme sotto l’aspetto funzionale in quanto determina un decisivo e verosimilmente non rimediabile nocumento al diritto di difesa, in quanto il Giudice, dichiarando inammissibile la richiesta principale di sospensione del procedimento con messa alla prova e fissando l’udienza in ordine all’istanza subordinata di rito abbreviato, ha, di fatto, precluso alla ricorrente di beneficiare della messa alla prova non più formulabile in limine al giudizio abbreviato. Conseguentemente il provvedimento impugnato va annullato senza rinvio e gli atti devono essere restituiti al Giudice che lo ha emesso, per quanto di competenza in ordine all’ulteriore corso. 2. Ciò posto, occorre chiarire quale avrebbe dovuto essere, invece, il corretto sviluppo della domanda del ricorrente di sospensione del procedimento con messa alla prova, ineccepibilmente formulata in via principale con l’opposizione a decreto penale di condanna, ai sensi - si ripete - dell’art. 464-bis cod. proc. pen., comma 2, ultimo periodo. Al proposito va, innanzitutto, rilevato che l’innovazione di cui alla citata legge costituisce una probation giudiziale nella fase istruttoria assimilabile al modello adottato nel procedimento minorile e che il nuovo istituto è caratterizzato da un doppio profilo, sostanziale e processuale da un lato, esso costituisce una causa di estinzione del reato, collocata nel Capo I del Titolo VI del codice penale, subito dopo la disciplina della sospensione condizionale della pena dall’altro, costituisce un’ipotesi di definizione alternativa della vicenda processuale, inserita nell’apposito Titolo V bis del Libro VI Procedimenti speciali del codice di rito. Quanto alla disciplina processuale, ai fini che qui interessano, l’art. 464-bis cod. proc. pen. individua espressamente il termine finale della richiesta, con diversificazioni legate ai differenti moduli procedurali, così come accade per i procedimenti speciali tipici - le conclusioni formulate dalle parti, a norma degli artt. 421 e 422 cod. proc. pen., al termine dell’udienza preliminare, nel procedimento ordinario - la dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, nel giudizio direttissimo e nel procedimento a citazione diretta - quindici giorni dalla notifica del decreto di giudizio immediato all’imputato o dalla comunicazione del relativo avviso al difensore, nei casi di giudizio immediato - il medesimo termine previsto dall’art. 461 cod. proc. pen., per l’opposizione nei procedimenti per decreto. L’art. 464-ter cod. proc. pen. prevede quindi che la richiesta in parola possa essere presentata anche nel corso delle indagini preliminari, mentre il successivo articolo 464-quater cod. proc. pen. individua i criteri della decisione giudiziale sull’ammissione a l’insussistenza delle ragioni che, a norma dell’art. 129 cod. proc. pen., impongono l’immediato proscioglimento b l’idoneità del programma di trattamento e la prognosi di risocializzazione, che viene assunta dal giudice nel corso della stessa udienza oppure in apposita udienza in camera di consiglio fissata secondo le modalità di cui all’art. 127 del codice di rito. I successivi articoli del codice di rito disciplinano l’esecuzione dell’ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova, l’acquisizione di prove non rinviabili o di quelle che possono condurre al proscioglimento dell’imputato durante la sospensione del procedimento con le modalità stabilite per il dibattimento , gli esiti della messa alla prova l’estinzione del reato, che costituisce l’epilogo naturale della probation la ripresa del processo, in caso di esito negativo della probation stessa e la revoca dell’ordinanza di sospensione. L’espressione adoperata dall’art. 464-septies, comma 2, cod. proc. pen. in caso di esito negativo della prova, il giudice dispone con ordinanza che il processo riprenda il suo corso e dall’art. 464-octies, comma 4 quando l’ordinanza di revoca è divenuta definitiva il procedimento riprende il suo corso dal momento in cui era rimasto sospeso e cessa l’esecuzione delle prescrizioni e degli obblighi imposti legittima l’interpretazione che il corso del processo dovrà riprendere dal momento in cui si è verificata l’interruzione e cioè gli incombenti conclusivi delle indagini preliminari, nel caso previsto dall’art. 464-ter l’udienza preliminare, nell’ipotesi in cui la richiesta sia stata presentata in quella fase del procedimento ordinario la dichiarazione di apertura del dibattimento, nell’ipotesi di richiesta presentata nel giudizio direttissimo e nel procedimento per citazione diretta o nel caso di sospensione recuperata a seguito di primitivo rigetto o del dissenso del Pubblico Ministero, ai sensi degli artt. 464-ter, comma 4, e 464 quater, comma 9 la costituzione delle parti nel dibattimento nel caso di richiesta presentata dopo l’emissione di giudizio immediato. Per quanto riguarda il procedimento per decreto, posto che l’art. 464-bis, comma 2, ultima parte, prevede che la richiesta è presentata con l’atto di opposizione, il corso del processo dovrà riprendere dall’emissione da parte del G.I.P. del decreto di giudizio immediato, salvo che siano state presentate altre richieste subordinate e queste siano ancora da valutare cfr. Sez. 2, n. 8997 del 18/11/2014, 2015, Galeandro, Rv. 263228 Sez. 2, n. 10462 del 08/01/2016 Ahmetovic, Rv. 266124 . E ciò in applicazione del principio di diritto fissato per i casi analoghi, secondo cui in tema di procedimento per decreto, nell’ipotesi in cui, a seguito di opposizione, l’opponente non chieda il giudizio abbreviato o il patteggiamento, oppure manchi per quest’ultimo il consenso del P.M., oppure sia rigettata la richiesta di applicazione della pena, perché non ritenuta congrua dal giudice, questi deve procedere al giudizio immediato che costituisce l’esito necessario dell’opposizione quando difettino i presupposti per l’accesso agli altri riti Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto abnorme, siccome determinante un’indebita regressione del procedimento, il provvedimento con il quale il G.I.P., giudicata incongrua la pena concordata tra le parti, aveva disposto la trasmissione degli atti al P.M. Sez. 4, n. 6574 del 16/01/2009, Paglierini, RV. 220796 . 3. Emerge da siffatto excursus come il sistema individui per l’accesso alla sospensione del procedimento con messa alla prova, sedi, limiti temporali e scansioni affatto analoghi a quelli previsti per l’accesso al giudizio abbreviato o al patteggiamento, e dunque il giudice chiamato a decidere sulla richiesta formulata dall’imputato non può che essere, anche per tale procedimento speciale, il giudice che, in ciascuna delle sedi individuate, procede . Sicché, nel caso in cui detta richiesta sia stata presentata con l’atto di opposizione a decreto penale di condanna, tale giudice va individuato nel G.I.P., che avendo la disponibilità del fascicolo è da considerare il giudice che ancora procede cfr., mutatis, Sez. u, n. 3088 del 17/01/2006, Bergamasco, Rv. 232360, nonché, tra molte, in tema di abbreviato richiesto con l’opposizione a decreto penale di condanna, Sez. 1, n. 38595 del 30/09/2005 Galbignani, Rv. 232948, e successive conformi . Non condivide, invero, il Collegio la soluzione adottata da questa Corte in sede di conflitto, secondo cui spetterebbe invece al giudice del dibattimento, e non al giudice per le indagini preliminari, la competenza a decidere sulla richiesta di sospensione del procedimento e di messa alla prova ex art. 464 bis cod. proc. pen., avanzata in sede di opposizione a decreto penale di condanna Sez. 1, n. 25867 del 03/02/2016, RV. 267062 . Non convince l’affermazione secondo cui militerebbe in favore della soluzione da quella pronuncia adottata l’obiettiva diversità della richiesta di messa alla prova rispetto a quella di ammissione a un rito alternativo e ciò in quanto l’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova è comunque disciplinato nell’introdotto Titolo V-bis del Libro VI del codice di rito che prevede proprio i procedimenti speciali . Del pari non convincente è poi l’affermazione, contenuta sempre nella citata pronuncia, secondo cui se dovesse essere ritenuto competente il Giudice delle indagini preliminari, quest’ultimo, del tutto incongruamente, dovrebbe acquisire delle prove relativamente al giudizio che, in caso di revoca dell’ordinanza di sospensione con messa alla prova, verrebbe poi ad essere celebrato, per la restante parte, dal giudice del dibattimento , con la conseguenza che, così argomentando il legislatore avrebbe introdotto una nuova ipotesi di incidente probatorio , ulteriormente derogando in maniera tra l’altro non espressa al principio di oralità della prova . Stabilisce, infatti, il citato articolo 464-sexies, cod. proc. pen., che durante la sospensione del procedimento con messa alla prova il giudice, con le modalità stabilite per il dibattimento, acquisisce, a richiesta di parte, le prove non rinviabili e quelle che possono condurre al proscioglimento dell’imputato ed è agevole constatare che siffatta norma è del tutto analoga a quella dell’articolo 392 cod. proc. pen. che prevede l’incidente probatorio. Potendosi solo aggiungere che è appunto l’uso dell’espressione con le modalità stabilite per il dibattimento utilizzata nell’art. 464-sexies citato nella sentenza richiamata, che parrebbe dimostrare, invece, il contrario di quanto in quella si sostiene perché se la competenza fosse - sempre - riservata al giudice del dibattimento, non vi sarebbe stata ragione alcuna per tale precisazione, riservata alle forme da adottare. Dunque, ad avviso del Collegio, appare evidente l’intenzione del Legislatore quella di consentire che le prove non rinviabili raccolte ai sensi dell’articolo 464-sexies citato possano essere usate anche dal giudice del dibattimento, così come si verifica del resto per le prove raccolte, ex articolo 392 cod. proc. pen., sia nel corso delle indagini preliminari, sia - a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 10 marzo 1994, numero 77 - anche nella fase dell’udienza preliminare. In entrambi i casi, peraltro, la prova viene raccolta nel contraddittorio delle parti e la deroga al principio secondo cui la stessa dovrebbe formarsi nel dibattimento è giustificata dalla non rinviabilità della sua assunzione, dovuta alle ragioni indicate nell’articolo 392 cod. proc. pen. citato, alle quali deve fare riferimento il Giudice delle indagini preliminari che ha disposto la sospensione del procedimento con messa alla prova. La situazione verificatasi nel caso in esame manifesta, quindi, l’evidente asistematicità di una soluzione quale quella qui non condivisa, in base alla quale la sede naturale per la decisione sulla richiesta di sospensione del procedimento per messa alla prova e per i provvedimenti conseguenti dovrebbe essere sempre il dibattimento, così privando l’imputato della possibilità di eventualmente richiedere, in via subordinata come è accaduto nel caso in esame ovvero in caso di rigetto, la definzione mediante altri riti alternativi la cui richiesta non risulti ancora preclusa. P.Q.M. Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone la trasmissione degli atti al GUP del Tribunale di Milano per l’ulteriore corso.