Giusta la sospensione della maestra che maltrattava i bambini dell’asilo

In tema di esigenze cautelari il requisito dell’attualità è un attributo distinto rispetto a quello della concretezza il primo va correlato alla presenza di occasioni prossime al reato , mentre il secondo alla capacità a delinquere del reo .

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18425/17 depositata il 12 aprile. Il caso. Un’educatrice presso un asilo comunale veniva sottoposta a misura interdittiva della sospensione dal pubblico servizio per la durata di un anno, in relazione a tre episodi di maltrattamenti a danno dei minori a lei affidati. Il Tribunale che aveva deciso in tal modo riteneva vi fosse un concreto pericolo di reiterazione di fatti dello stesso tipo, poiché l’indagata faceva sistematico ricorso a forme di violenza sia fisica che psicologica in danno delle piccole parti lese, alcune anche disabili , con l’aggravante della dipendenza dall’alcol, nonostante avesse intrapreso un percorso terapeutico per sottrarsene. Essendo però poi stata reintegrata nelle sue mansioni, vi è, a detta del giudice di merito, un concreto pericolo di ripetizione di condotte analoghe. I requisiti della concretezza e dell’attualità. Avverso tale sentenza l’educatrice ricorreva in Cassazione, lamentando l’errata valutazione del giudice relativamente alla concretezza del pericolo di reiterazione del reato, in contrasto con la lettera dell’art. 274 c.p.p In pratica, secondo la ricorrente sarebbe erronea la valutazione della certezza, o comunque dell’elevata probabilità, del verificarsi dell’occasione futura del delitto, al netto del fatto che il periodo in cui il fatto era successo rappresentava un periodo particolarmente difficile della vita dell’indagata . La censura, a detta della Corte di Cassazione, è manifestamente infondata. L’interpretazione del summenzionato articolo operata dalla ricorrente deve ritenersi, infatti, totalmente superata alla luce di un recente intervento delle Sezioni Unite. Queste ultime, infatti, nella pronuncia n. 20769/16 hanno specificato come in tema di esigenze cautelari il requisito dell’attualità è distinto attributo rispetto a quello della concretezza il primo va correlato alla presenza di occasioni prossime al reato , mentre il secondo alla capacità a delinquere del reo . A questo punto, gli indici rivelatori” da prendere in esame, ai fini della verifica della loro reale sussistenza, sono i medesimi, da individuarsi nelle specifiche modalità e circostanze del fatto e personalità dell’indagato o imputato” . Il giudizio da effettuarsi è di tipo prognostico, in cui riveste indubbio ancorché non esclusivo rilievo il profilo soggettivo dell’agente, nella fattispecie ampiamente tratteggiato dall’impugnata ordinanza . Pertanto il ricorso è da dichiararsi inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 22 marzo – 12 aprile 2017, n. 18425 Presidente Rotundo – Relatore Tronci Ritenuto in fatto 1. Con provvedimento dell’11.01.2017, il Tribunale di Milano, in accoglimento dell’appello proposto dal p.m., ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., avverso l’ordinanza di rigetto adottata dal g.i.p. del Tribunale medesimo, applicava la misura interdittiva della sospensione dal pubblico servizio per la durata di anni uno nei confronti di F.E. , in relazione a tre episodi di maltrattamenti ai danni di minori affidati alla prevenuta, nella sua qualità di educatrice dell’asilo comunale essendo la stessa altresì indagata per un fatto di lesioni personali e per molteplici ipotesi di abuso di mezzi di correzione, sempre nei confronti dei piccoli utenti dell’asilo comunale . Esponeva in proposito il Tribunale che, ferma la sussistenza del quadro di gravità indiziaria a carico dell’indagata - riconosciuto come tale dal g.i.p. - non appariva tuttavia condivisibile la valutazione da quest’ultimo compiuta in ordine alla pretesa assenza di esigenze cautelari, stante il concreto pericolo di reiterazione di fatti dello stesso tipo, quale desumibile dalle reiterate e gravi condotte poste in essere dall’indagata, connotate dal sistematico ricorso a forme di violenza sia fisica che psicologica in danno delle piccole parti lese, alcune anche disabili, come tale indice di una personalità aggressiva, incapace di autocontrollo, aspetto indubbiamente aggravato dalla dipendenza dall’alcool, e dunque non idonea a stare a contatto con bambini indifesi con la puntualizzazione ulteriore che il pur apprezzabile percorso terapeutico avviato dalla donna per sottrarsi alla dipendenza dall’alcool non riveste, allo stato, portata dirimente, perché tale cammino non è certo concluso, con un definitivo e consolidato superamento della situazione , avuto riguardo al breve lasso di tempo trascorso ed alla gravità della situazione di dipendenza dell’indagata. Donde il sicuro allarme connesso alla circostanza che la F. , reintegrata nelle sue mansioni, lavori nuovamente a contatto con i bambini, ancorché svolga un ruolo di supplenza, in ragione del concreto pericolo che l’indagata possa avere ricadute e porre in essere analoghe condotte, all’insorgere di situazioni di difficoltà nella gestione dei bambini omissis magari in concomitanza anche con suoi momenti di maggiore fragilità dovuti a problematiche personali tenuto conto che, come si è detto, certamente la problematica della dipendenza da sostanze alcoliche ha influito accentuando l’incapacità di autocontrollo della donna sui propri freni inibitori . Pericolo non certamente eliso dalla constatazione che la F. sia stata assegnata ad asilo diverso da quello in cui sono maturate le condotte per cui è processo, in quanto il rischio di recidiva non implica necessariamente la reiterazione della stessa condotta nel medesimo contesto e con gli stessi soggetti . 2. Avverso detto provvedimento ha formalizzato tempestiva impugnazione il difensore di fiducia della F. . In particolare, il legale ricorrente denuncia a vizio di motivazione, sotto il profilo dell’apparenza ovvero della contraddittorietà dell’assetto argomentativo dell’ordinanza del Tribunale, giunto alle censurate conclusioni - giusta la tesi sostenuta - sulla scorta di proprie valutazioni, prive di presupposti scientifici perché in contrasto con quelle compiute dall’Istituto di Medicina del Lavoro, all’esito della visita psicologica dell’indagata, valutazioni correttamente valorizzate, per contro, dall’ordinanza del g.i.p. b violazione dell’art. 606 co. 1 lett. c cod. proc. pen., circa la concretezza del pericolo di reiterazione del reato , in contrasto con l’interpretazione dell’art. 274 dello stesso codice patrocinata dalla giurisprudenza di legittimità - nel senso, cioè, della necessità della certezza, o comunque dell’elevata probabilità, del verificarsi dell’occasione futura del delitto tenuto conto della specificità della vicenda per cui è processo, caduta in un periodo particolarmente difficile della vita dell’indagata , nonché del ruolo attuale della F. , peraltro mai oggetto di rilievi, prima dei fatti per cui è processo, nel corso della sua ventennale attività di educatrice. Considerato in diritto 1. Il ricorso avanzato nell’interesse dell’indagata deve essere dichiarato inammissibile, con ogni conseguente statuizione, nella misura di giustizia indicata in dispositivo. 2. Non consentito è il primo profilo di doglianza, che, a fronte del lineare percorso argomentativo sviluppato dal Tribunale, nei termini sopra sintetizzati, si propone di inficiarne la tenuta logica mediante l’indebita estrapolazione di singoli passaggi dell’allegato referto dell’U.O.C. di Medicina del Lavoro dell’Ospedale omissis , alla base della successiva declaratoria d’idoneità al lavoro, passaggi che, in realtà, non incidono in alcun modo sulle valutazioni compiute dal giudice distrettuale della cautela, sulla scorta delle risultanze emerse all’esito del ricovero dell’indagata presso l’Ospedale omissis . 3. Manifestamente infondata è poi la censura in tema di esigenze cautelari, nella parte in cui propone un’interpretazione dell’art. 274 lett. c cod. proc. pen. che deve ormai reputarsi definitivamente superata alla luce del recente intervento delle Sezioni Unite di questa Corte che, pur chiamate ad affrontare una diversa questione di diritto sottoposta alla loro attenzione, hanno dedicato alcuni cenni al tema in questione, dapprima significando che il requisito dell’attualità è attributo distinto rispetto a quello della concretezza, posto che quest’ultimo va correlato alla capacità a delinquere del reo , il primo alla presenza di occasioni prossime al reato quindi osservando che, ferma la necessità della distinta valutazione dei due requisiti - in ragione, appunto, della loro autonomia concettuale - gli indici rivelatori da prendere in esame, ai fini della verifica della loro reale sussistenza, sono i medesimi, da individuarsi nelle specifiche modalità e circostanze del fatto e personalità dell’indagato o imputato cfr., in parte motiva, Cass. Sez. Un. sent. n. 20769 del 28.04.2016 . Dunque, al di là della formale distinzione, il dato qualificante che emerge dal ricordato intervento dell’Alto Consesso consiste nel fatto che l’indagine sull’attualità delle esigenze cautelari va compiuta sulla scorta dei medesimi dati conoscitivi da apprezzarsi ai fini della valutazione sulla concretezza delle esigenze medesime, rimanendo quindi ancorata ad un giudizio prognostico, in cui riveste indubbio ancorché non esclusivo rilievo il profilo soggettivo dell’agente, nella fattispecie ampiamente tratteggiato dall’impugnata ordinanza. Quanto, poi, alla parte residua del motivo medesimo, laddove pone l’accento sulla specificità della vicenda e sul corretto comportamento della F. in epoca sia antecedente che successiva ai fatti medesimi, trattasi di aspetti che hanno trovato adeguata risposta nel provvedimento impugnato, al quale non può certo sostituirsi la diversa lettura che di essi è propugnata dalla ricorrente, attese le caratteristiche ed i limiti propri del giudizio di legittimità. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen