Le dichiarazioni dell’indagato non verbalizzate sono prive di valenza probatoria

Le dichiarazioni accusatorie non verbalizzate ma raccolte dalla polizia giudiziaria in una nota informativa non sottoscritta dal dichiarante, sono acquisite in violazione dei divieti previsti dalla legge e dunque inutilizzabili ex art. 191 c.p.p

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18285/17 depositata l’11 aprile. Il caso. La Corte d’appello di Taranto riformava parzialmente la sentenza con cui l’imputato veniva riconosciuto colpevole per i reati di pornografia minorile e violenza sessuale, escludendo la prima imputazione e ritenendo lieve la seconda. Il difensore dell’imputato ricorre per la cassazione della pronuncia deducendo l’inutilizzabilità della deposizione di un maresciallo dei carabinieri, sulla quale si fondava la pronuncia di condanna, posto che egli avrebbe riferito su dichiarazioni spontanee dell’indagato rese al suo arrivo in caserma, dichiarazioni non verbalizzate e frutto di condizionamento. Dichiarazioni non verbalizzate. Il ricorso viene ritenuto fondato dagli Ermellini che sottolineano come la costante giurisprudenza affermi che le dichiarazioni accusatorie non verbalizzate ma raccolte dalla polizia giudiziaria in una nota informativa non sottoscritta dal dichiarante, sono considerate acquisite in violazione dei divieti previsti dalla legge e affette dunque da inutilizzabilità ex art. 191 c.p.p Tali dichiarazioni possono trovare un utilizzo nella fase delle indagini preliminari come indizio di reato o stimolo di ulteriori investigazioni, ma non possono trovare ingresso nella fase dibattimentale. Tale uso, ai limitati fini di cui all’art. 503, comma 3, c.p.p., è possibile solo se le dichiarazioni siano state verbalizzate secondo quanto richiesto dall’art. 357 c.p.p Dichiarazioni rese alla presenza del difensore. Nel caso in esame dunque le dichiarazioni rese dall’imputato non erano suscettibili di alcun utilizzo nella formazione del quadro probatorio a suo carico. Mentre per quanto riguarda le dichiarazioni rese immediatamente dopo e alla presenza del difensore, la Corte sottolinea la possibilità di utilizzo ma solo per le contestazioni e al fine di valutare la credibilità del dichiarante. L’art. 350 c.p.p. prevede infatti che dichiarazioni di tal specie, e dunque rese alla presenza del difensore, possono essere utilizzate nel dibattimento solo nei limiti previsti dal comma 3 dell’art. 503 c.p.p Per questi motivi, la Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 28 febbraio – 11 aprile 2017, n. 18285 Presidente Fumu – Relatore Pacilli Ritenuto in fatto Con sentenza del 27.11.2015 la Corte d’appello di Taranto - sezione penale minorenni, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale per i minorenni di Taranto in data 3.6.2015, ha escluso quanto al capo a la fattispecie di cui all’art. 600 ter co. 1 c.p. ha ritenuto l’ipotesi lieve di cui all’art. 609 bis co. 3 c.p. quanto ai delitti contestati sub c e d ha rideterminato la pena e confermato nel resto la sentenza impugnata. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo 1 violazione dell’art. 606 co. 1 lett. c c.p.p. con riferimento all’art. 191 c.p.p. e agli artt. 62-64, 350 e 503, 3 co, c.p.p. con specifico riferimento alla deposizione del maresciallo dei carabinieri M.A. , resa in dibattimento, alle dichiarazioni spontanee nonché al successivo interrogatorio dell’indagato 2 violazione dell’art. 606 co. 1 lett. d c.p.p. per la mancata assunzione di una prova decisiva, nella specie una nuova audizione della persona offesa 3 violazione dell’art. 606 co. 1 lett. e c.p.p. per la mancanza di motivazione su elementi importanti della fattispecie, oggetto del processo, e per la contraddittorietà e manifesta illogicità di altre parti della motivazione. In particolare, il ricorrente ha censurato l’utilizzabilità della deposizione del maresciallo M. , atteso che il medesimo avrebbe riferito su dichiarazioni spontanee rese dall’indagato appena arrivato in caserma peraltro, tali dichiarazioni non sarebbero state neppure verbalizzate e l’indagato avrebbe subito condizionamenti all’arrivo in caserma. Ha censurato, inoltre, la discutibilità della maggiore importanza attribuita alle dichiarazioni auto accusatorie rilasciate dall’indagato in fase di indagini preliminari, presentanti molte incongruenze. La decisione, inoltre, sarebbe ingiusta per non aver acconsentito ad un nuovo esame della persona offesa, già ascoltata in sede di incidente probatorio, e difetterebbe di adeguata motivazione in merito ai dubbi sollevati dalla difesa e agli accertamenti da essa richiesti. All’odierna udienza pubblica è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito all’esito, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe e questa Corte, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in pubblica udienza. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. Nella sentenza impugnata si afferma che dalla deposizione del verbalizzante maresciallo Adriano M. è emerso che, dopo aver subito una perquisizione nell’abitazione, l’odierno imputato si presentò con i genitori in caserma sostenendo che voleva rendere dichiarazioni, sicché i militari gli spiegarono che in quanto persona sottoposta ad indagini avrebbe dovuto munirsi di un difensore cosa che il D.M. fece, tanto che poco dopo il nominato difensore giunse in caserma e fu redatto un verbale di sommarie informazioni alla sua presenza. È pur vero che nel prosieguo della deposizione il teste ha fatto riferimento a dichiarazioni verbalmente rese dall’imputato appena giunto in caserma, ma è altrettanto vero che esse hanno fatto corretto e autonomo ingresso in dibattimento con il meccanismo processuale delle contestazioni . Ad avviso del giudice di merito, dunque, le dichiarazioni dell’imputato, riferite dal teste maresciallo M. , sia quelle spontaneamente rese e non verbalizzate sia quelle rilasciate alla presenza del difensore, hanno trovato corretto ingresso in dibattimento attraverso il meccanismo delle contestazioni. L’assunto è erroneo. Va innanzitutto rilevato che le dichiarazioni spontanee, rilasciate dall’imputato appena giunto in caserma, in quanto non verbalizzate, non potevano essere utilizzate. Al riguardo, difatti, questa Corte Sez. 2, n. 6355 del 25.1.2012, Rv 252104 Sez. VI n. 21937 del 1.4.2003, Rv 225681 ha avuto modo di affermare che le dichiarazioni accusatorie non verbalizzate, ma raccolte dalla polizia giudiziaria in una nota informativa, non sottoscritta dal dichiarante, devono considerarsi acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge e ricomprese nell’ipotesi di inutilizzabilità di cui all’art. 191 cod. proc. pen Le dichiarazioni accusatorie, raccolte dalla polizia giudiziaria ma non documentate in verbale, quindi, possono essere utilizzate in fase di indagini preliminari, ma solo come indizio di reato e stimolo ed oggetto di ulteriori investigazioni, ma non sono suscettibili di utilizzazione dibattimentale. Una tale utilizzazione, pure ai limitati fini della contestazione di cui all’art. 503, comma 3, c.p.p. è possibile soltanto se le dichiarazioni siano state verbalizzate secondo quanto è richiesto dall’art. 357 c.p.p Ne consegue, nel caso in esame, che le dichiarazioni dell’imputato, non verbalizzate, non erano suscettibili in alcun modo di concorrere alla formazione del quadro probatorio, posto a fondamento del giudizio di responsabilità dell’imputato. Quanto alle dichiarazioni dell’imputato, rese alla presenza del difensore e verbalizzate, va invece rimarcato che esse potevano essere utilizzate ma per le contestazioni ed al fine di valutare la credibilità del dichiarante. L’art. 350 c.p.p. stabilisce, infatti, che le dichiarazioni, rese alla presenza del difensore dalla persona nei cui confronti vengono svolte indagini, non possono essere utilizzate nel dibattimento, salvo quanto previsto dall’art. 503, comma 3, c.p.p., sicché quelle dichiarazioni, in forza del rinvio operato dall’art. 503, comma 4, c.p.p. all’art. 500, comma 2, c.p.p., possono essere utilizzate per le contestazioni e valutate al fine della credibilità del propalante. Ne discende, dunque, che anche le dichiarazioni, rese dall’imputato alla presenza del difensore, non potevano essere utilizzate nel dibattimento al fine di fondare la responsabilità del medesimo imputato, con l’ulteriore conseguenza, che, in difetto di altri elementi probatori, la sentenza va annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 D. Lgs. n. 196/03, in quanto imposto dalla legge.