E’ aggravata la truffa ad opera dei venditori online

Nelle vendite online la distanza fisica intercorrente tra venditore e acquirente è l’elemento che pone l’autore di una truffa in una posizione di forza e di maggior favore rispetto alla vittima .

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 17937/17 depositata il 10 aprile. Il caso. Veniva formulata domanda cautelare nei confronti di un soggetto che aveva posto in vendita su un sito di aste online due computer ed un iPad a prezzi convenienti, ma non li aveva mai consegnati agli acquirenti. Il GUP respingeva la domanda cautelare, decisione confermata anche dal Tribunale. Avverso questa pronuncia ricorreva in Cassazione il Procuratore della Repubblica, ritenendo erronea l’esclusione dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 5, c.p. l’avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa . Le due tesi a confronto. La tesi sostenuta dal Tribunale è che l’annuncio, posto sul web, rappresenterebbe una modalità della condotta, non un elemento ulteriore ad essa e che chi sia intenzionato a concludere un acquisto su internet ne accetta i rischi connessi, rinunciando consapevolmente a visionare il bene ed affidandosi alla buona fede dell’interlocutore virtuale . Dall’altra parte, invece, la tesi del Procuratore sostiene che proprio la distanza tra il luogo in cui si trova l’autore del reato e quello in cui si trova l’acquirente consente al primo di celare la propria identità e le proprie intenzioni fraudolente, impedendo qualsiasi verifica sull’esistenza del bene e ponendolo in una posizione di maggior favore rispetto alla vittima . La truffa è aggravata. A detta della Corte di Cassazione, il ragionamento del Tribunale è da rigettare. Prima di tutto, non va accolta la tesi della consapevole esposizione” dell’acquirente al rischio di truffa, perché, così facendo, si finirebbe per distogliere l’attenzione sul truffatore, ponendo eccessiva enfasi sulla condotta della vittima. L’aggravante in esame è pienamente configurata nel caso di specie, in quanto la distanza fisica intercorrente tra venditore e acquirente è l’elemento che pone l’autore della truffa in una posizione di forza e di maggior favore rispetto alla vittima, consentendogli di schermare la sua identità, di non sottoporre il prodotto venduto ad alcun controllo preventivo da parte dell’acquirente e di sottrarsi comodamente alle conseguenze dell’azione . Questo non sarebbe possibile, o comunque sarebbe più difficile, per il truffatore se la vendita avvenisse de visu . Nel caso di specie l’agente ha messo in vendita degli oggetti di cui non disponeva o di cui non voleva privarsi, e lo ha fatto attribuendovi prezzi convenienti al fine di catturare l’attenzione e l’interesse di potenziali acquirenti. Il ricorso ad opera del Procuratore Generale, quindi, è fondato.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 22 marzo – 10 aprile 2017, n. 17937 Presidente Rotundo – Relatore Criscuolo Ritenuto in fatto 1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Sassari propone ricorso avverso l’ordinanza indicata in epigrafe con la quale il locale Tribunale, adito ex art. 310 cod. proc. pen., ha respinto l’appello proposto avverso l’ordinanza del G.i.p. del medesimo Tribunale, che aveva respinto la domanda cautelare formulata nei confronti di C.A. per i reati di cui all’art. 640, comma 2 n. 2 bis, cod. pen. per aver posto in vendita sul sito omissis due computer ed un iPad a prezzi convenienti, non consegnati agli acquirenti o consegnando beni totalmente difformi, pagati a mezzo bonifico su conto riconducibile a carta intestata al C. -, escludendo la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 5 cod. pen. e, dunque, la possibilità, in ragione del limite edittale, di adottare la misura cautelare. Anche il Tribunale ha condiviso il ragionamento del G.i.p. non ravvisando nel caso di specie, avente ad oggetto due truffe on line, l’aggravante della minorata difesa, in quanto l’annuncio sul web costituirebbe una modalità della condotta e non un elemento ulteriore, integrante la circostanza aggravante con approfittamento di una circostanza di luogo. Il Tribunale ha ritenuto che i siti internet di scambi commerciali costituiscono il mezzo attraverso il quale le parti, che vogliono concludere un affare, si cercano e si trovano, con la conseguenza che chi si determina a concludere tale tipo di acquisto ne accetta i rischi connessi, rinunciando consapevolmente a visionare il bene ed affidandosi alla buona fede dell’interlocutore virtuale cosicché tale modalità di vendita non pone di per sé l’acquirente in una condizione di minorata difesa, in quanto la distanza accomuna entrambe le parti. Il ricorrente deduce violazione di legge e censura tale valutazione sulla scorta dell’orientamento giurisprudenziale sul tema, sottolineando che proprio la distanza tra il luogo in cui si trova l’autore del reato e quello in cui si trova l’acquirente consente al primo di celare la propria identità e le proprie intenzioni fraudolente, impedendo qualsiasi verifica sull’esistenza del bene e ponendolo in una posizione di maggior favore rispetto alla vittima. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. L’aggravante della minorata difesa è configurabile quando l’agente abbia approfittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa ovvero di condizioni oggettive, conosciute dall’agente e delle quali lo stesso abbia consapevolmente approfittato. Nel caso in esame, trattandosi di truffe on line, commesse pubblicizzando i prodotti su siti internet, viene in rilievo la sola circostanza di luogo di commissione del reato, da intendere come luogo in senso fisico, non virtuale, quale elemento valutabile ai fini dell’aggravante. La giurisprudenza di questa Corte ha, infatti, precisato l’impossibilità di fare riferimento al circuito internet come luogo inteso in senso fisico, in quanto inapplicabile ad una realtà virtuale e smaterializzata, dovendosi, invece, avere riguardo ad un luogo fisico di commissione del reato, individuabile per le truffe on line nel luogo in cui si trovava l’agente al momento del conseguimento del profitto Sez. 2, n. 7749 del 04/11/2014, Giannetto, Rv. 264696 , caratterizzato per la peculiarità di tale tipo di transazioni dalla distanza fisica rispetto a quello in cui si trova l’acquirente. Tale circostanza oggettiva, ben nota a colui che pone in vendita i prodotti la distanza rispetto al luogo in cui si trova l’acquirente del prodotto on line, che di norma ne ha pagato anticipatamente il prezzo, secondo la prassi di tale tipo di transazioni e come avvenuto nel caso in esame è l’elemento che pone l’autore della truffa in una posizione di forza e di maggior favore rispetto alla vittima, consentendogli di schermare la sua identità, di non sottoporre il prodotto venduto ad alcun controllo preventivo da parte dell’acquirente e di sottrarsi comodamente alle conseguenze dell’azione vantaggi, che non potrebbe sfruttare a suo favore, con altrettanta facilità, se la vendita avvenisse de visu. Ne discende che la distanza, connessa alle particolari modalità di vendita con utilizzo del sistema informatico o telematico, di cui l’agente consapevolmente approfitta e cui si aggiunge di norma l’utilizzo di clausole contrattuali, che prevedono il pagamento anticipato del prezzo del bene venduto, configura l’aggravante in oggetto, che connota la condotta dell’agente quale elemento ulteriore, peculiare e meramente eventuale, rispetto agli artifici e raggiri tipici della truffa semplice, nella quale l’agente pone in vendita un prodotto del quale non dispone o non si vuole privare a prezzi convenienti per catturare l’attenzione e l’interesse dell’acquirente, che consulta le vetrine virtuali elementi, ricorrenti nel caso di specie, per avere il C. indicato un falso luogo di residenza ed un prezzo di vendita concorrenziale. Infondata è la tesi sostenuta dal Tribunale della consapevole esposizione dell’acquirente ai rischi connessi a tale tipo di transazioni, in quanto la truffa non è esclusa dal difetto di diligenza della vittima e, correttamente, è stato osservato che in tal modo si sposta l’attenzione sul comportamento della vittima piuttosto che su quello dell’autore della truffa Sez. 2, n. 43796 del 29/09/2016, P.M. in proc. Pastafiglia, Rv. 268450 . Per le ragioni esposte l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Sassari. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sassari.