Beccato a “frugare” negli spogliatoi della palestra della scuola, è privata dimora?

Per privata dimora si devono intendere tutti i luoghi, non pubblici, nei quali una persona si trattiene, in modo permanente oppure transitorio e contingente , per compiere atti di vita privata o attività lavorativa.

Così ha deciso la Suprema Corte con sentenza n. 18089/17 depositata il 10 aprile. Il caso. L’imputato ricorre per cassazione avverso la sentenza che lo condannava per il furto commesso negli spogliatoi della palestra della scuola durante un allenamento di basket. L’unica prova a suo carico, come lamenta il ricorrente, è la testimonianza di un uomo che sosteneva di averlo visto frugare nelle tasche degli indumenti lasciati negli spogliatoi. La condotta messa in atto dall’imputato aveva destato sospetti al teste anche in virtù del recente arresto che lo aveva visto protagonista sui giornali locali. Teste attendibile. Gli Ermellini, presa visione della documentazione del giudice a quo, rilevano l’attendibilità delle dichiarazioni del teste, il quale non poteva essere animato da alcun pregiudizio nei confronti dell’imputato, poiché prima di quell’occasione non lo aveva mai visto. Inoltre, prosegue il Collegio, vi è compatibilità con lo stato dei luoghi interessati dall’evento con quanto riferito dall’uomo, il quale ha appunto precisato di aver visto l’imputato frugare” negli abiti lasciati all’interno dello spogliatoio, in quanto la porta era aperta. La privata dimora. Inoltre, afferma la Corte, per luogo destinato a privata dimora, nell’ottica delineata dalla norma incriminatrice di cui all’art. 624- bis cod. pen., deve infatti intendersi qualsiasi luogo, non pubblico, in cui una persona si trattenga, in modo permanente oppure transitorio e contingente, per compiere atti di vita privata o attività lavorative Cass., Sez. 4, n. 20022/2008 . Il giudice del merito, infatti, precisa la S.C., aveva correttamente affermato la sussistenza degli estremi del reato ex art. 624- bis c.p., in quanto il fatto era stato commesso nello spogliatoio di una palestra, posto in cui gli utenti lasciano i propri abiti e i propri effetti personali. Pertanto, la Cassazione ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 12 gennaio – 10 aprile 2017, numero 18089 Presidente Romis – Relatore Di Salvo Ritenuto in fatto 1. D.A. ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, con la quale è stata confermata la pronuncia di condanna emessa in primo grado, in ordine al reato di cui agli artt. 56 - 624 bis cod. penumero . 2. Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, poiché l’unico elemento di prova a carico dell’imputato è la testimonianza del V. , il quale sostiene di aver visto il D. frugare nelle tasche degli indumenti dei ragazzi che erano in palestra, per un allenamento di basket, essendosi convinto che le intenzioni del D. erano delittuose, in quanto quest’ultimo era reduce da un arresto, che aveva avuto un certo rilievo sui giornali locali. Il V. , infatti, dalla posizione in cui si trovava non poteva vedere cosa stesse facendo il D. , che era entrato nella palestra soltanto per recarsi in bagno. E infatti l’operante di polizia giudiziaria ha dichiarato di non aver verificato se dal punto in cui il V. diceva di essersi fermato si potesse vedere all’interno degli spogliatoi. 2.1. Ad ogni modo la palestra di una scuola non è assimilabile a un luogo di privata dimora, onde esula il reato di cui all’art. 624-bis cod. penumero . Ingiustificatamente, d’altronde, la Corte d’appello dà per scontato che l’imputato fosse entrato in palestra appositamente per commettere il reato. Ricorre pertanto esclusivamente il reato di furto semplice, improcedibile per mancanza di querela. 2.2. La Corte d’appello ha erroneamente respinto la doglianza inerente alla ravvisabilità dell’attenuante di cui all’art. 62 numero 4 cod. penumero , essendo del tutto verosimile che negli zainetti dei ragazzi non fosse possibile rinvenire che beni di scarso valore. 2.3. Le condizioni economiche e lo stato di tossicodipendenza del ricorrente avrebbero inoltre giustificato un giudizio di bilanciamento delle circostanze in termini di prevalenza delle attenuanti e una più favorevole dosimetria della pena. Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. La doglianza formulata con il primo motivo di ricorso è infondata. Costituisce infatti ius receptum , nella giurisprudenza della suprema Corte, il principio secondo il quale, anche alla luce della novella del 2006, il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene pur sempre alla coerenza strutturale della decisione, di cui saggia l’oggettiva tenuta , sotto il profilo logico-argomentativo, e quindi l’accettabilità razionale, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti Cass., Sez. 3, numero 37006 del 27 -9-2006, Piras, Rv. 235508 Sez. 6, numero 23528 del 6-6-2006, Bonifazi, Rv. 234155 . Ne deriva che il giudice di legittimità, nel momento del controllo della motivazione, non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento, atteso che l’art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. penumero non consente alla Corte di cassazione una diversa interpretazione delle prove. In altri termini, il giudice di legittimità, che è giudice della motivazione e dell’osservanza della legge, non può divenire giudice del contenuto della prova, non competendogli un controllo sul significato concreto di ciascun elemento probatorio. Questo controllo è riservato al giudice di merito, essendo consentito alla Corte regolatrice esclusivamente l’apprezzamento della logicità della motivazione cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 3, numero 8570 del 14-1-2003, Rv. 223469 Sez. fer., numero 36227 del 3-9-2004, Rinaldi Sez. 5, numero 32688 del 57-2004, Scarcella Sez. 5, numero 22771 del 15-4-2004, Antonelli . 1.1. Nel caso in disamina, l’impianto argomentativo a sostegno del decisum è puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del tutto idoneo a rendere intelligibile l’iter logico-giuridico seguito dal giudice e perciò a superare lo scrutinio di legittimità, avendo i giudici di secondo grado preso in esame tutte le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alle loro conclusioni attraverso un itinerario logico-giuridico in nessun modo censurabile, sotto il profilo della razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede. Ciò si desume dalle considerazioni formulate dal giudice a quo alle pagine 6-7 della sentenza impugnata, in particolare laddove il giudice a quo ha posto in rilievo l’attendibilità delle dichiarazioni del teste V. , che non aveva mai visto l’imputato prima dei fatti e dunque non poteva essere animato da alcun pregiudizio nei suoi confronti e che ha riferito di aver visto il D. frugare nelle tasche del giubbotto di suo figlio la compatibilità dello stato dei luoghi interessati dall’evento con quanto riferito dal V. , che ha precisato di aver visto l’imputato all’interno del secondo spogliatoio, in quanto la porta era aperta l’inattendibilità della versione resa dal D. , il quale non ha neppure ammesso di essere entrato all’interno dello spogliatoio. 2. Nemmeno il secondo motivo di ricorso può essere accolto. Per luogo destinato a privata dimora, nell’ottica delineata dalla norma incriminatrice di cui all’art. 624- bis cod. penumero , deve infatti intendersi qualsiasi luogo, non pubblico, in cui una persona si trattenga, in modo permanente oppure transitorio e contingente, per compiere atti di vita privata o attività lavorative Cass., Sez. 4, numero 20022 del 16-4-2008, Rv. 239980 . Integra, pertanto, come correttamente evidenziato dal giudice a quo, gli estremi del reato in esame il fatto commesso nello spogliatoio di un circolo sportivo Cass., Sez. 5, numero 12180 del 1011-2014, Rv. 262815 . Il che è agevolmente comprensibile, ove si consideri che gli utenti, recandosi nei locali di una palestra, per effettuare attività sportiva, lasciano negli spogliatoi i propri abiti e i propri effetti personali. 3. Anche il terzo motivo di ricorso è infondato. Per la sussistenza dell’attenuante di cui all’art. 62 numero 4 cod. penumero , occorre infatti che il danno patrimoniale sia, in concreto, particolarmente tenue Cass., Sez. 5, numero 43342 del 19-10-2005 . Occorre, al riguardo, tener conto, oltre che del valore in sé della cosa sottratta, anche del pregiudizio complessivamente arrecato con l’azione criminosa, valutando gli ulteriori danni subiti dalla persona offesa Cass., Sez. 2, numero 3576 del 23-10-2013, Rv. 260021, che, in riferimento alla targa di un veicolo, ha escluso l’attenuante in ragione delle spese sostenute dalla persona offesa per il rilascio di una nuova targa, di nuova documentazione e di un nuovo tagliando assicurativo Cass., Sez. 5, numero 24003 del 14-1-2014, Rv. 260201, che ha escluso la ravvisabilità dell’attenuante nel caso di furto di una borsa contenente le chiavi di casa . La predetta circostanza è applicabile anche al delitto tentato, allorché sia possibile stabilire con certezza, sulla base delle modalità del fatto, che, se il reato fosse stato portato a compimento, il danno patrimoniale, per la persona offesa, sarebbe stato di particolare tenuità Sez. U., numero 28243 del 28-3-2013, Zonni, Rv. 255528 . Ciò che non è dato riscontrare nel caso in esame, non risultando dalla motivazione della sentenza impugnata alcun elemento per stabilire il valore dei beni custoditi nello spogliatoio della palestra e costituendo, d’altronde, massima di esperienza, come evidenziato dal giudice a quo, che gli utenti lascino in loco anche portafogli, documenti, chiavi di casa, orologi ed altri beni di un certo valore. 4. Le determinazioni del giudice di merito in ordine al giudizio di valenza e, più in generale, al trattamento sanzionatorio sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione esente da vizi logico-giuridici. Nel caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata è senz’altro da ritenersi adeguata, avendo la Corte territoriale fatto riferimento ai precedenti penali specifici da cui è gravato l’imputato. 5. Il ricorso va dunque rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.