Padre autoritario e figli in soggezione: possibile la condanna

Al genitore è contestato il reato di maltrattamenti. Discutibile la condotta tenuta tra le mura domestiche. Necessario, però, fare chiarezza sulla sua volontà consapevole di portare avanti un’attività vessatoria nei confronti dei figli.

Capofamiglia vecchio stile metodi autoritari, regole rigide e disciplina severa. Il comportamento tenuto nei confronti dei figli però è ritenuto eccessivo. Possibile, di conseguenza, la condanna per il reato di maltrattamenti” Cassazione, sentenza n. 17574/17, sez. VI Penale, depositata oggi . Coscienza. Riflettori puntati sui rapporti familiari tra le mura domestiche, con particolare riferimento all’approccio tenuto dal padre verso i figli. Per i Giudici del Tribunale i vecchi sistemi educativi applicati dall’uomo possono anche essere discutibili, ma non sono sufficienti per poter parlare di maltrattamenti in famiglia . Ciò perché il clima in casa non era sempre teso , e, peraltro, non è parsa evidente la consapevole volontà del genitore di mettere in pratica un’attività vessatoria in danno dei figli. Di parere completamente opposto, invece, i giudici della Corte d’appello, secondo cui i comportamenti dell’uomo erano spesso gratuiti e dovuti soltanto al suo stato di ubriachezza, se non, semplicemente, al suo carattere collerico e aggressivo . Inequivocabile la reazione dei figli, che vivevano in uno stato di timore . Consequenziale la condanna del genitore per maltrattamenti . Ma questa decisione viene rimessa in discussione dai Magistrati della Cassazione. A loro avviso, difatti, è necessario un ulteriore approfondimento in appello per riuscire a fare chiarezza su un aspetto fondamentale, ossia la volontà e la coscienza del padre di portare avanti l’attività vessatoria nei confronti dei figli. Solo successivamente sarà possibile decidere sull’ipotesi di reato contestata al genitore.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 24 gennaio – 6 aprile 2017, n. 17574 Presidente Carcano – Relatore Costanzo Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Lecce, con sentenza n. 1144 dell'8 ottobre 2014, parzialmente riformando quella del Tribunale di Lecce - appellata da S. L. G., dal Pubblico ministero e dalle parti civili - ha confermato l'assoluzione per il reato ex articolo 609 bis e ter n. 5 cod. pen. e la condanna per il reato ex art. 635 cod. pen., ma ha dichiarato S. responsabile del reato ex art. 572 cod. pen. in questo assorbito il reato ex art. 612-bis cod. pen , unificato ex art. 81 cod. pen. con il reato ex art. 635 cod. pen, condannandolo alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione, nonché al risarcimento dei danni e al pagamento delle spese processuali in favore delle parti civili. 2. Nel ricorso presentato nell'interesse di S. si chiede l'annullamento della sentenza per inosservanza della legge e vizio di motivazione a in relazione all'art. 572 cod. pen., per avere erroneamente riconosciuto la abitualità delle condotte aggressive e il dolo unitario b in relazione agli articolo 612-bis cod. pen. e 635 cod. pen., mancando prova delle condotte persecutorie ascrittegli, anche per la inattendibilità delle accuse della moglie e della figlia. Considerato in diritto 1. Il principio secondo cui il giudizio di condanna è legittimo se l'imputato risulta colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio art. 533, comma 1, cod. proc. pen. , implica che, in mancanza di dati probatori nuovi, la reformatio in pejus della sentenza di assoluzione di primo grado deve poggiare su una argomentazione più forte che elida il dubbio che potrebbe essere evocato dal contrasto fra le due sentenze Sez. 6, n. 4996/2012, Rv. 251782 Sez. 6, n. 40159/2011, Rv. 251066 . La sentenza di primo grado ricostruisce così i rapporti nella famiglia S. il padre è un capo famiglia autoritario e intransigente che non riesce a comunicare con i figli. Utilizza metodi di disciplina assai severi e trascende innanzi alle violazioni delle regole sebbene con atteggiamenti aggressivi e iracondi, riesce a imporre regole di vita e a risolvere le problematiche familiari che la madre permissiva e facilmente sopraffabile non riesce a fronteggiare adeguatamente tanto che in più occasioni anche dopo la separazione è la stessa a richiedere l'intervento del padre pag. 8 . Il Tribunale ha escluso una condotta abituale osservando che il clima familiare non era sempre teso pag. 9 e non ha ravvisato la volontà e la consapevolezza di persistere in un'attività vessatoria ha considerato che l'imputato teneva alla educazione dei figli, seppure con metodi non condivisibili e li aiutava a migliorare il rendimento scolastico e le relazioni con i coetanei. Ha rilevato che dal 2012 il figlio E. vive con il padre. 1.2. Nel caso in esame, la sentenza della Corte di appello ha ricostruito gli eventi sulla base degli stessi elementi di prova utilizzati dal giudice di primo grado pagg. 3-5 le dichiarazioni accusatorie della ex moglie S. D’A., dell'imputato, della figlia M. e del suo fidanzato teste de relato , del figlio E. S., della dottoressa T. del consultorio che si occupò delle problematiche del nucleo familiare . Tutti i dati acquisiti convergono nel delineare ripetuti episodi di percosse nei confronti della moglie, anche davanti ai figli, e dei figli stessi , minacce e ingiurie nei confronti dei familiari e anche della predetta T. provocando loro consistenti afflizioni psicologiche e il rifiuto dei figli di vedere il padre. Nel riformare in peius la sentenza assolutoria di primo grado, la Corte non era tenuta - ex l'art. 6 CEDU, come interpretato dalla sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo del 5 luglio 2011, nel caso D. c/M. - a rinnovare l'istruttoria dibattimentale perché ha rivalutato gli esiti della prova dichiarativa senza reinterpretarne il contenuto o l'attendibilità, ma valorizzando elementi trascurati dal primo giudice o suoi travisamenti nel valutare le dichiarazioni Sez. 2, n. 41736 del 22/09/2015, Rv. 264682 Sez. 3, n. 45453 del 18/09/2014, Rv. 260867 . In altri termini, la reformatio in pejus della sentenza di primo grado è derivata dalla esclusione delle finalità rieducative delle condotte di S. il riconoscimento delle quali aveva invece condotto il Tribunale alla assoluzione ritenendo assente una condotta abituale vessatoria e mancante il dolo unitario pagg.9-10 . Secondo la Corte, tali finalità nel S. devono radicalmente escludersi sulla base della gravità della reiterazione e della mancanza di qualsiasi motivazione nei suoi comportamenti spesso gratuiti e dovuti soltanto al suo stato di ubriachezza se non semplicemente al suo carattere collerico e aggressivo, tanto che i figli vivevano in uno stato di timore e soggezione al punto di rifiutarsi di vederlo e di andare a trovarlo solo perché da lui costretti e minacciati e che, in particolare, il figlio E. lamentava di non avere mai ricevuto aiuto o collaborazione dal padre, come invece tutti i suoi amici, perché, pur non riuscendo a fare i compiti, suo padre non sapeva fare altro che gridare contro di lui e picchiarlo pag. 7 . 1.3. Tuttavia, la Corte di appello non ha motivato circa la sussistenza del necessario elemento psicologico del dolo abituale, che caratterizza il reato di maltrattamenti, limitandosi a richiamare il generico criterio per il quale non è necessario uno specifico programma criminoso, ma è sufficiente la consapevolezza di persistere in un'attività vessatoria diretta a ledere la personalità della vittima pag. 7 , senza argomentare circa la coscienza e la volontà dell'imputato di persistere in un'attività vessatoria Sez. 6, n. 25183 del 19/06/2012, Rv. 253042 Sez. 6, n. 16836 del 18/02/2010, Rv. 246915 e, per questa ragion, la sentenza va annullata per nuovo giudizio sul punto. Non risulta, invece, censurabile l'eventuale assorbimento, in ipotesi, all'esito del giudizio, del reato ex art. 612-bis cod. pen. in quello ex art. 572 cod. pen., per effetto della clausola di sussidiarietà contenuta nel comma 1 della seconda disposizione Sez. 6, n. 30704 del 19/05/2016, Rv. 267942 Sez. 6, n. 24575 del 24/11/2011, dep. 2012, Rv. 252906 , mentre sono inammissibili - perché risolventisi in questioni attinenti al merito della ricostruzione dei fatti - le deduzioni concernenti la prova delle condotte ascritte ex articolo 612-bis cod. pen. e 635 cod. pen P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Lecce. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 D.Lgs. n. 196/2003 in quanto disposto d'ufficio e/o imposto dalla legge.