Cosa ha impedito al contumace di partecipare al procedimento? Solo lui può dirlo

In tema di richiesta di remissione in termini, l’interessato deve documentare e circostanziare adeguatamente l’istanza fornendo all’organo giudiziario tutte le indicazioni necessarie per esaminare nel merito la richiesta ed accertare la sussistenza della conoscenza effettiva o meno del provvedimento.

Lo ha specificato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 16477/17 depositata il 31 marzo. Il caso. Il Tribunale per i minorenni di Milano rigettava la richiesta di rimessione in termini presentata da un imputato per poter proporre impugnazione avverso la sentenza di condanna emessa in sede d’appello, procedimento di cui egli assumeva di non aver avuto cognizione essendo in stato di detenzione. Il giudice riteneva che l’imputato fosse a conoscenza del procedimento di prime cure in quanto era stato sottoposto ad interrogatorio di garanzia in presenza del difensore d’ufficio presso il quale l’imputato aveva inoltre eletto domicilio. Per quanto attiene il giudizio di seconde cure afferma invece egli avrebbe dovuto comunicare all’ufficio giudiziario il proprio stato di detenzione. Avverso tale pronuncia ricorre per cassazione l’interessato deducendo la violazione dell’art. 175, comma 2, c.p.p Onere di allegazione. Chiarendo in primo luogo che, nel caso di specie, trova applicazione l’art. 175, comma 2, c.p.p. nella formulazione previgente rispetto alle modifiche apportate con la l. n. 67/2014, la Corte ritiene fondata la doglianza. Sul tema la giurisprudenza ha già avuto modo di affermare che grava sull’istante l’onere di allegazione delle circostanze poste a fondamento della richiesta di rimessione in termini. L’obbligo del giudice di verificare l’effettività della conoscenza dell’atto e la rinuncia consapevole ad impugnare sorge solo in quanto emergano elementi tali da far ragionevolmente dubitare che, nonostante la piena ritualità della notifica, non sia stata conseguita l’effettiva conoscenza da parte del destinatario. Ne consegue dunque che, la necessaria verifica da parte del giudicante ai fini della decisione sulla richiesta di remissioni in termini presuppone che l’interessato abbia indicato le ragioni della mancata conoscenza del provvedimento ritualmente notificato. Nel caso di specie, risulta che l’atto di citazione per il giudizio di seconde cure è stato notificato presso il difensore d’ufficio rimasto però inerte. Considerando lo stato di detenzione dell’imputato, non può dunque desumersi l’effettiva conoscenza della fissazione dell’udienza. In conclusione, la Corte annulla il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale meneghino per un nuovo esame della richiesta in applicazione dei principi summenzionati.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 25 ottobre 2016 – 31 marzo 2017, n. 16477 Presidente Ramacci – Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza del 21 aprile 2016, il Tribunale per i minorenni di Milano ha rigettato la richiesta, presentata dall’interessato, di restituzione nel termine per proporre impugnazione avverso la sentenza di condanna emessa dalla Corte d’appello - sezione per i minorenni il 15 ottobre 2015. Il Tribunale ha ritenuto che l’imputato fosse a conoscenza del procedimento a suo carico, essendo stato sottoposto ad interrogatorio di garanzia sui fatti in relazione ai quali è stato poi condannato. Dal verbale di interrogatorio del 28 marzo 2006 si rilevava che l’imputato, invitato a dichiarare o eleggere domicilio, aveva eletto domicilio presso lo studio dell’avvocato d’ufficio, che era presente personalmente all’interrogatorio e del quale erano indicati i riferimenti telefonici e l’indirizzo. L’instaurazione del rapporto processuale in primo grado era stata quindi ritenuta regolare, perché la notificazione del decreto di rinvio a giudizio era stata effettuata presso tale domicilio eletto. Quanto alla mancata conoscenza del giudizio di secondo grado, dovuta allo stato di detenzione dell’imputato, il Tribunale sostiene che lo stesso avrebbe dovuto comunicare tale stato di detenzione, che era sconosciuto all’ufficio. 2. - Avverso il provvedimento l’interessato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, deducendo la violazione dell’art. 175, comma 2, cod. proc. pen. e la manifesta illogicità della motivazione. Con particolare riferimento alla citazione per il giudizio d’appello, si evidenzia che la stessa era stata notificata al difensore d’ufficio, il quale non è stato in grado di mettersi in contatto con l’imputato, che era un soggetto minorenne, per di più di più detenuto. Considerato in diritto 3. - Il ricorso è fondato. Va anzitutto chiarito che, nella specie, deve applicarsi la disciplina di cui all’art. 175, comma 2, cod. proc. pen. nel testo previgente rispetto alle modifiche introdotte dalla legge n. 67 del 2014, posto che, l’art. 15-bis, comma 2, di tale legge, che fissa la disciplina transitoria, stabilisce che le disposizioni vigenti prima della data di entrata in vigore della legge stessa continuano ad applicarsi ai procedimenti in corso, quando l’imputato è stato dichiarato contumace e non è stato emesso il decreto di irreperibilità. Nel caso di specie, infatti, la sentenza di primo grado è stata pronunciata previa dichiarazione di contumacia dell’imputato. Questa Corte, nella vigenza della precedente normativa, introdotta dalla legge n. 60 del 2005, ha affermato che grava sull’istante l’onere di allegazione di circostanze rilevanti ad hoc, suscettibili di verifica da parte del giudice, a carico del soggetto interessato ad ottenere la rimessione in termini ex multis, sez. 2, 22 novembre 2012, n. 9776, rv. 254826 . Si è infatti precisato che l’obbligo in capo al giudice di verificare l’effettività della conoscenza dell’atto e la consapevole rinuncia dell’interessato sussiste non già indiscriminatamente, ma solo in quanto emergano in atti o siano dedotte situazioni tali da far ragionevolmente dubitare che, nonostante la piena ritualità della notifica, non sia stata conseguita l’effettiva conoscenza da parte del destinatario ex plurimis, sez. 5, 15 febbraio 2013, n. 25406, rv. 256316 , sicché il compimento da parte dell’autorità giudiziaria di ogni necessaria verifica ai fini della decisione sulla richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione od opposizione presuppone che l’interessato abbia indicato le ragioni della mancata conoscenza del provvedimento regolarmente notificato, senza che ciò comporti l’attribuzione al richiedente dell’onere di provare le circostanze poste a fondamento della domanda. In altri termini, se è vero che il giudice investito della richiesta in esame ha l’obbligo di compiere ogni necessaria verifica in relazione all’effettiva conoscenza del provvedimento, è altrettanto vero che chi avanza una istanza ha l’onere di documentarla e di circostanziarla, segnalando all’organo destinatario della stessa, quantomeno, la ipotesi da verificare ex plurimis, sez. 6, 20 novembre 2013, n. 46749, rv. 257456 sez. 5, 1 febbraio 2011, n. 7604, rv. 249515 . Tali principi trovano applicazione anche nel caso in esame, in cui risulta che l’atto di citazione per il giudizio d’appello è stato notificato all’imputato presso il difensore d’ufficio, rimasto inerte, anche considerato lo stato di detenzione dell’imputato all’epoca del giudizio di secondo grado. Né possono valere in contrario le considerazioni svolte dal Tribunale circa la circostanza che il difensore d’ufficio fosse presente al primo interrogatorio di garanzia e che l’imputato avesse eletto domicilio presso di lui si tratta, infatti, di adempimenti ben precedenti alla fase dibattimentale di primo grado, dai quali non può desumersi l’effettiva conoscenza della fissazione dell’udienza per il giudizio di secondo grado. 4. - Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio al Tribunale per i minorenni di Milano, perché proceda a nuovo esame tenendo conto dei principi di diritto sopra enunciati. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato, con rinvio al Tribunale per i minorenni di Milano.