L’uso delle intercettazioni disposte in un diverso procedimento non richiede specifica documentazione

L’omesso deposito dei decreti autorizzativi, dei verbali e delle registrazioni di intercettazioni disposte in un diverso procedimento non ne determina l’inutilizzabilità.

Il principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 14885/17 depositata il 27 marzo. Il fatto. La Corte d’appello di Napoli confermava la condanna del GIP emessa nei confronti di un imputato per i reati di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, previo rigetto dell’eccezione della difesa circa l’inutilizzabilità delle intercettazioni disposte in un diverso procedimento ritenendo irrilevante che nel fascicolo non fossero stati inseriti i decreti autorizzativi, i verbali e le relative registrazioni. L’imputato ricorre per la cassazione del provvedimento deducendo la violazione del proprio diritto di difesa in relazione all’inutilizzabilità delle intercettazioni. Utilizzabilità delle intercettazioni. Si tratta di doglianze ritenute manifestamente infondate e generiche dalla Corte di legittimità che sottolinea come la giurisprudenza abbia costantemente affermato che l’omesso deposito degli atti relativi ad intercettazioni disposte in un diverso procedimento non ne determina l’inutilizzabilità, sanzione che non è prevista dall’art. 270 c.p.p. né rientra nel novero dei casi tassativamente elencati all’articolo seguente. Ne consegue che solo l’interessato può sollecitare il controllo del giudice del diverso procedimento sull’utilizzabilità delle intercettazioni disposte in altro processo, previa assoluzione dell’onere di allegare e provare il fatto dal quale dipende l’eccezione di inutilizzabilità. La Corte dichiara quindi inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 21 febbraio – 27 marzo 2017, n. 14885 Presidente Paoloni – Relatore Calvanese Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza di condanna del 30 aprile 2015 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli Nord, emessa all’esito di giudizio abbreviato, nei confronti di N.C. per il reato di cui agli artt. 110, 81 cod. pen. e 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990 detenzione e cessione di eroina e cocaina, commesse il omissis . In sede di appello, la Corte territoriale respingeva la eccezione della difesa di inutilizzabilità delle intercettazioni, disposte in procedimento diverso, ritenendo non rilevante che nel fascicolo non fossero presenti i decreti autorizzativi, i verbali e le registrazioni delle stesse. Secondo la Corte di appello, non era neppure ravvisabile la dedotta immutazione del fatto, in quanto gli analoghi episodi riportati dal primo giudice avevano soltanto la finalità di inquadrare la condotta contestata, consentendo di decifrare il linguaggio convenzionale utilizzato dai conversanti nelle captazioni e quindi di far comprendere l’oggetto dello scambio. 2. L’imputato ricorre per l’annullamento della suddetta sentenza, a mezzo dei suoi difensori, con due atti. Nell’atto presentato dall’avv. Sergio Iovane si deduce la violazione degli artt. 271 e 438 cod. proc. pen. e del diritto di difesa le captazioni facenti parte del compendio probatorio risulterebbero illegittimamente acquisite e non utilizzabili, perché non sono stati acquisiti i risultati delle intercettazioni disposte in altro procedimento, bensì soltanto il commento e la trascrizione di alcune telefonate riportate dai carabinieri nel verbale del fermo. Nell’atto presentato dall’avv. Giacomo Pace si lamenta la violazione dell’art. 191 cod. proc. pen., in relazione alle intercettazioni utilizzate per la prova dell’episodio contestato all’imputato, risultando mancante nel fascicolo ogni traccia dell’iter autorizzativo delle suddette captazioni e la violazione dell’art. 521 cod. proc. pen., essendo stato condannato l’imputato per condotte precedenti a quella contestata, per colmare il mancato sequestro dello stupefacente. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile perché sostenuto da censure manifestamente infondate e generiche. 2. La questione sollevata in entrambi gli atti del ricorso, concernente la utilizzabilità delle captazioni, non ha alcun pregio giuridico. Questa Corte ha più volte condivisibilmente affermato, in tema di intercettazioni disposte in altro procedimento, che l’omesso deposito degli atti relativi, ivi compresi i nastri di registrazione, presso l’autorità competente per il diverso procedimento, non ne determina l’inutilizzabilità, in quanto detta sanzione non è prevista dall’art. 270 cod. proc. pen. e non rientra nel novero di quelle di cui all’art. 271 cod. proc. pen. aventi carattere tassativo Sez. 5, n. 1801 del 16/07/2015, dep. 2016, Tunno, Rv. 266410 Sez. 6, n. 48968 del 24/11/2009, Scafidi, Rv. 245542 . Corollario di tale principio è che il controllo sull’utilizzabilità delle intercettazioni del giudice del procedimento diverso da quello nel quale furono autorizzate, nel caso non siano stati allegati i relativi atti, può essere esercitato su iniziativa dell’interessato, che ha l’onere di allegare e provare il fatto dal quale dipende l’eccepita inutilizzabilità, sulla base di copia degli atti rilevanti del procedimento originario che la parte stessa ha diritto di ottenere, a tal fine, in applicazione dell’art. 116 stesso codice Sez. U, n. 45189 del 17/11/2004, Esposito, Rv. 229245 Sez. 6, n. 41515 del 18/09/2015, Lusha, Rv. 264741 . 2. Il secondo motivo, concernente la immutazione del fatto, è aspecifico. Il ricorrente reitera le medesime doglianze proposte in sede di appello e alle quali la Corte territoriale ha motivatamente risposto, finendo pertanto per formulare censure che non si correlano alla motivazione del provvedimento impugnato tra le tante, Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv. 253849 . In vero, la Corte di appello ha esaminato la censura dell’imputato che eccepiva la mutazione del fatto ritenuto in sentenza, indicando puntualmente le ragioni che aveva giustificato il richiamo da parte del primo giudice ad analoghi episodi accertati in epoca anteriore questi episodi erano stati utilizzati solo al fine di decifrare termini ed espressioni utilizzati dai conversanti per farne comprendere l’oggetto. 3. Alla declaratoria di inammissibilità segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma a titolo di sanzione pecuniaria, che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo quantificare nella misura di Euro 1.500. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.500 in favore della cassa delle ammende.