Occupazione abusiva di area demaniale marittima anche se il chiosco c’era già

La fattispecie incriminatrice di cui agli artt. 54 e 1161 cod. nav. sanziona chi occupa senza titolo un’area demaniale marittima, impedendone o limitandone la fruibilità, trovando applicazione anche nei confronti di chi abbia protratto l’abusiva occupazione da altri precedentemente iniziata.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 14476/17 depositata il 24 marzo. La vicenda. La sentenza in oggetto origina dall’occupazione abusiva di area demaniale da parte dell’amministratore di una società che gestiva, con regolare autorizzazione, un sito balneare pugliese. In particolare, erano stati abusivamente realizzati un chiosco prefabbricato, una tettoia in legno ed una piscina in un’area demaniale estranea rispetto a quella per cui l’imputato aveva ottenuto regolare autorizzazione. Avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce, che conferma la condanna per il reato di cui agli artt. 55 e 1161 cod. nav., l’imputato ricorre in Cassazione. Occupazione abusiva di area demaniale marittima. La Corte di legittimità, dopo aver ricostruito gli estremi della vicenda, conferma il provvedimento impugnato sottolineando che il ricorrente è stato ritenuto responsabile di aver protratto l’occupazione illegittima dell’area demaniale mediante i manufatti realizzati in assenza di autorizzazione dal precedente titolare del sito balneare. Il giudice si è dunque adeguato al principio giurisprudenziale secondo cui la fattispecie incriminatrice di cui agli artt. 54 e 1161 cod. nav. sanziona chi occupa senza titolo un’area demaniale marittima, impedendone o limitandone la fruibilità, trovando applicazione anche nei confronti di chi abbia protratto l’abusiva occupazione da altri precedentemente iniziata, posto che la norma sanziona anche il mantenimento”, ovvero la prosecuzione dell’occupazione abusiva. Il reato di occupazione abusiva di bene demaniale marittimo consiste infatti nell’acquisire o mantenere senza autorizzazione il possesso o la detenzione con il bene in modo corrispondente all’esercizio di un diritto di proprietà o di godimento sia esso reale o personale, contraddistinto dalla continuità o dalla stagionalità cioè senza un carattere transuente, dall’esclusione di un diritto collettivo di uso per uno spazio non limitato ed un tempo apprezzabile in modo da impedire la fruibilità da parte di potenziali utenti o da comprimerne in maniera significativa l’uso, in quanto il bene giuridico tutelato dalla norma è costituito dall’interesse della collettività di usa in maniera completa ed in tutte le sue implicazioni il bene demaniale . Si aggiunga inoltre che il reato di abusiva occupazione di spazio demaniale marittimo ha natura permanente e cessa solo nel momento in cui vengano meno l’uso ed il godimento illegittimi. Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 7 dicembre 2016 – 24 marzo 2017, numero 14476 Presidente Amoresano – Relatore Di Nicola Ritenuto in fatto 1. T.G. ricorre per cassazione impugnando la sentenza indicata in epigrafe con la quale la corte di appello di Lecce ha confermato la sentenza del tribunale con la quale il ricorrente era stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi due di arresto per il reato di cui agli articoli 54 e 1161 del codice della navigazione, in quanto, quale amministratore unico della CAB gestione servizi Srl, con sede legale in , che gestiva lo stabilimento balneare sito in lido omissis , regolarmente autorizzato per una superficie di 1731,80 metri quadri, occupava arbitrariamente la predetta area sulla quale erano stati realizzati abusivamente un chiosco prefabbricato avente superficie complessiva di 115,83 metri quadri, una struttura in legno sovrastata da teli ombreggianti della superficie di 63 metri quadri, una piscina prefabbricata delle dimensioni di 8x5,85 metri e della profondità di 90 centimetri. 2. Per l’annullamento dell’impugnata sentenza il ricorrente solleva quattro motivi di impugnazione, qui enunciati ai sensi dell’articolo 173 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale nei limiti strettamente necessari per la motivazione. 2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e l’erronea applicazione dell’art. 1161 del codice della navigazione nonché l’illogicità della motivazione su punti decisivi per il giudizio articolo 606, comma 1, lettere b ed e del codice di procedura penale . Sostiene che, posto che le opere non erano a lui riconducibili, come risulterebbe anche dal testo della sentenza impugnata, residuerebbe la questione se possa ritenersi sussistere il reato di occupazione abusiva, come contestato, sebbene ab origine in relazione alla realizzazione di opere in difformità che, per come accertato, erano state eseguite da altri. Siccome il reato ex art. 1161 del cod. della navigazione prevede due condotte, quella propriamente occupativa e quella relativa ad innovazioni non autorizzate, risulta che la Cab Gestione e Servizi S.r.l. era stata autorizzata ad occupare mq. 1781,80 di area demaniale, cosicché la condotta incriminata non poteva che essere riferita alle opere realizzate in difformità rispetto al permesso di occupazione, trattandosi di innovazioni eseguite su area regolarmente ottenuta in concessione al fine della occupazione. Ne consegue che il ricorrente non poteva essere ritenuto responsabile della innovazione in difformità perché le stesse erano state eseguite da altro amministratore, né della occupazione poiché la Cab era autorizzata a occupare l’area demaniale come da concessione numero 1330 del 30 marzo 2009 . Tantomeno il ricorrente poteva essere ritenuto responsabile per avere continuato ad occupare l’area demaniale con le opere difformi, sia perché la società aveva l’autorizzazione ad occupare l’area, sia perché l’intera area, con le opere, era stata oggetto di sequestro penale ad iniziativa della P.G. in data 17/08/2009, in relazione ad altro procedimento. 2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale relativamente alla mancata declaratoria di estinzione del reato contestato articolo 606, comma 1, lettera b del codice di procedura penale, in relazione agli artt. 158 ss. cod. penumero . Osserva che egli non ha protratto l’opera abusiva da altri precedentemente realizzata, ma ha dovuto osservare il vincolo imposto dal sequestro 17 agosto 2009. In altri termini, il reato era stato già commesso da altri in epoca antecedente all’accertamento della polizia giudiziaria presso lo stabilimento balneare 19 agosto 2011 e la precedente condotta occupativa attribuita ad altri si era consumata il 17 agosto 2009, data del sequestro senza alcuna permanenza. Il reato, quindi, era già prescritto prima della pronuncia della Corte di appello. 2.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e l’erronea applicazione dell’art. 74 del codice di procedura penale nonché l’omessa motivazione su un punto decisivo per il giudizio e prospettato come motivo di gravame art. 606, comma 1, lettere b ed e , del codice di procedura penale , sul rilievo del difetto di legittimazione del Comune a costituirsi parte civile perché alcun danno poteva essergli riconosciuto, con la conseguenza che la parte civile andava estromessa dal processo perché l’Ente Comunale non era legittimato a costituirsi nel processo per il reato di abusiva occupazione di spazio demaniale marittimo, in quanto il suolo oggetto dell’abusiva occupazione è di proprietà dello Stato. Né varrebbe la competenza dei Comuni al rilascio delle concessioni demaniali marittime, atteso che ciò attiene solo alla individuazione della spiaggia da utilizzare e non incide né sulla titolarità né sulla riscossione del canone o dell’indennizzo eventualmente dovuto, che va quantificato dalla Agenzia delle Dogane e corrisposto allo Stato. In ogni caso, il quantum debeatur sarebbe stato determinato senza alcuna indicazione dei criteri posti a fondamento della liquidazione. 2.4. Con il quarto motivo il ricorrente si duole dell’omessa motivazione su un punto prospettato come motivo di gravame articolo 606, comma 1, lettera e , del codice di procedura penale . Sostiene di aver chiesto l’applicazione della pena pecuniaria al posto della pena detentiva, comminata dal primo Giudice, senza che siano state indicate le ragioni per le quali è stato fatto ricorso all’applicazione della sanzione più grave. Considerato in diritto 1. Il ricorso non è fondato. 2. Quanto al primo motivo, con accertamento di fatto, adeguatamente e logicamente motivato e neppure contestato , la Corte di appello ha stabilito che la Tenenza di Casarano della G.d.F. procedette in data 17 agosto 2009 al sequestro giudiziale presso lo stabilimento balneare gestito dalla CAB Gestione Servizi srl, di cui era legale rappresentante R.L. , società titolare della concessione demaniale numero 1330 rilasciata dal Comune di in data 30 marzo 2009, di un chiosco prefabbricato, di una struttura composta da pilastri sormontati da teli ombreggianti, e di una piscina prefabbricata, in quanto tali manufatti non erano menzionati nella concessione e quindi erano stati realizzati senza autorizzazione. I predetti beni vennero affidati in giudiziale custodia al R. , con obbligo di mantenimento dello stato dei luoghi. In data 3 novembre 2009 la stessa G.d.F. di Casarano verificò lo smontaggio delle predette strutture su autorizzazione del magistrato inquirente e, con sentenza in data 27 settembre 2013, passata in giudicato, il R. venne ritenuto colpevole dei reati di cui all’art. 44 lett. b DPR numero 30/2001 e 181 D.Lvo numero 42/2004 in relazione ai medesimi manufatti e condannato alla pena di mesi cinque di arresto ed Euro 40.000 di ammenda. In data 19 novembre 2011 la G.d.F. accertò presso il medesimo stabilimento balneare, gestito sempre in forza della concessione demaniale numero 1330 rilasciata dal Comune di in data 30 marzo 2009 dalla CAB, che nel frattempo aveva mutato legale rappresentante il T. al posto del R. , il quale ultimo aveva comunque conservato la carica di socio , la presenza delle strutture rilevate in occasione precedente sopralluogo del 17 agosto 2009. Per cui, sul presupposto che le strutture fossero state realizzate dai precedente amministratore R. , il nuovo amministratore T. venne denunciato per occupazione abusiva di area demaniale. 2.1. Su tali incontroversi presupposti, il ricorrente è stato ritenuto responsabile dai giudici del merito non già di avere eseguito delle innovazioni non autorizzate il chiosco, la struttura ombreggiante e la piccola piscina poiché non vi era prova in tal senso, anche alla luce della condanna per violazione edilizia e paesaggistica riportata dal R. , bensì di aver protratto una situazione di occupazione illegittima dell’area demaniale mediante i manufatti realizzati senza autorizzazione, pacificamente rientrante nella condotta occupativa sanzionata dall’art. 1161 cod. nav 2.2. Nel pervenire a tale conclusione la Corte del merito si è uniformata al principio già espresso dalla giurisprudenza di legittimità, al quale occorre dare continuità, in base al quale la fattispecie incriminatrice di cui agli artt. 54 e 1161 Cod. Nav., che sanziona la condotta consistente nell’occupare senza titolo un’area demaniale marittima, impedendone o limitandone la fruibilità, si applica anche a chi abbia protratto l’abusiva occupazione da altri precedentemente iniziata Sez. 3, numero 2879 del 14/11/2013, dep. 2014 Anfuso, Rv. 258379 , tanto sul presupposto che la fattispecie incriminatrice sanziona anche il mantenimento , ossia la prosecuzione dell’occupazione abusiva di suolo demaniale che è stata inizialmente posta in essere da altri, perché punisce la condotta consistente nell’occupare senza titolo, cioè nel limitare o impedire la fruibilità di un’area demaniale, senza che ai fini dell’attualità della violazione abbia rilievo quale soggetto abbia dato avvio alla violazione stessa e in quale momento. Infatti il reato di occupazione arbitraria di bene demaniale marittimo consiste nell’acquisire e mantenere senza autorizzazione il possesso o la detenzione con il bene in modo corrispondente all’esercizio di un diritto di proprietà o di godimento sia esso reale o personale, contraddistinto dalla continuità o dalla stagionalità cioè senza un carattere transeunte, dall’esclusione del diritto collettivo di uso per uno spazio non limitato ed un tempo apprezzabile in modo da impedire la fruibilità da parte di potenziali utenti o da comprimerne in maniera significativa l’uso, in quanto il bene giuridico tutelato dalla norma è costituito dall’interesse della collettività di usare in maniera completa ed in tutte le sue implicazioni il bene demaniale Sez. 3, numero 42404 del 29/09/2011, Farci, Rv. 251400 . Correttamente poi è stato ritenuto dalla Corte di appello privo di pregio il rilievo secondo cui, a seguito del primo sequestro in data 17 agosto 2009, si era venuto a creare un vincolo di indisponibilità sulle opere abusive, posto che le stesse erano state rimosse a distanza di pochi mesi su autorizzazione del magistrato procedente, come constatato dalla GdF con verbale in data 3 novembre 2009. Inoltre, la Corte del merito ha sottolineato come la concessione demaniale non recasse alcuna menzione dell’esistenza delle opere abusive e soprattutto che, nella compagine sociale, risultava ancora il R. , il quale presenziò, insieme al ricorrente, al secondo sopralluogo che diede origine al presente procedimento. 3. Quanto al secondo motivo, siccome il reato di abusiva occupazione di spazio demaniale marittimo ha natura permanente e cessa solo quando vengano meno l’uso ed il godimento illegittimi Sez. 3, numero 27071 del 29/05/2014, Diotallevi, Rv. 259306 Sez. 3, numero 16417 del 16/03/2010, Apicella, Rv. 246765 , altrettanto correttamente la Corte di appello ha respinto l’eccezione di prescrizione sul rilievo che le opere erano esistenti alla data dell’accertamento 19 agosto 2011 , con la conseguenza che il termine di prescrizione non era maturato alla data di emanazione della sentenza di appello e neppure alla data della presente pronuncia in quanto, dovendosi tenere conto di 112 giorni di sospensione, la prescrizione sarebbe maturata in data 9 dicembre 2016. 4. Anche il terzo motivo è infondato. I giudici del merito hanno ritenuto che sia stato leso l’interesse dell’ente locale all’osservanza del provvedimento concessorio volto alla tutela di uno specifico uso del demanio marittimo, il cui assetto rimane pregiudicato dall’occupazione con le abusive strutture realizzate. È stato in particolare opportunamente sottolineato che, a seguito del trasferimento di competenze operate con il decreto legislativo numero 112 del 1998 e con la legge regionale numero 17 del 2006, la gestione amministrativa dei beni del demanio marittimo è stata interamente devoluta ai comuni che provvedono, fra l’altro, al rilascio ed al rinnovo delle concessioni demaniali marittime. In virtù di tale nuovo assetto di competenze, lo Stato è rimasto solo formalmente titolare del diritto di proprietà ma ha perduto ogni potere di amministrazione attiva sui beni del demanio marittimo, come appunto verificatosi nel caso di specie in cui è stato il Comune di ad avere concretamente disposto nel tratto di arenile abusivamente occupato dai manufatti in contestazione. Non può pertanto essere seguito, nella sua assolutezza, il principio di diritto secondo il quale l’ente Comune non è legittimato a costituirsi parte civile nel processo per il reato di abusiva occupazione di spazio demaniale marittimo, in quanto il suolo oggetto dell’abusiva occupazione è di proprietà dello Stato Sez. 3, numero 18765 del 07/04/2010, Cestra, Rv. 247170 , se si considera che l’articolo 105, lettera I , del decreto legislativo 112 del 1998 ha previsto il conferimento alle regioni delle funzioni relative al rilascio di concessioni di beni del demanio marittimo e di zone del demanio territoriale per finalità diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia, con il limite spaziale di non operatività nei porti e nelle aree di interesse nazionale, individuate con il decreto della presidenza del Consiglio dei Ministri del 21 dicembre 1995. Con specifico riferimento alla gestione dei beni demaniali marittimi, la materia è stata regolata dal decreto legislativo numero 96 del 1999 recante l’intervento sostitutivo del governo per la ripartizione delle funzioni amministrative tra regioni ed enti locali, in attuazione dell’articolo 4 della legge numero 59 del 1997, e sino all’entrata in vigore delle leggi regionali individuanti quali delle funzioni amministrative conferite alle regioni stesse dal decreto legislativo numero 112 del 1998 sarebbero state mantenute in capo alle regioni e quali invece trasferite o delegate agli enti locali sicché, a decorrere dal 1 luglio 1999, le funzioni riguardanti rilascio di concessione di beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia, sono esercitate dai Comuni. Ne consegue che, con l’effettiva attuazione delle disposizioni contenute nel decreto legislativo numero 112 del 1998, è stato realizzato il conferimento generale dalle regioni agli enti locali di tutte le funzioni amministrative inerenti la gestione dei beni ambientali e del mare territoriale. Ne deriva che il quadro di riferimento della normativa in materia risulta essere stato profondamente modificato ad eccezione dei casi specifici, che nella specie non rilevano, riguardanti le cosiddette aree di interesse nazionale individuate con il decreto della presidenza del consiglio dei ministri del 21 dicembre 1995. Circa la natura residuale delle competenze rimaste in capo allo Stato, a quest’ultimo spettano solo funzioni di impulso e di indirizzo generale circa l’uso del demanio marittimo, come si evince, in particolare, dalle attribuzioni in materia urbanistica da attuarsi mediante lo strumento dell’intesa con l’ente locale pianificatore. In tale quadro normativo, la legge della regione Puglia 23 giugno 2006, numero 17 Disciplina della tutela e dell’uso della costa ha previsto, all’articolo 6, che è conferito ai Comuni costieri l’esercizio di tutte le funzioni amministrative relative alla materia del demanio marittimo, fatte salve quelle espressamente individuate all’articolo 5 . Secondo tale ultima disposizione, poi, La Regione esercita le seguenti funzioni amministrative che necessitano di unitario esercizio a livello regionale a programmazione, indirizzo e coordinamento generale b individuazione delle aree di tutela e di conservazione ambientale c gestione del sistema informativo del demanio SID d supporto e consulenza ai Comuni costieri e monitoraggio e verifica dell’attività dei Comuni costieri f rilascio della concessione di beni demaniali richiesti nell’uso del Comune medesimo g esercizio dei poteri sostitutivi h esercizio di attività qualificate regionali dal PRC i rilascio di concessioni demaniali marittime per la realizzazione di opere di ingegneria costiera . Ne deriva che, quando l’utilizzazione del demanio marittimo è difforme dal titolo concessorio, ciò configura una situazione giuridica attiva idonea a fondare la legittimazione alla costituzione di parte civile dal Comune interessato, dal momento che l’ente locale non può essere considerato estraneo al rapporto giuridico sostanziale che forma oggetto dell’azione penale, anche in considerazione del fatto che l’ordinamento giuridico presta tutela non solo alla persona offesa del reato lo Stato, quale proprietario del bene dal punto di vista formale , ma a tutti coloro che dal reato abbiano riportato un danno eziologicamente riferibile all’azione od omissione del soggetto attivo del reato, come, nel caso in esame, l’ente locale che, avendo la gestione del bene, ha l’interesse che lo stesso sia utilizzati in maniera completa ed in tutte le sue implicazioni, in conformità al titolo concessorio, e non abusivamente. Quanto infine alla liquidazione del danno morale, questa Corte ha affermato che essa è affidata ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi del giudice di merito il quale ha, tuttavia, il dovere di dare conto delle circostanze di fatto considerate in sede di valutazione equitativa e del percorso logico posto a base della decisione, senza che sia necessario indicare analiticamente i calcoli in base ai quali ha determinato il quantum del risarcimento Sez. 4, numero 18099 del 01/04/2015, Lucchelli, Rv. 263450 . La Corte del merito ha ritenuto congrua l’entità del danno, determinata in via equitativa, sul presupposto della protratta durata dell’occupazione con conseguente apprezzabile compromissione dell’assetto del territorio, confezionando in proposito una motivazione, neppure specificamente censurata sul punto, adeguata e priva di vizi di manifesta illogicità, come tale insuscettibile di sindacato in sede di controllo di legittimità. 5. Il quarto motivo è inammissibile perché la richiesta di sostituzione della pena detentiva con la corrispondente pena pecuniaria non è stata formulata con i motivi di appello e neppure sollecitata con le conclusioni espresse nel corso del giudizio di secondo grado. Sul punto, va peraltro segnalato che, come da informazione provvisoria, le sezioni unite penali hanno affermato udienza del 17 gennaio 2017 che il giudice di secondo grado non può applicare le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi nel caso in cui nell’atto di appello non risulti formulata alcuna specifica richiesta con riguardo a tale punto. 6. Consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.