Videosorveglianza per la casa familiare: vacillano le accuse della donna nei confronti del marito

L’uomo rischia una condanna per maltrattamenti e interferenze illecite nella vita privata. A dare il ‘la’ alla vicenda le proteste della consorte. Per i giudici, però, non può essere trascurato il fatto che l’impianto fosse noto a tutti i membri della famiglia.

Clima teso in famiglia. Moglie e marito battibeccano per il sistema di videosorveglianza che monitora costantemente la loro casa. Difficile, però, parlare di violazione della privacy, soprattutto perché l’impianto pare sia noto a tutti, finanche al Comandante della locale stazione dei Carabinieri Cassazione, sentenza n. 14253/17, sez. VI Penale, depositata oggi . Installazione. L’uomo è finito sotto accusa per maltrattamenti in famiglia e interferenze illecite nella vita privata . A lamentarsi è, ovviamente, la moglie, che contesta soprattutto l’impianto di videosorveglianza installato dal marito. Consequenziale la decisione dei giudici di provvedere al sequestro probatorio di un dvd contenente registrazioni, interne ed esterne, effettuate dal sistema di videosorveglianza e riguardanti l’ abitazione familiare . Per i magistrati della Cassazione, però, il provvedimento sembra eccessivo. Ciò soprattutto per una ragione il difensore ha posto in evidenza che sia il figlio della coppia che il Comandante della Stazione dei Carabinieri presente in paese hanno confermato che il sistema di videosorveglianza era stato installato due anni prima e che la circostanza era nota a coloro che occupavano l’abitazione . Vacilla, di conseguenza, l’ipotesi di una violazione della privacy compiuta dall’uomo nei confronti della propria famiglia. Su questo fronte, però, sarà necessario un ulteriore approfondimento in Tribunale.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 2 – 23 marzo 2017, n. 14253 Presidente Conti – Relatore Ricciarelli Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 23/9/2016 il Tribunale di Palermo ha confermato in sede di riesame il sequestro probatorio di un dvd marca Video Star, contenente registrazioni interne ed esterne del sistema di videosorveglianza dell'abitazione familiare, disposto dal P.M. presso il Tribunale di Palermo con riguardo ai reati di cui agli artt. 572 e 615-bis cod. pen., ipotizzati a carico di V. L., a seguito di denuncia di D. C. A 2. Ha proposto ricorso l'indagato V. L Deduce violazione di legge e vizio di motivazione ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b , d ed e , cod. proc. pen. Il Tribunale non aveva tenuto conto di allegazioni difensive e di elementi di prova invocati, riguardanti le dichiarazioni rese da V. G., figlio dell'indagato e della denunciante D. C., nonché l'attestazione resa dal Comandante della Stazione dei Carabinieri di Villagrazia di Carini, elementi da cui era dato evincere che il sistema di videosorveglianza era stato installato due anni prima e che la circostanza era nota a coloro che occupavano l'abitazione. In tal modo si sarebbe dovuto ritenere che il Tribunale era incorso in mancanza di motivazione e travisamento della prova. 3. Con requisitoria scritta il Procuratore Generale ha concluso per l'annullamento del provvedimento impugnato con rinvio. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Deve premettersi che in sede di riesame avverso un decreto di sequestro probatorio deve essere vagliato il fumus dei reati in relazione ai quali il sequestro è stato disposto, dovendosi quindi verificare la pertinenza della misura ai fini dell'accertamento dei fatti, secondo quanto previsto dall'art. 253 cod. proc. pen. In ordine al fumus è stato affermato che in sede di riesame del sequestro probatorio, il tribunale deve stabilire l'astratta configurabilità del reato ipotizzato. Tale astrattezza, però, non limita i poteri del giudice nel senso che questi deve esclusivamente prendere atto della tesi accusatoria senza svolgere alcun'altra attività, ma determina soltanto l'impossibilità di esercitare una verifica in concreto della sua fondatezza. Alla giurisdizione compete, perciò, il potere-dovere di espletare il controllo di legalità, sia pure nell'ambito delle indicazioni di fatto offerte dal pubblico ministero. L'accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono di sussumere l'ipotesi formulata in quella tipica. Pertanto, il tribunale non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere l'indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull'esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando l'integralità dei presupposti che legittimano il sequestro Cass., Sez. U. n. 23 del 20/11/1996, B., rv. 206657 . D'altro canto, in tale prospettiva, è stato segnalato che il tribunale del riesame deve limitare il suo sindacato alle deduzioni difensive che abbiano una oggettiva incidenza sul fumus commissi delicti senza pronunciarsi su qualsiasi allegazione che si risolva in una mera negazione degli addebiti o in una diversa lettura degli elementi probatori già acquisiti Cass. Sez. 3, n, 13038 del 28/2/2013, Lapadula, rv. 255114 . Sta d fatto che, a fronte di specifiche deduzioni difensive, il Tribunale non può esimersi dal valutarle al fine di verificare l'effettiva sussumibilità del fatto nella fattispecie ipotizzata, ravvisandosi altrimenti una mancanza di motivazione, correlata all'elusione del relativo obbligo, che si traduce in una violazione di legge, deducibile in sede di legittimità, a fronte dei limiti contemplati al riguardo dall'art. 325, comma 1, cod. proc. pen. si rinvia a Cass. Sez. U., n. 25932 del 29/5/2008, I., rv. 239692, per l'affermazione che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo , sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice . 3. Orbene, nel caso di specie il Tribunale ha rilevato che sussisteva il fumus del reato di cui all'art. 615-ò/s cod. pen. e ha conseguentemente osservato che vi era la necessità di acquisire il contenuto delle registrazioni interne ed esterne del sistema di videosorveglianza, al fine di verificare le illecite interferenze. Con riguardo al fumus ha in particolare affermato che l'installazione era avvenuta all'evidenza contro la volontà della moglie, la quale aveva oscurato le telecamere con dei panni. Ma sul punto della notorietà in famiglia dell'installazione a protezione delle armi detenute e della sua operatività la difesa aveva fornito elementi costituiti dalle dichiarazioni del figlio della coppia e da un'attestazione del Comandante della Stazione dei Carabinieri di Villagrazia di Carini, volti ad asseverare il fatto che l'installazione del sistema di video sorveglianza era risalente e in famiglia nota a tutti. Si tratta di elemento, che, al di là della verifica circa la fondatezza della notizia di reato, si contrappone con evidenza alla configurabilità del fumus di un'interferenza indebita nella vita privata. Il Tribunale avrebbe dovuto dunque valutare tutte le deduzioni difensive, onde corroborare il giudizio sull'attuale ravvisabilità del fumus del reato, cui il sequestro era stato specificamente ricollegato. L'assenza di qualsivoglia riferimento, nel provvedimento impugnato, a quelle deduzioni si traduce in una violazione di legge, che comporta l'annullamento dell'ordinanza, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Palermo. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Palermo.