Prova a portar via una bottiglia di sambuca: condannato a 40 giorni di carcere

Respinta la tesi difensiva, secondo cui il gesto è stato causato da seri problemi di alcolismo. Per i giudici sarebbe stato necessario, piuttosto, dimostrare l’esistenza di una cronica intossicazione da alcool.

Impossibile parlare di raptus. Il tentativo di portar via una bottiglia di sambuca dal supermercato non è reso meno grave dall’aver agito sotto i fumi dell’alcool. Confermata perciò la condanna nei confronti di un uomo, sanzionato con 40 giorni di reclusione e 40 euro di multa Cassazione, sentenza n. 11727, sez. IV Penale, depositata il 10 marzo 2017 . Supermercato. Linea di pensiero comune per i giudici del Tribunale e della Corte d’appello nessuna giustificazione per un uomo, affetto da alcolismo, beccato all’uscita da un supermercato con una bottiglia di sambuca nascosta sotto la giacca. Secondario anche il valore minimo del prodotto, cioè appena 7 euro e 50 centesimi. Consequenziale, quindi, la condanna per il tentativo di furto e pena fissata in 40 giorni di reclusione e 40 euro di multa . Alcolismo. Il legale propone però ricorso in Cassazione. Obiettivo è vedere ridotta la sanzione, alla luce della precaria condizione psico-fisica del suo cliente, costretto ad affrontare seri problemi di alcolismo. La visione difensiva, secondo cui il tentativo di rubare la bottiglia di sambuca è legato all’alcolismo che affligge l’uomo, viene respinta dai magistrati del Palazzaccio”. Ciò alla luce di una semplice considerazione solo la cronicità dell’intossicazione da alcool può comportare la compromissione della capacità di intendere e di volere , ed essa non è certamente assimilabile alla mera abitualità dell’assunzione di alcool . Su questo fronte i giudici ribadiscono che la dipendenza da alcool per essere causa d’infermità mentale deve necessariamente tradursi in un’intossicazione grave, tale da determinare un vero e proprio stato patologico psico-fisico , così incidendo profondamente sui processi intellettivi e volitivi della persona.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 7 febbraio – 10 marzo 2017, numero 11727 Presidente Ciampi – Relatore Tanga Ritenuto in fatto 1. Con sentenza numero 85/15 del 21/01/2015, emessa dal Tribunale di Busto Arsizio, C. G. veniva condannato con rito abbreviato alla pena di 40 giorni di reclusione e 40 Euro di multa per tentato furto di una bottiglia di sambuca del valore di 7,49 Euro ai danni di un supermercato, riconosciute le attenuanti generiche e quelle di cui agli artt. 62, nnumero 4 e 6 c.p. equivalenti alla recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale contestata. 1.1. Con sentenza numero 1233/16 del 17/02/2016, la Corte di Appello di Milano confermava la sentenza di primo grado. 2. Avverso tale sentenza d'appello, propone ricorso per cassazione C. G., a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi giusta il disposto di cui all'articolo 173, comma 1, disp. att. cod. proc. penumero I Inosservanza o erronea applicazione della legge penale ex articolo 606, comma 1, lett. b , c.p.p. in relazione agli artt. 336 e 122 c.p.p. e 37 disp. att. c.p.p. contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione ex art 606 comma I lett. e c.p.p Deduce che la Corte Territoriale adita è incorsa in errore essenziale ed insanabile, laddove ha ritenuto validamente e ritualmente rilasciata la procura speciale necessaria alla proposizione di querela da parte di soggetto all'uopo delegato in rappresentanza del supermercato Il Gigante di Castellanza VA , persona offesa nel presente procedimento penale. Afferma che tale procura debba presentare requisiti imposti a più riprese dalla giurisprudenza di legittimità ed insussistenti nella fattispecie in questione II Inosservanza o erronea applicazione della legge penale ex articolo 606, comma 1, lett. b , c.p.p. in relazione all'articolo 49, comma 2, c.p. contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione ex articolo 606, comma 1, lett. e , c.p.p Deduce che la Corte Territoriale ha illegittimamente ritenuto non sostenibile la tesi dell'inoffensività del fatto contestato all'odierno imputato III Inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 85, 88, 89 e 95 c.p. contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione ex art 606, comma 1, lett. e , c.p.p Deduce la censurabilità dell'impugnata sentenza laddove la Corte d'Appello meneghina ha ritenuto di confermare la valutazione circa la sussistenza della piena capacità di intendere e volere in capo all'imputato all'epoca dei fatti in contestazione, operata dal Giudicante di prime cure pur in assenza di alcun opportuno accertamento sul punto, peraltro tempestivamente richiesto dal legale del prevenuto nel corso del primo grado di giudizio. Sostiene che del tutto ingiustificatamente la Corte meneghina ha omesso di pronunciarsi in merito alla richiesta avanzata dalla difesa dell'imputato di riconoscimento dell'attenuante di cui all'articolo 89 c.p., con conseguente riduzione della pena irrogata IV Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione ex articolo 606, comma 1, lett. e , c.p.p. in relazione all'intero corpus della sentenza impugnata. Deduce che la Corte d'Appello milanese è ricorsa impropriamente all'impiego della motivazione per relationem, omettendo di esprimersi compiutamente sulle singole censure mosse nell'interesse dell'imputato. Afferma che la Corte meneghina è incorsa ulteriormente in errore laddove ha ritenuto che con ultimo ed autonomo motivo di appello la difesa dell'imputato avrebbe richiesto la riduzione della pena già irrogata al C. G. con l'ultimo motivo di appello la difesa del prevenuto si doleva dell'omesso accertamento in ordine alla capacità di intendere e di volere in capo quest'ultimo e di come, in assenza di approfondimenti sul punto, il Giudice della cognizione avrebbe dovuto mandare assolto l'imputato, quanto meno ai sensi dell'articolo 530, comma 2, c.p.p. ma mai è stata spiegata apposita censura in relazione ad una eventuale inadeguatezza e sproporzione del trattamento sanzionatorio riservato all'imputato. Sostiene che, pertanto, la Corte d'Appello di Milano si è pronunciata ultra petitum in punto pena, violando manifestamente il noto principio del tantum devolutum quantum appellatum. Considerato in diritto 3. Il ricorso è manifestamente infondato. 4. Va premesso che, nel caso di doppia conforme, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione. 4.1. Occorre, inoltre, evidenziare che il ricorrente ignora le analitiche ragioni esplicitate dal giudice di appello per rigettare analoghi motivi di gravame. 4.2. La Corte territoriale ha, in vero, fornito puntuale spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza procedendo alla coerente e corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto. 4.3. Sul punto va ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti tra le varie, cfr. sez. 4, numero 31224 del 16/06/2016 . 4.4. Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l'illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché -come nel caso in esame siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento sez. 3, numero 35397 del 20/6/2007 Sez. Unite numero 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794 . 4.5. Più di recente è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall'articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. e , il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene né alla ricostruzione dei fatti né all'apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell'atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile a l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato b l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento, sez. 2, numero 21644 del 13/2/2013, B. e altri, Rv. 255542 . 4.6. Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. Non c'è, in altri termini, come richiesto nei ricorsi in scrutinio, la possibilità di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. Il giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. 4.7. In realtà il ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell'asseritamente connessa violazione nella valutazione del materiale probatorio, tenta di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito. In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante , su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo per cui sono inammissibili tutte le doglianze che attaccano la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento cfr. sez. 2, numero 38393 del 20/07/2016 sez. 6, numero 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965 . 5. Ciò posto, in replica alla doglianza sub I , basterà evidenziare che, come correttamente ritenuto dalla Corte del merito, a norma dell'articolo 37 disp. att. c.p.p., è consentito che la procura speciale prevista dall'articolo 122 c.p.p. possa essere rilasciata anche in via preventiva, in vista dell'eventualità che si verifichino i presupposti per il compimento dell'atto al quale la procura si riferisce e, nella specie, la querela conteneva tutti i requisiti previsti dalla legge. 5.1. Mette conto aggiungere che il bene giuridico protetto dal reato di furto è costituito non solo dalla proprietà e dai diritti reali e personali di godimento, ma anche dal possesso, inteso nella peculiare accezione propria della fattispecie, costituito da una detenzione qualificata, cioè da una autonoma relazione di fatto con la cosa, che implica il potere di utilizzarla, gestirla o disporne. Tale relazione di fatto con il bene non ne richiede necessariamente la diretta, fisica disponibilità e si può configurare anche in assenza di un titolo giuridico, nonché quando si costituisce in modo clandestino o illecito. Ne discende che, in caso di furto di una cosa esistente in un esercizio commerciale, persona offesa legittimata alla proposizione della querela è anche il responsabile dell'esercizio stesso, quando abbia l'autonomo potere di custodire, gestire, alienare la merce cfr. Sez. Unumero , numero 40354 del 18 luglio 2013 . 5.2. Nella specie, per di più, il querelante, Rossi Domenico, non solo era responsabile dell'esercizio commerciale come si evince dalla querela prodotta dalla difesa e ciò già gli conferiva l'autonomo potere di querelarsi ma era anche munito di valida procura speciale. 5.3. Di qui la manifesta infondatezza della doglianza. 6. Quanto al motivo sub II , va evidenziato che il fondamento normativo nell'articolo 49 c.p., va individuato nella divergenza tra conformità allo schema descrittivo e realizzazione dell'offesa. In altri termini deve trattarsi di un comportamento perfettamente corrispondente alla norma incriminatrice ma, per qualunque motivo posto in essere in circostanze tali da rendere impossibile la realizzazione dell'evento che costituisce il contenuto del reato. 6.1. A norma dell'articolo 49, comma 2, c.p. La punibilità è altresì esclusa quando, per la inidoneità dell'azione o per l'inesistenza dell'oggetto di essa, è impossibile l'evento dannoso o pericoloso . 6.2. Nella specie, non v'è dubbio in ordine alla sussistenza del delitto l'azione e gli atti furono pienamente idonei ed inequivocamente diretti all'impossessamento del bene e i giudici del merito hanno, incensurabilmente, valorizzato che il tenue valore della merce sottratta comporta, come è avvenuto nel caso di specie, il riconoscimento dell'attenuante di cui all'articolo 62, numero 4, c.p., non l'impunità. E' appena il caso di rilevare che i precedenti specifici del C. sono ostativi al riconoscimento della causa di non punibilità di cui all'articolo 131 bis c.p. . 6.3. Non appare ultroneo, ancora, rammentare che, nei reati contro il patrimonio, la circostanza attenuante comune del danno di speciale tenuità è configurabile anche per il delitto tentato cfr. Sez. 5, numero 42819 del 19/06/2014, Rv. 261044 . 6.4. Di qui la manifesta infondatezza della doglianza in questione. 7. Quanto al motivo sub III , varrà evidenziare che solo la cronicità dell'intossicazione può comportare la compromissione della capacità di intendere e di volere mentre la sola abitualità dell'assunzione di alcol non fa venire meno nel soggetto assuntore la capacità di intendere e di volere ma, anzi, può comportare un aggravamento della pena. In altri termini la dipendenza da alcol, per essere causa d'infermità mentale, deve necessariamente tradursi in un'intossicazione grave, tale da determinare un vero e proprio stato patologico psicofisico dell'imputato, incidendo profondamente sui processi intellettivi o volitivi di quest'ultimo. Tale stato patologico psicofisico può esser riconosciuto solo allorché si accerti che l'intossicazione sia tale da escludere qualsiasi guarigione e provochi una patologia cerebrale che permane a carico del soggetto, a prescindere da nuove assunzioni di alcol cfr. anche sez. 6, numero 17305 del 5 maggio 2011 . 7.1. Orbene, nella specie, la Corte di appello con un giudizio di merito in questa sede insindacabile-, ha ritenuto che la condizione di alcolista sia stata inidonea a realizzare quella grave compromissione dei processi di intelligenza e volontà richiesta dal legislatore, il quale ha dato all'interprete un grado di misura espresso con l'inequivoca espressione scemare grandemente . 7.2. Nella vicenda in parola, comunque, difetta la diversa prova di una realtà di cronica intossicazione o comunque di un disagio psichico capace di indurre una infermità di mente grandemente efficace sulla funzionalità dell'intendere e/o di volere. 7.3. I disturbi della personalità nevrosi e psicopatie possono essere apprezzati alla luce delle norme degli artt. 88 ed 89 c.p., con conseguente pronuncia di totale o parziale infermità di mente dell'imputato, a condizione che essi abbiano, riferiti alla capacità di intendere e di volere, le seguenti qualità, globalmente in grado di incidere sulla capacità di autodeterminazione dell'autore del fatto illecito e cioè consistenza e intensità, intese come valore concreto e forte rilevanza e gravità pesate come dimensione importante del disagio stabilizzato rapporto motivante con il fatto commesso, apprezzato come correlazione psico-emotiva rispetto al fatto illecito cfr. in termini sez. 6, 43285/2009, Rv. 245253 . 7.4. Orbene, venendo al caso di specie, l'affermata mera condizione di un generico stato di alcolismo, in capo all'autore della condotta illecita, non accompagnata da altre provate indicazioni in termini di grande e grave disassamento, da infermità, delle funzioni noetiche e volitive dell'agente, non integra lo schema dogmatico dell'articolo 89 c.p., dato che essa realizza una mera condizione di stato emotivo, non incidente ex articolo 90 c.p. sugli ambiti dell'intendere e del volere cfr. sez. 6, numero 17305 del 5 maggio 2011, cit. . 7.5. Correttamente, quindi, la Corte d'Appello ha condannato l'imputato, posto che non avendo egli provato che lo stato di alcolista sia stato determinante sulle proprie capacità cognitive e volitive, se ne deve riconoscere la natura di semplice stato emotivo. In vero, la motivazione di merito appare congrua dato che, ineccepibilmente, afferma la cronica intossicazione di alcol affermata dall'appellante risulta una circostanza meramente affermata e priva di qualsiasi elemento di supporto. La presa in carico dell'imputato da parte del Nucleo Operativo Alcologia di Legnano dimostra solo un generico problema di alcolismo, senza che risulti in alcun modo qualsiasi riflesso sulla capacità di intendere e di volere. È pertanto condivisibile la scelta operata dal primo giudice di non disporre alcun accertamento sulla capacità di intendere e di volere dell'imputato. Del resto le modalità dell'azione delittuosa compiuta dal C. denotano piena lucidità l'appellante aveva nascosto all'interno della giacca la bottiglia che non intendeva pagare e poi si era portato alle casse pagando solo due bottiglie di acqua, mostrando così di comprendere perfettamente il disvalore e la libera autodeterminazione della condotta . 7.6. Di qui la manifesta infondatezza della doglianza in esame.' 8. Quanto al motivo sub IV , per dichiararne l'inammissibilità, valgono le considerazioni svolte in premessa né possono aver rilevanza, in questa sede di legittimità, le valutazioni svolte dai giudici di merito in ordine alle modalità di quantificazione della pena, erroneamente ritenute dalla difesa come vizio di ultra petizione. 9. Conclusivamente, una volta accertata la legittimità e la coerenza logica della sentenza impugnata, deve ritenersi che il ricorso, nel rappresentare l'inaffidabilità degli elementi posti a base della decisione di merito, pone solo questioni che esorbitano dal limiti della critica al governo dei canoni di valutazione della prova, per tradursi nella prospettazione del fatto storico alternativa a quella fatta argomentatamente propria dai giudicanti e nell'offerta di una diversa e per il ricorrente più favorevole valutazione delle emergenze processuali e del materiale probatorio. Questioni, queste, che sfuggono al sindacato di legittimità sez. 6, numero 13170 del 06/03/2012 . 10. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. penumero , con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché -non ravvisandosi profili di esclusione della colpa nella determinazione della causa di inammissibilità cfr. Corte costituzionale sentenza numero 186 del 2000 al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 2.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.