Il conducente è responsabile se il passeggero non indossa la cintura di sicurezza

Le regole di comune diligenza e prudenza impongono al conducente del veicolo di esigere che il passeggero indossi la cintura di sicurezza, anche a costo di rifiutarne il trasporto o di non avviare la marcia, indipendentemente dall’obbligo e dalla sanzione amministrativa a carico del trasportato.

La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 11429/2017, depositata il 9 marzo u.s., è stata chiamata a pronunciarsi in materia di omicidio e lesioni derivanti da circolazione stradale, che oggi, come noto, è stata ampiamente riformata con la l. numero 41/2016. Il novum normativo ha portato all'introduzione dei nuovi reati di omicidio stradale art. 589- bis c.p. e di lesioni personali stradali art. 590- bis c.p. , con importanti novità dal punto di vista strutturale delle fattispecie di nuovo conio e la previsione di specifiche aggravanti e forbici edittali di notevole entità, onde tentare di arginare il fenomeno delle morti su strada. Con la sentenza in commento viene ribadito un principio già consolidato nella giurisprudenza di legittimità circa l’efficacia incidentale del comportamento della vittima sul nesso di causalità. Il fatto. La Corte d’appello di Ancona in data 21 settembre 2015 riformava parzialmente la sentenza pronunciata in primo grado dal Tribunale di Ascoli Piceno, con cui veniva dichiarata la responsabilità di due soggetti, imputati dei reati di omicidio colposo, lesioni colpose e guida in stato di ebbrezza. La parziale riforma del provvedimento di secondo grado ha riguardato la declaratoria di non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato di guida sotto l’effetto di sostanze alcoliche, con conferma integrale nel resto. Avverso siffatto provvedimento ricorrono per Cassazione gli imputati a mezzo dei propri difensori, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione con particolare riferimento all’atteggiamento della vittima, che aveva proso posto nell’autovettura senza indossare il dispositivo di sicurezza previsto per legge, integrando, tal sì, una condotta eccezionale, imprevedibile, indipendente dal fatto del reo e, pertanto, idonea ad interrompere il nesso eziologico tra l’evento infausto e il comportamento degli imputati. Il ricorso è infondato al limite dell’inammissibilità. I Giudici di Legittimità respingono ogni censura dei ricorrenti. Secondo la diagnosi motivazionale della Corte di Cassazione, l’individuazione del nesso di causalità tra l’azione dei soggetti agenti e l’avvenimento morte e lesioni della vittima è stato congruamente giustificato tanto dal Giudice di prime cure quanto dalla Corte territoriale. La difesa degli imputati ha cercato vanamente di ricostruire in maniera favorevole al reo la dinamica causa-effetto tuttavia, i Giudici di merito, anche mediante il richiamo di autorevole giurisprudenza, hanno riprodotto nei passaggi argomentativi del provvedimento impugnato, in maniera puntuale, l’antecedente causale costituto dalla sconsiderata condotta di guida dei conducenti e la successione degli eventi letali, con conseguente netta esclusione dell’intervento di fattori costituenti causa autonoma. Come già espresso in altri precedenti della Suprema Corte Sez. IV, numero 9311 del 29.01.2003, Sez. IV, numero 9904 del 27.09.1996 , i Consiglieri della Quarta Sezione, nella pronuncia in commento, esprimono il principio di diritto a tenore del quale Il conducente di un veicolo è tenuto, in base alle regole di comune diligenza e prudenza, ad esigere che il passeggero indossi la cintura di sicurezza e, in caso di sua retinenza, anche a rifiutarne il trasporto o ad omettere l’intrapresa della marcia. Ciò a prescindere dall’obbligo e della sanzione a carico di chi deve fare uso della detta cintura . Per questi motivi la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna gli imputati al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 9 febbraio – 9 marzo 2017, n. 11429 Presidenza Romis – Relatore Cenci Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Ancona il 21 settembre 2015, in parziale riforma della sentenza del 29 ottobre 2012 del Tribunale di Ascoli Piceno, appellata dagli imputati A.S. e M.G. , che erano stati condannati per l’omicidio colposo, con violazione delle norme sulla circolazione stradale, di C.A. e - il solo M. - anche per guida in stato di ebrezza alcoolica e per lesioni colpose nei confronti di S.A. , fatti contestati come commessi il omissis , ha dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione nei confronti di M. , esclusivamente per i reati di guida in stato di ebrezza e di lesioni con conferma nel resto. 2. All’esito del processo di primo grado M.G. e A.S. erano stati riconosciuti colpevoli il primo, di guida in stato di ebrezza alcoolica con tasso, successivamente accertato, pari a 1,33 e a 1,38 grammi litro e per avere, di notte, con fondo stradale bagnato, percorrendo raccordo autostradale a rapido scorrimento con carreggiate separate e due corsie per ogni senso di marcia, perso il controllo, anche in ragione della velocità inadeguata, dell’auto Peugeot 206 che conduceva, urtando il muretto new jeresey a destra e poi, dopo l’ effetto-rimbalzo , violentemente quello di sinistra, infine arrestandosi di traverso sulla corsia di sorpasso nel proprio senso di marcia, dopo che la passeggera trasportata sul sedile anteriore sinistro S.A. , che viaggiava non assicurata con cinture di sicurezza, era stata sbalzata fuori dall’auto, riportando lesioni sia per effetto degli urti di cui si è detto sia per essere stata sbalzata fuori dell’auto sia in ragione del successivo urto da parte di un altro veicolo sopravvenuto il primo ed il secondo, in cooperazione colposa ex art. 113 cod. pen., dell’omicidio colposo di C.A. , trasportato sul sedile anteriore sulla vettura Opel Meriva guidata da A.S. il quale, circa 50-60 secondi dopo che M. aveva terminato la sua corsa in posizione di quiete, come si è detto, in corsia di sorpasso e dopo che più vetture ed un autoarticolato si erano fermati per prestare soccorso, malgrado i veicoli avessero le luci e le frecce di emergenza accese e fossero in condizione di essere tempestivamente visti, sopraggiungeva ad alta velocità senza frenare e si schiantava contro lo spigolo posteriore sinistro dell’autorimorchio fermo, così cagionando, appunto, la morte di C.A. , oltre che il ferimento di più persone, anche non querelanti. 3. Il giudizio di secondo grado ha confermato la ricostruzione dei fatti e delle responsabilità operata dal Tribunale. 4.Ricorrono per la cassazione della sentenza con distinte impugnazioni entrambi gli imputati, tramite difensore, ciascuno affidandosi ad un solo motivo di ricorso, con il quale si deduce, da parte di M. , promiscuamente violazione di legge e vizio di motivazione e, da parte di A. , difetto motivazionale. 4.1. In particolare, nel ricorso di M.G. si censura l’iter motivazionale dei giudici di merito, che si stima incondivisibile, con riferimento alla sussistenza del nesso di causalità tra la condotta di guida dell’imputato e la morte di C.A. , nesso che, invece, non esisterebbe. Assume la difesa che il fatto, emerso dall’istruttoria testimoniale e dalle consulenze sia del P.M. che di parte privata, che ben quattro veicoli siano riusciti a fermarsi prima dell’arrivo della vettura Opel Meriva condotta da A.S. , dimostrerebbe che la vettura Peugeot condotta da M. era ben visibile e che l’impatto era, in conseguenza, evitabile ed escluderebbe il nesso tra la presenza della stessa ferma sulla carreggiata e l’urto da ultimo occorso. Peraltro, la donna trasportata da M. , S.A. , aveva preso posto all’interno del veicolo senza indossare le cinture di sicurezza ma il conducente, a causa del buio, non se ne era reso conto. La condotta della parte offesa sarebbe stata eccezionale, imprevedibile, indipendente dal fatto del reo e, in ogni caso, per tutto quanto è emerso in sede processuale, è da escludersi ogni nesso eziologico tra il comportamento del M. e l’evento mortale così alla p. 7 del ricorso . 4.2. Il ricorso nell’interesse di A.S. denunzia mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in quanto ad avviso del ricorrente, non sarebbe stato dimostrato che l’imputato abbia tenuto una velocità ed una condotta non conforme alla situazione i giudici di merito non hanno dato atto che il conducente dell’autoarticolato contro il quale andò a collidere la Opel Meriva non aveva azionato le luci intermittenti né apposto il triangolo inoltre, non hanno esattamente ricostruito la dinamica dell’incidente, non avendo spiegato perché la Opel Meriva si sia conficcata sotto lo spigolo anteriore sinistro dell’autoarticolato, fatto che sarebbe, in realtà, da ricondursi alla spericolata condotta di C.M. imputato irrevocabilmente assolto in primo grado per non avere commesso il fatto alla guida di una VW Golf si producono in allegato al ricorso alcune fotografie dei veicoli coinvolti e due verbali di sequestro del omissis della Polizia stradale dai quali emergerebbe, ad avviso del ricorrente, una dinamica dei fatti diversa da quella erroneamente ritenuta da Tribunale e da Corte di appello. Si chiede da parte di entrambi i ricorrenti l’annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. I ricorsi sono infondati, al limite dell’inammissibilità. 1.1. Il primo si concentra sulla - denunziata - insussistenza del nesso causale, reiterando analoga doglianza posta con l’appello nesso che, al contrario, è stato riconosciuto, con motivazione adeguata e logica, in entrambe le sentenza di merito v. pp. 11-18 della sentenza di appello e pp. 7-12 di quella del Tribunale , ove, anche con richiamo di pertinente giurisprudenza di legittimità, si ricostruisce analiticamente l’antecedente causale costituito dalla sconsiderata condotta di guida di M. e la successione degli eventi sino a quello letale e si esclude l’intervento di fattori costituenti causa autonoma meramente assertiva l’evocazione difensiva della pretesa eccezionalità della condotta della parte offesa. Priva di qualsiasi pregio l’asserzione relativa alla pretesa impossibilità o difficoltà del conducente di constatare, in ragione del buio, il mancato uso della cintura di sicurezza da parte della trasportata S.A. , sbalzata fuori dall’auto nel corso dell’incidente, in violazione di un ben preciso obbligo sullo stesso incombente infatti, è ben noto che Il conducente di un veicolo è tenuto, in base alle regole della comune diligenza e prudenza, ad esigere che il passeggero indossi la cintura di sicurezza ed, in caso di sua renitenza, anche a rifiutarne il trasporto o ad omettere l’intrapresa della marcia. Ciò a prescindere dall’obbligo e dalla sanzione a carico di chi deve fare uso della detta cintura Sez. 4, n. 9311 del 29/01/2003, Sulejmani, Rv. 224320 Sez. 4, n. 9904 del 27/09/1996, Comensoli, Rv. 206266 . 1.2. Il secondo ricorso è proteso, in tesi difensiva, alla confutazione di circostanze di fatto accertate mediante doppia decisione conforme, addirittura contrapponendo, con specifico riferimento alla condotta di altro conducente coinvolto nell’incidente, C.M. , proprie, soggettive, ricostruzioni ad accertamenti contenuti in statuizione ormai passata in giudicato. Meramente apodittiche le affermazioni del ricorrente circa la pretesa inadeguatezza motivazionale relativamente alla velocità tenuta ed alla condotta di guida dell’imputato e del conducente dell’autoarticolato contro il quale andò a collidere la Opel Meriva e, più in generale, alla dinamica dell’incidente, tutte, al contrario, analiticamente ricostruite ed esaminate nelle sentenza di merito. 2. Al rigetto dei ricorsi consegue, per legge art. 616 cod. proc. pen. , la condanna al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.