È l’eccesso colposo ad escludere la legittima difesa dell’imputato

Per quanto concerne l’esimente della legittima difesa, l’eccesso colposo sottintende i presupposti della scriminante con il superamento dei limiti ad essa intriseci, cosicché per stabilire se questi siano stati ecceduti colposamente bisogna preliminarmente accertare l’adeguatezza della reazione difensiva e solo dopo procedere all’ulteriore differenziazione tra eccesso dovuto ad errore di valutazione ed eccesso consapevole e volontario.

Così si è espressa la Suprema Corte con sentenza n. 11084/17 depositata l’8 marzo. Il caso. La Corte d’appello di Catania confermava la responsabilità del ricorrente per il delitto di lesioni personali commesse dall’imputato, con le quali cagionava alla vittima la frattura del setto nasale, non riscontrando la legittima difesa da parte di quest’ultimo che reagiva all’offesa in modo sproporzionato e non trovando una giustificazione neppure nel timore di ulteriori pregiudizi da parte della persona offesa. L’imputato ricorre per cassazione deducendo la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, con conseguente lesione del diritto di difesa. La legittima difesa e l’eccesso colposo. La Cassazione ha qui l’occasione di ribadire una costante interpretazione giurisprudenziale relativa al presupposto su cui si fondano sia l’esimente della legittima difesa che l’eccesso colposo. In particolare, afferma la Corte, tale presupposto è costituito dall’esigenza di rimuovere il pericolo di un’aggressione mediante una reazione proporzionata e adeguata . Su tale assunto è possibile distinguere l’eccesso colposo in base all’erronea valutazione del pericolo e dell’adeguatezza dei mezzi usati. In tal senso, afferma il Collegio, una volta esclusi gli elementi costitutivi della scriminante non vi è più spazio, proprio per l’inesistenza di un’offesa dalla quale difendersi, per la configurazione di un eccesso colposo e, di conseguenza, il giudice non ha nemmeno l’obbligo di una specifica motivazione sul punto. La Corte, relativamente al caso in esame, data la manifesta infondatezza dei motivi dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 31 gennaio – 8 marzo 2017, n. 11084 Presidente Zaza – Relatore Scordamaglia Rritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Catania, in parziale riforma del decisum di condanna di G.S. per il delitto di cui all’art. 582 cod. pen., previa concessione delle attenuanti generiche, rideterminava la pena inflittagli in mesi uno e giorni dieci di reclusione, confermando nel resto la sentenza impugnata. La Corte territoriale riteneva che, all’esito della rivalutazione del materiale probatorio raccolto nell’istruttoria dibattimentale di primo grado, si dovesse confermare l’affermazione di responsabilità dell’appellante per il delitto di lesioni personali commesso ai danni di P.D. , per avergli cagionato con un pugno la frattura del setto nasale, non avendo trovato riscontro la prospettazione difensiva secondo la quale la parte offesa si sarebbe procurato la frattura riportata cadendo accidentalmente al suolo o, comunque, per effetto dell’urto con una superficie rigida, e l’ulteriore deduzione secondo la quale, in ogni caso, la condotta del G. era da ritenere scriminata dalla legittima difesa, configurabile quantomeno come putativa, poiché la reazione dell’imputato all’offesa ingiusta del P. era stata sproporzionata e non trovava giustificazione neppure nel timore, che l’imputato assumeva di avere provato, di ulteriori pregiudizi provenienti dalla parte offesa o da persone a lui vicine. 2. Propone ricorso per cassazione la difesa del G. , con i seguenti motivi - nullità della sentenza, in riferimento agli artt. 516, 521 e 522 cod.proc.pen., per violazione del principio della correlazione tra accusa e sentenza, con conseguente lesione del diritto di difesa, atteso che, a fronte della contestazione mossa all’imputato di avere cagionato a P.D. le lesioni certificate in atti attingendolo con calci, in sentenza era stato ritenuto responsabile dello stesso delitto ma commesso sferrando alla parte offesa un pugno al volto - vizio di violazione della legge processuale, in riferimento all’art. 192 cod.proc.pen., e di motivazione, nella forma del travisamento della prova, per non avere il giudice della sentenza impugnata osservato le regole dettate in materia di valutazione delle prove e per avere attribuito ad alcune di esse un contenuto diverso da quello effettivamente raggiunto nell’istruttoria dibattimentale in particolare con riguardo all’innesco della colluttazione tra l’imputato e l’offeso all’oggetto della conversazione intercorsa, il 1 febbraio 2011, tra questi ultimi alla presenza di altre persone alla ricostruzione della dinamismo lesivo sulla base dei contrastanti contributi specialistici offerti dai consulenti di parte - vizio di violazione di legge, in relazione agli artt. 52 e 59 cod. pen., e vizio motivazionale sul punto del mancato riconoscimento della causa di giustificazione della legittima difesa o dell’errore incolpevole sulla esistenza della detta scriminante, avendo la Corte territoriale errato nell’escludere l’azione ingiusta del P. come causale della reazione approntata dal G. e la proporzione di questa rispetto all’offesa subita o, comunque, la sussistenza, nell’imputato, di uno stato di timore di incorrere, per mano della parte offesa o di altre persone gravitanti intorno ad essa, in ulteriori situazioni pregiudizievoli comunque avendo la stessa Corte motivato in maniera non conferente - vizio di violazione di legge, in relazione agli artt. 52 e 55 cod. pen., e vizio motivazionale, per non avere il giudice di appello riconosciuto nella condotta posta in essere dal prevenuto la concretizzazione dell’eccesso di legittima difesa, omettendo, altresì, di argomentare sulla sussistenza degli elementi di prova a sostegno di quanto affermato in particolare per avere escluso che l’azione ascritta all’imputato costituisse la reazione, ancorché inadeguata, ad un’offesa ingiusta proveniente dalla parte offesa. 3. Con memoria del 20 gennaio 2017, l’Avvocato Maurizio Magnano di San Lio, difensore di P.D. , parte civile costituita, instava per il rigetto del ricorso proposto da G.S. , evidenziando, per un verso, la violazione, nel ricorso medesimo, del principio di autosufficienza, derivante dalla allegazione solo parziale dei verbali di assunzione delle prove delle quali si assumeva il travisamento per altro verso la deduzione di vizi del provvedimento impugnato non previsti dalla legge processale come oggetto dello scrutinio di legittimità, atteso che, dietro lo schermo del vizio di motivazione, si celava la richiesta di una non consentita rilettura dei fatti e di una altrettanto indebita rivalutazione del prove del processo. Motivi della decisione Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile. 1. Inammissibile, ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., è il primo motivo di ricorso, perché la denunciata violazione del combinato disposto degli artt. 516 e 521 cod. proc. pen. non era stata dedotta con i motivi di appello. Peraltro lo stesso motivo è, del pari, manifestamente infondato, giacché nessuna violazione delle richiamate disposizioni della legge processuale è conseguita alla immutazione del fatto all’esito dell’istruttoria dibattimentale, dalla quale era emerso che la frattura del setto nasale patita da P.D. costituiva l’effetto di un pugno assestatogli al volto da esso ricorrente e non di ripetuti calci come enunciato nel capo di imputazione. 1.1. In proposito, si deve precisare che il principio di correlazione tra accusa e sentenza è violato soltanto quando il fatto ritenuto in sentenza si trovi rispetto a quello contestato in rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale, nel senso che si sia realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell’addebito mosso all’imputato, posto così, a sorpresa, di fronte ad un fatto del tutto nuovo senza avere avuto nessuna possibilità di effettiva difesa le Sezioni Unite di questa Corte hanno, infatti, ripetutamente affermato che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione é del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010 - dep. 13/10/2010, Carelli, Rv. 24805101 Sez. U, n. 16 del 19/06/1996 - dep. 22/10/1996, Di Francesco, Rv. 205619 . Va, quindi, ribadito, alla luce di tale autorevole insegnamento, come non sia ravvisabile alcuna incertezza sulla imputazione, quando il fatto sia stato contestato nei suoi elementi strutturali e sostanziali, in modo da consentire un completo contraddittorio ed il pieno esercizio del diritto di difesa - dovendosi escludere la necessità a tal fine di un’indicazione assolutamente dettagliata dell’oggetto della contestazione -, non potendosi esaurire, peraltro, la contestazione nel solo capo d’imputazione in senso stretto, ma essendo da riferire, invece, anche a tutti quegli atti, che, inseriti nel fascicolo processuale, pongono l’imputato in condizione di conoscere nel modo più ampio l’addebito Sez. 2, n. 2741 del 11/12/2015 - dep. 21/01/2016, Ferrante, Rv. 265825 Sez. 5, n. 51248 del 05/11/2014 - dep. 10/12/2014, Cutrera, Rv. 261741 Sez. F, n. 43481 del 07/08/2012 - dep. 09/11/2012, Ecelestino e altri, Rv. 25358201 . 1.2. Dal testo della sentenza impugnata - integrata dalla motivazione della decisione di primo grado - emerge, piuttosto, che l’imputato è stato posto nella condizione di difendersi sul fatto siccome ritenuto nelle conformi decisioni di condanna, tanto vero che ha articolato la prova a discarico sullo specifico dinamismo lesivo che afferma di non avere tempestivamente conosciuto circostanza, questa, che emerge dalle dichiarazioni rese dal Consulente tecnico di parte, Dott. Gu.Gi. , all’udienza dell’8 maggio 2013, pagg. 3- 14, consultabili da questa Corte perché specificamente indicate dal ricorrente a fondamento di vizi motivazionali eccepiti nel ricorso. 2. Non giuridicamente apprezzabile è anche la doglianza sviluppata nel secondo motivo di gravame. Dal complesso delle argomentazioni sviluppate dalla Corte di Appello non emerge, infatti, quella disarticolazione tra i risultati della prova e la loro utilizzazione e valutazione, che il ricorrente assume ad indice della dedotta errata ricostruzione del fatto per effetto, tra l’altro, della violazione delle regole che disciplinano il procedimento probatorio. 2.1. Va osservato, sul punto, che il giudice di merito è pervenuto alla ricostruzione della vicenda a seguito di una dettagliata analisi e di una valutazione critica delle emergenze istruttorie, supportando il discorso giustificativo svolto con puntuali richiami ai risultati della prova dichiarativa e documentale, letti, peraltro, nelle loro interrelazioni. La Corte territoriale ha dato contezza, infatti, di avere preso in considerazione, in ossequio alle regole di cui all’art. 192 cod. proc. pen., i singoli fatti ed il loro insieme, non in modo parcellizzato ed avulso dal generale contesto probatorio, ordinandoli in una costruzione logica, armonica e consonante, procedendo ad una valutazione unitaria di essi. 2.2. Quanto, poi, al momento del controllo di legittimità sulla motivazione, nel caso di specie pure censurata, la Corte di Cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile col senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento, con la conseguenza che la carenza o illogicità della motivazione, come vizio denunciabile deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato ai rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le incongruenze logiche che non siano manifeste, ossia eclatanti, assolutamente incompatibili con altri passaggi argomentativi risultanti dal testo del provvedimento impugnato. Ne deriva che non possono trovare ingresso in sede di legittimità le doglianze - come quella prospettata da parte ricorrente nel motivo di ricorso oggetto di disamina - fondate su una diversa prospettazione dei fatti, né su altre spiegazioni formulate dal ricorrente, per quanto plausibili e logicamente sostenibili alla pari di quelle accolte dal giudice, dovendosi, in particolare, ribadire che alla Corte di Cassazione non compete un controllo sul significato concreto di ciascun elemento di riscontro probatorio Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 - dep. 06/02/2004, elia e altri, Rv. 229369 Sez. 1, n. 12496 del 21/09/1999 - dep. 04/11/1999, Guglielmi e altri, Rv. 21456701 . 2.3. Nella sentenza impugnata non si rileva neppure il vizio di travisamento della prova, non potendo, peraltro, trascurarsi che la decisione censurata ha confermato, sul punto dell’affermazione di responsabilità di G.S. , quella di primo grado, sicché vanno evocati i principi secondo i quali, in tema di ricorso per cassazione, quando ci si trova dinanzi a una doppia pronuncia conforme , l’eventuale vizio di travisamento può essere rilevato solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti con specifica deduzione che l’argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013 - dep. 29/01/2014, Capuzzi e altro, Rv. 25843801 Sez. 4, n. 19710 del 03/02/2009 - dep. 08/05/2009, Buraschi, Rv. 243636 Sez. 2, n. 5223 del 24/01/2007 - dep. 07/02/2007, Medina e altri, Rv. 236130 onere cui il ricorrente non risulta avere adempiuto nella proposta impugnazione. 3. Le osservazioni svolte permettono di rilevare la infondatezza anche del terzo e del quarto motivo di gravame, posto che il giudice di merito, a seguito dell’analisi delle emergenze istruttorie, ha ritenuto che la reazione dell’imputato non si è conformata pienamente ai requisiti della legittima difesa, stabiliti dall’art. 52 cod.pen., difettando l’estremo della proporzione tra la difesa e l’offesa, valutata con riferimento ai beni giuridici reciprocamente offesi e tenendo conto del rispettivo grado di messa in pericolo o di lesione cui sono esposti gli interessi confliggenti nella concreta situazione. 3.1. Ad avviso del Collegio, infatti, sulla base della lineare e compiuta motivazione resa sul punto dal giudice di appello, non vi è dubbio che G. ha ecceduto il limite della proporzione tra l’offesa subita e la reazione legittima a fronte, infatti, del comportamento, pur ingiusto, di P.D. , che minacciò e spintonò G.S. , questi colpì il suo inurbano interlocutore con un pugno al volto che gli cagionò la frattura nasale certificata in atti. Deve, in ogni caso, sottolinearsi che l’ammettere o l’escludere l’esistenza della legittima difesa o dell’eccesso colposo costituisce un giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità, quando gli elementi di prova, accertati e valutati dal giudice di merito siano posti in esatta relazione con la norma di diritto Sez. 5, n. 8583 del 10/04/1981 - dep. 06/10/1981, Luppino, Rv. 15034001 , come nel caso di specie. 3.2. Va da sé che, se non è giuridicamente prospettabile l’esimente della legittima difesa, non è, concettualmente, ipotizzabile neppure l’eccesso colposo. Come è ovvio, l’eccesso colposo sottintende i presupposti della scriminante con il superamento dei limiti ad essa immanenti, sicché, per stabilire se nel fatto si siano ecceduti colposamente i limiti della difesa legittima, bisogna prima accertare la inadeguatezza della reazione difensiva, per l’eccesso nell’uso dei mezzi a disposizione dell’aggredito in un preciso contesto spazio temporale e con valutazione ex ante , e, poi, procedere ad una ulteriore differenziazione tra eccesso dovuto ad errore di valutazione ed eccesso consapevole e volontario, dato che solo il primo rientra nello schema dell’eccesso colposo delineato dall’art. 55 c.p., mentre il secondo consiste in una scelta volontaria, la quale comporta il superamento doloso degli schemi della scriminante Sez. 1, n. 45425 del 25/10/2005 - dep. 15/12/2005, P.G. in proc. Bollardi, Rv. 23335201 . Ed invero, secondo la costante interpretazione giurisprudenziale, poiché il presupposto su cui si fondano sia l’esimente della legittima difesa che l’eccesso colposo è costituito dall’esigenza di rimuovere il pericolo di un’aggressione mediante una reazione proporzionata e adeguata, l’eccesso colposo si distingue per un’erronea valutazione del pericolo e dell’adeguatezza dei mezzi usati ne deriva che, una volta esclusi gli elementi costitutivi della scriminante, non v’è spazio ovviamente - per l’inesistenza di una offesa dalla quale difendersi - per la configurazione di un eccesso colposo, sicché non vi è neppure obbligo per il giudice di una specifica motivazione sul punto, pur se l’eccesso colposo sia espressamente prospettato dalla parte interessata Sez. 5, n. 2505 del 14/11/2008 - dep. 21/01/2009, Olari e altri, Rv. 24234 Sez. 1, n. 740 del 04/12/1997 - dep. 21/01/1998, Mendicino ed altro, Rv. 20945201 . 4. La manifesta infondatezza dei motivi determina l’inammissibilità del ricorso, cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000, 00 in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.